Decreto legislativo - 14/03/2013 - n. 33 art. 28 - Pubblicità dei rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provincialiPubblicità dei rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provinciali
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 9-bis, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano e le province pubblicano i rendiconti di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, dei gruppi consiliari regionali e provinciali, con evidenza delle risorse trasferite o assegnate a ciascun gruppo, con indicazione del titolo di trasferimento e dell'impiego delle risorse utilizzate. Sono altresì pubblicati gli atti e le relazioni degli organi di controllo1. 2. La mancata pubblicazione dei rendiconti comporta la riduzione del 50 per cento delle risorse da trasferire o da assegnare nel corso dell'anno. [1] Comma modificato dall'articolo 24, comma 1, del D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97. InquadramentoIl capo II del decreto trasparenza detta la disciplina degli obblighi di pubblicazione inerenti all'organizzazione e all'attività delle pubbliche amministrazioni. Al primo gruppo di obblighi di pubblicazione, relativi all'organizzazione, si riferiscono gli artt. da 13 a 22, mentre al secondo gruppo di obblighi, inerente all'attività pubblicistica, si riferiscono gli artt. 23,26 e 27 del d.lgs. n. 33/2013. L'art. 28, invece, riguarda la trasparenza della rappresentanza territoriale, in quanto detta la disciplina degli obblighi di pubblicazione dei rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provinciali. Tutte le prescrizioni normative contenute nel capo II costituiscono attuazione del principio di pubblicità sancito dall'art. 3 del d.lgs. n. 33/2013, in quanto gli obblighi di pubblicazione in esso disciplinati garantiscono l'effettivo esercizio del diritto alla conoscibilità dell'informazione amministrativa. Come già evidenziato in sede di commento dell'art. 3 del d.lgs. n. 33/2013, l'imposizione di obblighi di pubblicazione in capo alle pubbliche amministrazioni e agli altri enti destinatari delle prescrizioni normative in materia di trasparenza, rappresenta uno dei due pilastri intorno ai quali si articola l'impianto normativo introdotto in seguito alla riforma del 2016, in quanto è in primo luogo, attraverso la possibilità di reperire in rete le informazioni relative all'organizzazione, attività e uso delle risorse pubbliche, in maniera gratuita e senza necessità di registrarsi e autenticarsi su alcun sito Internet, che si promuove la partecipazione dei consociati all'attività amministrativa e si garantiscono forme diffuse di controllo pubblico sull'apparato amministrativo. In particolare, con la novella del 2016, il legislatore nazionale, nello stabilire che per pubblicazione deve intendersi la divulgazione dell'informazione amministrativa nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni (art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013), ha scelto la rete Internet quale principale strumento operativo di attuazione della riforma della trasparenza amministrativa con riferimento ai dati e ai documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ex lege, in ragione del ruolo assolutamente prevalente da essa ricoperto all'interno della società sotto il profilo economico (e-commerce, e-banking e banca online, servizi della società dell'informazione), delle relazioni con gli enti pubblici (si pensi all'utilizzo della PEC, al processo telematico, al sistema pubblico di identità digitale, all'applicazione dei servizi pubblici «IO») e dell'intrattenimento (social network, streaming, smart tv, gaming online). Il sito Internet istituzionale assurge, quindi, a front office dell'amministrazione nei confronti dei consociati, vedendo così rafforzate, ampliate e rese di portata ancor più generale le prescrizioni già contenute nell'art. 54 del d.lgs. n. 82/2005 (recante «Codice dell'amministrazione digitale») e nell'art. 34 della l. n. 69/2009. L'assolvimento degli obblighi di pubblicazione da parte dei soggetti destinatari delle previsioni normative dettate dal decreto trasparenza rappresenta la condicio sine qua non per l'esercizio del diritto di chiunque a conoscere in via diretta le informazioni relative all'organizzazione e all'attività dell'apparato amministrativo. Infatti, il regime degli obblighi di pubblicazione si colloca tra i meccanismi della c.d. trasparenza attiva, la quale richiede un comportamento propositivo da parte delle pubbliche amministrazioni, volto non solo a rendere accessibile le informazioni in loro possesso, ma anche a promuovere presso i consociati la conoscenza della propria attività e organizzazione, mediante l'assolvimento di un dovere di informazione attiva (Merloni, 69 ss.). La previsione di meccanismi propulsivi incide profondamente sul modus agendi delle pubbliche amministrazioni nel campo della trasparenza, in quanto le stesse non devono più solo limitarsi a consentire e non ostacolare l'accesso ai documenti amministrativi da parte dei soggetti legittimati – secondo il paradigma della informazione accessibile – ma devono anche rendersi fautrici della divulgazione dell'informazione amministrativa nel suo complesso, secondo il modello della informazione disponibile (Carloni, 573 ss.). Il legislatore, in attuazione dell'art. 7 della l. delega n. 124/2015, ha razionalizzato, semplificato e concentrato gli oneri gravanti sulle pubbliche amministrazioni in materia di obblighi di pubblicazione, riducendo il numero delle informazioni da pubblicare nella sezione «Amministrazione trasparente» dei siti Internet istituzionali. Tale esigenza era stata fortemente avvertita sotto la vigenza della normativa precedente alla riforma del 2016, in quanto l'eccessiva mole di obblighi di pubblicazione aveva, da un lato, gravato l'amministrazione di oneri e costi particolarmente gravosi e, dall'altro, creato le condizioni per ingenerare confusione nei consociati (information overload), in contrasto con le finalità della trasparenza. Per superare tale criticità, nonché al fine di eliminare duplicazioni nella pubblicazione delle informazioni, le vigenti previsioni del decreto trasparenza (all'art. 9-bis) consentono alle pubbliche amministrazioni titolari delle banche dati indicate nell'Allegato B (si pensi, ad esempio, alla banca dati Perla PA, di cui è titolare la Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla banca dati Patrimonio della PA, di cui è titolare il Ministero dell'economia e delle finanze, nonché alla banca dati BDNCP, relativa ai dati nazionali sui contratti pubblici e di cui è titolare l'ANAC) di pubblicare all'interno delle stesse i dati oggetto degli obblighi di pubblicazione (c.d. pubblicità sostitutiva). La scelta di ridurre gli oneri di pubblicazione trova riscontro anche nella giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sezione consultiva, n.515/2016), che sul punto aveva fatto riferimento alla necessità di fare ricorso a «modalità semplificate che consentono alle amministrazioni di adempiere agli obblighi di pubblicazione, evitando al contempo che su siti diversi siano pubblicati dati tra loro discordanti». La possibilità di avvalersi delle modalità sostitutive di pubblicazione dell'informazione amministrativa relativa all'organizzazione e all'attività delle pubbliche amministrazioni è espressamente richiamata in alcune norme del capo II, quali quelle relative ai dati dei titolari di incarichi di collaborazione o consulenza (art. 15), ai dati degli incarichi conferiti nelle società controllate (art. 15-bis), ai dati concernenti la dotazione organica e il costo del personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato (art. 16) e a tempo non indeterminato (art. 17), ai dati relativi agli enti pubblici vigilati, e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato (art. 22), nonché ai rendiconti dei gruppi consiliari regionali e provinciali contenuti nell'omonima banca dati detenuta dalla Corte dei conti (art. 28). In tutti questi casi, la semplificazione degli obblighi di pubblicazione viene attuata mediante l'inserimento, sul sito Internet istituzionale dell'amministrazione, di un collegamento ipertestuale alla relativa banca dati, in modo che i consociati possano facilmente avervi accesso e consultare gratuitamente e senza oneri economici o telematici i dati ivi inclusi. Vale, infine, evidenziare che il legislatore, con la novella del 2016, ha potuto semplificare e razionalizzare gli obblighi di pubblicazione in quanto nell'impianto normativo del d.lgs. n. 33/2013 è stato introdotto l'istituto dell'accesso civico generalizzato. Infatti, la diminuzione di dati, documenti e informazioni che le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di rendere pubblici online mediante i loro siti istituzionali è più che compensata dal diritto di ciascun consociato ad accedervi su richiesta, che risulta molto più pervasivo e penetrante rispetto alla previsione di meri obblighi di pubblicazione, giocoforza limitati dalle scelte operate a monte dal legislatore in ordine alla tipologia e alla quantità di informazioni che le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di rendere disponibili per la collettività. Gli obblighi di pubblicazione disciplinati dal capo II del decreto trasparenzaL'ampio spettro di esigenze pubblicistiche alle quali il principio di trasparenza risulta preordinato va ad incidere sulle finalità sottese agli obblighi di pubblicazione che le previsioni del d.lgs. n. 33/2013 impongono sulle pubbliche amministrazioni e sugli altri soggetti indicati dall'art. 2-bis di tale corpo normativo. Una parte della dottrina (Bombardelli, 663), proprio in quest'ottica, ha evidenziato che mentre la conoscibilità di alcune informazioni mira a perseguire finalità di controllo, di valutazione del personale e di prevenzione della corruzione nell'amministrazione, la conoscibilità di altre informazioni risulta finalizzata a perseguire scopi di partecipazione e semplificazione, inserendosi nella prospettiva di miglioramento del rapporto fra amministrazione e consociati. Seguendo questa impostazione è possibile rinvenire, nell'ambito del Capo II del decreto trasparenza, alcuni obblighi di pubblicazione preordinati al soddisfacimento di esigenze di controllo dell'operato delle pubbliche amministrazioni – si pensi, ad esempio, agli obblighi inerenti alle informazioni e ai dati relativi ai componenti degli organi di indirizzo politico, ai titolari di incarichi dirigenziali e di collaborazione o consulenza (artt. 14 e 15), al personale (artt. 16 e 17), agli incarichi conferiti ai dipendenti pubblici (art. 18), alla valutazione delle performance (art. 20), agli enti vigilati o controllati (art. 22), all'uso di risorse pubbliche (art. 26), nonché ai rendiconti dei gruppi consiliari (art. 28). Di contro, tra gli obblighi di pubblicazione preordinati al soddisfacimento di esigenze di partecipazione e semplificazione contenuti nel capo II, spicca quello relativo ai bandi di concorso (art. 19) – mentre altre prescrizioni sono contenuti nel capo IV, quali quelli inerenti ai dati relativi all'erogazione dei servizi o l'accesso ai servizi pubblici (art. 32) e quelli relativi alle informazioni necessarie per effettuare pagamenti informatici (art. 36) –. La dottrina (Bombardelli, 664; Arena, 48 ss.), inoltre, distingue gli obblighi di pubblicazione tra quelli che mirano a soddisfare esigenze di informazione – rispetto ai quali prevale la finalità di diffusione dei dati verso soggetti indeterminati (ossia tutti i consociati, considerati nel loro insieme come corpo sociale) senza che sia necessaria la sussistenza di uno specifico nesso tra le sfera giuridica dei destinatari e l'attività amministrativa di cura in concreto di interessi pubblici – e quelli che perseguono una funzione di comunicazione – rispetto ai quali, al contrario, prevale il profilo della comunicazione dell'informazione amministrativa a soggetti determinati o determinabili, in ragione del legame che verrà a instaurarsi tra essi e l'amministrazione in ragione dell'esercizio del potere pubblico –. In particolare, la quasi totalità degli obblighi di pubblicazione disciplinati dal capo II del decreto trasparenza rientrano nella categoria degli obblighi in funzione di informazione in quanto, al fine di soddisfare le esigenze di apertura dell'amministrazione e consentire il controllo democratico dei consociati sull'organizzazione e l'attività dell'apparato pubblico, la diffusione dell'informazione amministrativa viene a collocarsi in una dimensione più ampia rispetto al tradizionale rapporto fra pubbliche amministrazioni e privati nello svolgimento dell'attività amministrativa (Cudia, 676). Gli obblighi di pubblicazione relativi all'organizzazione delle pubbliche amministrazioni L'art. 13 del d.lgs. n. 33/2013 stabilisce che le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare online e ad aggiornare le informazioni relative alla propria organizzazione, corredate dai documenti anche normativi di riferimento. In particolare, tra le informazioni per le quali vige l'obbligo di pubblicazione, la norma espressamente annovera quelle relative agli organi di indirizzo politico, di amministrazione e gestione (con l'indicazione delle relative competenze), l'articolazione degli uffici (con l'indicazione delle relative competenze e dei dirigenti responsabili), l'illustrazione semplificata dell'organizzazione anche mediante il ricorso a un organigramma, nonché i dati di contatto del personale (recapiti telefonici, caselle di posta elettronica, ecc.), in modo da agevolare il contatto e il dialogo dei cittadini con le singole amministrazioni con riferimento allo svolgimento dei compiti istituzionali. L'elenco delle informazioni oggetto degli obblighi di pubblicazione previsti dall'art. 13 del decreto trasparenza non presenta carattere tassativo, come si evince dal fatto che il legislatore prevede che «sono pubblicati, tra gli altri» i dati contenuti in tale elenco. Pertanto, le pubbliche amministrazioni hanno la facoltà di pubblicare dati ulteriori, come ad esempio gli orari di sportello e i curricula dei dipendenti, ferma in questo caso la opportuna anonimizzazione dei dati personali. Inoltre, ancorché l'impianto normativo in materia di obblighi di pubblicazione ruoti intorno al sito Internet istituzionale e, in particolare, alla sezione «Amministrazione trasparente», l'accresciuta importanza dei social media e la creazione e lo sviluppo, all'interno di tali network, di un account istituzionale da parte di numerose pubbliche amministrazioni, dovrebbe propiziare una maggiore più fruibile diffusione delle informazioni amministrative anche attraverso tali canali. Ciò, invero, garantirebbe una più ampia conoscenza di tali informazioni nei confronti dei consociati (ad esempio, rendendo più semplice l'accesso al sito Internet istituzionale e alla sezione denominata «Amministrazione trasparente», mediante l'inclusione di un apposito collegamento ipertestuale nelle pagine web degli account istituzionali presenti all'interno dei social media), consentendo agli stessi di svolgere, in maniera più agevole e penetrante, quel controllo democratico sull'operato e l'organizzazione delle pubbliche amministrazioni che costituisce uno dei principali obiettivi della disciplina della trasparenza. Gli obblighi relativi ai titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo Tra gli obblighi di pubblicazione inerenti all'organizzazione delle pubbliche amministrazioni assumono un peculiare rilievo quelli contenuti nell'art. 14 del d.lgs. n. 33/2013. Tale norma, in seguito alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 97/2016 (art. 13, comma 1, lett. c), ha equiparato, ai fini dell'applicazione della disciplina sulla trasparenza, i soggetti titolari di incarichi dirigenziali, di amministrazione, di direzione o di governo a quelli titolari di organi politici. In base al combinato disposto dei commi 1 e 1-bis del vigente art. 14 del decreto trasparenza, le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali hanno l'obbligo di pubblicare, con riferimento ai soggetti titolati dei predetti incarichi, i seguenti dati: l'atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo, i curricula, i compensi legati all'assunzione della carica e qualsiasi altro importo pagato con fondi pubblici, i dati relativi all'assunzione di altre cariche, pubbliche o private, con indicazione dei relativi compensi, gli altri eventuali incarichi remunerati con fondi pubblici e l'indicazione dei relativi compensi, nonché le dichiarazioni e le attestazioni di cui agli artt. 2,3 e 4 della l. n. 441/1982, contenenti informazioni sulla condizione reddituale e patrimoniale di tali soggetti, del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado ove essi vi acconsentano (in caso contrario, il soggetto titolare dell'incarico dovrà darne avviso all'amministrazione, la quale sarà tenuta a pubblicare tale circostanza nella sezione «Amministrazione trasparente» del sito Internet istituzionale). Più in particolare, rientrano in tale ultimo gruppo di informazioni quelle relative ai diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, le azioni di società, le quote di partecipazione a società, l'esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società, la dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche (ed entro un mese dal termine previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione, un'attestazione relativa alle eventuali variazioni della situazione patrimoniale intervenute nell'anno precedente), le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero l'attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi di propaganda messi a disposizione dal partito di appartenenza, nonché le informazioni relative alle eventuali variazioni della situazione patrimoniale in seguito alla cessazione dell'ufficio. Ai sensi dell'art. 14, comma 1-ter, del decreto trasparenza, inoltre, è previsto uno specifico obbligo di pubblicazione relativo agli emolumenti complessivamente percepiti a carico della finanza pubblica da parte dei titolari di incarichi dirigenziali, nel cui importo devono essere computate le somme comunque erogate nell'ambito di rapporti di lavoro subordinato o autonomo, e ciò tanto nel caso in cui l'erogazione sia posta a carico di una pubblica amministrazione, quanto nel caso in cui esso provenga da società partecipate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni (cfr. circolare INPS n. 153/2015). Con specifico riguardo a questa tipologia di obblighi di pubblicazione l'ANAC (delibera n. 241/2017) ha evidenziato che la finalità di tale disposizione normativa consiste nell'agevolare il controllo del rispetto del limite massimo delle retribuzioni fissato per i dipendenti pubblici (cfr. circolare n. 3/2014 del Dipartimento della funzione pubblica). La norma circoscrive temporalmente la durata della pubblicazione, stabilendo che i dati relativi ai soggetti titolari di incarichi devono essere pubblicati entro tre mesi dal conferimento dell'incarico e permanere visibili online per i tre anni successivi alla cessazione dello stesso – salve le informazioni concernenti la situazione patrimoniale e, ove consentita, la dichiarazione del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, che invece sono pubblicate solo fino alla cessazione dell'incarico –. In seguito alla cessazione dell'obbligo di pubblicazione i dati in questione, ancorché non più presenti in rete, restano comunque accessibili da parte dei consociati mediante l'esercizio del diritto di accesso civico. Prima della novella del 2016, il testo originario dell'art. 14 faceva unicamente riferimento ai componenti degli organi di indirizzo politico, individuati nei titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. Sotto la vigenza della precedente formulazione di tale norma il Garante della privacy, con il parere reso sullo schema di decreto legislativo concernente il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (provvedimento n. 49 del 7 febbraio 2013, doc web n. 2243168), aveva ritenuto che gli obblighi di pubblicazioni relativi ai dati dei titolari di incarichi politici non fossero proporzionati rispetto ai principi, di matrice nazionale ed eurounitario, in materia di protezione dei dati personali. Infatti, secondo il Garante, la mole di informazioni che avrebbe dovuto essere pubblicata su Internet dalle pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali era suscettibile di rivelare aspetti anche strettamente personali di soggetti estranei all'incarico pubblico (si pensi, ad esempio, alle informazioni relative alle condizioni patrimoniali del coniuge e dei parenti entro il secondo grado) o comunque sensibili, quali ad esempio i dati contenuti nella dichiarazione dei redditi relativi a talune detrazioni fiscali ovvero alle scelte sulla destinazione del 5 per mille. Il Garante della privacy, per risolvere tali criticità, nelle linee guida del 2014 (provvedimento n. 243/2014, doc. web n. 3134436) aveva indicato che l'obbligo di pubblicazione della dichiarazione dei redditi dei soggetti titolari di incarichi politici sarebbe stato considerato esattamente adempiuto anche previo oscuramento delle informazioni non pertinenti, quali ad esempio quelle relative allo stato civile, al codice fiscale, nonché quelle dalle quali si sarebbero potuti indirettamente desumere dati sensibili, anche relativi al coniuge e ai parenti entro il secondo grado (ad esempio, spese mediche, erogazioni liberali, familiari a carico, ecc.). La nuova configurazione degli obblighi di pubblicazione dei titolari dei suddetti incarichi, risultante dalle modifiche che hanno interessato il testo dell'art. 14 del d.lgs. n. 33/2013, risulta coerente con l'obiettivo di rafforzare il regime della trasparenza perseguito dal legislatore della riforma, costituendone un ulteriore indice da leggere, in maniera sistematica, unitamente alla nuova accezione del principio di trasparenza di cui all'art. 1, all'ampliamento dell'ambito soggettivo dell'intera disciplina della trasparenza come delineato dall'art. 2-bis e all'introduzione dell'istituto dell'accesso civico generalizzato ai sensi del novellato art. 5, che costituiscono i tratti più significativi del nuovo sistema nazionale della trasparenza amministrativa. Tale profilo, invero, è stato posto in rilievo anche dall'ANAC nella delibera n. 241 dell'8 marzo 2017, con la quale sono state approvate le «Linee guida recanti indicazioni sull'attuazione dell'art. 14 del d.lgs. 33/2013» (Linee Guida sull'art. 14). Il perseguimento di tale obiettivo da parte del legislatore della riforma è, altresì, confermato dalle prescrizioni contenute nell'art. 14, comma 1-quinquies, del decreto trasparenza, con le quali gli obblighi di pubblicazione sanciti dal precedente comma 1 sono stati estesi anche ai titolari di posizioni organizzative a cui sono affidate formalmente funzioni dirigenziali, quali i funzionari ai quali sono conferite deleghe da parte dei dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, ai sensi dell'art. 17, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165/2001, nonché alcuni specifici funzionari delle Agenzie fiscali ai sensi dell'art. 4-bis del d.l. n. 78/2015. La nuova formulazione dell'art. 14 del decreto trasparenza, tuttavia, non ha fugato tutti i dubbi sorti in merito all'individuazione dell'esatto perimetro dei titolari di incarichi assoggettati agli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge. Importanti chiarimenti sono stati forniti dall'ANAC nell'ambito delle sopra citate Linee guida sull'art. 14. In primo luogo, con riferimento ai titolari di incarichi politici, l'Autorità ha osservato che la nuova formulazione della norma include espressamente, nel novero di tali soggetti, anche i titolari di incarichi politici di carattere non elettivo, quali ad esempio gli assessori. L'ANAC ha, poi, affermato che, a prescindere dall'attribuzione della carica a titolo gratuito, rientrano sicuramente in tale categoria il ministro, il vice ministro, il sottosegretario di Stato (per quanto riguarda le amministrazioni centrali dello Stato); il presidente, il sindaco, il consiglio e la giunta (per quel che riguarda le regioni e gli enti locali), nonché il presidente, il consiglio di amministrazione e l'assemblea nei consorzi di enti locali. L'ANAC, infine, ha considerato organi politici sia i commissari straordinari ai quali il decreto di scioglimento abbia attribuito i poteri del sindaco e/o della giunta e del consiglio degli enti territoriali, sia il presidente e i consiglieri di circoscrizione delle circoscrizioni di decentramento comunale di cui all'art. 17 del d.lgs. n. 267/2000. In secondo luogo, con riguardo ai titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo, l'ANAC, dopo aver evidenziato che gli obblighi di pubblicazione riguardano solamente i soggetti ai quali tali incarichi sono attribuiti dietro corresponsione di una remunerazione (anche a titolo di indennità o gettone di presenza), ha confermato l'interpretazione già fornita con riferimento alla precedente formulazione della norma nell'ambito della delibera n. 144/2014. Più in particolare, richiamando l'art. 4 del d.lgs. n. 165/2001, ha ribadito che sono assoggettati agli obblighi di trasparenza anche i componenti degli organi che, pur non essendo espressione di rappresentanza politica, siano titolari di poteri di indirizzo generale con riferimento all'organizzazione e all'attività dell'amministrazione cui sono preposti. Dunque, rientrano in tale categoria i soggetti che esprimono l'indirizzo politico-amministrativo di tali amministrazioni, quali le autorità portuali, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, da individuarsi, in ragione della loro eterogeneità, attraverso un'analisi delle relative norme istitutive, regolamentari e statutarie. Inoltre l'ANAC, con la delibera n. 1134/2017 (ma già in precedenza con la delibera n. 8/2015), ha ulteriormente precisato che gli obblighi di trasparenza imposti dall'art. 14 del d.lgs. n. 33/2013 vanno riferiti anche a tutti i componenti degli organi titolari di poteri di indirizzo generale delle società in controllo pubblico alle quali sono preposti e delle quali non solo definiscono gli obiettivi e i programmi, ma verificano anche la rispondenza dei risultati dell'attività e gestione svolta rispetto agli indirizzi impartiti. In terzo luogo, con riguardo ai titolari di incarichi dirigenziali di cui all'art. 14, comma 1-bis, del decreto trasparenza – categoria nella quale vengono espressamente ricompresi anche i soggetti ai quali l'incarico è stato conferito discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza lo svolgimento di procedure pubbliche di selezione, non rilevando il titolo del conferimento – l'ANAC ha chiarito che gli obblighi di pubblicazione vanno riferiti «ai dirigenti con incarichi amministrativi di vertice, ai dirigenti interni e a quelli esterni all'amministrazione, compresi i titolari di incarichi di funzione dirigenziale nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione pur non muniti della qualifica di dirigente pubblico o comunque non dipendenti di pubbliche amministrazioni», nonché ai dirigenti che, pur non essendo titolari di uffici dirigenziali, svolgono «funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento». Tuttavia, tanto l'ANAC (nelle Linee Guida sull'art. 14), quanto il Garante della privacy (nel provvedimento n. 92/2016, doc. web n. 4772830), hanno espresso perplessità sulle previsioni dell'art. 14, comma 1-bis, per quel che concerne, rispettivamente, l'ostensione dei dati reddituali e patrimoniali e il rispetto del principio di proporzionalità di derivazione europea. A tale ultimo riguardo, il Garante della privacy ha richiamato l'orientamento della giurisprudenza comunitaria (CGUE, 29 giugno 2010, in C-28/08P, Commissione c. Bavarian Lager; CGUE, 9 novembre 2010, in cause riunite C-93/09 e C-93/09, Volker und Markus Schecke GbR et al.), secondo il quale le istituzioni pubbliche, prima di divulgare e rendere disponibili erga omnes informazioni riguardanti una persona fisica, sono tenute a soppesare l'interesse dell'Unione a garantire la trasparenza del proprio operato con il pregiudizio che da ciò deriverebbe ai diritti riconosciuti dagli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Infatti non dovrebbe essere mai riconosciuta automatica prevalenza al perseguimento degli obiettivi della trasparenza rispetto alla salvaguardia dei dati personali contenuti nell'informazione amministrativa, anche laddove si tratti di dati di carattere meramente economico. Pertanto l'ANAC, alla luce di tali perplessità, ha ritenuto necessario che la pubblicazione dei dati relativi ai titolari di incarichi dirigenziali avvenga mediante l'adozione di opportuni adeguamenti quali, ad esempio, l'esclusione dell'obbligo di rendere la dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale, come previsto dall'art. 2, comma 1, n. 3, della l. n. 441/1982 già richiamata. L'ANAC, inoltre, ha chiarito che con riguardo agli uffici di diretta collaborazione dei Ministri bisogna distinguere tra incarichi dirigenziali conferiti all'interno degli uffici e incarichi di capo o responsabile degli uffici di diretta collaborazione, in quanto solo per i primi è sicura l'applicazione della disciplina dettata dall'art. 14 del decreto trasparenza. Per gli incarichi di capo o responsabile degli uffici di diretta collaborazione va considerato che ad essi, ai sensi dell'art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 e a differenza della dirigenza amministrativa, sono attribuite esclusive competenze di supporto e di raccordo con l'amministrazione e, quindi, i relativi responsabili non possono intromettersi nella gestione riservata alla dirigenza e sono nominati sulla base di un forte rapporto fiduciario con l'organo di indirizzo politico, essendo per questo assoggettati allo spoil system alla scadenza della carica di tale organo ai sensi dell'art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165/2001 – la cui tenuta costituzionale è stata positivamente vagliata dalla Corte costituzionale (Corte cost. n.304/2010) –. Pertanto, secondo l'ANAC, l'art. 14 va interpretato nel senso di escludere i responsabili degli uffici di diretta collaborazione dal regime degli obblighi di pubblicazione previsto per la dirigenza amministrativa, così come quello stabilito per gli organi di indirizzo. Per quel che concerne la dirigenza sanitaria, l'ambito soggettivo degli obblighi di pubblicazione sanciti dall'art. 14 del decreto trasparenza va individuato alla luce di quanto previsto dal successivo art. 41, rubricato «Trasparenza del servizio sanitario nazionale». In particolare, rientrano nella nozione di dirigenza sanitaria i dirigenti del SSN, sia del ruolo sanitario sia di altri ruoli, che ricoprono esclusivamente le posizioni specificate dall'art. 41, ovvero quelle di direttore generale, direttore sanitario, direttore amministrativo, responsabili di dipartimento e di strutture semplici e complesse. Inoltre, l'ANAC, con lo scopo di fornire una lettura della norma coerente con le finalità della riforma della trasparenza amministrativa, ha chiarito che ai fini della pubblicazione dei compensi di qualsiasi natura, connessi all'assunzione della carica previsti all'art. 14, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 33/2013, debbano essere inclusi anche quelli derivanti dall'attività professionale intramoenia dei dirigenti sanitari ricompresi tra le figure riportate dall'art. 41 del d.lgs. n. 33/2013. In un'ottica di semplificazione degli obblighi di pubblicazione ai sensi dell'art. 3, comma 1-ter, del d.lgs. n. 33/2013, l'ANAC ha ritenuto di ridurre gli oneri a carico delle istituzioni scolastiche, stabilendo che per i dirigenti di tali amministrazioni, le prescrizioni dettate dall'art. 14 sono assolte mediante la pubblicazione dei dati indicati al comma 1, lettere da a) ad e), con esclusione di quelli indicati dalla lettera f). Occorre dar conto del fatto che la Corte costituzionale ( Corte cost. n. 20/2019 ) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14,comma 1- bis , del d.lgs. n.33/2013, nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni debbano pubblicare i dati di cui all'art. 14, comma 1, lett. f ) anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo attribuiti, ivi inclusi quelli conferiti dall'organo di indirizzo politico senza procedure selettive pubbliche. La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal T.A.R. Lazio (T.A.R. Lazio, Roma I-quater, ord. n. 9828/2017) nell'ambito di un giudizio promosso da alcuni dirigenti di ruolo del Garante della privacy per l'annullamento di un provvedimento adottato dal Segretario generale di tale Autorità amministrativa indipendente, con il quale era stata imposta la pubblicità dei dati di cui all'art. 14, comma 1, lett. c) ed f), ad essi relativi. In particolare, i ricorrenti avevano lamentato l'ampiezza dei dati soggetti a pubblicazione obbligatoria, asserendo che l'eccessivo livello di trasparenza generato dalla loro pubblicazione nei termini previsti dall'art. 14, comma 1-bis, si poneva in contrasto con il principio di proporzionalità che, come noto, trova applicazione anche in materia di protezione dei dati personali. Gli obblighi previsti da tale norma, inoltre, confliggevano anche con il principio di ragionevolezza, trovando indistinta applicazione per tutti i dirigenti pubblici, a prescindere dalle differenze di ruolo, di funzioni e di compensi percepiti. La Corte costituzionale, con la sentenza innanzi richiamata, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1-bis, lett. f), del decreto trasparenza, ritenendo la norma lesiva dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare i dati patrimoniali e reddituali dei dirigenti il cui incarico sia stato conferito discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. Pertanto, in seguito alla pronuncia della Corte costituzionale, l'art. 14, comma 1- bis, lett. f ), del decreto trasparenza trova applicazione solo nei confronti dei titolari di incarichi dirigenziali apicali, per i quali è stato ritenuto ragionevole l'assoggettamento agli obblighi di pubblicazione previsti per i titolari di incarichi politici sia in virtù dell'esistenza di un rapporto fiduciario, sia per l'attribuzione ad essi di compiti organizzativi, di gestione delle risorse umane e strumentali, nonché di spesa di rilevanza fondamentale per il corretto svolgimento dell'attività dell'istituzione presso la quale prestano servizio. La vicenda ha coinvolto anche l'efficacia delle Linee Guida dell'ANAC relative all'art. 14 del decreto trasparenza. Infatti, in seguito all'adozione, da parte del T.A.R. Lazio, dell'ordinanza cautelare relativa alla sospensione dell'efficacia del provvedimento del Segretario generale del Garante della privacy (T.A.R.Lazio, Roma I-quater, ord. n.1030/2017), l'ANAC, con delibera n. 382/2017, ha sospeso l'efficacia delle predette Linee Guida «limitatamente alle indicazioni relative all'applicazione dell'art. 14, comma 1, lett. c) ed f), del d.lgs. n. 33/2013» per tutti i dirigenti pubblici. Successivamente, stante l'inerzia del legislatore, l'ANAC ha aggiornato le Linee Guida sull'art. 14 mediante l'adozione della delibera n. 586/2019 recante «Integrazioni e modifiche della delibera 8 marzo 2017, n. 241 per l'applicazione dell'art. 14, commi 1-bis e 1-ter del d.lgs. n. 33/2013 a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 20 del 23 gennaio 2019». In estrema sintesi, l'ANAC ha dapprima precisato che «i dirigenti cui si applica la trasparenza dei dati reddituali e patrimoniali di cui all'art. 14, comma 1, lett. f), sono i titolari di incarichi dirigenziali a capo di uffici che al loro interno sono articolati in uffici di livello dirigenziale, generale e non generale», per poi chiarire quali dirigenti, in concreto, siano destinatari di tali obblighi di pubblicazione. Sul punto, in particolare, l'ANAC ha precisato che le amministrazioni non statali e quelle alle quali non si applica direttamente l'art. 19, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 165/2001 sono tenute a indicare chiaramente, in un apposito atto organizzativo, le posizioni dirigenziali equivalenti a quelle previste dalla norma del Testo Unico sul pubblico impiego che, secondo quanto statuito dalla Corte costituzionale, sono sottoposte al regime di trasparenza rafforzata sui dati reddituali e patrimoniali. È stato, altresì, specificato che tale atto deve poi essere pubblicato nella sezione «Amministrazione trasparente» del sito Internet istituzionale dell'ente. L'ANAC ha poi formulato una serie di chiarimenti in ordine ad alcune figure sulle quali si era già espressa nell'ambito delle Linee Guida sull'art. 14. In proposito, si evidenzia che l'Autorità ha confermato la posizione già assunta in precedenza con riguardo ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione (per i quali era già stata esclusa l'assoggettabilità agli obblighi di pubblicazione dei dati di cui all'art. 14, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 33/2013), nonché quella assunta con la delibera n. 1134/2017 con riferimento ai dirigenti delle società in controllo pubblico e degli enti di diritto privato di cui all'art. 2-bis, comma 2, lett. b) e c), del decreto trasparenza (secondo la quale solo i direttori generali restano assoggettati all'obbligo di pubblicazione dei dati di cui all'art. 14, comma 1, lett. f). Per converso, l'ANAC ha modificato le posizioni assunte con riguardo ai dirigenti generali con funzioni ispettive, di consulenza, di studio e ricerca (per i quali si esclude l'applicazione della disciplina della più volte richiamata lettera f) e ai dirigenti sanitari. Con specifico riferimento a quest'ultima tipologia di dirigenti, l'ANAC ha ritenuto che unicamente i titolari di posizioni apicali o di vertice siano assoggettati agli obblighi di pubblicazione dei dati patrimoniali e reddituali previsti dall'14, comma 1, lett. f), del decreto trasparenza (si pensi, ad esempio, al direttore generale, al direttore sanitario, al direttore amministrativo, al responsabile di dipartimento e di strutture complesse); i dirigenti di strutture semplici sono invece esonerati dal rispetto di tali obblighi. Infine, con riferimento ai titolari di posizioni organizzative di cui all'art. 14, comma 1-quinquies, del decreto trasparenza, l'ANAC ha evidenziato che gli obblighi di trasparenza previsti da tale norma trovano applicazione in ogni altro caso in cui sono svolte funzioni dirigenziali attribuite con provvedimento formale come, ad esempio, nell'ipotesi prevista dall'art. 109, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, che prevede che nei Comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni dirigenziali possono essere attribuite ai responsabili degli uffici o dei servizi, previa adozione da parte del sindaco di un apposito provvedimento motivato. Con l'adozione della delibera n. 586/2019 di aggiornamento delle predette Linee Guida, l'ANAC ha posto in rilievo che l'applicazione degli obblighi di trasparenza nei confronti di tali soggetti si basa su un criterio di ordine sostanziale, dato dalla verifica dello svolgimento di compiti propositivi, organizzativi, di gestione e di spesa di elevatissimo rilievo, nonché dalla titolarità di uffici articolati al loro interno in strutture complesse che prevedono uffici dirigenziali, di carattere generale e non. Vale, tuttavia, evidenziare che il giudice amministrativo (T.A.R. Lazio, Roma I, n.12288/2020) ha annullato ladelibera dell'ANAC n.586/2019 (con sentenza ancora non definitiva, essendo stato proposto appello avverso la decisione del giudice di prime cure) accogliendo il ricorso esperito da alcuni dirigenti del SSN (cfr. infra sub Capo V). Successivamente, il giudice amministrativo (T.A.R. Lazio, Roma I, n.6045/2021), in sede di ottemperanza su ricorso proposto dall'ANAC ai sensi dell'art. 112, comma 5, del Codice del processo amministrativo al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di attuazione della sentenza del medesimo T.A.R. Lazio, Roma I, n.12288/2020, ha chiarito che, nel rispetto dei principi processuali che regolano la corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nonché degli effetti soggettivi e oggettivi del giudicato, l'annullamento delladelibera n.586/2019 va necessariamente limitato alla previsione riguardante l'obbligo di pubblicazione dei dati di cui all'art. 14,comma 1, lett. f ) del d.lgs. n.33/2013 a carico dei dirigenti sanitari titolari di struttura complessa. Gli altri obblighi di pubblicazione concernenti l'organizzazione L'art. 15 del d.lgs. n. 33/2013 disciplina gli obblighi di pubblicazione dei dati concernenti i titolari di incarichi di collaborazione o consulenza che, ai sensi del comma 1, ricomprendono gli estremi dell'atto di conferimento degli incarichi, i curricula dei soggetti incaricati, i dati relativi allo svolgimento di incarichi o alla titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione, nonché le informazioni sui compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di lavoro, consulenza o collaborazione, con la specificazione inerente alle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato. La dottrina (David, 300) ha evidenziato che la finalità perseguita dal legislatore con la previsione di tali obblighi di pubblicazione è quella di favorire un controllo diffuso dei consociati sull'utilizzo dei contratti di consulenza e collaborazione, finalizzato ad assicurare il buon andamento dell'Amministrazione e a prevenire fenomeni di mala gestio nell'uso delle risorse pubbliche o di vera e propria corruzione. L'ANAC, con la delibera n. 1054/2020, ha chiarito che il decreto trasparenza non fornisce alcuna definizione della locuzione «enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione» contenuta nell'art. 15, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 33/2013. Secondo l'Autorità risulta, in proposito, ragionevole richiamare la definizione di cui all'art. 1, comma 2, lett. d), del d.lgs. n. 39/2013 e i chiarimenti che la stessa ha fornito con la delibera n. 553/2019, tenuto conto della comune ratio di garantire l'imparzialità nello svolgimento dell'incarico ed evitare situazioni di conflitto di interessi. Pertanto per «ente regolato dalla pubblica amministrazione» deve intendersi l'ente sul quale il soggetto pubblico esplica poteri che incidono sullo svolgimento dell'attività principale – anche attraverso il rilascio di autorizzazioni o concessioni, l'esercizio continuativo di poteri di vigilanza, di controllo o di certificazione – mentre per «ente finanziato da una pubblica amministrazione» deve intendersi l'ente la cui attività è finanziata attraverso rapporti convenzionali (ad esempio, mediante contratti pubblici, contratti di servizio pubblico e di concessione di beni pubblici), a condizione che i finanziamenti presentino le caratteristiche della rilevanza economica e della continuità/stabilità temporale. Riprendendo l'esegesi dell'art. 15 del decreto trasparenza, è alla luce delle finalità di assicurare il buon andamento dell'amministrazione e a prevenire fenomeni di mala gestio nell'uso delle risorse pubbliche, che vanno lette le previsioni del secondo comma, in forza delle quali il corretto assolvimento degli obblighi di pubblicazione, nonché l'invio di una apposita comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica – contenente gli estremi dell'atto di conferimento dei singoli incarichi, l'indicazione dei soggetti incaricati, la ragione dell'incarico e l'ammontare del compenso erogato – costituiscono condizioni di efficacia dell'atto di conferimento e sono indispensabili ai fini della liquidazione del relativo compenso. Così, ad esempio, tra i dati relativi allo svolgimento di attività professionali – oggetto di uno specifico obbligo di pubblicazione ai sensi dell'art. 15, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 33/2013 – devono necessariamente essere pubblicate le informazioni relative al settore e alle materie che costituiscono l'oggetto principale dell'attività professionale svolta nei confronti sia di soggetti pubblici sia di soggetti privati, unitamente all'indicazione della tipologia di tali soggetti, in quanto funzionali a consentire all'amministrazione ogni opportuna valutazione in ordine alla sussistenza di eventuali situazioni di conflitti di interesse (ANAC,delibera n.1054/2020). Il legislatore ha previsto specifiche sanzioni per il caso di violazione dei predetti obblighi di pubblicazione, al fine di rafforzare l'enforcement dell'art. 15 del decreto trasparenza. In proposito occorre evidenziare che il comma 3 dell'art. 15 onera i dirigenti – sui quali ricade il compito di liquidare il compenso in favore dei consulenti e dei collaboratori – di verificare se la pubblicazione sia intervenuta e se sia stata inviata la comunicazione prevista dalla legge in favore del Dipartimento della funzione pubblica. Ogniqualvolta il compenso del consulente o del collaboratore sia stato liquidato senza previa verifica dell'effettivo soddisfacimento degli obblighi di pubblicazione, il dirigente responsabile incorrerà in responsabilità dirigenziale ai sensi dell'art. 21, comma 1, del TUPI, nonché in responsabilità disciplinare con irrogazione di una sanzione pecuniaria pari all'importo liquidato, fatto salvo il risarcimento del danno subito dal destinatario ai sensi dell'art. 30del Codice del processoamministrativo. L'art. 15-bis del decreto trasparenza riguarda, invece, gli obblighi di pubblicazione concernenti gli incarichi conferiti nelle società controllate, con esclusione delle società che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, la cui disciplina ricalca quella dettata dall'art. 15 sia con riguardo alle informazioni da pubblicare, sia con riferimento alle forme di responsabilità e ai meccanismi sanzionatori che si attivano in caso di mancato o parziale assolvimento degli obblighi di pubblicazione. Anche per tali informazioni il legislatore ha previsto che le modalità di pubblicazione possono essere soddisfatte mediante la loro inclusione in una banca dati. L'art. 15-ter del d.lgs. n. 33/2013 detta una disciplina speciale per gli obblighi di pubblicazione relativi agli amministratori e agli esperti nominati da organi giurisdizionali o amministrativi, che assume carattere residuale rispetto a quella contenuta negli artt. 14 e 15 del decreto trasparenza. In particolare, per quel che concerne gli amministratori giudiziari, i dati indicati dal primo comma dell'art. 15-ter del decreto trasparenza – ossia, gli incarichi conferiti, le Autorità che li hanno conferiti, la data di attribuzione e di cessazione dell'incarico, nonché gli acconti percepiti e i compensi liquidati – sono pubblicati nell'Albo degli amministratori giudiziari di cui all'art. 1del d.lgs. n.14/2010, articolato in una sezione ordinaria e in una sezione di esperti in gestione aziendale, la cui gestione, affidata al Ministero della Giustizia, deve avvenire con modalità telematiche. L'albo in questione, inoltre, deve essere inserito in un'area pubblica del sito Internet istituzionale del Ministero della Giustizia. Ogniqualvolta un'amministrazione giudiziaria attinge all'albo degli amministratori giudiziari deve darne comunicazione all'Ufficio di cancelleria competente, il quale deve pubblicare le informazioni ricevute entro quindici giorni dall'adozione del provvedimento con il quale è stato conferito l'incarico; spetta, invece, al Ministero della Giustizia curare l'aggiornamento dell'Albo. A differenza di quanto previsto dagli artt. 15 e 15-bis del d.lgs. n. 33/2013, l'art. 15-ter non chiarisce se la pubblicazione online costituisca anche condizione di efficacia del conferimento dell'incarico; nel silenzio della legge alcuni autori optano per l'opzione positiva (David, 304). L'art. 15-ter, comma 2, disciplina gli obblighi di pubblicazione degli incarichi conferiti dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di cui all'art. 110del d.lgs. n.159/2011, aventi ad oggetto gli incarichi conferiti ai tecnici e agli altri soggetti qualificati che coadiuvano l'Agenzia nell'attività di amministrazione, nonché i compensi ad essi liquidati. L'ANAC, con la delibera n. 1310/2016, ha inoltre chiarito che l'Agenzia può assolvere l'obbligo di pubblicazione creando all'interno della sezione «Amministrazione trasparente» del proprio sito Internet istituzionale una sotto-sezione denominata «Amministratori ed esperti», ovvero attraverso l'inclusione di un collegamento ipertestuale in altra sezione del sito Internet. L'art. 15-ter, comma 3, disciplina gli obblighi di pubblicazione delle informazioni inerenti ai provvedimenti di liquidazione degli acconti e del compenso finale dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali. La norma prevede che tali informazioni siano inserite nel registro nazionale tenuto dal Ministero della Giustizia, con modalità informatiche ed accessibile al pubblico, ai sensi dell'art. 28, comma 4, del r.d. n. 267/1942 (norma, quest'ultima, che va letta in combinato disposto con l'art. 125, comma 4, del d.lgs. n. 14/2019 recante «Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza»). All'interno di tale registro devono anche essere inseriti i dati relativi ai provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato e quelli che attestano l'ammontare dell'attivo e del passivo delle procedure di insolvenza già chiuse. Infine, l'ultimo comma dell'art. 15-ter del d.lgs. n. 33/2013 prevede un obbligo di pubblicazione in capo alle Prefetture con riguardo ai provvedimenti di nomina e di quantificazione dei compensi degli amministratori e degli esperti di nomina prefettizia. L'ANAC, nella sezione del proprio sito Internet istituzionale dedicata alle FAQ in materia di trasparenza, con specifico riferimento agli obblighi di pubblicazione di cui all'art. 15-ter, comma 4, ha chiarito che anche gli incarichi dei commissari straordinari ed esperti con funzione di amministrazione, sostegno e monitoraggio dell'impresa nell'ambito della prevenzione della corruzione ai sensi dell'art. 32del d.l. n.90/2014, rientrano tra quelli per cui vige un obbligo di pubblicazione. Anche per tali informazioni valgono le stesse modalità telematiche di pubblicazione previste per gli altri dati. Gli artt. 16, 17 e 18 del decreto trasparenza prevedono specifici obblighi di pubblicazione concernenti la dotazione organica, il costo del personale e gli incarichi conferiti ai dipendenti pubblici. L'assolvimento degli obblighi di pubblicazione di tali informazioni può realizzarsi anche nelle forme previste dall'art. 9-bis del d.lgs. n. 33/2013 – ad esempio, tramite l'inserimento del collegamento ipertestuale alle banche dati di cui all'allegato B del decreto trasparenza all'interno della sezione «Amministrazione trasparente» del sito Internet istituzionale –. In particolare, tali norme stabiliscono che sono soggetti a pubblicazione obbligatoria le seguenti informazioni: il conto annuale del personale e delle relative spese sostenute (che contiene l'indicazione analitica della dotazione organica, la distribuzione dei dipendenti tra le diverse qualifiche e aree professionali e l'indicazione del personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico), i tassi di assenza del personale distinti per uffici di livello dirigenziale (tale dato è soggetto a pubblicazione periodica su base trimestrale), le informazioni relative alla mobilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (la pubblicazione di tali dati include anche quelli personali, ancorché nel rispetto dei principi di pertinenza e non eccedenza del trattamento che, ad esempio, esclude dalla pubblicazione le informazioni relative all'indirizzo di residenza, alla posizione fiscale, ai dati di contatto personali, ecc.). Come evidenziato da una parte della dottrina (Alovisio, 316), la pubblicazione delle informazioni indicate negli artt. 16, 17 e 18 del decreto trasparenza è finalizzata a prevenire fenomeni di corruzione, nonché il ricorso eccessivo al lavoro precario. Le pubbliche amministrazioni, inoltre, ai sensi dell'art. 18, sono tenute a pubblicare anche i dati relativi agli incarichi conferiti annualmente ai propri dipendenti, a prescindere dal fatto che gli stessi siano retribuiti o meno. Nel caso in cui si tratti di un incarico conferito a un soggetto esterno all'amministrazione, le relative informazioni sono consultabili presso la banca dati del Dipartimento della funzione pubblica. L'art. 19 del d.lgs. n. 33/2013 impone alle pubbliche amministrazioni di pubblicare online i bandi di concorso per il reclutamento del personale unitamente ai criteri di valutazione della Commissione esaminatrice, le tracce delle prove e le graduatorie finali, aggiornate con l'eventuale scorrimento degli idonei non vincitori. La previsione di tale obbligo di pubblicazione è ulteriore e non sostituisce quella da effettuarsi presso l'albo telematico dell'ente pubblico a fini di pubblicità legale della procedura di reclutamento. Al riguardo, la delibera della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) n. 33/2012 ha chiarito che, in considerazione della temporaneità dell'inserimento dei bandi nell'albo telematico, tale pubblicazione non esonera le pubbliche amministrazioni dall'obbligo di pubblicare tali informazioni anche sul proprio sito Internet istituzionale ove la legge, come nel caso dell'art. 19, preveda specifici obblighi di pubblicazione per tali informazioni. L'aspetto più rilevante contenuto dall'art. 19 del decreto trasparenza consiste nella inclusione dei criteri di valutazione della Commissione esaminatrice, delle tracce delle prove e delle graduatorie finali nel perimetro oggettivo di applicazione degli obblighi di pubblicazione sanciti da tale norma. Ancorché la giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sezione consultiva, n.515/2016) abbia espresso un giudizio critico sulla scelta del legislatore, che potrebbe essere foriera di un ulteriore aumento del contenzioso giurisdizionale sulle procedure di reclutamento del personale, la pubblicazione di tali informazioni mira a responsabilizzare (accountability) ancor di più le pubbliche amministrazioni nei confronti dei cittadini. Inoltre, come evidenziato da una parte della dottrina (Alovisio, 318 ss.), la divulgazione di tali informazioni consente ai cittadini, non solo di avere agevolmente accesso a un set informativo particolarmente ampio e rilevante ai fini dell'esercizio delle facoltà di controllo democratico sulle scelte organizzative dell'apparato pubblico, ma anche di svolgere una preparazione più mirata in vista della partecipazione alle procedure selettive pubbliche per il reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni (ciò assume particolare rilievo per gli aspiranti candidati che, per lo più, appartengono alle fasce più giovani della popolazione). L'art. 20 del d.lgs. n. 33/2013 prevede l'obbligo di pubblicare i dati relativi all'ammontare complessivo dei premi collegati alla performance, sia con riferimento all'ammontare stanziato, sia con riguardo ai premi effettivamente distribuiti. In seguito alle modifiche del 2016, tale obbligo di pubblicazione è stato semplificato, in quanto è unicamente richiesta la divulgazione in forma aggregata dei dati sulla distribuzione dei premi, oltre alla pubblicazione dei criteri definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance: come espressamente chiarito dal legislatore al comma 2 di tale norma, la disclosure di tali informazioni consente il controllo del livello di selettività nella distribuzione dei premi e degli incentivi, nonché del grado di differenziazione esistenti nei sistemi premiali applicati ai dirigenti rispetto a quelli dei dipendenti. Tali informazioni vanno analizzate alla luce del Piano e della Relazione della performance previsto dall'art. 10 del d.lgs. n. 150/2009, che costituiscono documenti strategici volti ad assicurare la qualità, comprensibilità e l'attendibilità dei documenti di rappresentazione delle prestazioni rese dai dipendenti pubblici. In seguito alla novella del 2016 è stato invece abrogato il comma 3 dell'art. 20, che prevedeva la pubblicazione dei dati relativi ai livelli di benessere organizzativo. Si tratta di informazioni relative allo stato di salute delle organizzazioni lavorative in relazione al benessere psico-fisico della comunità lavorativa, la cui raccolta ed analisi mira a migliorare i risultati delle prestazioni lavorative e, in ultima analisi, il livello quantitativo e qualitativo dei servizi erogati alla collettività. L'importanza della pubblicazione di tali dati e, in particolare, di quelli relazionati allo stress lavoro-correlato (la valutazione del quale costituisce un adempimento del datore non suscettibile di essere delegato, anche nel caso in cui ci si avvalga di soggetti esterni dotati di specifiche competenze, come chiarito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la risposta resa nell'interpello n. 5/2013), è stata posta in rilievo anche dalla CiVIT secondo la quale lo svolgimento di indagini in tale ambito consente alle pubbliche amministrazioni di realizzare azioni finalizzate alla gestione e rimozione delle problematiche che interessano i dipendenti e ad incentivare gli stessi a performare in maniera più efficiente. L'art. 21 del d.lgs. n. 33/2013 impone alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di pubblicare i dati relativi alla contrattazione collettiva, sia con riguardo ai contratti e accordi collettivi nazionali ad esse applicabili, sia con riferimento alle eventuali interpretazioni autentiche. In particolare, il secondo comma di tale norma prevede che la pubblicazione di tali informazioni debba essere accompagnata dalla pubblicazione della relazione tecnico-finanziaria e quella illustrativa certificata dagli organi di controllo di cui all'art. 40-bis, comma 1, del TUPI (ossia, il collegio dei revisori dei conti, il collegio sindacale, gli uffici centrali di bilancio o gli analoghi organi previsti dagli ordinamenti delle differenti amministrazioni), nonché dalla pubblicazione delle informazioni trasmesse annualmente ai sensi del terzo comma dell'art. 40-bis del TUPI. In ogni caso, la norma prevede che la pubblicazione di tali informazioni possa avvenire, ai sensi dell'art. 9-bis del d.lgs. n. 33/2013, mediante il collegamento ipertestuale con le banche dati indicate nell'allegato B del decreto trasparenza. Anche l'assolvimento di tale obbligo di pubblicazione mira a consentire ai consociati di controllare il grado di produttività ed efficienza delle pubbliche amministrazioni nella erogazione dei servizi alla collettività e nell'utilizzo delle risorse finanziarie, dati contenuti nelle relazioni illustrativa e tecnico-finanziaria i cui schemi, sotto la vigenza dell'art. 40-bis, comma 4, del TUPI, erano predisposti dal Dipartimento della ragioneria dello Stato, d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica, al fine di renderne meno onerosa la pubblicazione e di più agevole intellegibilità il dato per i consociati. L'art. 22 del decreto trasparenza disciplina gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati, agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato. Tale norma va letta in combinato disposto con l'art. 2-bis del decreto trasparenza (cfr. supra subart. 2-bis) e il d.lgs. n. 175/2016 per quel che concerne la definizione dell'ambito soggettivo di applicazione di tale disciplina. In particolare, la norma assoggetta al regime di pubblicazione obbligatoria le informazioni relative agli enti pubblici istituiti, vigilati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni e di quelli per i quali le stesse abbiano il potere di nomina degli amministratori, delle società nelle quali le pubbliche amministrazioni detengono direttamente quote di partecipazione, anche minoritaria, indicandone l'entità, gli enti di diritto privato sui quali esercitano poteri di controllo, le rappresentazioni grafiche che evidenziano i rapporti tra tali enti e le singole pubbliche amministrazioni. Ai sensi del quarto comma dell'art. 22, le informazioni che le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare con riferimento alle categorie di enti sopra menzionati, riguardano: la ragione sociale, la misura della partecipazione, la durata dell'impegno, l'onere complessivo gravante sul bilancio, il numero di rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo unitamente al relativo trattamento economico, i risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari, nonché i dati relativi agli incarichi di amministratore dell'ente con indicazione del relativo trattamento economico. L'art. 22, comma 1, lett. d-bis), del decreto trasparenza assoggetta a pubblicazione obbligatoria anche i provvedimenti in materia di costituzione di società a partecipazione pubblica, acquisto di partecipazioni in società già costituite, gestione delle partecipazioni pubbliche, alienazione di partecipazioni sociali, quotazione di società a controllo pubblico in mercati regolamentati e razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche, previsti dal decreto legislativo adottato ai sensi dell'art. 18 della l. n. 124/2015, ossia il d.lgs. n. 175/2016. Con riguardo a tale ultimo gruppo di informazioni, rispetto al quale l'obbligo di pubblicazione è stato introdotto con la riforma del 2016, la norma va letta alla luce di quanto previsto dall'art. 19, commi 5 e 6, del d.lgs. n. 175/2016, che riguarda i provvedimenti con cui le amministrazioni fissano, per le società in controllo pubblico, gli obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi incluse quelle per il personale e dei provvedimenti con cui le società in controllo pubblico recepiscono gli obiettivi relativi alle spese di funzionamento fissati dalle pubbliche amministrazioni. L'ANAC, inoltre, con la delibera n. 1310/2016, ha evidenziato che il regime sanzionatorio applicabile ai casi di mancata o incompleta pubblicazione delle informazioni di cui all'art. 22 del decreto trasparenza, prevede non solo il divieto di erogazione di somme da parte delle pubbliche amministrazioni interessate – ma solo nel caso in cui siano i medesimi enti a non aver comunicato all'amministrazione dati dei quali la stessa non era già in possesso e, in ogni caso, con esclusione dei pagamenti da erogare a fronte di obbligazioni contrattuali per prestazioni svolte in loro favore da parte degli enti e società rientranti nelle categorie per le quali sussistono gli obblighi di pubblicazione previsti dal medesimo art. 22 – ma anche, ai sensi dell'art. 46 del d.lgs. n. 33/2013, la responsabilità dirigenziale, la responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione, la valutazione ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale, nonché l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell'art. 47, comma 2, del decreto trasparenza. Gli obblighi di pubblicazione relativi all'attività delle pubbliche amministrazioniLa disciplina degli obblighi di pubblicazione inerenti all'attività delle pubbliche amministrazioni, così come delineata nella originaria versione del decreto trasparenza, è stata oggetto di una significativa opera di semplificazione e razionalizzazione da parte del legislatore del 2016. In particolare, sono stati integralmente abrogati gli artt. 24 e 25 concernenti gli obblighi di pubblicazione dei dati aggregati relativi all'attività amministrativa e ai controlli sulle imprese, mentre la norma sugli obblighi di pubblicazione dei provvedimenti amministrativi (art. 23) è stata interessata da una abrogazione soltanto parziale. Attraverso questi rilevanti interventi di modifica il legislatore ha cercato di eliminare le duplicazioni e di ridurre gli oneri a carico delle pubbliche amministrazioni, anche alla luce del fatto che, sotto la vigenza della precedente disciplina, le principali critiche mosse nei confronti delle scelte operate in materia di obblighi di trasparenza riguardavano, da un lato, la complessità della disciplina in ragione della molteplicità ed eterogeneità dei dati da pubblicare e, dall'altro, il carattere indifferenziato di tali obblighi, che dovevano essere assolti tanto dalle amministrazioni centrali quanto da quelle territoriali, a prescindere dalle loro dimensioni organizzative. Invero, la dottrina (Bonomo, 329) ha evidenziato le difficoltà incontrate dalle pubbliche amministrazioni nell'assolvimento degli obblighi di pubblicazione richiamando la relazione annuale dell'ANAC relativa all'anno 2015, dalla quale emerge che la stragrande maggioranza delle segnalazioni ricevute (più dell'80%) riguardava presunte violazioni di specifici obblighi di pubblicazione. Per quel che concerne gli obblighi di pubblicazione concernenti i provvedimenti amministrativi, l'art. 23 del decreto trasparenza nella sua vigente formulazione prevede unicamente l'obbligo di divulgare le informazioni relative ai provvedimenti finali dei procedimenti di scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi ai sensi del d.lgs. n. 50/2016, nonché quelle inerenti agli accordi stipulati dall'amministrazione con soggetti privati o con altri soggetti pubblici ai sensi degli artt. 11 e 15 della legge generale sul procedimento amministrativo. Nonostante le perplessità manifestate dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sezione consultiva, n.515/2016) in ordine all'eliminazione dell'obbligo di pubblicazione dei provvedimenti di concessione ed autorizzazione, nonché di quelli relativi ai concorsi e alle prove selettive per l'assunzione del personale e le progressioni di carriera ai sensi dell'art. 24 del d.lgs. n. 150/2009, il legislatore ha comunque proceduto alla loro espunzione dall'art. 23 del d.lgs. n. 33/2013, giustificando tale scelta sulla base del fatto che le informazioni contenute in tali provvedimenti non interessano la generalità dei consociati e quindi, ai fini della conoscibilità degli stessi, risulta sufficiente esercitare il diritto di accesso civico generalizzato di cui all'art. 5, comma 2, del decreto trasparenza. Per tutti gli obblighi di pubblicazione previsti dall'art. 23 del decreto trasparenza vale inoltre evidenziare che l'abrogazione del comma 2 solleva le pubbliche amministrazioni dall'obbligo di pubblicazione dei dati unitamente a una scheda sintetica e agli atti contenuti nel fascicolo istruttorio. Il legislatore ha provveduto a operare tale semplificazione in quanto la redazione e pubblicazione della scheda sintetica, sebbene consentisse una comprensibilità più immediata ed efficace del contenuto del provvedimento, costituiva un aggravio rilevante per gli uffici che dovevano curarne la redazione (Bonomo, 330) e, quindi, l'abrogazione del comma che ne imponeva l'obbliga si inserisce a pieno titolo tra le misure di razionalizzazione degli obblighi di trasparenza introdotte con la riforma del 2016. Per quel che concerne gli obblighi di pubblicazione relativi ai provvedimenti attributivi di vantaggi economici a persone fisiche ed enti pubblici e privati la norma di riferimento è l'art. 26 che va inquadrato sistematicamente tenendo in considerazione quanto disposto dall'art. 12 della l. n. 241/1990 (cfr. supra sub art. 3) dal quale è stata espunta la previsione relativa all'obbligo di pubblicazione che, per ragioni di coerenza e razionalizzazione della disciplina, è stata inserita nel decreto trasparenza – il quale, tra l'altro, al comma 1 richiama espressamente la norma inserita nella legge generale sul procedimento amministrativo –. In particolare, coerentemente con quanto in precedenza previsto all'art. 12 della l. n. 241/1990, l'art. 26 del d.lgs. n. 33/2013 sancisce l'obbligo di pubblicazione, sui siti Internet istituzionali delle pubbliche amministrazioni, dei criteri e delle modalità di attribuzione dei benefici economici, nonché degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone, professionisti, imprese ed enti privati. La predeterminazione e pubblicazione dei criteri e delle modalità con le quali le pubbliche amministrazioni regolano l'erogazione dei benefici economici costituiscono garanzie ineludibili di imparzialità dell'azione amministrativa, nonché attuazione dei principi sanciti dagli artt. 3 e97 dellaCostituzione. La giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n.1552/2015), invero, ha chiarito che l'art. 12 della l. n. 241/1990 «riveste carattere di principio generale dell'ordinamento giuridico e, in particolare, della materia che governa tutti i contributi pubblici, la cui attribuzione deve essere almeno governata da norme programmatorie che definiscano un livello minimo delle attività da finanziare». Gli obblighi di pubblicazione sanciti dall'art. 26, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013 svolgono, al contempo, una funzione di informazione e di comunicazione, secondo la classificazione dottrinale sopra riportata, poiché consentono ai privati di partecipare alla procedura ad evidenza pubblica con la quale le pubbliche amministrazioni erogano le attribuzioni nei limiti dello stanziamento e a tutti i consociati di controllare l'azione amministrativa. Tale profilo è stato evidenziato anche dalla giurisprudenza contabile (Corte conti, sezione giurisdizionale Lombardia, n. 145/2011) secondo la quale l'assenza di pubblicità della procedura pubblica integra gli estremi della violazione delle regole di condotta che costituiscono parametri di legittimità dell'azione amministrativa e risulta potenzialmente idonea ad arrecare danno all'amministrazione. Vale inoltre osservare che l'art. 26 del decreto trasparenza è stato oggetto di una apposita delibera dell'ANAC (delibera n.59/2013) con la quale è stato chiarito l'ambito soggettivo e oggettivo di applicazione di tale norma. Con riferimento al primo aspetto, l'ANAC aveva chiarito che per pubbliche amministrazioni occorreva intendere sia quelle menzionate dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, sia tutti gli altri enti di cui all'art. 11 del d.lgs. n. 33/2013, nella versione vigente prima delle modifiche del 2016; ad oggi, invece, trovano applicazione le norme dettate dall'art. 2-bis del decreto trasparenza (cfr. supra sub art. 2-bis). Per quel che concerne, invece, l'ambito oggettivo di applicazione dell'art. 26, l'ANAC ha chiarito che tale norma si riferisce a tutti quei provvedimenti che accordano vantaggi economici a soggetti pubblici e privati, sia di carattere diretto, sia di tipo indiretto – quali sgravi, risparmi o acquisizioni di risorse – di importo superiore a mille euro. Una parte della dottrina (Morando, 354 ss.) ha osservato che le previsioni dettate dall'art. 26 del d.lgs. n. 33/2013 riducono gli obblighi di pubblicazione inerenti all'impiego delle risorse pubbliche rispetto a quanto previsto dal c.d. decreto sviluppo (art. 18 del d.l. n. 83/2012), espressamente abrogato dal decreto trasparenza ai sensi dell'art. 53, comma 1, lett. t). In particolare, l'art. 26 appena richiamato non fa menzione dei provvedimenti di attribuzione di corrispettivi e compensi, per i quali potrebbe sussistere un obbligo generale di pubblicazione solo interpretando estensivamente il riferimento normativo dei «vantaggi economici di qualunque genere» contenuto nel comma 1. Vale tuttavia richiamare l'attenzione sulla esistenza di una tendenza degli enti pubblici, soprattutto di carattere territoriale, a non considerare vantaggi economici le attribuzioni dirette e indirette afferenti ai rapporti di mercato, motivo per il quale gli obblighi di pubblicazione sanciti dall'art. 26 del d.lgs. n. 33/2013 non troverebbe applicazione per i contratti a prestazioni corrispettive conclusi dagli enti destinatari della disciplina della trasparenza. Resta comunque ferma la possibilità di pubblicare, su base facoltativa, gli atti concessori che esulano dall'ambito di applicazione oggettivo dell'art. 26, ancorché ciò non sia sufficiente a garantire una omogeneità informativa sull'intero territorio nazionale, essendo la disclosure di tali informazioni rimessa alla discrezionalità dei singoli enti. In proposito vale, inoltre, richiamare la posizione espressa dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St. V, n.3779/2012) secondo la quale «[I]n ogni operazione di finanziamento a carico della mano pubblica, il beneficio economico è riferibile ad un obbiettivo essenziale perseguito dalla relativa disciplina di settore (sia normativa che amministrativa). Il finanziamento è preordinato al soddisfacimento di un interesse istituzionale che trascende, cioè, pur implicandolo, l'interesse dei destinatari; vale a dire che in ogni operazione di finanziamento non è intellegibile solo un interesse del beneficiario ma anche quello dell'organismo che l'elargisce, il quale a sua volta, altro non è se non il portatore degli interessi, dei fini e degli obbiettivi del superiore livello politico istituzionale». Ricollegandoci alle considerazioni innanzi svolte in ordine al significato della locuzione «vantaggi economici di qualunque genere», la stessa presenta comunque una portata particolarmente ampia, posto che nella stessa è riconducibile qualsiasi utilità suscettibile di valutazione economica quale, ad esempio, la fruizione di beni e servizi a titolo gratuito o a tariffa agevolata, contributi anche non monetari per l'organizzazione di eventi o per lo svolgimento di attività di ricerca, nonché l'erogazione o la messa a disposizione di un bene di proprietà dell'ente pubblico. L'art. 26, comma 3, stabilisce che la pubblicazione dei provvedimenti attributivi di vantaggi economici di importo complessivo superiore a mille euro nel corso dell'anno solare al medesimo beneficiario costituisce condizione legale per la loro efficacia, sicché essa deve essere realizzata tempestivamente e, in ogni caso, prima che le somme erogate siano liquidate. Con riferimento al calcolo del valore indicato dalla norma e alla definizione del contenuto dell'obbligo di pubblicazione dalla stessa sancito, l'ANAC, con la sopra richiamata delibera n. 59/2013, ha chiarito che l'importo del vantaggio economico va calcolato considerando tutte le somme erogate nel periodo di riferimento e che, al superamento della soglia legale, le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare anche tutti gli altri provvedimenti relativi alle attribuzioni disposte in precedenza, in quanto le stesse concorrono alla determinazione dell'importo complessivamente erogato e, per questo, devono essere conosciuti dai consociati in un'ottica di garanzia dell'effettivo esercizio del potere di controllo democratico dell'attività amministrativa. Inoltre, l'art. 26, comma 3, del decreto trasparenza stabilisce che la mancata, incompleta o ritardata pubblicazione può essere rilevata d'ufficio dagli organi di controllo, nonché dal destinatario del provvedimento attributivo del vantaggio economico e da qualunque altro soggetto interessato, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo ai sensi dell'art. 30 del Codice del processo amministrativo. Anche tale norma è stata interessata dalle modifiche introdotte con la novella del 2016 in quanto, in un'ottica di riduzione degli oneri gravanti sulle pubbliche amministrazioni, il legislatore ha eliminato l'obbligo per gli organi dirigenziali di rilevare d'ufficio l'omissione o l'incompletezza della pubblicazione che, durante il periodo di vigenza della precedente formulazione normativa dell'art. 26, comma 3, era sanzionata con la previsione della responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per indebita concessione o attribuzione del beneficio economico. Una parte della dottrina (Morando, 360) ha in proposito evidenziato che, ancorché permanga in capo agli organi di controllo il potere di rilevare d'ufficio la mancata o incompleta pubblicazione, le modifiche apportate nel 2016 al sistema degli incentivi e a quello sanzionatorio previsto dall'art. 26, comma 3, del decreto trasparenza, rendono più difficile, al verificarsi delle predette condotte, configurare in capo ai dirigenti una forma di responsabilità per indebita concessione del beneficio. La scelta operata dal legislatore del 2016, quindi, è stata quella di spostare gli incentivi sui soggetti diversi dall'amministrazione (ossia, i beneficiari dell'attribuzione economica e gli altri soggetti che vi abbiano interesse), i quali hanno interesse a far emergere la violazione degli obblighi di pubblicazione, anche in ragione del fatto che l'efficacia legale dei provvedimenti attributivi di vantaggi economici risulta ex lege condizionata alla loro pubblicazione. Inoltre, il comma 4 dell'art. 26, al fine di tutelare i dati personali dei destinatari dei provvedimenti attributivi di vantaggi economici, ne esclude la pubblicazione quando dagli stessi possano ricavarsi informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico-sociale. Si tratta di una previsione normativa introdotta, sin dal 2013, su espressa indicazione del Garante della privacy che ha sempre chiarito in maniera netta che le finalità sottese alla trasparenza amministrativa non devono perseguirsi in pregiudizio della tutela dei dati personali degli individui e, quindi, la trasparenza dell'amministrazione non deve trasformarsi in trasparenza delle persone (Bonomo, 337). Infine, giova porre in rilievo che le prescrizioni dettate dall'art. 26 del d.lgs. n. 33/2013 vanno lette in combinato disposto con quanto stabilito dal successivo art. 27 in ordine ai dati che devono essere necessariamente pubblicati sulla sezione «Amministrazione trasparente» del sito Internet istituzionale dell'ente pubblico che concede il beneficio economico in formato aperto ed esportabile. Tra tali informazioni, in particolare, vale menzionare quelle relative all'importo del vantaggio erogato, la norma o il titolo dell'attribuzione e la modalità seguita per l'indicazione dei beneficiari. L'art. 27 non è stato inciso dalle modifiche della novella del 2016, pur tuttavia vale evidenziare che a differenza dell'abrogato art. 18 del decreto sviluppo esso non prevede la pubblicazione delle informazioni relative al «contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio», in quanto il legislatore del 2016, per le ragioni già menzionate in precedenza, ha avvertito l'esigenza di semplificare e razionalizzare gli obblighi di pubblicazione gravanti sulle pubbliche amministrazioni. Gli obblighi di pubblicazione relativi all'attività delle rappresentanze territorialiL'art. 28 del decreto trasparenza prevede che le Regioni, le province autonome di Trento e Bolzano e le Province pubblicano i rendiconti dei rispettivi gruppi consiliari, ponendo in specifica evidenza la quantità delle risorse assegnate o trasferite a ciascun gruppo, nonché le informazioni relative al modo nel quale tali risorse sono state impegnate. Il legislatore ha anche previsto, in ossequio a quanto previsto dall'art. 9-bis del d.lgs. n. 33/2013, che gli obblighi di pubblicazione relativi ai rendiconti dei gruppi consiliari possano essere assolti mediante l'inserimento di un collegamento ipertestuale alla banca dati detenuta dalla Corte dei conti. I rendiconti ai quali si riferisce l'art. 28 del decreto trasparenza sono quelli disciplinati dall'art. 1, comma 10, del d.l. n. 174/2012, convertito in l. n. 213/2012, nonché dalle disposizioni di attuazione contenute nel d.P.C.M. del 21 dicembre 2012 che, a sua volta, ha recepito le indicazioni contenute nelle «Linee guida sul rendiconto di esercizio annuale approvato dai gruppi consiliari dei consigli regionali» approvate dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2012. La ratio di tale previsione normativa risiede nel consentire ai consociati un controllo in ordine alla quantità e all'impiego delle risorse economiche assegnate ai distinti gruppi politici, data l'accresciuta importanza assunta dagli stessi all'interno delle assemblee territoriali e che ha condotto il legislatore a prevedere un meccanismo di finanziamento pubblico della loro attività istituzionale. Invero, al fine di rendere cogente l'obbligo di pubblicazione di tali rendiconti, il legislatore, al secondo comma dell'art. 28, ha previsto una specifica sanzione per il caso di mancato assolvimento del dovere di pubblicazione, consistente nella riduzione del 50% delle risorse da trasferire o da assegnare nel corso dell'anno ai gruppi consiliari risultati inadempienti. Per quel che concerne l'oggetto degli obblighi di pubblicazioni sanciti dalla norma in esame, esso risulta costituito dai rendiconti di esercizio annuale, che costituiscono documenti contenenti il dettaglio analitico di tutte le spese sostenute dai gruppi consiliari durante il corso dell'anno di esercizio per il quale viene redatto il documento contabile. Come posto in rilievo dalla dottrina (Falcone, 373), la corretta e veridica redazione di tali documenti contabili costituiscono precondizioni imprescindibili per raggiungere gli obiettivi sottesi alla disciplina della trasparenza sub specie dell'assolvimento degli obblighi di pubblicazione (Brancasi, 69 ss.); infatti, l'adempimento di tali obblighi costituisce unicamente lo strumento per porre i consociati nelle condizioni di venire a conoscenza dell'informazione amministrativa, ma non garantisce, di per sé, che la stessa sia effettivamente rispondente al vero. Per questo, le previsioni normative contenute nell'art. 28del d.lgs. n.33/2013 devono essere necessariamente coniugate con le disposizioni di attuazione della disciplina settoriale sui rendiconti di gestione dei gruppi consiliari, contenute nelle linee guida approvate con il d.P.C.M. del 21 dicembre 2012. In particolare, ai sensi dell'art. 1, comma 2, delle predette linee guida, l'indicazione delle spese sostenute dalle rappresentanze politiche territoriali non solo deve essere tale da fornire una esatta e precisa rappresentazione delle spese effettivamente sostenute nel corso dell'anno di esercizio cui il rendiconto si riferisce, ma deve anche essere improntata a criteri di correttezza e coerenza, in quanto vi è la necessità di verificare che le risorse pubbliche siano state effettivamente impiegate per raggiungere gli obiettivi fissati dalla legge. Con riguardo all'ambito soggettivo di applicazione dell'art. 28 del decreto trasparenza vale evidenziare che la norma non fa alcuna menzione degli enti locali diversi dalle Province. Pertanto, i gruppi consiliari degli altri enti locali, compresi quelli dei Comuni, non sono assoggettati all'obbligo di pubblicazione dei rendiconti, in ragione della esigua quantità di risorse pubbliche da loro utilizzate, nonché per evitare di assoggettarne l'attività a gravosi costi connessi alla compliance della disciplina della trasparenza. La scelta del legislatore è stata criticata da una parte della dottrina (Falcone, 377), in quanto non appare del tutto coerente aver attribuito ai consociati strumenti di pervasivo controllo democratico, a prescindere dalla presentazione di un'apposita istanza di accesso civico, con riferimento all'attività di organi politici non eletti direttamente (quali i gruppi consiliari provinciali) e non averlo fatto con riguardo ai gruppi consiliari comunali, i cui membri sono invece direttamente scelti dal corpo elettorale. Vale, infine, porre in rilievo che l'art. 28 del d.lgs. n. 33/2013 include nell'oggetto degli obblighi di pubblicazione non solo i rendiconti dei gruppi consiliari, ma anche gli atti e le relazioni degli organi di controllo. Con specifico riferimento alle deliberazioni di controllo della Corte dei conti, l'art. 1, comma 10, del d.l. n. 174/2012, richiamato espressamente dall'art. 28 del decreto trasparenza, contiene sia la disciplina specifica sul procedimento di controllo che la magistratura contabile è chiamata a svolgere sui rendiconti consiliari, sia le previsioni inerenti all'apparato sanzionatorio; tali previsioni normative sono state vagliate dalla Corte costituzionale in sede di giudizio incidentale di costituzionalità. Più in particolare, la Corte costituzionale ha reso alcune pronunce (Corte cost., nn. 39, 40 e130/2014;Corte cost. n.107/2015) con le quali ha modificato parzialmente le procedure di controllo disciplinate dall'art. 1, commi da 9 a 12, del d.l. n. 174/2012, ritenendo che le previsioni normative originariamente dettate fossero lesive dell'autonomia regionale nella parte in cui affidavano al Presidente dell'organo esecutivo regionale (la Giunta) la funzione di coordinare l'attività svolta dall'assemblea elettiva (il Consiglio) con il controllo operato dalla Corte dei conti. Pertanto, in seguito agli interventi della Corte costituzionale, la disciplina dettata dall'art. 1, comma 10, del d.l. n. 174/2012 prevede che il gruppo consiliare trasmetta il rendiconto di esercizio annuale al Presidente del Consiglio regionale e che questi, a sua volta, lo trasmetta alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, al quale è demandata la successiva attività di controllo, certificazione e approvazione del rendiconto corretto da eventuali irregolarità. La Corte costituzionale si è pronunciata anche sulla legittimità costituzionale delle norme inerenti all'apparato sanzionatorio previsto per i casi di mancata trasmissione del rendiconto e omessa regolarizzazione dello stesso (art. 1, commi 11 e 12 del d.l. n. 174/2012). In proposito, la Corte costituzionale (Corte cost. n.39/2014) ha ritenuto costituzionalmente legittime unicamente le previsioni che impongono la restituzione delle somme detenute dal gruppo consiliare ma non rendicontate, mentre ha dichiarato incostituzionale la sanzione della totale decadenza del diritto all'attribuzione di risorse pubbliche destinate a finanziare l'attività consiliare per l'anno successivo a quello nel quale si è verificato uno dei due inadempimenti appena richiamati. La dottrina (Falcone, 381; Verde, Salvago, 2 ss.; Scalia, 2 ss.), alla luce del quadro normativo che si è delineato in seguito alle pronunce della Corte costituzionale, ha affermato che l'art. 1 del d.l. n. 174/2012 configura una nuova tipologia di controlli sull'impiego delle risorse pubbliche da parte dei gruppi consiliari regionali (ritenuta applicabile anche a quelli dei gruppi consiliari provinciali), che assume carattere ibrido, ponendosi a metà strada tra i controlli di tipo collaborativo e quelli di natura documentale. In tal senso si sono pronunciate anche la giurisprudenza costituzionale (Corte cost. n.39/2014;Corte cost. n.107/2015) e quella contabile (Corte conti, sez. riun. in sede giurisdizionale, n. 30/2014). In ogni caso, l'aspetto più rilevante delle pronunce della Corte costituzionale sin qui richiamate risiede nell'aver dichiarato illegittima la sanzione della completa decurtazione delle risorse in caso di mancata pubblicazione dei rendiconti, attività nella quale i gruppi consiliari non sono direttamente coinvolti, in quanto essa viene effettuata a cura della segreteria amministrativa della Presidenza del Consiglio regionale o provinciale, a seconda dei casi. Appare, dunque, altamente opinabile la scelta operata dal legislatore all'art. 28, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, posto che la sanzione del dimezzamento delle risorse in caso di mancata pubblicazione del rendiconto appare non proporzionata, anche in ragione del fatto che l'adempimento richiesto non viene effettuato a cura del soggetto al quale la sanzione viene irrogata (Falcone, 383). Inoltre, tale sanzione, se è vero che mira a garantire la piena affermazione del principio di pubblicità in vista del raggiungimento delle finalità della trasparenza, non tiene tuttavia conto del fatto che i consociati (e quindi anche gli elettori delle assemblee democratiche territoriali) possono esercitare il diritto di accesso civico generalizzato e accedere a tutta la documentazione contabile relativa all'attività dei gruppi consiliari, della cui veridicità, anche a prescindere dalla pubblicazione degli stessi sulla banca dati della Corte dei conti e/o sul sito istituzionale dell'ente, non può dubitarsi, in quanto trattasi di dati soggetti al controllo della magistratura contabile nei termini previsti dai commi da 9 a 12, dell'art. 1 del d.l. n. 174/2012. 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