Spese sostenute per la ristrutturazione di un immobile in comunione legale1. Bussole di inquadramentoLa comunione legale dei beni tra coniugi In conseguenza della scelta del regime patrimoniale della comunione legale dei beni, l'autonomia riconosciuta al singolo coniuge nella libera destinazione dei redditi di lavoro e dei frutti ricavati dai beni individuali trova un limite nel dovere di contribuzione tra i coniugi di cui agli artt. 143, comma 3, e 148 c.c. Nel momento dello scioglimento della comunione, trattandosi di una comunione “senza quote”, l'attivo ed il passivo devono essere ripartiti in parti uguali (art. 194 c.c.) indipendentemente dalla misura della partecipazione e dall'entità degli apporti di ciascuno dei coniugi alla formazione del patrimonio comune, senza possibilità di prova di un diverso apporto economico da parte di ciascuno di essi (ad esempio, ai fini dell'acquisto di un bene in comunione), non essendo applicabile la disciplina della comunione ordinaria, nella quale l'eguaglianza delle quote dei partecipanti è oggetto di una presunzione semplice (art. 1101 c.c.) superabile mediante prova del contrario (v. Cass., n. 11467/2003). Le spese sostenute da uno solo dei coniugi per spese ed investimenti del patrimonio comune Ai sensi dell'art. 192, comma 3, c.c. ciascuno dei coniugi, di norma a seguito dello scioglimento della comunione, può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune. Fattispecie tipica è quella delle spese di ristrutturazione della casa coniugale ricadente in comunione legale sostenute da solo uno dei coniugi. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Deve essere restituito anche il denaro personale impiegato da uno dei coniugi per l'acquisto di un immobile in comunione legale?
No, in quanto lo stesso ricade nella comunione coniugale indipendentemente dalla misura del concorso di ciascun coniuge all'acquisto Al momento dello scioglimento della comunione devono essere restituiti solo gli importi impiegati in spese ed investimenti per il patrimonio comune già costituito, ma non il denaro personale impiegato per l'acquisto di immobile che concorre a formare la comunione rispetto ai quali trova applicazione il principio inderogabile, posto dall'art. 194, comma 1, c.c., secondo cui, in sede di divisione, l'attivo e il passivo sono ripartiti in parti eguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi agli esborsi necessari per l'acquisto dei beni caduti in comunione (Cass. n. 19454/2012). Le spese rimborsabili sono quelle effettuate con risorse personali a vantaggio del patrimonio comune Nell'ipotesi di separazione, non è infrequente il problema della rimborsabilità delle spese sostenute per la ristrutturazione della casa familiare (o di una “seconda casa”), di proprietà comune. La S.C. ha chiarito, rispetto alla fattispecie in esame, che il coniuge ha diritto al rimborso, da parte della comunione, delle somme appartenenti al proprio patrimonio personale, utilizzate per spese ed investimenti a beneficio di quello comune (ad esempio per interventi di ristrutturazione su un immobile in comunione legale), nella misura in cui dimostri l'appartenenza di dette somme ai propri personali averi (Cass., n. 10896/2005). La distinzione fra spese rimborsabili e non rimborsabili si effettua, pertanto, separando quelle effettuate con denaro proprio di ciascuno dei coniugi da quelle effettuate con denaro o frutti dei beni appartenenti alla comunione; avendo anche presente che fra i beni appartenenti alla comunione sono compresi i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi, consumati ‒ anche per finalità di gestione, manutenzione e miglioramento di beni comuni ‒ in epoca precedente allo scioglimento di essa: altrimenti entrerebbero nella comunione c.d. de residuo (arg. ex art. 177, comma 1, lett. c, c.c.: Cass., n. 13441/2003). L'attivo ed il passivo della comunione, anche quello formatosi nei confronti del comunista che vi ha investito denaro proprio, è poi ripartito per quote uguali fra i coniugi, all'atto dello scioglimento di essa (Cass., n. 10896/2005). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Il procedimento, che si svolge nelle forme del giudizio ordinario di cognizione (o, in alternativa, di quello sommario, essendo demandato alla decisione del Tribunale in composizione monocratica) ha ad oggetto l'accertamento della circostanza che effettivamente somme appartenenti ad uno solo dei coniugi siano state utilizzate per spese ed investimenti in beni facenti parte della comunione legale. Se la domanda è accolta, il coniuge convenuto è condannato alla restituzione dei relativi importi, con l'aggiunta degli interessi legali, trattandosi di obbligazione di valuta. Aspetti preliminari Competenza È competente il Tribunale del foro di residenza dei coniugi, se ancora conviventi al momento di scioglimento della comunione. Qualora la comunione legale si sia invece sciolta – come nella fattispecie in esame – per una causa che presuppone la cessazione della convivenza (separazione o divorzio) trovano applicazione gli ordinari criteri di collegamento della competenza per territorio enunciati dagli artt. 19-20 c.p.c. Legittimazione Legittimato a proporre l'azione è il coniuge che richiede la condanna dell'altro alla restituzione delle somme personali impiegate per spese di ristrutturazione di un bene comune. Atti di parte Contenuto dell'atto introduttivo L'atto di citazione (nel caso ove l'azione venga promossa nelle forme del rito ordinario di cognizione) o il ricorso (se la causa è promossa nelle forme del procedimento sommario di cognizione) deve contenere la generalità della parte e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dall'attore e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione. Profili di merito Onere della prova In virtù delle regole generali in tema di riparto dell'onere della prova ritraibili dall'art. 2697 c.c. è il coniuge che agisce in giudizio a dover dimostrare i fatti costitutivi della propria pretesa, ovvero di aver sopportato, in tutto o in parte, con risorse personali le spese di ristrutturazione. Tale onere deve essere assolto sotto un duplice profilo: a) provenienza personale delle risorse (che, ad esempio, potrà essere dimostrata con la produzione di una copia della dichiarazione di successione ereditaria dai genitori); b) impiego di tali risorse nella ristrutturazione dell'immobile in comunione legale (circostanza che potrà ad esempio essere dimostrata tanto mediante le fatture emesse dall'impresa esecutrice dei lavori quanto attraverso assegni, bonifici etc. con i quali si è provveduto al pagamento delle relative somme). Richieste istruttorie Le richieste istruttorie potranno essere formulate dall'attore, se la causa è stata promossa con atto di citazione nelle forme del processo ordinario di cognizione, sino alla seconda memoria di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c. Qualora invece il giudizio sia stato incardinato nelle forme del procedimento sommario di cognizione è opportuno, anche ai fini della valutazione del giudice sulla “compatibilità” dell'istruttoria con il procedimento “prescelto” dal ricorrente, che vengano articolati sin dall'atto introduttivo anche i mezzi di prova (sebbene non scatti, in mancanza alcuna preclusione). Ovviamente se il giudice adito deciderà, richiedendo la controversia un'istruttoria non sommaria, di mutare il rito in quello sommario di cognizione, fissando l'udienza ex art. 183 c.p.c. ciascuna parte potrà articolare mezzi di prova in via diretta e contraria nelle successive memorie di cui al comma 6 di tale disposizione (n. 2 e n. 3). I limiti entro i quali è ammessa la prova testimoniale dei pagamenti (art. 2726 c.c.) renderanno tale richiesta difficilmente accoglibile ove manchi un principio di prova scritta. 4. ConclusioniNella non infrequente ipotesi nella quale, durante il matrimonio, vigendo il regime di comunione legale tra i coniugi, solo uno degli stessi abbia impiegato risorse proprie per la ristrutturazione della casa coniugale ricadente nella predetta comunione (o comunque in altro immobile rientrante nella stessa), dopo lo scioglimento della comunione – ossia, a seguito della riforma di cui alla l. n. 55/2015, a seguito della comparizione dinanzi al Presidente per i provvedimenti ex art. 708 c.p.c. – lo stesso può richiedere all'altro la somma delle spese a tal fine sostenute. Non rientra invece in questa fattispecie l'acquisto di un bene in comunione con risorse proprie di uno dei coniugi, trattandosi in questo caso della forma di espressione stessa delle modalità che caratterizzano la comunione legale dei beni tra coniugi. |