Decreto legislativo - 14/03/2013 - n. 33 art. 36 - Pubblicazione delle informazioni necessarie per l'effettuazione di pagamenti informaticiPubblicazione delle informazioni necessarie per l'effettuazione di pagamenti informatici
1. Le pubbliche amministrazioni pubblicano e specificano nelle richieste di pagamento i dati e le informazioni di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. InquadramentoIl capo IV del d.lgs. n. 33/2013 detta la disciplina degli obblighi di pubblicazione inerenti alle prestazioni offerte e i servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni. Tale capo, in seguito alla novella del 2016, si compone di quattro disposizioni normative (in quanto l'art. 34, inerente alla trasparenza degli oneri informativi, è stato abrogato) che prevedono un regime di pubblicità obbligatoria per le informazioni relative ai servizi erogati (art. 32), ai tempi di pagamento dell'amministrazione (art. 33), ai procedimenti amministrativi e ai controlli sulle dichiarazioni sostitutive (art. 35), nonché alle informazioni necessarie per l'effettuazione dei pagamenti informatici (art. 36). Gli obblighi di pubblicazione previsti nel capo IV hanno ad oggetto le informazioni inerenti alle prestazioni e ai servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni, anche con riferimento a quelle relative alle forme e modalità di esercizio del potere amministrativo, che i consociati hanno interesse a conoscere in qualità di utenti. Invero, la disclosure di tali informazioni è funzionale a favorire l'accesso ai servizi pubblici e a promuovere la conoscenza e l'attivazione dei procedimenti all'uopo previsti dal legislatore. A tal fine, le informazioni che devono necessariamente essere rese note ai consociati riguardano le pubbliche amministrazioni competenti, l'unità organizzativa responsabile dell'istruttoria, le modalità di attivazione (ad esempio, se è stata predisposta una modulistica per l'avvio del procedimento ad istanza di parte), la tempistica, le modalità di conclusione, l'attivazione di servizi online, ecc. Completano il quadro degli obblighi di pubblicazione inerenti ai servizi pubblici, quelle relative al tempo medio impiegato dalle pubbliche amministrazioni per eseguire i pagamenti degli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture realizzati nel corso dell'anno, nonché i dati inerenti ai pagamenti informatici, la cui divulgazione si rende necessaria per consentire ai cittadini di eseguire i pagamenti dovuti nei confronti dell'Amministrazione. Lo specifico riferimento alle carte dei servizi, agli standard di qualità, ai costi contabilizzati e all'andamento nel tempo delle prestazioni rese all'utenza, sono chiari indici del fatto che il legislatore ha configurato gli obblighi di pubblicazione previsti dal capo IV quali strumenti di controllo della qualità dei servizi pubblici – a prescindere dal modulo gestorio adottato, come si evince dall'art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013, che menziona espressamente tanto le pubbliche amministrazioni, quanto i gestori di pubblici servizi –. Da ciò discende l'esistenza di una stretta connessione con gli obblighi di pubblicazione previsti dal capo III, in quanto sia gli uni che gli altri sono espressione della logica di risultato che caratterizza la moderna amministrazione. Obblighi di pubblicazione e trasparenza di servizio nell'ottica dell'amministrazione di risultatoGli obblighi di pubblicazione previsti dal capo IV del decreto trasparenza devono essere analizzati prendendo in considerazione il paradigma dell'amministrazione di risultato già analizzato in precedenza (supra sub artt. 29, 30 e 31), con riguardo al quale risulta centrale l'aspetto della rilevanza economica delle prestazioni amministrative oggetto, appunto, di vere e proprie pretese che i cittadini vantano al di fuori di rapporti sinallagmatici in senso tecnico (Patroni Griffi, 2). L'attuale modello di amministrazione pubblica non si caratterizza più unicamente per l'esercizio unilaterale di poteri autoritativi (puissance publique), ma è sempre più pervaso dalla logica del servizio da rendere ai cittadini per soddisfare le istanze della collettività amministrata. Tale mutamento è frutto della parabola evolutiva che ha interessato il ruolo dello Stato nel mercato e nella economia, che ha determinato il passaggio dallo Stato gestore allo Stato regolatore. Mentre in passato lo Stato interveniva massicciamente, in via diretta, nella erogazione di numerosi servizi, anche di natura economica, per sopperire ai c.d. fallimenti di mercato (Bator, 351) – ad esempio, per garantire l'erogazione del servizio in aree dove non sarebbe stato profittevole per l'operatore privato ovvero per consentirne, in toto, l'erogazione ove la necessità di effettuare ingenti e rischiosi investimenti, come nel caso della previa costruzione di una infrastruttura che comporta elevati sunk cost, avrebbe fortemente disincentivato l'iniziativa privata – successivamente il ruolo dello Stato muta e, in forza dei processi di privatizzazione e di liberalizzazione, si sposta principalmente verso la regolazione del servizio, funzionale a garantire che l'erogazione nei confronti della collettività, operata anche da soggetti privati in concorrenza tra loro, avvenga nel rispetto di determinati standard qualitativi e quantitativi. Il mutamento del ruolo dello Stato, che si deve anche alla rilettura dell'articolo 43 della Costituzione, ha comportato il passaggio dalla concezione soggettiva di servizio pubblico – in base alla quale si consideravano servizi pubblici le attività tese a soddisfare un bisogno di interesse generale della collettività che fossero assunte da un soggetto formalmente pubblico e sottoposte a un regime giuridico speciale, dando così luogo a una concezione residuale, per certi versi affine a quella contenuta nel Codice penale con riguardo ai reati propri contro la Pubblica Amministrazione, che ricomprendeva la maggior parte delle attività svolte dallo Stato che non avessero natura di pubblica funzione (Clarich, 366) – alla concezione oggettiva. Con riferimento alla concezione oggettiva di servizio pubblico, la giurisprudenza amministrativa (Cons. St. VI, n.4870/2012) ha affermato che «per identificare giuridicamente un servizio pubblico, non è indispensabile, a livello soggettivo, la natura pubblica del gestore, mentre è necessaria la vigenza di una previsione legislativa che, alternativamente, ne preveda l'istituzione e la relativa disciplina, oppure che ne rimetta l'istituzione e l'organizzazione all'amministrazione. Oltre alla natura pubblica delle regole che presiedono allo svolgimento delle attività di servizio pubblico e alla doverosità del loro svolgimento, è ancora necessario, nella prospettiva di un'accezione oggettiva della nozione, che tali attività presentino carattere economico e produttivo (e solo eventualmente costituiscano anche esercizio di funzioni amministrative), e che le utilità da esse derivanti siano dirette a vantaggio di una collettività, più o meno ampia, di utenti (in caso di servizi divisibili) o comunque di terzi beneficiari (in caso di servizi indivisibili)» (sul punto si vedano anche T.A.R. Lazio, RomaII-quater, n. 9264/2014; T.A.R.Lombardia, Milano III, n.5633/2005). Quindi, in base alla concezione oggettiva la pubblicità del servizio risiede nella sua imputabilità, in termini di titolarità, in capo alla Pubblica Amministrazione, senza necessità che esso sia anche gestito direttamente e in via esclusiva dai pubblici poteri; va in proposito ricordato che, in passato, si riteneva che il ricorso all'affidamento del servizio a soggetti privati mediante il modulo concessorio avesse una valenza puramente organizzativa. La mutata concezione di servizio pubblico, inoltre, assume particolare rilievo ove si consideri che la stessa risulta coerente con il principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall'art. 118, ultimo comma, della Costituzione, in forza del quale è riconosciuto un favor per il coinvolgimento dei privati nello svolgimento di attività di interesse generale. Ciò, tra l'altro, ha consentito di superare i limiti della dimensione puramente soggettiva che non si era mostrata in grado di soddisfare pienamente l'esigenza di coordinamento dell'organizzazione del servizio con la soddisfazione continuativa dei bisogni della collettività di utenti destinataria delle prestazioni. Dalle precedenti considerazioni può inferirsi che, sulla scorta della concezione oggettiva di servizio pubblico, il soddisfacimento dell'interesse pubblico può essere comunque adeguatamente assicurato dalla gestione del servizio da parte degli operatori privati. Ciò implica che viene meno la indefettibile caratteristica pubblicistica, propria della concezione soggettiva, della erogazione diretta delle prestazioni da parte dell'amministrazione, la quale è sufficiente che conservi poteri di regolazione delle attività private svolte ed esercitate in concorrenza tra loro. È in ragione di questo mutamento di paradigma che l'intervento dello Stato e degli enti territoriali in materia di servizi pubblici si è in gran parte spostato dalla gestione diretta allo svolgimento di funzioni di regolazione delle attività svolte dai soggetti privati, soprattutto in seguito ai processi di liberalizzazione dei settori economici in passato caratterizzati da forme di mercato di tipo monopolistico (si pensi, ad esempio, ai mercati caratterizzati dalla presenza di una infrastruttura di rete, quali quello del trasporto ferroviario, quelli delle utilities e quello delle telecomunicazioni). In disparte il tema delle modalità di affidamento del servizio agli operatori privati in caso di esternalizzazione da parte dell'ente pubblico e della scelta delle modalità di gestione diretta – che afferisce all'area della tutela della concorrenza per il mercato e che assume particolare rilievo ove a venire in rilievo siano i servizi a rilevanza economica, per il fatto che l'art. 14 del TFUE riconosce agli stessi un'importanza fondamentale per i valori comuni dell'Unione europea, nonché un ruolo di promozione della coesione sociale e territoriale, e nell'ambito dei quali la Corte costituzionale (Corte cost., n.325/2010) fa rientrare anche i servizi pubblici locali di rilevanza economica – va evidenziato che, per lo svolgimento della funzione di regolazione, che interviene ex ante rispetto alla erogazione del servizio, i pubblici poteri si avvalgono di una molteplicità di strumenti quali, ad esempio, la previsione di obblighi di servizio pubblico, la stipula di contratti di servizio, l'approvazione di tariffe, l'adozione di carte di servizio, ecc. Tra questi strumenti assume particolare rilievo quello della carta dei servizi nella quale, in conformità con i livelli quantitativi e qualitativi di erogazione del servizio stabiliti in termini generali dalle Autorità di regolazione di settore, i gestori del servizio pubblico devono stabilire gli specifici livelli che intendono raggiungere nella erogazione delle prestazioni all'utenza, prevedendo altresì sistemi di indennizzo in favore di consumatori e utenti per i casi di inadempimento degli obblighi assunti. Al riguardo, nella prospettiva dell'amministrazione di risultato, mentre sul versante interno all'amministrazione sono stati introdotti sistemi di valutazione, di carattere quantitativo e qualitativo, dell'azione amministrativa, dei servizi resi alla collettività e dei risultati raggiunti, con riguardo ai rapporti delle pubbliche amministrazioni verso l'esterno, ossia nei confronti dei cittadini-utenti, occorre richiamare l'introduzione di una specifica azione di condanna (ossia, la class action disciplinata dal d.lgs. n. 198/2009) che costituisce uno strumento di tutela che consente la giustiziabilità degli standard delle prestazioni pubbliche, completando, congiuntamente ai meccanismi di misurazione e valutazione della performance e dei risultati, il sistema di responsabilizzazione (accountability) delle pubbliche amministrazioni nei confronti della collettività destinataria dei servizi erogati per il soddisfacimento di esigenze di rilievo pubblicistico. A livello sistematico, quindi, la previsione di obblighi di pubblicazione concernenti le informazioni relative alle prestazioni offerte e ai servizi erogati alla collettività va a completare un quadro ordinamentale già caratterizzato da numerosi strumenti di propulsione, controllo e tutela dell'efficienza dell'azione amministrativa. Si tratta, invero di uno step ulteriore rispetto all'introduzione della class action disciplinata dal d.lgs. n. 198/2009 che, già di per sé, ha segnato un momento cruciale nella evoluzione della Pubblica Amministrazione secondo le logiche dell'efficienza e del risultato. Infatti, come è stato ben evidenziato dalla dottrina (Patroni Griffi, 4 ss.; Interlandi, 5), con l'introduzione di tale azione assume rilevanza giuridica l'interesse al corretto funzionamento dell'amministrazione, essendo essa volta a tutelare la pretesa a che le pubbliche amministrazioni eroghino determinate prestazioni, conformi ad uno specifico standard quali/quantitativo. Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sezione consultiva, n. 1943/2009), l'aver previsto, da parte del legislatore nazionale, un'azione di classe volta a ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio – azionabile, tra l'altro, nel caso in cui siano stati gli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero gli standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e quelli definiti dalle stesse pubbliche amministrazioni in conformità alle disposizioni in materia di performance di cui al d.lgs. n. 150/2009 – ha conferito rilevanza giuridica all'assetto organizzativo e al processo decisionale che precedono e sorreggono l'erogazione dei servizi pubblici secondo determinati standard. Se già tale risultato normativo aveva costituito un momento di rottura rispetto alla tradizionale autoreferenzialità delle pubbliche amministrazioni (Bartolini, 953), la previsione di obblighi di pubblicazione concernenti le informazioni relative alle prestazioni e ai servizi pubblici, rende ancora più marcata la frattura rispetto ai canoni classici dell'agire amministrativo, accelerando il processo di transizione verso un modello di amministrazione incentrato sull'efficienza e il raggiungimento dei risultati, nell'ottica del miglior soddisfacimento possibile dei bisogni della collettività. Giova, inoltre, osservare che l'ampliamento dell'ambito soggettivo della disciplina sulla trasparenza amministrativa sancito dalle previsioni dell'art. 2-bis del d.lgs. n. 33/2013 – che, come visto, risponde alle esigenze di massima apertura delle pubbliche amministrazioni nei confronti del corpo sociale – si attaglia anche alle peculiarità che caratterizzano l'erogazione dei servizi pubblici, la cui gestione è attualmente affidata in misura preponderante agli operatori privati. Risulta, dunque, coerente con l'intera disciplina della trasparenza e con le finalità normative ad essa sottese, il richiamo operato dall'art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013 ai gestori di pubblici servizi, posto che anche i soggetti privati, ferme restando le prescrizioni di cui al richiamato art. 2-bis, rientrano nell'ambito di applicazione soggettivo della disciplina sulla trasparenza e, pertanto, restano assoggettati al rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dal capo IV del d.lgs. n. 33/2013. Proprio in relazione agli obblighi di pubblicazione concernenti le prestazioni offerte e i servizi erogati si coglie pienamente l'aspetto relazionato con il valore economico della trasparenza. A riguardo, la Circolare n. 1/2014 del Dipartimento della funzione pubblica chiarisce che «La trasparenza può costituire per molte realtà aziendali motivo di eccellenza e di competitività. Un accesso completo alle informazioni più rilevanti che investono gli aspetti organizzativi e gestionali di una società, o più in generale di un soggetto operante sul libero mercato o in mercati ad accesso limitato, consente di disporre di informazioni aggiornate e complete sullo stato di salute del singolo operatore economico nell'ambito di un determinato settore o area di attività. La trasparenza, intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività dei soggetti, pubblici e privati, operanti sul mercato, consente a chiunque sia portatore di un interesse rilevante, di tipo anche economico, una migliore valutazione degli investimenti e degli indici di rischio che una determinata operazione economica può avere in un dato momento storico o mercato di riferimento». Ponendosi nel solco dell'impostazione sin qui delineata, una parte della dottrina (Arena, 61; Carloni, Gatticchi, 388) ha evidenziato che le previsioni normative del capo IV sono asservite al perseguimento di una ulteriore finalità sottesa alla disciplina della trasparenza amministrativa, vale a dire la trasparenza di servizio. Con tale espressione si vuole intendere che la divulgazione delle informazioni oggetto degli obblighi di pubblicazione previsti dal capo IV costituisce essa stessa un servizio reso ai consociati e, inoltre, che la disclosure di tali dati costituisce, per una Pubblica Amministrazione moderna, parte integrante dei servizi erogati alla collettività. Invero, ove i cittadini non fossero messi nella condizione di conoscere i servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni, le modalità di erogazione e di svolgimento dei relativi procedimenti, nonché le informazioni relative ai pagamenti, non sarebbero in grado di fruire delle prestazioni pubbliche, con ricadute negative sulla performance dei gestori del servizio e la qualità delle prestazioni. Il contenuto degli obblighi di pubblicazione previsti dal capo IV del decreto trasparenzaAlla luce dell'inquadramento degli obblighi di pubblicazione contenuti nel capo IV appena delineato, occorre esaminare quali siano, in concreto, le informazioni che le pubbliche amministrazioni sono tenute a far conoscere al corpo sociale. L'art. 32 del decreto trasparenza, al primo comma, prevede che «le pubbliche amministrazioni e i gestori di pubblici servizi pubblicano la carta dei servizi o il documento contenente gli standard di qualità dei servizi pubblici». Tale norma si ricollega all'art. 2, comma 461, lett. a), della l. n. 244/2007 che impone agli enti locali di emanare una carta della qualità dei servizi, da redigere e pubblicizzare conformemente ad intese con le associazioni rappresentative dei consumatori e delle imprese, contenente standard di qualità relativi alle prestazioni erogate, così come determinate nel contratto di servizio. Rispetto a tale iniziale previsione normativa, gli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. n. 33/2013 con riguardo all'area della c.d. trasparenza di servizio, presentano non solo un campo di applicazione soggettivo più esteso – posto che l'art. 32 non si dirige solo nei confronti degli enti locali, discorrendo di pubbliche amministrazioni in generale – ma anche un più ampio perimetro oggettivo in relazione alle informazioni per le quali deve essere garantita la conoscibilità ai consumatori ed utenti dei servizi. Tale norma va letta in combinato disposto con l'art. 1 del d.lgs. n. 198/2009, nella parte in cui richiama gli obblighi contenuti nelle carte dei servizi. Infatti, l'individuazione degli standard delle prestazioni pubbliche, oggetto degli obblighi di disclosure in esame, deve essere effettuata prendendo in considerazione il fatto che gli obblighi contenuti nelle carte dei servizi, tra i quali figurano quelli relativi ai livelli quantitativi e qualitativi di erogazione del servizio, sono stabiliti, per i concessionari, dalle Autorità di regolazione del settore e per le pubbliche amministrazioni da esse stesse «in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel d.lgs. n. 150/2009, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal d.lgs. n. 150/2009». L'art. 32 del decreto trasparenza, inoltre, va letto anche in combinato disposto con l'art. 10, comma 5, del medesimo decreto, che chiarisce meglio, ai fini del coordinamento con il Piano triennale per la prevenzione della corruzione e nell'ottica della riduzione del costo dei servizi, quali informazioni sono assoggettate ex lege a un regime di pubblicità obbligatoria. Con riferimento ai dati relativi ai costi contabilizzati del servizio di cui all'art. 32, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013, la dottrina (Carloni, Gatticchi, 394-395) ha evidenziato che tale norma riproduce le previsioni dell'art. 11, comma 4, del d.lgs. n. 150/2009 – abrogato dall'art. 53, comma 1, lett. i), del decreto trasparenza – e con essa il legislatore ha inteso riferire «i costi alla voce elementare individuata a livello contabile (e quindi al servizio come unità organizzativa elementare nell'organigramma funzionale), che non necessariamente coincide con il singolo servizio in senso prestazionale». Secondo tale interpretazione dottrinale, il legislatore, nei commi 1 e 2 dell'art. 32, avrebbe fatto riferimento a servizi di carattere diverso in quanto, da un lato, i servizi menzionati al primo comma sarebbero servizi pubblici in senso proprio, stante anche l'esplicito riferimento alle carte dei servizi e, dall'altro, i servizi ai quali si riferisce il secondo comma riguarderebbero una dimensione organizzativa standardizzata più ampia del singolo servizio erogato. Una lettura alternativa dell'art. 32 del decreto trasparenza, che potrebbe sostenersi alla luce della mancata previsione di un riferimento ai costi effettivamente sostenuti e a quelli imputati al personale per ogni servizio erogato, condurrebbe a considerare in maniera unitaria la nozione di servizio pubblico all'interno di tale contesto normativo. In quest'ottica, la previsione di un minor onere informativo a carico dei gestori dei servizi pubblici verrebbe a giustificarsi alla luce dell'esigenza di razionalizzazione e semplificazione che ha caratterizzato la novella del 2016, in funzione di una complessiva riduzione dei costi connessi alla compliance in materia di trasparenza amministrativa. Per quel che concerne, invece, le informazioni relative ai all'andamento nel tempo del servizio, anch'essi oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi dell'art. 32, comma 2, lett. a), del d.lgs. n. 33/2013, giova sottolineare che la norma non fa altro che razionalizzare obblighi esistenti prima dell'entrata in vigore del decreto trasparenza, come si evince dall'art. 53, comma 1, lett. h), di tale decreto che dispone l'abrogazione della norma (si trattava dell'art. 23, comma 5, lett. b), della l. n. 69/2009) che prevedeva tale previsione normativa. L'ANAC, con la delibera n. 803/2020, al fine di coordinare la disciplina di cui al d.lgs. n. 33/2013, con gli obblighi di trasparenza del servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati previsti nella delibera n. 444/2019 dell'Autorità per la regolazione Energia Reti e Ambiente (ARERA), ha chiarito che «i gestori del servizio, ivi compresi i comuni che lo gestiscono in economia, sono tenuti a pubblicare in apposita sezione del proprio sito istituzionale, alcune informazioni minime, allo scopo di armonizzare le garanzie a tutela degli utenti sul territorio nazionale, indipendentemente dalla scelta organizzativa per la gestione del servizio e dalla tipologia delle tariffe applicate, e rafforzare la trasparenza, in coerenza con gli obiettivi di carattere ambientale previsti dalla disciplina europea». Pertanto, tali operatori possono assolvere gli obblighi di cui all'art. 32 del decreto trasparenza mediante l'inserimento di un collegamento ipertestuale alla sezione del sito Internet istituzionale dedicata al servizio di gestione dei rifiuti urbani, all'interno della sotto-sezione «Servizi erogati» della sezione «Amministrazione/Società trasparente». L'art. 33 del decreto trasparenza disciplina gli obblighi di pubblicazione concernenti i tempi dei pagamenti. Anche tale previsione normativa è frutto di un'opera di razionalizzazione degli obblighi di pubblicazione, in quanto essa richiama il disposto dell'art. 23 della legge n. 69/2009. In particolare, tale norma prevede che le pubbliche amministrazioni, con cadenza annuale, pubblichino il c.d. «indicatore annuale di tempestività dei pagamenti», consistente in un indicatore dei tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture, nonché il numero complessivo dei debiti e il numero delle imprese creditrici. Accanto a tale indicatore, a partire dal 2015, è stato previsto l'obbligo di pubblicarne uno analogo con cadenza trimestrale, al fine di rendere più attuale, nel corso dell'anno di riferimento, il dato sui tempi di pagamenti. La ratio della norma è quella di consentire ai consociati di conoscere la tempistica dei pagamenti e l'esposizione debitoria dei soggetti che erogano servizi alla collettività, esigenza questa che ha assunto una valenza sempre più centrale ai fini del controllo democratico dell'operato delle pubbliche amministrazioni, in ragione della perdurante fase di crisi economico-finanziaria che ha investito l'Italia e gli altri Paesi europei. Infatti, la scarsa celerità nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni determina pesanti ricadute economiche sull'intero tessuto sociale, andando ad impattare negativamente sull'attività economica degli operatori – in primis, i fornitori – che erogano, in tutto o in parte, le proprie prestazioni commerciali ed economiche in favore dei soggetti pubblici. L'art. 35 del decreto trasparenza assoggetta a pubblicazione obbligatoria numerose informazioni inerenti ai procedimenti di competenza delle singole pubbliche amministrazioni e ai servizi online ad essi connessi. In primo luogo, vale porre in evidenza che tale disposizione normativa riprende ed amplia le previsioni contenute nell'art. 54 del Codice dell'amministrazione digitale, in quanto impone alle pubbliche amministrazioni di rendere disponibili online le informazioni inerenti ai procedimenti di propria competenza, tra le quali figurano, a titolo meramente esemplificativo, quelle relative alla descrizione del procedimento, ai riferimenti normativi, all'ufficio responsabile con i dati di contatto, ai fac-simile per la presentazione delle istanze, ai termini, agli strumenti di tutela, nonché ai procedimenti per i quali si ammette, in luogo dell'adozione di un provvedimento espresso, la conclusione mediante dichiarazione dell'interessato o silenzio-assenso dell'amministrazione. In particolare, la previsione di cui all'art. 35, comma 1, lett. d), nella parte relativa alla modulistica necessaria per l'avvio dei procedimenti ad istanza di parte, va letta in combinato disposto con quella contenuta nel successivo comma 2, ove viene stabilito che le pubbliche amministrazioni non possono richiedere, per l'avvio del procedimento, l'uso di moduli e formulari che non siano stati pubblicati. Una parte della dottrina (Carloni, Gatticchi, 401) non ha mancato di evidenziare che il richiamo alle dichiarazioni sostitutive e al meccanismo del silenzio-assenso esalta le funzioni sottese alle regole di trasparenza e, in particolare, agli obblighi di pubblicazione, in quanto consente ai consociati di conoscere gli strumenti di semplificazione della decisione amministrativa, svolgendo al contempo una funzione, per così dire, di tipizzazione delle ipotesi nelle quali essi trovano applicazione – il che sul versante del meccanismo del silenzio-assenso assume un valore particolarmente pregnante, in quanto consente di superare la gran parte delle incertezze applicative che hanno interessato il ricorso a tale istituto – con benefici in termini di certezza del diritto e di stabilità dei rapporti giuridici amministrativi. In secondo luogo, l'art. 35, comma 1, lett. i), del decreto trasparenza impone l'obbligo di pubblicare «il link di accesso al servizio on line, ove sia già disponibile in rete, o i tempi previsti per la sua attivazione». Il riferimento al servizio online va interpretato nel senso che le pubbliche amministrazioni, in un'ottica di miglioramento della relazione con i cittadini, sono tenute a rendere disponibili online le informazioni relative alle prestazioni erogate che, in maniera preponderante, si riferiscono ai procedimenti. Infine, l'art. 35, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013 stabilisce che le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare, all'interno del sito Internet istituzionale, i recapiti telefonici e di posta elettronica dell'ufficio responsabile per le attività inerenti alla trasmissione e all'accesso dei dati secondo quanto previsto dal d.P.R. n. 445/2000. Tale norma è finalizzata a rendere trasparenti, nei confronti della collettività, i processi di acquisizione e gestione delle certezze pubbliche che intercorrono tra pubbliche amministrazioni, gestori di pubblici servizi e soggetti interessati. Infatti, essa, nel richiamare espressamente l'art. 43, che disciplina il meccanismo dell'accertamento d'ufficio (Cammarota, 3527 ss.), e gli artt. 71 e 72 (in materia di controlli sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive) del d.P.R. n. 445/2000, mira a rafforzare la conoscibilità di utilità conoscitive (quali dati, stati, fatti, qualità) certificate da altre pubbliche amministrazioni o dai privati (si pensi, ad esempio, alle c.d. autocertificazioni), rispetto alle quali risulta indispensabile assicurare la veridicità del contenuto, quale elemento indefettibile per lo sviluppo e la sicurezza del traffico giuridico ed economico. L'art. 36 del decreto trasparenza, norma di chiusura del capo IV, stabilisce che le pubbliche amministrazioni pubblicano nei loro siti Internet e altresì specificano nelle richieste di pagamento indirizzate agli utenti, le informazioni necessarie per eseguire i pagamenti in loro favore. Si tratta, in particolare, delle informazioni previste dall'art. 5 del Codice dell'amministrazione digitale – che al primo comma fa riferimento ai sistemi di pagamento elettronico, ivi inclusi, per i micro-pagamenti, quelli basati sull'uso del credito telefonico – ossia i codici IBAN identificativi del conto di pagamento ovvero gli identificativi del conto corrente postale, a seconda della modalità di pagamento scelta dall'utenza. In proposito occorre ricordare che, in attuazione delle disposizioni normative previste dall'art. 5 del d.lgs. n. 82/2005 è stato realizzato il sistema Pago PA, consistente in una piattaforma per i pagamenti, rispetto al quale, ancorché sia stato previsto un generalizzato obbligo di utilizzo esclusivo di tale piattaforma, le Linee Guida per l'effettuazione dei pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi adottate dall'AgID hanno previsto la possibilità di affiancare ad esso, fino alla loro definitiva integrazione nel sistema PagoPA, altre modalità di pagamento quali la Delega unica F24, il Sepa Direct Debit e gli altri servizi di pagamento ancora non erogati tramite la piattaforma PagoPA e che non risultino sostituibili con quelli ivi già previsti. Ciò, tra l'altro, è stato ribadito anche dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con la segnalazione AS1706 - Comune di Faenza (RA) - Disciplina delle modalità di pagamento alle amministrazioni pubbliche, del 3 novembre 2020. Pertanto, anche le informazioni relative a tali ulteriori modalità di pagamento dovranno essere oggetto di disclosure, ove ne sia previsto l'utilizzo prima della loro definitiva integrazione all'interno della piattaforma PagoPA. BibliografiaArena, Le diverse finalità della trasparenza amministrativa, in Merloni (a cura di), La trasparenza amministrativa, Milano, 2008, 38 ss.; Bartolini, La class action nei confronti della p.a. tra favole e realtà, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2009, n. 6, 953 ss.; Bator, The Anatomy of Market Failure, in The Quarterly Journal of Economics, 1958, Vol. 72°, n. 3, 351 ss.; Cammarota, Circolazione cartacea e circolazione telematica delle certezze pubbliche. Accertamento d'ufficio ed acquisizione d'ufficio, in Il Foro amm. T.A.R., 2004, 3527 ss.; Carloni, Gatticchi, Gli obblighi di trasparenza sulle prestazioni ed i servizi erogati, in Ponti (a cura di), La nuova trasparenza amministrativa e libertà di accesso alle informazioni: Commento sistematico ald.lgs. 33/2013 dopo le modifiche apportate dald.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, Rimini, 2016, 385 ss.; Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2019; Interlandi, Efficienza pubblica e soggettività della tutela, in Gazzetta amministrativa, 2018, n. 1, 1 ss.; Patroni Griffi, Class action e ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari pubblici (Relazione al convegno: Le class actions: modelli a confronto, Università Roma Tre, Facoltà di economia, Roma 9 giugno 2010), in federalismi.it, 2010, n. 13, 1 ss. |