Somme indebitamente corrisposte ai figli minorenni1. Bussole di inquadramentoIl problema della ripetibilità delle somme versate indebitamente nei confronti della prole Il dovere di mantenimento dei figli ‒ che trova diretto fondamento nell'art. 30 Cost. ‒ si estrinseca, secondo un costante indirizzo giurisprudenziale e dottrinario, nel dovere, per ciascun genitore, di provvedere, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo le capacità di lavoro professionale o casalingo di ciascuno (art. 316-bis c.c.), alle esigenze di vita ordinarie e straordinarie dei figli. L'obbligo dei genitori di mantenere i figli sancito dall'art. 30 Cost. e specificato dagli artt. 147 e 148 c.c. sussiste per il solo fatto di averli generati (ossia in relazione allo status di genitore: Cass. I, n. 4223/2021): per questa ragione, come ha più volte affermato la S.C., nell'ipotesi in cui, al momento della nascita, il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l'obbligo dell'altro, per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (cfr. Cass. I, n. 5652/2012). La regola generale sancita dall'art. 2033 c.c. secondo cui colui il quale ha eseguito un pagamento in assenza di titolo o sulla base di un titolo dichiarato nullo o, comunque, venuto meno con privazione di effetti, ha diritto di ripetere quanto corrisposto, incontra, con riferimento alle somme dovute in conseguenza della crisi coniugale, significative limitazioni, specie nell'ipotesi di prestazioni eseguite per far fronte ad esigenze alimentari del creditore. Occorre considerare che l'assegno di mantenimento dovuto ai sensi dell'art. 337-ter comma 2 c.c. ‒ che costituisce proiezione, in sede di crisi familiare, dei principi dettati agli artt. 147 e 316 c.c. ‒ in favore dei figli, prescindendo dallo stato di bisogno degli stessi ed essendo volto ad assicurare le esigenze (comprese quelle non strettamente necessarie alla sopravvivenza) di vita del beneficiario è, di regola, superiore rispetto a quello dovuto a titolo di alimenti. In sostanza, come da lungo tempo evidenziato dalla stessa Corte costituzionale, la differenza tra l'obbligo di mantenimento e quello alimentare è solo quantitativa, in quanto il primo, essendo volto a soddisfare tutte le necessità della vita del creditore comprende il secondo ed ha pertanto contenuto maggiore (Corte cost., n. 1041/1988). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Se in sentenza è ridotto l'importo dell'assegno in favore dei figli, il genitore obbligato può recuperare i maggiori esborsi sostenuti?
Orientamento della Corte di Cassazione Non ripetibilità delle somme superiori riconosciute nei provvedimenti ex art. 708 c.p.c. Nell'ipotesi in cui la sentenza (o un provvedimento interinale che modifichi quello precedentemente adottato) stabilisca un assegno inferiore rispetto a quello previamente (e provvisoriamente) liquidato, ove non vi sia già stata l'esecuzione delle prestazioni dovute trova applicazione il principio per il quale la sentenza sostituisce i provvedimenti provvisori adottati nel corso del procedimento, sicché, anche per i periodi pregressi, l'entità dell'assegno deve essere parametrata alla liquidazione resa in sentenza (Cass. I, n. 28987/2008), non potendo darsi esecuzione ad un titolo (come il provvedimento interinale) che non esiste più. Nell'ipotesi in cui, invece, vi sia stato il tempestivo adempimento dell'obbligazione derivante dai provvedimenti provvisori in vigore nel periodo compreso tra la proposizione della domanda ed il relativo accoglimento trova applicazione il principio della irripetibilità delle prestazioni alimentari. La S.C. ha statuito, a riguardo, che, di conseguenza, chi ha ricevuto la prestazione dovuta per effetto del titolo poi superato non è tenuto a restituire quanto ricevuto (o, rectius, nell'ipotesi di mera riduzione dell'importo dell'assegno, non deve restituire la differenza tra la superiore somma quantificata dal provvedimento provvisorio e quella inferiore determinata dal provvedimento successivo). Analogamente, per effetto del divieto di compensazione che costituisce ulteriore carattere proprio del credito alimentare, l'obbligato che ha versato somme eccedenti rispetto a quelle quantificate in via definitiva può rifiutare le prestazioni dovute in base al provvedimento che definisce il giudizio opponendo in compensazione le maggiori somme versate per effetto dei provvedimenti provvisori (Cass. I, n. 9641/1996). Proponibilità dell'azione di restituzione anche se il procedimento di revisione delle condizioni di mantenimento è stato introdotto dopo il maturare dei relativi presupposti > Nel diritto di famiglia, come noto, una volta definito con la sentenza di separazione e/o di divorzio il regime di mantenimento dei figli, un mutamento di fatto delle condizioni in forza delle quali era stabilito un assegno di un determinato importo non consente al genitore di versare una somma inferiore, qualora non abbia attivato, rispettivamente, i procedimenti di cui all'art. 710 c.p.c. o dell'art. 9 della l. n. 898/1970 Peraltro, la S.C. ha recentemente chiarito – pur in una fattispecie nella quale veniva in rilievo il mantenimento di figli maggiorenni – che la circostanza che i predetti procedimenti siano stati introdotti successivamente al mutamento di dette condizioni non impedisce la proposizione dell'azione restitutoria delle somme corrisposte indebitamente in precedenza, a norma dell'art. 2033 c.c. (Cass. I, n. 3659/2020). Ciò in quanto quest'ultima azione ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa (tra le più recenti, Cass. n. 18266/2018). Spetta al giudice cui sia proposta la domanda restitutoria di indebito di valutarne la fondatezza, in relazione alla sopravvenienza di eventi successivi che hanno messo nel nulla la causa originaria giustificativa dell'obbligo di pagamento (condictio ob causam finitam). Distinzione tra somme versate a titolo di alimenti e di mantenimento Su un piano più generale, almeno da un certo momento in poi, la S.C. ha ritenuto di distinguere il credito alimentare da quello spettante a titolo di mantenimento affermando che solo per il primo vale la regola della irripetibilità delle somme versate (Cass. I, n. 11489/2014). Di conseguenza l'irripetibilità è destinata ad operare con riferimento alle sole somme versate per l'adempimento di un obbligo alimentare (e non anche per quelle dovute per effetto del più ampio obbligo di mantenimento): deve ritenersi quindi che le somme versate nella misura eccedente l'obbligo alimentare possano essere oggetto di ripetizione da parte del solvens. Peraltro, la stessa Corte di legittimità ha precisato che il carattere sostanzialmente alimentare dell'assegno di mantenimento a favore del figlio, anche maggiorenne, in regime di separazione, comporta che la normale retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda vada contemperata con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, sicché la parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo, mentre ove il soggetto obbligato non abbia ancora corrisposto le somme dovute, per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non sono più dovute in base al provvedimento di modificazione delle condizioni di separazione (Cass. VI, n. 13609/2016). Rimessione alle Sezioni Unite Ripetibilità delle somme percepite in caso di revoca dell'assegno La recente ordinanza interlocutoria n. 36509/2021, ha rimesso al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, attesi i contrasti rilevati nonché l'importanza anche pratica delle questioni che ne sono oggetto, le seguenti questioni: a) se i crediti afferenti agli assegni che traggono pretesto dalla crisi del rapporto di coniugio ripetano tutti indistintamente i caratteri della irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità propri dei crediti alimentari; b) se i caratteri di cui sopra possano farsi dipendere dall'entità delle somme erogate a tali titoli e se, in particolare, se ne renda obbligato il riconoscimento in presenza di importi di ammontare modesto che inducano a ravvisare la destinazione para-alimentare; c) se nel caso in cui sia in discussione la non debenza dell'assegno sia possibile scorporare da esso ai fini di riconoscervi i caratteri di cui sopra, la quota di esso avente destinazione para-alimentare; d) se il regime giuridico individuato in base all'accertamento da condursi in relazione al punto a) sia estensibile anche all'assegno in favore dei figli maggiorenni non autosufficienti di cui venga accertato l'indebito.
Domanda
L'ex coniuge che scopra in un momento successivo di non essere padre del minore per il quale ha versato il mantenimento ha diritto alla restituzione degli importi?
La funzione alimentare dell'assegno di mantenimento non opera se il minore non è figlio del genitore Il marito che in costanza del giudizio di separazione personale abbia corrisposto alla moglie un assegno per il mantenimento del figlio minore, sul presupposto che lo stesso fosse figlio di entrambi i coniugi, ha diritto alla ripetizione delle somme corrisposte ove si accerti che il minore non è suo figlio (ma della sola moglie), attesto che il principio della irripetibilità della somme comunque versate a titolo di mantenimento della prole nella pendenza del giudizio di separazione o di divorzio, infatti, presuppone che i minori (o i maggiorenni non economicamente autosufficienti) per i quali è stato versato un assegno periodico siano figli di entrambi i coniugi (Cass. I, n. 21675/2012). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Sebbene in astratto l'azione di restituzione delle somme indebitamente corrisposte all'ex coniuge, nei termini delineati, per il mantenimento dei figli minori sia esperibile anche in via autonoma, di regola la stessa costituisce motivo di opposizione all'esecuzione forzata che il creditore intende promuovere, come preannunciato nell'atto di precetto, in virtù del titolo venuto meno o riformato, anche in relazione agli importi pregressi. Il giudizio ha le forme di quello ordinario di cognizione (v. art. 615, comma 1, c.p.c.), introdotto con atto di citazione ed è deciso, all'esito di un'istruttoria disciplinata nelle forme proprie del secondo libro del codice di procedura civile, con sentenza. Nulla esclude che le medesime doglianze possano inoltre essere formulate nell'ambito di un'esecuzione già iniziata con il pignoramento nelle forme dell'opposizione all'esecuzione di cui al secondo comma dell'art. 615 c.p.c., ossia con ricorso dinanzi al giudice dell'esecuzione. In entrambe le ipotesi il giudizio ha ad oggetto l'accertamento negativo della sussistenza dell'avversa pretesa creditoria, talvolta con richiesta, in via riconvenzionale, di riconoscimento degli importi indebitamente corrisposti. Aspetti preliminari Competenza L'atto di citazione in opposizione a precetto segue, anche per i crediti in materia familiare, le regole ordinarie in tema di riparto della competenza per valore tra giudice di pace e Tribunale. La competenza a conoscere dell'opposizione proposta dopo l'inizio dell'esecuzione spetta invece al giudice dell'esecuzione il quale, una volta assunti i provvedimenti sull'istanza di sospensione della procedura e sulla competenza, concederà alle parti termine per l'introduzione del giudizio di merito. Legittimazione La legittimazione attiva compete al genitore che assuma di aver corrisposto indebitamente all'ex coniuge (o partner) somme per il mantenimento dei figli minori. Profili di merito Onere della prova Il creditore che agisce per la ripetizione, anche in sede di opposizione ex art. 615 c.p.c., di somme già versate deve provare i fatti costitutivi della sua pretesa e, quindi, tanto l'avvenuto pagamento, quanto la mancanza di una causa che lo giustifichi (Cass. lav., n. 22872/2010; Cass. II, n. 1146/2003; tale principio è stato affermato anche con riferimento al caso in cui si assuma che solo una parte del pagamento è indebito con conseguente proposizione di domanda di ripetizione per la sola parte della prestazione eseguita pur in assenza di titolo (Cass. III, n. 7501/2012). Tale onere probatorio può essere assolto, ad esempio, evidenziando la non modesta entità delle somme versate (atteso che la modesta entità dei versamenti consente di presumere che le somme siano state versate per far fronte ad un obbligo meramente alimentare – Cass. I, n. 6864/2009). Qualora invece gli importi indebiti non fossero stati versati prima dell'emanazione del titolo esecutivo che ha ridotto l'obbligo di mantenimento nei confronti della prole, se l'altro genitore aziona il titolo ormai caducato o riformato, sarà sufficiente dimostrare la caducazione di tale titolo e la sua sostituzione con il titolo che prevede un obbligo di mantenimento in misura inferiore. Contenuto della domanda L'atto di citazione in opposizione a precetto o il ricorso ex art. 615, comma 2, c.p.c. al giudice dell'esecuzione devono contenere le generalità dell'attore e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta da colui il quale agisce e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione. Richieste istruttorie Di solito l'istruttoria ha carattere documentale, fondandosi sulla sopravvenienza di un titolo che ha accertato la non debenza, in tutto o in parte, almeno da un certo momento in poi, delle somme corrisposte a titolo di mantenimento dei figli all'altro genitore. 4. ConclusioniCiascuno dei genitori, per il solo fatto della procreazione, ha l'obbligo di mantenimento dei figli, anche maggiorenni, fino al raggiungimento dell'indipendenza economica (ovvero delle relative condizioni). Nell'ipotesi di disgregazione del rapporto parentale, è di solito posto a carico del genitore non collocatario un assegno di mantenimento della prole minorenne. Se successivamente il titolo viene meno, in tutto o in parte, il genitore non potrà ripetere le somme corrisposte ai figli minori, nella parte eccedente la propria effettiva obbligazione. Tuttavia, se prima della modifica del titolo che ha diminuito l'entità dell'assegno le somme non sono state versate, l'altro genitore non ha titolo a richiederle. |