Decreto legislativo - 19/08/2016 - n. 175 art. 5 - Oneri di motivazione analiticaOneri di motivazione analitica
1. A eccezione dei casi in cui la costituzione di una società o l'acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità a espresse previsioni legislative, l'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica, anche nei casi di cui all'articolo 17, o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'articolo 4, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria [e in considerazione della possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate] , nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. La motivazione deve anche dare conto della compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa 1. 2. L'atto deliberativo di cui al comma 1 dà atto della compatibilità dell'intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate 2. 3. L'amministrazione invia l'atto deliberativo di costituzione della società o di acquisizione della partecipazione diretta o indiretta [ alla Corte dei conti, a fini conoscitivi, e ] all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può esercitare i poteri di cui all'articolo 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287 , e alla Corte dei conti, che delibera, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento, in ordine alla conformità dell'atto a quanto disposto dai commi 1 e 2 del presente articolo, nonché dagli articoli 4, 7 e 8, con particolare riguardo alla sostenibilità finanziaria e alla compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa. Qualora la Corte non si pronunci entro il termine di cui al primo periodo, l'amministrazione può procedere alla costituzione della società o all'acquisto della partecipazione di cui al presente articolo .3 4. Ai fini di quanto previsto dal comma 3, per gli atti delle amministrazioni dello Stato e degli enti nazionali sono competenti le Sezioni Riunite in sede di controllo; per gli atti delle regioni e degli enti locali, nonché dei loro enti strumentali, delle università o delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione, è competente la Sezione regionale di controllo; per gli atti degli enti assoggettati a controllo della Corte dei conti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, è competente la Sezione del controllo sugli enti medesimi .La segreteria della Sezione competente trasmette il parere, entro cinque giorni dal deposito, all'amministrazione pubblica interessata, la quale è tenuta a pubblicarlo entro cinque giorni dalla ricezione nel proprio sito internet istituzionale. In caso di parere in tutto o in parte negativo, ove l'amministrazione pubblica interessata intenda procedere egualmente è tenuta a motivare analiticamente le ragioni per le quali intenda discostarsi dal parere e a dare pubblicità, nel proprio sito internet istituzionale, a tali ragioni4. [1] Comma modificato dall'articolo 6, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 16 giugno 2017 n. 100. [2] Comma modificato dall'articolo 6, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 16 giugno 2017 n. 100. [3] Comma modificato dall'articolo 11, comma 1, lettera a), punti 1) e 2), della Legge 5 agosto 2022, n. 118. [4] Comma modificato dall'articolo 6, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 16 giugno 2017 n. 100 e successivamente dall'articolo 11, comma 1, lettera a), punto 3), della Legge 5 agosto 2022, n. 118. InquadramentoL'art. 5 del TUSP detta prescrizioni di carattere «procedimentale» finalizzate a individuare il contenuto dell'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni societarie. L'obbligo di motivazione analitica, di cui all'art. 5 del TUSP, impone un'analitica motivazione dell'operazione da compiere, disponendo che la stessa debba presentare i seguenti requisiti: a) il riferimento alla necessità dell'operazione per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'art. 4 dello stesso d.lgs. n. 175/2016; b) l'indicazione delle ragioni e delle finalità che giustificano tale scelta sul piano della convenienza economica; c) l'indicazione delle ragioni e delle finalità che giustificano tale scelta sul piano della sostenibilità finanziaria; d) la valutazione della possibilità di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato; e) l'indicazione della compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa; f) l'attestazione della compatibilità dell'intervento finanziario con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese (Boggiali, Silva, 4). Con la motivazione analitica la pubblica amministrazione – salvi i casi in cui la costituzione di una società o l'acquisto della partecipazione avvenga in conformità ad espresse previsioni di legge, anche regionale – deve dimostrare che lo svolgimento di quella specifica attività, mediante una determinata società sia assolutamente indispensabile (Ibba, 353). In sostanza, a sensi dell'art. 5 del TUSP è necessaria la giustificazione della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria della scelta di utilizzare il modello organizzativo societario per il compimento delle attività elencate dal precedente art. 4 (Marasà, 795). Inoltre, la scelta dell'investimento in società deve essere compatibile con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell'azione amministrativa (art. 5, comma 1) e con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina in materia di aiuti di Stato alle imprese. Da ultimo, e prima di passare al commento analitico dei singoli commi occorre evidenziare quanto segue. Nel parere sullo schema del TUSP il Consiglio di Stato aveva individuato un primo elemento di criticità della formulazione della norma che gli era stata sottoposta, evidenziando la necessità di chiarire il rapporto tra l'atto amministrativo con cui viene deliberata la costituzione e l'atto costitutivo della società, in quanto non ritenuti dallo stesso coincidenti (Cons. St., parere n. 968/2016). Il legislatore delegato ha accolto l'indicazione del Consiglio di Stato così inserendo nel testo del primo comma dell'articolo 5 il riferimento esplicito all'«atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica». L'onere di motivazione analitica.L'art. 5, comma 1 del d.lgs. n. 175/2016 impone che l'atto deliberativo venga motivato anzitutto con riferimento alla necessità di utilizzare il modello societario per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'art. 4 del TUSP, in particolare quelle elencate al secondo comma, evidenziando, altresì le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, non solo sul piano della convenienza economica, della sostenibilità finanziaria, della maggiore efficienza gestionale, ma anche della compatibilità della scelta con i principi di efficienza, efficacia e di economicità dell'azione amministrativa, a cui si aggiunge al comma 2 dell'articolo in commento anche la dimostrazione della compatibilità dell'intervento finanziario con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. In sintesi, l'art. 5, comma 1 del TUSP impone all'amministrazione pubblica di valutare se effettivamente la gestione di una determinata attività richieda o meno la costruzione di un'entità separata di diritto privato (quale, appunto, una società di capitali) da parte dell'amministrazione. La giurisprudenza che si è pronunciata sul punto richiede che sia motivata «la sussistenza di un interesse pubblico concreto all'operazione da intraprendere, valutandone la sostenibilità finanziaria e dando conto delle ragioni di vantaggio e di utilità che ne derivano, considerato il principio di economicità che connota l'azione amministrativa e l'autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza le società per azioni» (C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 106/2017; CGARS, sez. giuris., n. 776/2021). Questo orientamento si pone in linea con i principi enunciati dalla giurisprudenza che, prima dell'emanazione del TUSP, aveva ritenuto che la complessità e l'importanza delle valutazioni rese dalla pubblica amministrazione rendessero necessaria un'attività ricognitiva e valutativa circoscritta alla singola partecipazione, attraverso l'adozione di una delibera ad hoc (C. conti, sez. contr. Lombardia, par. n. 48/2008; C. conti, sez. contr. Veneto, par. n. 5/2009), osservando come ciò si riflettesse, in via immediata, sull'organizzazione, sul patrimonio e sulle risorse finanziarie dell'ente e dovesse trovare adeguata rappresentazione nei documenti di bilancio, impedendo così manovre elusive delle norme di finanza pubblica eventualmente sottostanti la scelta di utilizzare lo strumento societario (C. conti, sez. contr. Lombardia, del. n. 640/2009) in modo da contribuire a dare piena consapevolezza all'amministrazione degli oneri correlati all'esternalizzazione del servizio e dall'altro, ad indurre le necessarie valutazioni circa l'efficienza e l'efficacia della scelta organizzativa, anche in relazione alle caratteristiche della struttura aziendale del soggetto affidatario, a garanzia del buon andamento del servizio o dell'attività demandata (C. conti, sez. contr. Lombardia, par. n. 187/2009). La giurisprudenza contabile ha sempre posto grande attenzione sulle valutazioni compute ex ante in ordine sia alla situazione economica e patrimoniale delle società sia alla prospettiva finanziaria (C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 17/2016). La medesima giurisprudenza ha avuto modo, peraltro, di evidenziare come la motivazione possa anche essere sintetica, purché «capace di disvelare l'iter logico e procedimentale». Per contro, ha ritenuto del tutto inadeguate le «mere ripetizioni del dato legale, attesa la natura apodittica di siffatte pseudo-motivazioni» (C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 17/2016). In relazione ai nuovi obblighi, invece, la Corte dei conti ha precisato che la motivazione dell'atto deliberativo deve essere puntuale. La Corte dei conti ha inoltre chiarito che le delibere di assunzione o il mantenimento di partecipazioni, per essere analiticamente motivate, devono tener conto della situazione economico e finanziaria in cui versa la società, anche al fine di evitare rischi concernenti attività meramente imprenditoriali e non rispondenti alle vocazioni istituzionali dell'ente (C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 263/2011; C. conti, sez. contr. Campania, n. 143/2015; C. conti, sez. contr. Lombardia, n. 79/2016). Sul piano del contenuto, l'iter motivazionale della delibera deve anche illustrare la «compatibilità dell'intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese» (art. 5, comma 2). Il legislatore delegato, a tal proposito, rinvia agli artt. 106 e 345 TFUE, laddove non vietano la figura dell'impresa pubblica in quanto tale, bensì normative di privilegio che possano impattare sui principi di libera concorrenza e di libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Per tali ragioni, la compatibilità dell'intervento finanziario di cui al comma 2 dell'art. 5 del TUSP deve necessariamente tenere conto anche delle garanzie europee di concorrenza antitrust. Infatti, devono essere rispettate quelle regole finalizzate a vietare distorsioni della concorrenza provocate direttamente dagli operatori economici (art. 101 TFUE) o dagli Stati membri per effetto della concessione di aiuti o risorse, sotto qualsiasi forma, che favorendo talune imprese, alterano la parità di trattamento nel mercato interno, nonché quelle misure di liberalizzazione proiettate a eliminare o ridurre le barriere di accesso al mercato per assicurare, in un'ottica pro-concorrenziale, l'esercizio delle libertà fondamentali consentendo agli Stati membri di poter esplicare il proprio diritto di derogare all'applicazione dei principi di libera concorrenza (Primerano, 199). Particolarmente importante, inoltre, è l'inciso «anche nei casi di cui all'articolo 17» (comma 1), dal quale consegue che l'onere motivazionale rinforzato è richiesto anche laddove la costituzione di una società avvenga secondo le modalità della c.d. gara «a doppio oggetto». La giurisprudenza amministrativa che si è pronunciata con riguardo all'onere di motivazione analitica nel caso di costituzione di società mista, ha rilevato che la motivazione analitica deve «incentrarsi su una rigida e accorta ricognizione circa l'impossibilità ovvero la non convenienza ad assegnare le attività in questione alle entità societarie di proprietà o comunque controllate [...] già esistenti sul mercato; ciò, in particolare, anche nell'ottica di una razionale ed efficiente razionalizzazione delle partecipazioni societarie di spettanza dell'amministrazione, finalità questa contemplata dal TUSPP (artt. 20 e 24), con riferimento precipuo alla partecipazione in società che svolgono attività analoghe o similari rispetto a quelle svolte da altre società partecipate (art. 20 comma 2, lett. c) TUSPP)» (T.A.R. Lazio II, n. 1089/2018). Il giudice contabile ha poi affermato ulteriormente che «Nel caso in cui l'ente pubblico decida invece di acquisire una partecipazione in una società privata già operativa, sussiste in capo all'amministrazione l'obbligo di motivazione analitica ed evidenza delle ragioni di pubblico interesse sottese alla propria determinazione, dovendosi in ogni caso negare la possibilità di eventuali affidamenti diretti a favore della società già costituita di cui l'ente pubblico abbia acquisito la partecipazione poiché tali affidamenti integrerebbero un'elusione delle procedure di evidenza pubblica per l'individuazione del contraente» (C. conti, sez. contr. Emilia-Romagna, n. 1/2021). Con specifico riferimento alle società in house l'onere di motivazione analitica non è prescritto solamente dall'art. 5, comma 1 del TUSP, ma anche dall'art. 192, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016 nella parte in cui dispone che «Ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche». In giurisprudenza è stato a tal proposito affermato che, «ai fini dell'ammissibilità degli affidamenti in house, occorre una motivazione analitica sulla opportunità di affidamento del servizio senza gara, al fine di evitare violazione dei principi euro unitari e nazionali in tema di tutela della concorrenza, di apertura al mercato e di massima partecipazione alle gare» (T.A.R. Puglia, Lecce II, n. 45/2021; T.A.R. Puglia, Lecce II, n. 1248/2020; Cons. St. IV, n. 5351/2021). Invero, è diffusa l'opinione per cui l'attuale quadro normativo impone all'amministrazione aggiudicatrice che intenda ricorre all'affidamento diretto un onere motivazionale rafforzato, che consenta un «penetrante controllo della scelta effettuata ... anzitutto sul piano dell'efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche» (Cons. St., parere n. 464/2016; Cons. St. V, n. 8028/2020; Cons. St. V, n. 257/2015), in particolare consistente: a) nell'esporre le ragioni di preferenza per l'affidamento in house rispetto al ricorso all'evidenza pubblica in punto di convenienza economica, di efficienza e qualità del servizio, così dando «dimostrazione della ragionevolezza economica della scelta compiuta» (Cons. St., parere n. 774/2017) ed esplicitando le ragioni dell'esclusione del ricorso al mercato; b) nell'esplicitare i benefici per la collettività derivanti da tale forma di affidamento, in tal modo esplicitando la finalizzazione dell'istituto al perseguimento di obiettivi di carattere latamente sociale, percepibili al di fuori della dimensione meramente organizzativa dell'Amministrazione (Cons. St. III, n. 2102/2021). Con specifico riferimento alla prospettiva economica, si richiede all'amministrazione di valutare la convenienza dell'affidamento del servizio secondo lo schema dell'in house rispetto all'alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio, al fine di dimostrare che quello fornito dalla società in house è il più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza (Cons. St. V, n. 6456/2018). Anche in questo caso la previsione di forme di motivazione aggravata per supportare gli affidamenti in house muove da un orientamento di sfavore verso gli affidamenti diretti, relegandoli ad un ambito subordinato ed eccezionale rispetto all'ipotesi di competizione mediante gara tra imprese (Cons. St. III, n. 1564/2020). Va aggiunto come l'obbligo di motivazione analitica con specifico riferimento alla possibilità per la pubblica amministrazione di utilizzare il modello del c.d. in house sia stato ritenuto in linea con l'attuale panorama normativo euro-unitario (CGUE, C-89/19 a C-91/19, Rieco spa). La Corte, in particolare, ha chiarito che dal principio di libera organizzazione delle autorità pubbliche (di cui al V considerando della direttiva 2014/24/UE e all'art. 2, paragrafo 1, della direttiva 2014/23) discende la «libertà degli Stati membri di scegliere il modo di prestazione di servizi mediante il quale le amministrazioni aggiudicatrici provvederanno alle proprie esigenze» e, conseguentemente, quel principio «li autorizza a subordinare la conclusione di un'operazione interna all'impossibilità di indire una gara d'appalto e, in ogni caso, alla dimostrazione, da parte dell'amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all'operazione interna». Le eccezioni.L'art. 5, comma 1 del Testo Unico esclude dall'ambito di applicazione dell'articolo in commento i casi in cui la costituzione di una società o l'acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, «avvenga in conformità a espresse previsioni legislative». Il sintagma «in conformità» risulta però ambiguo, nella misura in cui non rende chiaro se l'esclusione dell'onere di motivazione analitica possa operare soltanto nei casi in cui la costituzione o la partecipazione societaria siano imposti da espressa previsione di legge (la delibera si atteggerebbe ad atto sostanzialmente vincolato), oppure anche nei casi in cui la disposizione legislativa non lo imponga, ma lo consenta soltanto, rimettendone alla scelta discrezionale dell'amministrazione interessata (Campofiloni, 1307). Infatti, sebbene la ratio della normativa di riferimento lasci intendere che l'esenzione trovi applicazione soltanto laddove la costituzione o la partecipazione costituiscano obbligo legislativamente imposto, non può essere esclusa l'interpretazione estensiva, vale a dire quella secondo cui l'esenzione motivazionale si estenderebbe anche ai casi in cui una specifica disposizione di legge consente (senza obbligare) la costituzione o la partecipazione azionaria. Tra le due opzioni appena ipotizzate, è da ritenere preferibile quella c.d. restrittiva, sia perché l'esclusione del c.d. obbligo di motivazione analitica è una deroga (eccezionale) alla regola (generale); sia perché una applicazione a maglie larghe della deroga in questione, rischierebbe di confliggere con i criteri direttivi per l'interpretazione e l'applicazione del TUSP definiti dall'art. 1, comma 2 del TUSP. L'obbligo di consultazione pubblica.L'art. 5, comma 2 del TUSP, come modificato dall'art. 6, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 100/2017, assoggetta l'adozione della delibera anche a un ulteriore vincolo procedimentale, imponendo ai soli enti locali l'obbligo di sottoporre lo schema di atto deliberativo «a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate», quale ad esempio, quella referendaria (art. 8 TUEL). Si tratta di un passaggio procedurale obbligatorio per gli enti locali, comunque titolari del potere di regolamentare lo svolgimento della consultazione. L'atto deliberativo, pertanto, dovrà dare atto dell'avvenuta consultazione popolare. Una simile previsione non è nuova nel panorama legislativo italiano. Nello specifico, delle particolari forme di consultazione popolare si rinvenivano: i) nella l. n. 103/1903, la quale, a proposito delle municipalizzate, stabiliva all'art. 12 che «la deliberazione del consiglio comunale è sottoposta anche al voto degli elettori del comune, convocati con manifesto della giunta municipale da pubblicarsi almeno 15 giorni prima della convocazione. L'elettore vota pel sì o pel no sulla questione della assunzione diretta del servizio. Nel caso di risultato contrario alla deliberazione del consiglio comunale, la proposta di assunzione diretta del servizio non può essere ripresentata se non dopo tre anni, salvo che un quarto almeno degli elettori inscritti ne faccia richiesta nelle forme prescritte dal regolamento; ma anche in questo caso non dovrà esser trascorso meno di un anno dall'avvenuta votazione»; ii) nel piano di razionalizzazione delle società partecipate redatto dal commissario straordinario alla spending review nel 2014, all'interno del quale si prevedeva che, una volta acclarata l'effettiva rispondenza di una certa attività ai compiti istituzionali della P.A., si sarebbe dovuta valutare l'esigenza di costituire, a tale scopo, un'entità separata dall'amministrazione controllante e, in particolare, una società di diritto privato, richiedendo un parere in proposito al M.E.F. o ad altra entità centrale e «procedere con una consultazione diretta della cittadinanza on line»; iii) nell'art. 5, comma 3 del precedente testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale in cui si faceva riferimento a forme di consultazione telematica aventi ad oggetto «l'interesse pubblico generale che si intende soddisfare attraverso l'assunzione del servizio, le condizioni qualitative ed economiche da garantire, le modalità con le quali si intende perseguire l'interesse pubblico». Il controllo della Corte dei conti.Ai sensi dell'art. 5, commi 3 e 4 del TUSP l'atto deliberativo di costituzione della società o di acquisizione di una partecipazione diretta o indiretta in una società già costituita deve essere trasmesso alla Corte dei conti. Diversamente da quanto stabilito nello schema iniziale del TUSP, il vigente art. 5, comma 3 stabilisce che la trasmissione di tale atto alla Corte dei conti deve avvenire «a fini conoscitivi». Tale espressione va intesa nel senso che la Corte dei conti non svolge un controllo preventivo di legittimità incidente sull'efficacia dell'atto; essa, piuttosto, ove dovesse pervenire ad una valutazione negativa sulla legittimità del provvedimento, potrà segnalare tali anomalie prima della formale stipulazione dell'atto costitutivo o del contratto di acquisto. La deliberazione della Corte dei conti dovrà pertanto fornire le informazioni e gli orientamenti, che la pubblica amministrazione dovrebbe prendere in considerazione, ferma restando l'autonomia discrezionale. L'originaria formulazione del comma in commento prevedeva che lo schema dell'atto deliberativo di costituzione di una partecipata pubblica, ovvero di acquisizione di partecipazioni da parte di una amministrazione pubblica, fosse inviato «prima dell'adozione» alla Sezione competente della Corte dei conti, la quale poteva formulare rilievi entro il termine perentorio di trenta giorni dalla sua ricezione. La Sezione inoltre poteva chiedere, per una sola volta, chiarimenti all'amministrazione pubblica interessata con conseguente interruzione del suddetto termine. L'atto deliberativo poi doveva essere motivato con specifico riferimento ai rilievi formulati dalla Corte dei conti. La V Commissione (Bilancio) della Camera e la Conferenza unificata nonché la Commissione parlamentare per la semplificazione nelle osservazioni formulate sull'AG n. 297, avevano rilevato criticità riguardanti la natura giuridica e gli effetti del controllo svolto dalla Corte dei conti. Il progetto normativo, a detta di quest'ultimi sembrava aver introdotto una nuova forma di controllo, di tipo preventivo, inserendosi nell'iter del procedimento amministrativo e divenendone parte essenziale. In questo modo, la Corte del conti avrebbe partecipato al processo decisionale dell'ente pubblico sin dal momento in cui veniva predisposto l'atto e ciò avrebbe snaturato il ruolo di controllo collaborativo che il giudice contabile svolge sulla sana e corretta gestione finanziaria degli enti. Ed infatti, stando alla lettera del testo previgente, era possibile affermare che era stata prevista una procedura mutuata dalla disciplina del controllo di legittimità al fine di consentire al giudice contabile di accertare il rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 nonché la coerenza con il piano di razionalizzazione. Ma, come rilevato dalla Conferenza Unificata, «i parametri di efficienza, efficacia, economicità oggetto di valutazione da parte delle Amministrazioni pubbliche per adeguatamente motivare gli atti deliberativi non appartengono ai controlli di legittimità e regolarità, quanto piuttosto a quelli sulla gestione» che, per loro natura devono effettuarsi in via successiva e non preventiva. Pertanto, la stessa Conferenza aveva ritenuto «indispensabile» l'abrogazione della norma che attribuiva questa nuova competenza alla Corte dei conti (anche per evitare profili di illegittimità costituzionale). È proprio sulla scorta di tali considerazioni che il legislatore delegato, recependo le osservazioni di tali organi, con la locuzione «a fini conoscitivi», ha preferito lasciare alla Corte dei Conti il potere di attivare gli strumenti di controllo ad essa riservati dalla legge senza ingerire preventivamente sulle scelte dell'Ente (Rigoni, 310). Sebbene la legge non specifichi né stabilisca nulla di più sui poteri di controllo della Corte dei conti, si deve ritenere che quest'ultimi siano ricavabili per relationem, in base alle Sezioni richiamate come «competenti» dallo stesso TUSP (Polito, Sucameli, 810). Infine, l'art. 5, comma 4 del TUSP specifica che: i) per gli atti delle amministrazioni dello Stato e degli enti nazionali sono competenti le Sezioni Riunite in sede di controllo; ii) per gli atti delle regioni e degli enti locali, nonché dei loro enti strumentali, delle università o delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione, è competente la Sezione regionale di controllo; iii) per gli atti degli enti assoggettati a controllo della Corte dei conti ai sensi della l. n. 259/1958, è competente la Sezione del controllo sugli enti medesimi. Il controllo dell'Autorità Garante della Concorrenza e del MercatoAi sensi dell'art. 5, comma 3 del TUSP l'atto deliberativo di costituzione della società o di acquisizione della partecipazione diretta o indiretta deve essere trasmesso all'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Anche questa volta, come nel caso di trasmissione della delibera «a fini conoscitivi» alla Corte dei Conti, l'invio dovrebbe avvenire subito dopo l'adozione dell'atto. L'AGCM, ai sensi dell'art. 21-bis della l. n. 287/1990, è legittimata ad impugnare in giudizio l'atto deliberativo, essendo chiamata a valutare in conformità alla propria missione la giustificazione del ricorso all'intervento pubblico diretto a surrogare l'insufficienza della produzione di beni e servizi da parte del mercato. Si tratta, quindi, di un ampliamento del potere già previsto dall'art. 21-bis della l. n. 287/1990 che consente all'AGCM di impugnare gli atti amministrativi generali, i regolamenti e i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato (Di Nunzio, De Carlo, 73). L'AGCM, pertanto, se ritiene che una pubblica amministrazione abbia adottato un atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, ovvero qualora le delibere di costituzione societaria o di acquisto di partecipazioni in società costituite travalichino i vincoli di scopo e di attività fissati dall'art. 4 del Testo Unico, ovvero laddove l'istituzione di una società in house avvenga senza il rispetto dei requisiti prescritti dalla normativa europea e nazionale, emette, entro sessanta giorni, un parere motivato, nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate e se la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l'Autorità può presentare, tramite l'Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni (cfr. AGCM, parere n. AS1668 del 7 febbraio 2020; AGCM, parere n. AS1587 del 18 marzo 2019; AGCM, parere n. AS1586 del 18 marzo 2018; AGCM, parere n. AS1570 del 27 dicembre 2018). Anche sotto tale profilo emerge l'intento del legislatore di porre in stretta correlazione la scelta dell'amministrazione di ricorrere al modello societario con vincoli di natura giuridica ed economica tali da non inficiare regole pro-concorrenziali. L'eventuale giudizio, comunque, si svolgerebbe secondo le regole dettate dal Libro IV, titolo V, del d.lgs. n. 104/2010, con riferimento al rito abbreviato. La nuova formulazione del comma 3 dell'art. 5 del TUSP, discostandosi da quanto in previsto nello schema di decreto, sembra scongiurare i rischi che la precedente formulazione sembrava sollevare allorquando si prevedeva, all'art. 5 comma 5 dello schema, un duplice controllo preventivo, quello della Corte dei conti, sotto il profilo della legittimità e della coerenza amministrativa, e quello dell'AGCM dal punto di vista della concorrenza. Oggi i due organi agiscono in piena autonomia e senza alcun automatismo potendo quindi regolare le loro eventuali pronunce sulla scorta degli orientamenti da essi espressi (Bragaglia, 98). BibliografiaBoggiali, Silva, Procedimenti amministrativi in materia di sottoscrizione, acquisto, cessione di partecipazioni sociali da parte di pubbliche amministrazioni ed onere di controllo notarile, in Studio CNN 2017; Bragaglia, Oneri di motivazione analitica, in Meo, Nuzzo (diretto da), Il Testo Unico sulle società pubbliche, commento al d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, Bari, 2016; Campofiloni, Oneri di motivazione analitica tra discrezionalità e controlli, in Catricalà, Fimmanò, Cantone (a cura di), Società pubbliche, Napoli, 2020; De Nictolis, I limiti alla costituzione e all'oggetto delle società pubbliche, in De Nictolis, Cameriero, Le società pubbliche in house e miste, Milano, 2008; De Nunzio, De Carlo, il Decreto legislativo delle società a partecipazione pubblica, in Meschino, Lalli (a cura di), Le Società partecipate dopo la Riforma Madia, Roma, 2016; Ibba, Tramonto delle partecipazioni pubbliche?, in Studi in onore di Pier Giusto Jaeger, Milano, 2011; Fracchia, I controlli sulle società pubbliche, in Diritto Processuale Amministrativo, Milano,2018, 855; Marasà, Considerazioni su riordino e riduzione delle partecipazioni pubbliche nel t.u. (d.lgs. 175/2016) integrato e corretto (d.lgs. n. 100/2017), in Riv. soc., Milano, 2017; Primerano, Oneri di motivazione analitica, in Morbidelli (a cura di), Codice delle società a partecipazione pubblica, Milano, 2018, 62 ss.; Polito, Sucameli, Funzioni di controllo della Corte dei conti, in Catricalà; Fimmanò; Cantone (a cura di), Società pubbliche, Napoli, 2020; Primerano, Gli oneri di motivazione analitica nel testo unico sulle società a partecipazione pubblica, Il diritto dell'economia, Modena, 2017; Rigoni, Razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche e il ruolo della Corte dei conti, in Auletta (a cura di) I controlli nelle società pubbliche, Torino, 2017. |