Liquidazione in unica soluzione dell'assegno divorzile

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

L'assegno divorzile e la liquidazione in unica soluzione (o una tantum)

L'assegno divorzile, ai sensi dell'art. 5 l. n. 898/1970 è una misura di solidarietà post-coniugale.

Per effetto di interventi operati dalla giurisprudenza della Suprema Corte in periodi successivi all'entrata in vigore della legge sul divorzio e successive modifiche, si è assistito nell'arco dell'ultimo trentennio ad una variazione ‒ pur in assenza di interventi normativi innovativi ‒ dell'interpretazione della chiave di lettura dell'art. 5 l. n. 898/1970. Deve infatti ricordarsi che dopo un primo e fondamentale intervento affidato alle Sezioni Unite del 1990 (Cass. S.U.,n. 11490/1990) – destinato a sanare il contrasto giurisprudenziale apertosi dopo la novella del 1974 – la giurisprudenza si è assestata su un quadro interpretativo che per 27 anni ha caratterizzato il contesto di riferimento, poi innovativamente mutato dalla Cassazione nel 2017 (Cass. I, n. 11504/2017) e da ultimo ricomposto – in un quadro interpretativo del tutto nuovo rispetto a quello formatosi nell'ultimo trentennio ‒ dalle Sezioni Unite nel 2018 (Cass., S.U.n. 18287/2018), stabilendo che l'assegno periodico di divorzio ha una natura composita non solo assistenziale ma a carattere prevalentemente perequativo/compensativo. Ne deriva che l'attribuzione dell'assegno divorzile non si basa più solo sulla disparità economica dei coniugi (criterio del tenore di vita) e sulle condizioni soggettive del solo richiedente (criterio dell'autosufficienza economica) ma assume un carattere prevalentemente perequativo/compensativo. Il principio di uguaglianza e di pari dignità dei coniugi e di autoresponsabilità degli stessi – principi costituzionalmente sanciti e sui quali il vincolo matrimoniale si fonda – impone una nuova lettura esegetica dell'art. 5 l. n. 898/1970 diretta alla valutazione in concreto dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli.

Ai sensi dell'art. 5, comma 8, della l. n. 898/1970, su accordo delle parti, la corresponsione dell'assegno divorzile può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale.

La stessa norma precisa che in tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico: si tratta di un'eccezione espressa alla regola generale della modificabilità delle condizioni di divorzio.

Sul piano processuale, la S.C. ha chiarito che, peraltro, la domanda di assegno divorzile una tantum non può desumersi, implicitamente, dal richiamo a quanto concordato dagli stessi coniugi in sede di separazione consensuale: invero dei relativi accordi, che richiedono sempre una verifica di natura giudiziale, non può, tenersi conto non solo quando limitino o escludano il diritto del coniuge economicamente più debole, ma anche quando soddisfino dette esigenze, poiché una preventiva pattuizione potrebbe determinare il consenso alla dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio (Cass. I, n. 2224/2017). In sostanza, poiché l'accordo in questione non può collocarsi al di fuori del giudizio di divorzio, in quanto una preventiva pattuizione, anche in sede di separazione, potrebbe condizionare il consenso alla dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di guisa che la stessa risulta invalida per illiceità della causa, perché stipulata in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all'art. 160 c.c. (Cass. I, n. 4764/2018).

Rientra nella nozione di assegno in un'unica soluzione, di cui all'art. 5, comma 8, l. n. 898/1970, ogni corresponsione di somme o di altre utilità nascenti da una unica fonte negoziale la cui funzione sia quella di sistemare definitivamente i rapporti economici relativi tra i coniugi divorziati, al di là del nomen iuris che le parti hanno inteso ad esso dare nelle loro pattuizioni (Cass. lav., n. 3635/2012).

La stessa norma precisa che in tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico: si tratta di un'eccezione espressa alla regola generale della modificabilità delle condizioni di divorzio.

Inoltre, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite, è preclusa al beneficiario non solo ogni eventuale richiesta volta ad ottenere un assegno periodico, ma anche la possibilità di percepire il contributo meramente alimentare, essendo stato «il diritto all'assegno divorzile definitivamente soddisfatto» (Cass. S.U., n. 22434/2018).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quale è il regime dell'assegno una tantum?

Orientamento consolidato

L'importo non è modificabile anche se cambiano le circostanze

La S.C. ha ripetutamente affermato che, nel quadro normativo previsto dall'art. 5 l. n. 898/1970 sussiste soltanto un'alternativa tra obbligo della somministrazione periodica di in assegno a favore di un coniuge posto dalla sentenza di divorzio a carico dell'altro e corresponsione di detto assegno in unica soluzione su accordo tra le parti e che solo con riguardo alla prima fattispecie i relativi provvedimenti, ai sensi del successivo art. 9, comma 1, devono ritenerci si pronunciati «allo stato degli atti», attesane la funzione di bilanciamento e riequilibrio degli interessi contrapposti degli ex coniugi, con conseguente possibilità di una loro revisione (in aumento o in diminuzione, fino addirittura alla radicale elisione dell'assegno), in qualsiasi tempo, per effetto del mutamento delle condizioni economiche delle parti e senza che il coniuge resistente possa efficacemente opporre, alla controparte, l'eventuale exceptio iudicati. Ne deriva che la corresponsione in unica soluzione dell'assegno divorzile, giusta il disposto dell'art. 5, comma 2, l. n. 898/1970 esclude la sopravvivenza, in capo al coniuge beneficiario, di qualsiasi ulteriore diritto, di contenuto patrimoniale e non, nei confronti dell'altro coniuge, attesa la cessazione (per effetto del divorzio) di qualsiasi rapporto tra gli ex coniugi: con la conseguenza che nessuna ulteriore prestazione, oltre quella già ricevuta, può essere legittimamente invocata, neppure per il peggioramento delle condizioni economiche del coniuge assegnatario, o comunque in ragione della sopravvenienza di quei giustificati motivi cui l'art. 9 subordina l'ammissibilità dell'istanza di revisione. Ha osservato al riguardo la S.C. che, se si procede ad una liquidazione in un'unica soluzione di quanto compete al coniuge più debole, dopo tale liquidazione non sopravvive un rapporto da cui possano scaturire nuovi ulteriori obblighi; in quanto l'aspettativa ad un assegno è stata esaurita attraverso l'una tantum, ed è venuto meno in tal caso (a seguito del divorzio) ogni rapporto di natura personale fra i coniugi potenziale fonte di altre pretese anche economiche. Si è inoltre osservato che tale a conclusione è ulteriormente confortata dalla considerazione che la possibile modifica “in aumento” dell'assegno periodico trova, alla luce della l. n. 898/1970, giustificazione nella circostanza che tale revisione può assumere due direzioni: può comportare cioè sia un aumento sia una diminuzione delle corresponsioni. Se si consentisse, invece, di porre in discussione ‒ attraverso i meccanismi previsti dall'art. 9 l. n. 898/1970 ‒ il rapporto definito con l'una tantum, si perverrebbe all'assurdo di prevedere solo uno strumento attraverso cui la cifra concordata in sede di divorzio può essere aumentata e non invece diminuita. In sostanza, la revisione è del tutto incompatibile con la liquidazione in unica soluzione, che del resto cesserebbe di essere l'“unica”, ove potesse venire affiancata in epoca successiva da un assegno periodico (cfr. Cass., n. 126/2001, cui adde per analoghe statuizioni: Cass., n. 8654/1998; Cass., n. 7365/1998).

Domanda
È ammesso l'accordo dei coniugi in sede di separazione relativamente all'assegno una tantum?

Orientamento consolidato

È nullo l'accordo già in sede di separazione sulla liquidazione in unica soluzione dell'assegno divorzile

Nella giurisprudenza di legittimità, in virtù del generale assunto per il quale gli accordi dei coniugi diretti a fissare, in sede di separazione, i reciproci rapporti economici in relazione al futuro ed eventuale divorzio con riferimento all'assegno divorzile sono nulli per illiceità della causa, avuto riguardo alla natura assistenziale di detto assegno, previsto a tutela del coniuge più debole, che rende indisponibile il diritto a richiederlo, è stato affermato che la disposizione dell'articolo 5, ottavo comma, della l. n. 898 del 1970 nel testo di cui alla l. n. 74 del 1987, a norma del quale, su accordo delle parti, la corresponsione dell'assegno divorzile può avvenire in un'unica soluzione, ove ritenuta equa dal tribunale, senza che si possa, in tal caso, proporre alcuna successiva domanda a contenuto economico, non è applicabile al di fuori del giudizio di divorzio, e gli accordi di separazione, dovendo essere interpretati secundum ius, non possono implicare rinuncia all'assegno di divorzio (Cass. I, n. 2224/2017).

Domanda
Può riconoscersi la pensione di reversibilità al beneficiario dell'assegno divorzile una tantum?

Orientamento delle Sezioni Unite

No, perché il beneficiario non ha la titolarità attuale e concretamente fruibile dell'assegno divorzile

Risolvendo il precedente contrasto che si era formato nella giurisprudenza di legittimità, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno sancito il principio secondo cui, affinché possa riconoscersi il diritto alla pensione di reversibilità in capo al soggetto nei cui confronti è stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, è necessario che egli sia titolare dell'assegno divorzile. Tale titolarità di cui all'art. 5 della l. n. 898/1970 deve invero intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell'assegno divorzile al momento della morte dell'ex coniuge, e non già come titolarità astratta del diritto all'assegno divorzile già soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione. In quest'ultimo caso, infatti, difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità, che è dato dal medesimo presupposto solidaristico dell'assegno periodico di divorzio, finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell'ex coniuge, mentre nel caso in cui sia stato corrisposto l'assegno una tantum non esiste una situazione di contribuzione economica che viene a mancare (Cass., S.U., n. 22434/2018).

Domanda
Dopo la liquidazione dell'assegno una tantum può essere proposta domanda di accertamento della comunione de residuo?

La preclusione alla proposizione di nuove domande di contenuto economico non riguarda quelle relative alla comunione legale

La preclusione per il coniuge beneficiario di assegno divorzile in unica soluzione, di cui all'art. 5, comma 8, l. n. 898/19970, di future pretese di carattere economico, non riguarda anche l'azione di accertamento della comunione de residuo proposta dall'ex coniuge ai sensi degli artt. 177, lett. b) e c), e 178 c.c., trattandosi di pretesa fondata su presupposti e finalità del tutto diversi, atteso che la detta comunione si costituisce solo su taluni beni dei coniugi e soltanto se ancora esistenti al momento del suo scioglimento (Cass. I, n. 4492/2021).

Domanda
È onere deducibile dal reddito dell'ex coniuge onerato l'assegno divorzile una tantum?

No, per effetto di una scelta discrezionale del legislatore rispetto alla diversa soluzione prevista per l'assegno periodico

Come ha ricordato anche di recente la S.C., in tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, il d.P.R. n. 597/1973, art. 10, comma 1, lett. g) (al pari del d.P.R. n. 917/1986, art. 10, comma 1, lett. c) limita la deducibilità, ai fini dell'applicazione dell'IRPEF, solo all'assegno periodico – e non anche a quello corrisposto in unica soluzione – al coniuge, in conseguenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell'autorità giudiziaria: tale differente trattamento è riconducibile alla discrezionalità legislativa la quale, riguardando due forme di adempimento tra loro diverse, una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l'altra capace di definire ogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, non risulta né irragionevole, né in contrasto con il principio di capacità contributiva (Cass. trib. n. 29178/2019).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Poiché la scelta di riconoscere, in luogo dell'assegno periodico, una somma una tantum al coniuge nel procedimento di divorzio deve essere frutto di una decisione di entrambi i coniugi, decisione sulla cui equità vi è un vaglio del Tribunale, di norma la relative richiesta è veicolata in un ricorso per divorzio coniunto (vi siano, o no, anche figli minori).

Talvolta può accadere che, proprio il raggiungimento della soluzione della liquidazione dell'assegno una tantum, consenta alle parti, nell'ambito di un giudizio contenzioso di divorzio, di pervenire a conclusion conformi, con conseguente “conversione” della procedura in quella di divorzio congiunto in corso di causa.

Aspetti preliminari

Negoziazione assistita

Ai sensi dell'art. 6, comma 1, del d.l. n. 132/2014, conv. in l. n. 162/2014, la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi anche al fine di raggiungere una soluzione consensuale in ordine al divorzio congiunto. Opera anche in questa ipotesi la “biforcazione” del procedimento a seconda della presenza di figli dei coniugi da tutelare prevista dal capoverso del predetto art. 6.

Invero, in mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, della l. n. 104/1992, ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3.

Diversamente, in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l'accordo risponde all'interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l'accordo non risponde all'interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All'accordo autorizzato si applica il comma 3.

Competenza

Nell'ipotesi di divorzio congiunto il ricorso deve essere proposto al Tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge.

Per il divorzio contenzioso il ricorso va invece proposto al Tribunale del luogo in cui il coniuge resistente ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all'estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al Tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque Tribunale della Repubblica.

Legittimazione

Legittimati a proporre il ricorso per divorzio congiunto sono entrambi i coniugi.

Profili di merito

Onere della prova

L'accordo che deve sussistere a monte per la liquidazione dell'assegno una tantum implica che non debba essere osservato alcun particolare onere probatorio dalle parti.

Piuttosto il Tribunale potrà utilizzare i propri poteri officiosi per verificare l'equità della soluzione raggiunta.

Contenuto del ricorso

Il ricorso di divorzio congiunto deve contenere le generalità delle parti e del loro difensore (di solito comune), compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui le parti devono eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

4. Conclusioni

Ai sensi dell'art. 5, comma 8, della l. n. 898/1970, su accordo delle parti, la corresponsione dell'assegno divorzile può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale.

La stessa norma, sancendo un'eccezione espressa alla regola generale della modificabilità delle condizioni di divorzio precisa che in tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.

Invero, la corresponsione in unica soluzione dell'assegno divorzile, giusta il disposto dell'art. 5, comma 2, l. n. 898/1970 esclude la sopravvivenza, in capo al coniuge beneficiario, di qualsiasi ulteriore diritto, di contenuto patrimoniale e non, nei confronti dell'altro coniuge, attesa la cessazione (per effetto del divorzio) di qualsiasi rapporto tra gli ex coniugi: con la conseguenza che nessuna ulteriore prestazione, oltre quella già ricevuta, può essere legittimamente invocata, neppure per il peggioramento delle condizioni economiche del coniuge assegnatario, o comunque in ragione della sopravvenienza di quei giustificati motivi cui l'art. 9 subordina l'ammissibilità dell'istanza di revisione

Ad esempio, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno ritenuto che il coniuge che abbia “accettato” la liquidazione dell'assegno una tantum non può poi richiedere il riconoscimento della pensione di reversibilità a seguito del decesso dell'altro coniuge.

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