Legge - 7/08/1990 - n. 241 art. 14 bis - Conferenza semplificata 1 2

Maurizio Francola

Conferenza semplificata 12

 

1. La conferenza decisoria di cui all'articolo 14, comma 2, si svolge in forma semplificata e in modalità asincrona, salvo i casi di cui ai commi 6 e 7. Le comunicazioni avvengono secondo le modalità previste dall'articolo 47 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

2. La conferenza è indetta dall'amministrazione procedente entro cinque giorni lavorativi dall'inizio del procedimento d'ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte. A tal fine l'amministrazione procedente comunica alle altre amministrazioni interessate:

a) l'oggetto della determinazione da assumere, l'istanza e la relativa documentazione ovvero le credenziali per l'accesso telematico alle informazioni e ai documenti utili ai fini dello svolgimento dell'istruttoria;

b) il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte possono richiedere, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, integrazioni documentali o chiarimenti relativi a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni;

c) il termine perentorio, comunque non superiore a quarantacinque giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della conferenza, fermo restando l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento. Se tra le suddette amministrazioni vi sono amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, o alla tutela della salute dei cittadini, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il suddetto termine è fissato in novanta giorni;

d) la data della eventuale riunione in modalità sincrona di cui all'articolo 14-ter, da tenersi entro dieci giorni dalla scadenza del termine di cui alla lettera c), fermo restando l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.

3. Entro il termine di cui al comma 2, lettera c), le amministrazioni coinvolte rendono le proprie determinazioni, relative alla decisione oggetto della conferenza. Tali determinazioni, congruamente motivate, sono formulate in termini di assenso o dissenso e indicano, ove possibile, le modifiche eventualmente necessarie ai fini dell'assenso. Le prescrizioni o condizioni eventualmente indicate ai fini dell'assenso o del superamento del dissenso sono espresse in modo chiaro e analitico e specificano se sono relative a un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale ovvero discrezionalmente apposte per la migliore tutela dell'interesse pubblico.

4. Fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedono l'adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione entro il termine di cui al comma 2, lettera c), ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti dal comma 3, equivalgono ad assenso senza condizioni. Restano ferme le responsabilità dell'amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti nei confronti dell'amministrazione, per l'assenso reso, ancorché implicito.

5. Scaduto il termine di cui al comma 2, lettera c), l'amministrazione procedente adotta, entro cinque giorni lavorativi, la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza, con gli effetti di cui all'articolo 14-quater, qualora abbia acquisito esclusivamente atti di assenso non condizionato, anche implicito, ovvero qualora ritenga, sentiti i privati e le altre amministrazioni interessate, che le condizioni e prescrizioni eventualmente indicate dalle amministrazioni ai fini dell'assenso o del superamento del dissenso possano essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza. Qualora abbia acquisito uno o più atti di dissenso che non ritenga superabili, l'amministrazione procedente adotta, entro il medesimo termine, la determinazione di conclusione negativa della conferenza che produce l'effetto del rigetto della domanda. Nei procedimenti a istanza di parte la suddetta determinazione produce gli effetti della comunicazione di cui all'articolo 10-bis. L'amministrazione procedente trasmette alle altre amministrazioni coinvolte le eventuali osservazioni presentate nel termine di cui al suddetto articolo e procede ai sensi del comma 2. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nell'ulteriore determinazione di conclusione della conferenza.6. Fuori dei casi di cui al comma 5, l'amministrazione procedente, ai fini dell'esame contestuale degli interessi coinvolti, svolge, nella data fissata ai sensi del comma 2, lettera d), la riunione della conferenza in modalità sincrona, ai sensi dell'articolo 14-ter.

7. Ove necessario, in relazione alla particolare complessità della determinazione da assumere, l'amministrazione procedente può comunque procedere direttamente in forma simultanea e in modalità sincrona, ai sensi dell'articolo 14-ter. In tal caso indice la conferenza comunicando alle altre amministrazioni le informazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 2 e convocando la riunione entro i successivi quarantacinque giorni. L'amministrazione procedente può altresì procedere in forma simultanea e in modalità sincrona su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato interessato avanzata entro il termine perentorio di cui al comma 2, lettera b). In tal caso la riunione è convocata nei successivi quarantacinque giorni 2.

[2] Vedi l'articolo 10, comma 4, del D.L. 14 marzo 2025, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 maggio 2025, n. 69.

Inquadramento

Il nuovo testo dell'articolo 14-bis, così come riformulato dal d.lgs. n. 127/2016, reca le disposizioni che regolano i tempi di svolgimento della conferenza in forma semplificata e in modalità asincrona, che costituisce la modalità ordinaria di funzionamento.

La conferenza decisoria deve, infatti, svolgersi secondo queste modalità, salvo che ricorrano le ipotesi speciali previste dai successivi commi 6 e 7.

La conferenza semplificata in modalità asincrona prevede che le amministrazioni coinvolte non si riuniscano per la decisione oggetto della conferenza, ma rendano le proprie determinazioni all'amministrazione competente entro un termine perentorio fissato dalla stessa al momento dell'indizione della conferenza, comunque non superiore a quarantacinque giorni (novanta nel caso in cui siano coinvolti interessi sensibili), fermo restando l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.

La conferenza simultanea in modalità sincrona si svolge, invece, con la presenza fisica (mediante anche lo strumento telematico, ad esempio, della videoconferenza) di un unico rappresentante per ciascuna amministrazione interessata, il quale dovrà rendere in quella sede il proprio parere in maniera univoca, definitiva e vincolante sulle determinazioni di competenza della conferenza.

Al comma 2 si prevede specificamente un termine di cinque giorni per l'indizione della conferenza, decorrente dall'inizio del procedimento d'ufficio o dal ricevimento della domanda, nel caso di procedimento a iniziativa di parte. Entro tale termine, l'Amministrazione procedente comunica alle altre Amministrazioni interessate: a) l'oggetto della determinazione da assumere, l'istanza e la relativa documentazione, ovvero le credenziali per l'accesso telematico alle informazioni e ai documenti utili ai fini dello svolgimento dell'istruttoria; b) il termine perentorio, non superiore a quindici giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte possono richiedere integrazioni documentali e chiarimenti; c) il termine perentorio, comunque non superiore a quarantacinque giorni, entro il quale le amministrazioni coinvolte devono rendere le proprie determinazioni (formulate e motivate in termini di assenso o dissenso, con eventuale indicazione delle modifiche necessarie ai fini dell'assenso o del superamento del dissenso – comma 3) relative alla decisione oggetto della conferenza, fermo restando l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento (se tra le suddette amministrazioni talune sono preposte alla tutela di interessi «sensibili», ove non sia previsto un termine diverso, il suddetto termine è fissato in novanta giorni e la mancata comunicazione nei tempi e modi prescritti equivale ad assenso senza condizioni – comma 4); d) la data della eventuale riunione in modalità sincrona di cui all'art. 14-ter, da tenersi entro dieci giorni successivi alla scadenza del termine quarantacinque giorni dianzi citato.

Al comma 5, poi, si prevede che, scaduto il termine di quarantacinque giorni, l'amministrazione procedente adotti, entro cinque giorni, la determinazione motivata di conclusione positiva della conferenza, con gli effetti di cui all'art. 14-quater, qualora abbia acquisito esclusivamente atti di assenso non condizionato, anche implicito, ovvero qualora ritenga, sentiti i privati e le altre Amministrazioni interessate, che le condizioni e prescrizioni eventualmente indicate dalle PP.AA. ai fini dell'assenso o del superamento del dissenso possano essere accolte senza necessità di apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza stessa. Qualora abbia acquisito uno o più atti di dissenso che non ritenga superabili, l'amministrazione procedente adotta, entro il medesimo termine, la determinazione di conclusione negativa della conferenza che produce l'effetto del rigetto della domanda.

Infine, i commi 6 e 7 prevedono i casi in cui va indetta una conferenza «simultanea» (di cui al successivo art. 14-ter), nella data compresa tra il quarantacinquesimo e il cinquantacinquesimo giorno dall'indizione della conferenza decisoria. La possibilità per l'Amministrazione procedente di attivare direttamente la conferenza di servizi in forma simultanea e in modalità sincrona è, infatti, espressamente prevista nel comma 7 e concerne le ipotesi nelle quali tale attivazione sia ritenuta necessaria in relazione alla particolare complessità della determinazione da assumere. Si prevede inoltre l'attivazione della conferenza dei servizi in forma simultanea dietro richiesta da parte delle altre amministrazioni o del privato interessato.

L'esito della conferenza di servizi semplificata e l'art. 10-bis

Gli esiti possibili della conferenza di servizi semplificata possono essere tre: 1) acquisizione di atti tutti di assenso; 2) acquisizione di atti di assenso anche condizionati da talune prescrizioni e di atti di dissenso superabili mediante da taluni accorgimenti da adottare o modifiche da apportare; 3) acquisizione di atti di assenso e di dissensi motivati non superabili.

L'art. 14-ter prevede nel primo e nel secondo caso la possibilità che l'Amministrazione procedente concluda la conferenza di servizi con la determinazione motivata di cui all'art. 14-quater.

Nel terzo caso, invece, l'Amministrazione procedente dovrà valutare se adottare la determinazione di conclusione negativa o se indire la conferenza di servizi in modalità sincrona entro i termini indicati ai sensi del 14-ter comma 2 lett. d).

Qualora l'Amministrazione propenda per la prima soluzione, la determinazione di conclusione negativa produrrà l'effetto del rigetto della domanda, mentre, nei procedimenti ad istanza di parte, l'effetto sarà quello proprio del preavviso di diniego di cui all'art. 10-bis.

In quest'ultimo caso, l'istante potrà presentare osservazioni che l'Amministrazione procedente provvederà a trasmettere alle altre amministrazioni coinvolte, onde consentire loro di potersi nuovamente pronunciare in seno ad una successiva e nuova convocazione, cui seguirà un'ulteriore determinazione conclusiva.

Quella dell'efficacia del preavviso di diniego ex art. 10-bis è una novità normativa introdotta dalla riforma del 2016, in recepimento di un orientamento giurisprudenziale (T.A.R. Lazio, Roma II, n. 10252/2011), non unanimemente condiviso, considerato, infatti, che, secondo una parte della giurisprudenza, il procedimento della conferenza di servizi già prevede in sé la partecipazione dell'interessato, assicurando, quindi, il rispetto di quel medesimo diritto di «essere ascoltati» di cui (anche) l'art 10-bis costituisce espressione (T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 1 003/200; T.A.R. Puglia, Lecce, II, n. 4281/2006).

Il legislatore, quindi, con il d.lgs. n. 127/2016, ha introtto all'art. 14-bis co. 5 una norma di raccordo con l'art. 10-bis, ascrivendo, infatti, alla determinazione negativa di conclusione dei lavori, nei procedimenti ad istanza di parte, la valenza e gli effetti del preavviso di rigetto, senza alcun integrale richiamo (anche) alla relativa disciplina. Donde, la non necessità di comunicare all'interessato nella conferenza di servizi i motivi ostativi all'accoglimento della domanda mediante la redazione di apposito atto (ossia il preavviso di diniego), essendo all'uopo sufficiente la mera comunicazione del verbale negativo di conclusione dei lavori.

Il silenzio-assenso e il dissenso non adeguatamente motivato.

Negli ultimi anni il silenzio ha assunto un ruolo importante perché il legislatore si è concentrato sulla patologia (mancata partecipazione) e non sulla fisiologia della conferenza dei servizi.

È stato introdotto, quindi, il silenzio assenso che però, in sede di conferenza di servizi (a differenza che nell'art. 20) non sempre ha natura provvedimentale, potendo anche tradursi in un silenzio assenso di natura endoprocedimentale e non esoprocedimentale.

Al fine, quindi, di garantire alla conferenza l'effettività delle proprie determinazioni ed evitare che le sue deliberazioni possano di fatto essere vanificate da atteggiamenti omissivi, il legislatore del procedimento ha previsto che la conferenza diviene il luogo esclusivo ove le p.a. coinvolte debbano esprimere il loro assenso.

Al riguardo l'art. 14-bis comma 4 dispone che, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedono l'adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione entro il termine di cui al comma 2, lettera c), ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti dal comma 3, equivalgono ad assenso senza condizioni.

Sul punto deve, anzitutto, precisarsi che la clausola di riserva in favore della diversa disciplina di matrice europea è coerente con quanto previsto dall'art. 20 comma 4 sull'istituto del silenzio assenso in generale e non costituisce, quindi, una peculiarità della conferenza di servizi.

In secondo luogo, occorre sottolineare che qualora sia prevista una disciplina procedimentale in contrasto con il diritto UE, quest'ultimo prevale sulla prima, implicandone la non applicazione.

In tal senso, infatti, l'art. 11, comma 7, l.r. Toscana, n. 79/1998 – ai sensi del quale un progetto di impianto fotovoltaico, decorsi sessanta giorni dalla presentazione della richiesta di verifica di sottoponibilità a valutazione di impatto ambientale (v.i.a.), non necessita più di detta valutazione, secondo meccanismo di sostanziale silenzio-assenso circa la positiva verifica della compatibilità ambientale dell'opera – è stato non applicato dalla giurisprudenza, in conformità al principio di primauté del diritto euro-unitario, che esige, per la concessione, il rifiuto o la revoca delle autorizzazioni nell'ambito di procedimenti nei quali venga in rilievo la tutela di valori ambientali, un provvedimento espresso, fondato su un'adeguata istruttoria della quale si dia conto in motivazione: pertanto, nonostante l'inutile decorso del termine di sessanta giorni, è legittimo il provvedimento con il quale si disponga la sottoposizione a v.i.a. del progetto di impianto fotovoltaico, in quanto trattasi di manifestazione del non ancora esaurito potere discrezionale riconosciuto in capo alla Regione (Cons. St. II, n. 4698/2020).

Il legislatore ha sancito un trattamento uniforme sia per gli atti di dissenso non congruamente motivati, sia per l'omessa comunicazione di alcun parere, statuendo in entrambi i casi la regola del silenzio assenso, onde favorire la più celere conclusione del procedimento.

L'equiparazione del dissenso non motivato al silenzio, sul piano disciplinare, costituisce un chiaro indice della concezione legislativa della conferenza di servizi quale modulo procedimentale tendente alla sintesi dei vari interessi pubblici coinvolti, in un'ottica di piena collaborazione tra istituzioni, organi ed uffici pubblici. Il dissenso, infatti, deve essere esplicativo dell'esistenza di ragioni insuperabili o di criticità rimediabili mediante appositi accorgimenti che l'amministrazione dissenziente deve puntualmente indicare. Altrimenti, il dissenso non motivato deve essere considerato quale atto di assenso.

Analoghe considerazioni valgono, a maggior ragione, per il silenzio, in quanto condotta indicativa di disinteresse all'esito del procedimento da parte dell'amministrazione coinvolta.

Tanto, dunque, nel caso del dissenso non motivato, quanto in quello della omessa pronuncia da parte dell'Amministrazione coinvolta, la regola del silenzio assenso consente la possibile celere definizione della conferenza di servizi, a differenza, invece, della manifestazione di un dissenso non superabile e motivato. Circostanza quest'ultima in cui l'Amministrazione procedente dovrà valutare se concludere in senso negativo il procedimento o procedere in modalità sincrona.

Da ultimo va precisato che, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza in tema di tutela dei beni culturali e del paesaggio, l'assetto di competenze delineato dall'art. 146, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 42/2004 e s.m.i. non può essere stravolto per il solo fatto che l'autorizzazione paesaggistica deve essere acquisita in seno a una conferenza di servizi, né su di esso può incidere il meccanismo del silenzio assenso tra Amministrazioni disciplinato dall'art. 17-bis della l. n. 241/1990 e s.m.i., atteso che tale meccanismo non riguarda la fase istruttoria del procedimento, ma influisce solamente sulla fase decisoria e, pertanto, non opera nei rapporti interni che intercorrono tra le diverse Amministrazioni chiamate a cogestire l'istruttoria e la decisione in ordine al rilascio di tali assensi. Analoghe considerazioni valgono con riferimento al meccanismo normato dall'art. 14-ter, comma 7, della l. n. 241/1990 e s.m.i. (Cons. St. IV, 29/03/2021, n. 2640).

La redazione del verbale conclusivo.

La norma non disciplina anche le modalità di redazione del verbale conclusivo.

Sul punto, la giurisprudenza ha rilevato che la normativa generale in materia di conferenza dei servizi nulla dispone in materia di verbalizzazione delle attività della conferenza stessa e non prescrive affatto che il verbale debba essere necessariamente sottoscritto da tutti i partecipanti (anziché dal solo responsabile del procedimento che la ha indetta). In ogni caso, per principio generale, persino gli atti di un organo monocratico non possono considerarsi nulli se mancanti della firma, tutte le volte in cui non vi siano dubbi circa l'identità del soggetto emanante (T.A.R. Piemonte, I, n. 1807/2002; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, n. 2609/2002).

Per quanto attiene, invece, alla motivazione del provvedimento che definisce la conferenza, sembra poi essere ammessa la motivazione per relationem, anche in collegamento con quanto previsto dall'art. 3, comma 3, della l. n. 241/1990.

Questioni applicative.

1) Il verbale conclusivo è immediatamente impugnabile?

Particolarmente dibattuta era la questione concernente all'immediata impugnabilità del verbale conclusivo della conferenza di servizi in ragione delle sue ricadute applicative di ordine processuale.

Ci si chiedeva, infatti, se l'interessato dovesse immediatamente impugnare il predetto verbale ancor prima dell'adozione della determinazione finale o se, invece, dovesse attendere la comunicazione di quest'ultima per contestare gli esiti della conferenza di servizi.

Una parte della giurisprudenza sosteneva che il verbale era insuscettibile di impugnazione autonoma in ragione della mancanza di immediata lesività dello stesso in quanto atto endoprocedimentale (T.A.R. Liguria, Genova I, n. 1844/2009; T.A.R. Lazio, Roma II, n. 2815/2008; T.A.R. Toscana, Firenze II, n. 4274/2006; T.A.R. Toscana, Firenze II, n. 383/2007).

Altra parte della giurisprudenza ammetteva, invece, l'impugnabilità immediata del verbale poiché le determinazioni conclusive, laddove recepiscono (anche se mediante un mero rinvio e quindi senza autonomia di giudizio) le determinazioni delle Conferenze dei servizi, costituiscono atti autonomamente lesivi, e inoltre sostituiscono interamente le determinazioni (già) autoesecutive delle conferenze richiamate (cui era stato dato rilievo esterno per effetto della loro comunicazione alle imprese destinatarie), rinnovandone il contenuto e facendo, quindi, decorrere nuovamente i termini per l'esecuzione degli obblighi imposti, con conseguente obbligo per i destinatari di questi ultimi a proporre un nuovo gravame, a pena di acquiescenza e conseguente inammissibilità dei ricorsi proposti avverso le determinazioni della conferenza dei servizi (Cons. St. VI, n. 1023/2006; T.A.R. Sicilia, Catania, I, n. 1254/2007).

Secondo, poi, un orientamento dottrinario la soluzione non poteva essere univoca, dipendendo dalle peculiarità del singolo caso. Per cui, qualora la decisione emersa in sede di conferenza fosse una delle molteplici scelte possibili, o comunque non fosse vincolante per il rappresentante dell'amministrazione decidente, potendo quest'ultimo completamente o parzialmente disattenderne le conclusioni, dandone adeguato conto in sede motivazionale, il verbale non sarebbe autonomamente impugnabile. Laddove, invece, le determinazioni della conferenza fossero in sé vincolanti ed autoesecutive, ferma restando la loro immediata impugnabilità, ciò non esclude che debbano comunque tradursi nel provvedimento finale. Ne consegue che chi voglia lamentarsi di una decisione adottata in seno ad una conferenza di servizi potrebbe impugnare direttamente il verbale autonomamente lesivo, oppure attendere il provvedimento finale, senza per questo incorrere in alcun vizio di inammissibilità del gravame (Santini, 55).

Così riassunte le varie tesi, occorre precisare che l'evoluzione normativa ha inciso notevolmente sulla soluzione della questione.

Ed invero, tradizionalmente, in giurisprudenza, in considerazione del tenore letterale del comma 9 dell'art. 14-ter, l. n. 241/1990, si affermava che il “modulo procedimentale” della conferenza di servizi, anche decisoria, avesse struttura dicotomica, nel senso che la determinazione resa in sede di conferenza doveva ritenersi avere valenza esclusivamente endoprocedimentale, l'efficacia esoprocedimentale essendo riservata al solo provvedimento finale, l'unico ad essere effettivamente lesivo e quindi impugnabile in via diretta.

A seguito della modifica operata dal d.l. n. 78/2010 al comma 6-bis dell'art. 14-ter,l. n. 241/1990, l'Amministrazione procedente «valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede» adottava «la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza».

Sotto la vigenza di tale modificata disciplina, mentre nella giurisprudenza del Consiglio di Stato si continuava ad affermare, che la conferenza di servizi decisoria risultava caratterizzata da una struttura dicotomica, articolata in una fase che si conclude con la determinazione della conferenza con valenza endoprocedimentale, ed in una successiva fase che si conclude con l'adozione del provvedimento finale, con valenza esoprocedimentale ed esterna, riservata all'Autorità procedente previa valorizzazione delle risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti ivi espresse, regola, quest'ultima, dal contenuto flessibile, in quanto resta ferma l'autonomia del potere provvedimentale dell'Autorità, purché dotato di adeguata motivazione (Cons. St. V, n. 6273/2018), nella giurisprudenza di primo grado, in alcuni casi, si affermava che la conferenza di servizi “decisoria” non avrebbe più una struttura dicotomica; infatti, la nuova formulazione del comma 6-bis dell'art. 14-ter l. n. 241/1990, affermando che la determinazione di conclusione del procedimento adottata dalla conferenza sostituisce ogni atto di assenso comunque denominato, implicherebbe come conseguenza che un distinto provvedimento finale non sarebbe più richiesto e il verbale conclusivo della conferenza di servizi costituirebbe l'atto con valenza esoprocedimentale immediatamente impugnabile (T.A.R. Lazio, Roma II, n. 2338/2015).

Il richiamato contrasto deve, oggi, ritenersi superato all'esito dell'intervenuta ulteriore modifica degli artt. 14-ter e 14-quater da parte del d.lgs. n. 127/2016, che ha abrogato il comma 6-bis citato e al comma 1 dell'art. 14-quater ha previsto che la determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall'amministrazione procedente all'esito della stessa, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati.

In tal senso, la determinazione conclusiva dell'Autorità procedente, anche nella fattispecie in esame, ove è previsto un formale provvedimento finale di competenza dell'Amministrazione procedente, sotto il profilo strettamente sostanziale, non è autonoma rispetto alla delibera adottata dalla Conferenza di servizi decisoria.

In forza della previsione suddetta, cioè, il contenuto precettivo e lesivo non è determinato dal provvedimento finale, avente funzione sostanzialmente dichiarativa, ma va rinvenuto nella deliberazione resa in sede di Conferenza decisoria.

Ciò chiaramente legittima (pur non obbligando, ben potendo il privato attendere l'adozione del provvedimento conclusivo) l'impugnazione diretta ed immediata del Verbale di Conferenza di servizi decisoria (T.A.R. Liguria, Genova I, n. 1 8/2020).

Bibliografia

Santini, La conferenza di servizi, Roma, 2008.

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