Sindrome da alienazione parentale e regime di affidamento del minore

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Il diritto alla bigenitorialità e l'eccezionalità dell'affidamento esclusivo

L'art. 337-ter, comma 1, c.c. sancisce il diritto del minore a mantenere, anche nell'ipotesi di disgregazione del nucleo famigliare, un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore e a ricevere da entrambi i genitori cura, educazione, istruzione e assistenza morale.

In sostanza, è riconosciuto al minore il fondamentale diritto alla bigenitorialità nonostante la crisi della coppia genitoriale.

Il diritto del minore alla bigenitorialità costituisce e rappresenta l'essenza stessa dell'affidamento condiviso che è stato disciplinato, sin dalla l. n. 54/2006, come scelta da valutare in via prioritaria proprio al fine specifico di garantire alla prole minorenne il diritto di continuare ad avere in concreto un rapporto costante con entrambi i genitori a prescindere dal dissolvimento del legame sussistente tra questi ultimi.

L'art. 337-ter, comma 3, c.c. precisa che la responsabilità genitoriale deve essere esercitata da entrambi i genitori e che le decisioni di maggiore interesse relative alla prole concernenti l'istruzione, l'educazione, la salute e la scelta della residenza abituale del minore debbano essere assunte di comune accordo tenendo in considerazione le capacità, l'inclinazione naturale e le aspirazioni dei figli.

L'affidamento esclusivo della prole minorenne è disciplinato dall'art. 337-quater c.c. e rappresenta la forma di affidamento residuale da disporre solo in via rigorosamente subordinata e qualora il giudice ritenga, con provvedimento motivato, che l'affidamento ad entrambi i genitori sia contrario agli interessi del minore. Tale norma si applica nell'ambito delle procedure di separazione, cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio, nullità ed annullamento del matrimonio e relative a figli di genitori non coniugati.

L'affidamento condiviso dei figli minori, dunque, è considerato dalla giurisprudenza consolidata in termini di regola generale da disattendere solo in casi eccezionali in cui siano evidenti l'inidoneità e l'inadeguatezza di uno dei genitori.

Ciò comporta che anche nell'ipotesi in cui le condizioni di affidamento siano state concordate tra i genitori, il giudice debba negare, nell'interesse superiore dei figli minori, la validità delle intese genitoriali che prevedano l'affidamento dei figli ad un solo genitore quando non siano sorrette da adeguata motivazione con cui venga specificato quali siano le circostanze che rendano l'affidamento condiviso pregiudizievole e inadeguato per il minore.

La c.d. sindrome da alienazione parentale

Non di rado, quando l'autorità giudiziaria si trova a dover decidere sull'affidamento a causa delle rispettive allegazioni della coppia parentale e dell'elevata conflittualità all'interno della stessa si rende opportuno disporre approfondimenti istruttori come le consulenze tecniche di tipo psicologico.

Talvolta nell'ambito degli stessi viene riscontrata una sindrome di alienazione genitoriale (PAS) nel minore. In ambito psicologico, il concetto di PAS (Parental Alienation Syndrome, o sindrome di alienazione parentale) è stato coniato nel 1985 dal medico Richard Gardner con riguardo alla situazione nella quale uno dei genitori (cd. “alienante”) opera verso l'altro genitore (cd. “alienato”) una dinamica denigratoria volta a ritenere dannosa e negativa la frequentazione del genitore alienato e della sua famiglia. I figli coinvolti mostrano una posizione totalmente aderente a quella dell'alienante, finendo per disprezzare l'altro genitore, spesso identificato come la causa del male che affligge il genitore collocatario. Contemporaneamente, il figlio instaura un legame patologico con il genitore alienante (che coincide spesso con quello affidatario), spinto da una forte empatia che lo rende vittima di una manipolazione psicologica. Il frutto e la conseguenza di tale comportamento è l'inquadramento del genitore alienante come la vittima cui prestare assistenza e con la quale solidarizzare, e del genitore alienato come la figura crudele, assente e negligente da cui allontanarsi.

In realtà, ad oggi nel Manuale Diagnostico DSM 5, la PAS non è classificata come sindrome, ossia un insieme di sintomi inquadrati e classificati in criteri diagnostici suffragati e condivisi dalla letteratura scientifica.

Anche in ragione del discusso fondamento scientifico di tale sindrome, la S.C. ha precisato che il giudice di merito, prescindendo dalla validità o invalidità teorica di detta patologia, è tenuto ad accertare, in concreto, con i mezzi di prova canonici, condotte eventualmente ostative di un genitore verso l'altro idonee a pregiudicare il pieno diritto alla bigenitorialità (cfr. Cass. I, n. 6919/2016). Questo principio è stato da ultimo ribadito da Cass. I, n. 9691/2022,  la quale ha puntualizzato che nell’ipotesi in cui un genitore denunci comportamenti dell'altro, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità del fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
I comportamenti "contestati", indicati come significativi di PAS, possono incidere di per sé sul regime di affidamento?

Orientamento consolidato della Corte di cassazione

No, i comportamenti “contestati” devono essere oggetto di valutazione secondo i mezzi di prova ordinari

La S.C. ha ormai ripetutamente ribadito il principio secondo cui in tema di affidamento del figlio di età minore, qualora un genitore denunci i comportamenti dell'altro tesi all'allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), nella specie nella forma della sindrome della cd. “madre malevola” (MMS), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova comprese le consulenze tecniche e le presunzioni, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena (Cass. I, n. 9691/2022Cass. I, n. 6919/2016). In virtù di tale canone, ad esempio, in una recente fattispecie la S.C. ha conseguentemente annullato la decisione della corte di merito, che aveva disposto l'affido c.d. “super-esclusivo” al padre, in considerazione della gravità dei comportamenti della madre, trascurando però di valorizzare il suo positivo rapporto con la minore e senza operare una più ampia valutazione circa la possibilità di intraprendere un percorso di effettivo recupero delle capacità genitoriali (Cass. I, n. 13217/2021).

Domanda
Il giudice può limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente?

Orientamento della Corte di cassazione

No, se all'elaborato peritale sono mosse specifiche contestazioni

Per altro verso, la Corte di legittimità, ha affermato che nei giudizi in cui sia stata esperita c.t.u. medico-psichiatrica allo scopo di verificare le condizioni psico-fisiche del minore e conclusasi con un accertamento diagnostico di sindrome da alienazione parentale, il giudice di merito, nell'aderire alle conclusioni dell'accertamento peritale, non può, ove all'elaborato siano state mosse specifiche e precise censure, limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente, ma è tenuto – sulla base delle proprie cognizioni scientifiche, ovvero avvalendosi di idonei esperti e ricorrendo anche alla comparazione statistica per casi clinici – a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti, sullo stesso piano della validità scientifica, oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale, dovendosi escludere la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare (Cass. I, n. 7041/2013).

Domanda
Per la decisione sull’affidamento il giudice può utilizzare le relazioni del coordinatore genitoriale?

Orientamento più recente

 

Si, in quanto non vi è nell’ordinamento processuale un sistema di tassatività dei mezzi di prova

Ai fini della statuizione sull'affidamento dei figli il giudice può legittimamente valorizzare il contenuto delle relazioni del coordinatore genitoriale, unitamente alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, poiché nell'ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura che imponga la tassatività dei mezzi di prova ed è pertanto consentito il ricorso alle prove atipiche (Cass. I, n. 27348/2022).

Domanda
L'accertamento di comportamenti "alienanti" può giustificare una pronuncia di risarcimento dei danni in favore della prole e del genitore alienato?

Orientamento di merito

Il genitore alienante può essere condannato al risarcimento del danno

Il genitore collocatario, il quale ostacola i rapporti del figlio minore con l'altra figura genitoriale, mettendo in atto una grave forma di alienazione parentale che impedisce al minore la continuità delle relazioni con la stessa, rivela una grave carenza di idoneità genitoriale che legittima l'affidamento del ragazzo ai servizi sociali e il risarcimento dei danni a favore del minore e del genitore alienato (Trib. Cosenza II, n. 2044/2017).

Domanda
È necessario che le condotte alienanti siano dolose?

I comportamenti volti a neutralizzare la figura dell'altro genitore possono essere fondati anche sulla sola colpa

Il termine “alienazione genitoriale” non integra una nozione di patologia clinicamente accertabile, bensì un insieme di comportamenti posti in essere dal collocatario per emarginare e neutralizzare l'altra figura genitoriale: tali condotte non abbisognano dell'elemento psicologico del dolo, essendo sufficiente la colpa o la radice anche patologica delle condotte medesime (Trib. Milano IX, 11 marzo 2017).

Domanda
In presenza di condotte alienanti può essere disposto l'affidamento della prole ad un soggetto terzo?

È opportuno affidare il minore ad un ente terzo nell'ipotesi di PAS derivante da elevata conflittualità della coppia parentale

Qualora la coppia coniugale e genitoriale sia caratterizzata da un funzionamento gravissimamente disfunzionale del tipo “vittima/carnefice” e da altrettante disfunzionali separazioni/riappacificazioni, si impone l'affidamento dei figli ad un Ente terzo, non apparendo ognuno dei coniugi/genitori in alcun modo idoneo all'esercizio della responsabilità genitoriale: in questo caos, il giudice può rimettere ai Servizi sociali l'adozione di ogni formale decisione finale — nel caso di insanabile contrasto tra i genitori sul punto e previa la sola mera consultazione degli stessi — in merito alle scelte più importanti (Trib. Milano IX, 16 giugno 2015).

Domanda
Qualora un genitore ostacoli i rapporti della prole con l’altro genitore deve essere sempre disposta la decadenza dalla responsabilità genitoriale?

Orientamento recente della Corte di Cassazione

 

Le condotte "ostacolanti" non impongono necessariamente la pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale

La violazione del diritto alla bigenitorialità da parte del genitore che ostacoli i rapporti del figlio con l’altro genitore, e la conseguente necessità di garantire l'attuazione di tale diritto, non impongono necessariamente la pronuncia di decadenza del genitore "ostacolante" dalla responsabilità genitoriale e l’allontanamento del minore dalla sua residenza, quali misure estreme che recidono ineluttabilmente ogni rapporto, giuridico, morale ed affettivo con il figlio, essendo necessaria la verifica, nell’interesse del minore, della possibilità che tale rimedio incontri, nel caso concreto, un limite nell'esigenza di evitare un trauma, anche irreparabile, allo sviluppo fisico-cognitivo del figlio, in conseguenza della improvvisa e radicale esclusione di ogni relazione con il genitore con il quale ha sempre vissuto, coltivando i propri interessi di bambino, e della correlata lacerazione di ogni consuetudine di vita (Cass. I, n. 9691/2022).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

In genere, la richiesta di un affidamento esclusivo o super esclusivo ovvero eterofamiliare della prole minorenne fondata sulla deduzione della PAS non è effettuata nel ricorso per la separazione, poiché le condotte alienanti tendono a manifestarsi con il tempo durante un regime di affidamento condiviso con collocamento della prole presso uno dei genitori, caratterizzato da elevata conflittualità nei rapporti nella coppia che si è disgregata.

L'art. 337-quinquies c.c. stabilisce che i genitori in ogni tempo possono chiedere la revisione delle disposizioni riguardanti i figli, l'attribuzione dell'esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo.

L'istanza di revisione può essere presentata, quindi, ove sopravvengano nuove circostanze, sia nel corso del giudizio di separazione o di quello di divorzio che, successivamente alla conclusione degli stessi, rispettivamente con ricorsi exartt. 710 c.p.c. e 9 l. 898/1970.

Il ricorso può essere promosso, inoltre, per la revision delle condizioni di affidamento dei figli di genitori non coniugati.

Il giudizio ha la finalità di accertare se compromette il best interest del minore il vigente regime di affidamento a fronte delle condotte alienanti volte a neutralizzare l'altro genitore.

Aspetti preliminari

Competenza

Se il giudizio di separazione è ancora in corso, la modifica del regime di affidamento potrà essere richiesta con istanza ex art. 709 c.p.c.

La competenza a decidere su tutte le istanze di modifica e revoca dei provvedimenti in materia di separazione o divorzio, quando non è pendente la causa, spetta per materia al tribunale in composizione collegiale mentre, quanto alla competenza per territorio, operano i criteri generali degli artt. 18 e 20 c.p.c. (Cass. I, n. 22394/2008). Pertanto, il procedimento può essere incardinato sia ex art. 18 c.p.c. di fronte al tribunale del luogo di residenza del coniuge convenuto sia, ai sensi degli artt. 20 c.p.c., dinanzi al tribunale che ha pronunciato la sentenza di separazione o divorzio o ha omologato la stessa, da intendersi quale luogo in cui l'obbligazione è sorta (Cass. I, n. 8016/2013).

Nell'ipotesi in cui le condizioni di affidamento da modificare riguardino, invece, la prole di una coppia parentale non coniugata è competente il Tribunale del luogo di residenza abituale del minore.

In via generale, l'art. 473-bis.11 c.p.c., introdotto a seguito dell'esercizio del criterio di delega, contenuto nell'art. 1, comma 23, della l. n. 206/2021, dal d.lgs. n. 149 del 2022 ha previsto che criterio generale di collegamento della competenza territoriale, per tutte le controversie nelle quali venga in rilievo la posizione del minore (anche correlate ad un giudizio di separazione personale o divorzio tra i genitori), deve essere costituito, in omaggio al c.d. principio di vicinanza o prossimità, dal luogo ove si trova la residenza abituale del minore. Detta regola troverà applicazione per le controversie promosse dalla data del 30 giugno 2023.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso compete al genitore che insta per la richiesta di modifica del regime di affidamento (ossia il genitore c.d. alienato).

Curatore speciale del minore

Il novellato art. 78, comma 3, c.p.c.ex l. n. 206/2021, con applicazione ai procedimenti promossi dalla data del 22 giugno 2022 - stabilisce che, tra l'altro, il giudice è tenuto a nominare, a pena di nullità del procedimento, un curatore speciale del minore, nel caso in cui dai fatti emersi nel procedimento venga alla luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne l'adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi i genitori (n. 3) oppure quando ne faccia richiesta il minore che abbia compiuto quattordici anni (n. 4).

Il  comma 4 della stessa disposizione, come novellata, attribuisce inoltre al giudice – che in detta ipotesi dovrà motivare pur succintamente la propria decisione – il potere di nominare un curatore speciale del minore quando i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi dello stesso.

Profili di merito

Onere della prova

L'eccezionalità di un regime di affidamento che deroghi a quello, volto alla realizzazione del principio di bigenitorialità, dell'affidamento condiviso, in coerenza con le regole generali ritraibili dall'art. 2697 c.c., postula che il genitore il quale lo richiede sia tenuto a dimostrare puntualmente i fatti costitutivi della propria domanda, ossia che le condotte del genitore collocatario abbiano finito con il determinare un'alienazione del minore da esso istante e che solo una modifica del regime di affidamento (che può comportare anche l'affidamento per un periodo del minore ai servizi sociali) può risolvere la situazione patologica venuta a determinarsi.

Contenuto del ricorso

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Nel ricorso, prima della formulazione delle conclusioni, e in particolare di quelle in cui richiede la modifica del regime di affidamento, occorre specificare le ragioni poste a fondamento della stessa. Potranno essere a tal fine dedotte (e provate) condotte alienanti del genitore collocatario volte alla marginalizzazione nella vita del minore dell'altro genitore.

Richieste istruttorie

Trattandosi di un procedimento camerale ispirato all'interesse, di rilevanza pubblicistica, del minore, il giudice può disporre mezzi di prova anche d'ufficio.

Di solito è richiesta dal ricorrente una consulenza tecnica psicologica volta a dimostrare che il minore è affetto dalla (discussa già sul piano scientifico) sindrome da alienazione parentale.

Se questo accertamento peritale è necessario, tuttavia, come la Corte di cassazione ha chiarito che il giudice del merito deve comunque disporre l'affidamento in base al best interest del minore e, quindi, non “appiattirsi” sulle conclusioni del consulente, avvalendosi anche di altri fondamentali mezzi istruttori quali, in primis e soprattutto, l'audizione del minore capace di discernimento.

4. Conclusioni

Sin dalla riforma del diritto di famiglia realizzata dalla l. n. 54/2006, il principio di bigenitorialità, e quindi il diritto del minore a continuare ad avere un rapporto equilibrato e armonioso con entrambi i genitori nonostante l'avvenuta disgregazione della coppia parentale, comporta che il regime “ordinario” e generale di affidamento sia quello condiviso.

Una diversa forma di affidamento può essere disposta, ex art. 337-quater c.c., solo in via rigorosamente subordinata e qualora il giudice ritenga, con provvedimento motivato, che l'affidamento ad entrambi i genitori sia contrario agli interessi del minore.

Ricorrente nella prassi è l'ipotesi di richiesta di modifica del regime dell'affidamento condiviso della prole per comportamenti alienanti rispetto all'altro genitore da parte di quello collocatario dei minori.

La S.C. ha più volte ribadito il principio – anche alla luce del discusso fondamento scientifico della sindrome di alienazione parentale ‒ che il giudice di merito, prescindendo dalla validità o invalidità teorica di detta patologia, è tenuto ad accertare, in concreto, la sussistenza di tali condotte, alla stregua dei mezzi di prova propri della materia, quali l'ascolto del minore, nonché le presunzioni, ad esempio desumendo elementi anche dalla eventuale presenza di un legame simbiotico e patologico tra il figlio ed il genitore collocatario, motivando quindi adeguatamente sulla richiesta di modifica, tenendo conto che, a tale fine, e a tutela del diritto del minore alla bigenitorialità ed alla crescita equilibrata e serena, tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali del figlio con l'altro genitore, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa su quest'ultimo (cfr. Cass. I, n. 6919/2016 e, da ultimo, Cass. I, n. 9691/2022).

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