Revoca dopo la separazione del consenso alla fecondazione medicalmente assistita

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Il regime del consenso e della revoca alla procedura di procreazione medicalmente assistita

L'art. 1 della l. n. 40/2004 stabilisce che, qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci, al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità e dall'infertilità umana, è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, assicurando il rispetto dei diritti di tutti i soggetti coinvolti “compreso il concepito”. La legge, per come “riscritta” da una serie di pronunce additive della Corte Costituzionale (cfr. Corte cost. n. 151/2009, cerca di effettuare un adeguato bilanciamento tra i diritti, talora contrapposti, che vengono in rilievo.

L'art. 6, comma 3, della l. n. 40/2004 prevede che il consenso per procedere alla procreazione medicalmente assistita può essere revocato in qualunque momento solo “fino al momento della fecondazione dell'ovulo”. Le regole sul consenso alla fecondazione medicalmente assistita derogano sotto diversi profili a quelle espresse dalla l. n. 219/2017 a tutela dell'autodeterminazione terapeutica.

Ciò in quanto la l. n. 219/2017 è orientata ad una tutela esclusiva del paziente, per la tutela dei beni giuridici di cui agli artt. 2, 3,13 e 32 Cost., e non di soggetti terzi.

Rispetto a tale assetto la disciplina del consenso alla procreazione medicalmente assistita presenta diverse peculiarità. Oltre ai moduli, è previsto un termine finale espresso ed il consenso persegue scopi ulteriori rispetto alla tutela dell'autodeterminazione dei pazienti, costituendo la fonte per il controllo delle cellule riproduttive e degli embrioni sino al loro definitivo abbandono e determinando il successivo status filiationis dell'eventuale nato.

L'irrevocabilità del consenso alla luce della sopravvenuta possibilità di crioconservazione degli ovuli

L'art. 6 della l. 40/2004 laddove prevede che il consenso alla procreazione medicalmente assistita può essere revocato fino al momento della fecondazione dell'ovulo esclude chiaramente la possibilità di una revoca successiva di tale consenso.

La disposizione, se era coerente con l'assetto originario della l. n. 40/2004 nel quale la crioconservazione degli embrioni era un evento eccezionale, dovendo gli stessi essere immediatamente impiantati nell'utero della donna ai sensi dell'art. 14 della stessa legge, suscita alcuni dubbi di legittimità costituzionale nel sistema attuale dopo la parziale declaratoria di incostituzionalità della predetta norma, proprio nella parte in cui contemplava limitazioni così rigide.

Nella formulazione originaria vi era una sostanziale contemporaneità tra fecondazione dell'ovulo e impianto in utero, in quanto l'art. 14 prevedeva che, per ogni ciclo di stimolazione ovarica, fosse prodotto un numero di embrioni non inferiori a tre, destinati tutti all'impianto, con conseguente ingresso di gravidanze plurigemellari, anche quando la donna non potesse o non volesse avere più di un figlio (ferma la successiva scelta di interrompere volontariamente la gravidanza). La crioconservazione era ammessa, ai sensi dell'art. 14, comma terzo, in tale originaria versione, solo se, per cause di forza maggiore, non si fosse dato corso all'impianto immediato degli embrioni, che doveva comunque essere effettuato appena possibile.

La Corte costituzionale (Cost. n. 151/2009) ha peraltro dichiarato l'art. 14 della l. n. 40/2004 costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 3 Cost. sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello di eguaglianza ‒ ove prevede la produzione di non più di tre embrioni per volta, da impiantare contemporaneamente ‒ ed ove non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, debba essere effettuato senza pregiudizio per la salute della donna. In sostanza, a seguito dell'intervento additivo della Corte costituzionale, è consentito produrre più di tre embrioni per ogni ciclo di trattamento, senza alcun obbligo per la donna di impiantarli tutti e possibile crioconservazione, in astratto senza limiti di tempo.

In tale rinnovato contesto ordinamentale, è sorto l'interrogativo se il consenso di entrambi i componenti della coppia alla fecondazione assistita debba o meno essere reiterato anche al momento dell'impianto, qualora sia intercorso un lasso di tempo dalla fecondazione degli ovociti e, soprattutto, se sia necessario un ulteriore consenso da parte del marito, qualora nelle more sia intervenuta separazione tra i coniugi.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Se i coniugi si separano, il marito può revocare il proprio consenso alla procreazione medicalmente assistita?

Orientamento della Grande Chambre della Corte EDU

La crisi del matrimonio può giustificare la revoca del consenso dell'ex marito all'utilizzo degli embrioni crioconservati

Nel caso deciso dalla Corte EDU Grande Camera, 10 aprile 2007, ric. 6339/05, la ricorrente aveva lamentato una violazione dell'art. 8 CEDU, ad opera della disciplina britannica perché non le era consentito fare uso degli embrioni crioconservati prodotti con l'ex marito. La Corte di Strasburgo, nel rigettare il ricorso, ha effettuato un bilanciamento tra l'interesse della ex moglie ad avere un figlio e quello dell'ex marito a non avere una famiglia, dopo la crisi del matrimonio.

La Grande Camera ha affermato che la legge del Regno Unito, che preclude alla donna di utilizzare in autonomia gli embrioni, pur limitando il diritto ad una vita privata e familiare ex art. 8 CEDU della ricorrente, è tuttavia una limitazione giustificata dall'esigenza di tutelare il diritto dell'ex coniuge non diventare un genitore. Il bilanciamento in favore del diritto di quest'ultimo, ad avviso della Corte europea è ragionevole, per le conseguenze che potrebbero derivare da una genitorialità “imposta”: il genitore non consenziente sarebbe chiamato ad assumere la responsabilità genitoriale ed economica nei in base ad un consenso prestato molti anni prima, in costanza di un rapporto tra i coniugi.

Se la volontà del padre non può essere considerata nel corso di una gravidanza già in atto stante la rilevanza, in questa ipotesi, dei soli diritti del nascituro e della donna, prima dell'impianto in utero dell'embrione è ragionevole, come previsto dalla legge britannica, che assuma rilevanza la determinazione dell'ex partner: invero così come la maternità non può essere imposta, allo stesso modo non può esserlo la paternità (Corte EDU, Grande Camera, 10 aprile 2007, ric. 6339/05).

Orientamento della Corte costituzionale

L'embrione non è equiparabile a mero materiale biologico

La Corte costituzionale ha espressamente riconosciuto che l'embrione quale che sia il, più o meno ampio, riconoscibile grado di soggettività correlato alla genesi della vita, non è riconducibile a mero materiale biologico (Corte cost., n. 151/2009).

Orientamento di merito

Il consenso all'impianto dell'embrione fecondato è irrevocabile anche in caso di separazione coniugale

Deve essere ordinato in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c., nonostante il dissenso espresso dall'ex coniuge, al Centro medico l'impianto nell'utero della ricorrente degli ovuli crioconservati (a seguito di un problema di salute della donna che ne aveva impedito l'impianto in costanza di matrimonio) fecondati dall'ex coniuge. Invero, ferma la necessità in capo alla struttura sanitaria di adempiere agli obblighi informativi in ogni fase del trattamento, come prescritto dall'art. 6, comma 1, l. n. 40/2004, il consenso prestato dai coniugi richiedenti sino al momento della fecondazione dell'ovulo, da ritenersi irrevocabile ai sensi del comma 3 del succitato articolo, deve essere rinnovato solo in caso di rilevate problematiche o anomalie del processo, tra cui non rientra la separazione personale dei coniugi, intervenuta in un momento successivo alla fecondazione dell'ovulo (Trib. Santa Maria Capua Vetere, sez. I, 27 gennaio 2021).

Domanda
Può essere disconosciuto il figlio nato dopo la fecondazione eterologa?

Anche nell'ipotesi di embrioni crioconservati il padre non può disconoscere il figlio nato dalla fecondazione eterologa cui abbia prestato consenso

In una fattispecie di fecondazione eterologa nella quale l'impianto dell'embrione nell'utero materno era avvenuto prima della separazione coniugale e il dissenso del padre era intervenuto solo una volta che la gravidanza si trovava in stato avanzato, la Corte di cassazione ha ritenuto che in un tale contesto deve prevalere l'esclusivo diritto del figlio ad avere un padre al momento della nascita. In caso contrario e cioè, qualora si permettesse il disconoscimento di paternità al marito (consenziente) della partoriente, si eliminerebbe arbitrariamente l'interesse del minore – costituzionalmente rilevante – consistente nel fruire di un equilibrato rapporto affettivo, derivante dalla persistenza delle due figure genitoriali (Cass. VI, n. 30294/2017).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Considerato che di norma il dissenso del coniuge, specie dopo la separazione, all'impianto nell'utero della moglie degli ovuli crioconservati viene espresso in prossimità di detto impianto, la tutela più efficace è quella che si può ottenere proponendo un ricorso d'urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c.

In questo modo si può richiedere un'ordinanza nei confronti del centro medico di riproduzione ad impiantare nell'utero della donna tali embrioni.

Aspetti preliminari

Competenza

Poiché il procedimento è promosso nei confronti del Centro medico cui deve essere eventualmente indirizzato l'ordine, la competenza deve essere determinata ex art. 18 ss. c.p.c. avendo riguardo al foro di detto convenuto.

Legittimazione

La legittimazione attiva a proporre il ricorso compete alla donna la quale chiede, nonostante l'opposizione “tardiva” dell'ex coniuge che aveva prestato il proprio consenso alla procreazione medicalmente assistita che venga ordinato al Centro medico l'impianto deli embrioni crioconservati.

Atto introduttivo

Contenuto del ricorso

Il ricorso deve contenere le generalità del ricorrente e del suo difensore, compresa l'indicazione del codice fiscale di entrambi, e del numero di fax e di posta elettronica certificata del difensore presso cui la parte deve eleggere domicilio, nel Comune ove ha sede il giudice adito, conferendogli con atto separato la procura alla lite, la quale, va sottoscritta dal ricorrente e dal difensore che deve autenticarne la sottoscrizione.

Profili di merito

Onere della prova

La parte ricorrente sarà tenuta a dimostrare che l'ex coniuge aveva validamente prestato il consenso irrevocabile, ex art. 6 della l. n. 40/2004, alla fecondazione dell'ovulo, quindi crioconservato (ad esempio per problemi di salute della donna) e del quale si richiede l'impianto in utero.

A tal fine potrà, ove non ne sia in possesso, chiedere al giudice che disponga un ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. nei confronti del Centro medico.

Se questa prova viene fornita, la parte resistente potrà solo dimostrare una difformità nelle procedure di acquisizione del consenso da parte del Centro medico rispetto alle previsioni dell'art. 6 della l. n. 40/2004 e alle linee guida ministeriali.

Richieste istruttorie

Di solito in un procedimento celere come quello d'urgenza non vengono ammesse prove diverse da quelle documentali. Peraltro la disciplina del consenso alla procreazione medicalmente assistita da parte della coppia prevede la sottoscrizione di moduli in forma scritta.

4. Conclusioni

La fecondazione eterologa, oggi consentita dopo l'intervento additivo della Corte costituzionale sulla l. n. 40/2004, non consente al coniuge che abbia prestato ad essa valido consenso di revocarlo in un momento successivo e ciò anche nell'ipotesi in cui, avvenuto l'impianto degli embrioni in utero anche dopo mesi o anni dalla fecondazione, sia intervenuta la separazione coniugale.

Invero, nella struttura della l. n. 40/2004 il consenso prestato, secondo le modalità di cui all'art. 6, alla fecondazione, è costitutivo dello status di figlio.

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