Decreto legislativo - 14/03/2013 - n. 33 art. 43 - Responsabile per la trasparenza

Luca Biffaro

Responsabile per la trasparenza

 

1. All'interno di ogni amministrazione il responsabile per la prevenzione della corruzione, di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, svolge, di norma, le funzioni di Responsabile per la trasparenza, di seguito «Responsabile», e il suo nominativo è indicato nel Piano triennale per la prevenzione della corruzione. Il responsabile svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione 1.

[2. Il responsabile provvede all'aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, all'interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il Piano anticorruzione.]  2

3. I dirigenti responsabili degli uffici dell'amministrazione garantiscono il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare ai fini del rispetto dei termini stabiliti dalla legge.

4. I dirigenti responsabili dell'amministrazione e il responsabile per la trasparenza controllano e assicurano la regolare attuazione dell'accesso civico sulla base di quanto stabilito dal presente decreto3.

5. In relazione alla loro gravità, il responsabile segnala i casi di inadempimento o di adempimento parziale degli obblighi in materia di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, all'ufficio di disciplina, ai fini dell'eventuale attivazione del procedimento disciplinare. Il responsabile segnala altresì gli inadempimenti al vertice politico dell'amministrazione, all'OIV ai fini dell'attivazione delle altre forme di responsabilità.

Inquadramento

L'art. 43 del d.lgs. n. 33/2013 disciplina la figura del Responsabile della prevenzione e della trasparenza e ne specifica compiti e responsabilità. La nuova disciplina ha previsto la confluenza dei compiti di prevenzione della corruzione e di quelli connessi al controllo della compliance in materia di trasparenza in capo al medesimo soggetto, individuato all'interno degli enti pubblici dagli organi di indirizzo e di controllo secondo i criteri stabiliti dalla l. n. 190/2012. In particolare, per quel concerne i compiti relazionati con le previsioni del decreto trasparenza, tale figura svolge in maniera stabile l'attività di controllo sul rispetto degli obblighi di pubblicazione, comunicandone l'inadempimento o l'adempimento parziale all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione e all'Autorità nazionale anticorruzione per l'attivazione delle forme di responsabilità diversa da quella disciplinare. Nei casi più gravi, inoltre, l'inadempimento degli obblighi di pubblicazione viene segnalato anche all'ufficio di disciplina per l'attivazione, eventuale, del procedimento disciplinare nei confronti del dirigente responsabile. Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, congiuntamente ai dirigenti responsabili dell'amministrazione, svolge anche il compito di controllare e assicurare la regolare attuazione dell'accesso civico.

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza: compiti e responsabilità

L'art. 43 del decreto trasparenza, nella formulazione successiva alle modifiche introdotte con la novella del 2016, ha unificato le due figure del Responsabile della prevenzione della corruzione e del Responsabile della trasparenza – ancorché al comma 1 di tale norma il legislatore abbia continuato a prevedere che il Responsabile della prevenzione della corruzione svolge, di norma, anche le funzioni del Responsabile per la trasparenza –.

L'ANAC, con la delibera n. 1310/2016, ha chiarito che benché l'art. 43 comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 3/2013 preveda ancora la possibilità di tenere distinti i due ruoli, affidandoli a soggetti diversi, tale norma va interpretata in maniera restrittiva, essendo ciò possibile solamente nel caso in cui esistano obiettive difficoltà organizzative tali da giustificare la distinta attribuzione dei ruoli. Ciò, ad esempio, può occorrere all'interno di organizzazioni particolarmente complesse ed estese sul territorio ancorché, anche in tal caso, la scelta di tenere distinti i due ruoli deve essere giustificata dall'esigenza di facilitare l'applicazione effettiva e sostanziale delle discipline in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza. Risulta, dunque, necessario che le pubbliche amministrazioni corredino i provvedimenti di nomina delle due figure di responsabili con motivazioni espresse ed adeguate in ordine alle ragioni che hanno condotto a tale scelta, garantendo al contempo il coordinamento delle rispettive attività anche mediante la predisposizione di adeguati supporti organizzativi.

Vale inoltre aggiungere che la previsione di un'unica figura di Responsabile, che assommi su di sé entrambi i compiti sopra richiamati, emerge anche dalla lettura sistematica di altre disposizioni normative quali, ad esempio, quelle contenute nella l. n. 190/2012 – che all'art. 1, comma 7, menziona espressamente il «responsabile della prevenzione e della trasparenza» – nonché quelle contenute nel decreto trasparenza, quale l'art. 5, commi 3, lett. d), 6 e 7, in materia di accesso civico.

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) è, dunque, una persona fisica, scelta all'interno dell'ente pubblico, che funge da punto di riferimento interno agli enti pubblici sia per quel che concerne l'attuazione delle politiche di prevenzione della corruzione – che, ai sensi della l. n. 190/2012, va intesa in un'accezione più ampia di quella penale, ricomprendendo tutte le condotte amministrative che si pongono in contrasto con il perseguimento dell'interesse pubblico affidato dalla legge alla cura dell'amministrazione – sia per quanto riguarda, come espressamente previsto dal novellato art. 43, la compliance agli obblighi di trasparenza sanciti dal d.lgs. n. 33/2013.

La scelta di far confluire in capo alla medesima figura i compiti di prevenzione della corruzione e controllo del rispetto degli obblighi di trasparenza pone in risalto la piena consapevolezza del legislatore circa il ruolo giocato dalla trasparenza quale efficace strumento di prevenzione del rischio corruttivo e di emersione dei casi di maladministration (Berionni, 469). La previsione della figura del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza garantisce, nei due ambiti in questione, un'azione coerente e univoca e, per questo, maggiormente efficace.

Anche la giurisprudenza amministrativa (Cons. St., sezione consultiva, parere n. 343/2016) ha chiarito che la trasparenza si coniuga perfettamente con il contrasto alla corruzione, ma non deve esaurirsi in esso, con ciò evidenziando che la confluenza di compiti e responsabilità in capo alla stessa figura consente di generare sinergie positive, ma al contempo non determina il depotenziamento degli specifici compiti e responsabilità connesse al doppio ruolo, che restano distinte e caratterizzate da una propria sfera di autonomia, anche sul piano operativo.

In ragione della confluenza delle due figure sopra richiamate in capo al medesimo soggetto, i criteri di individuazione del RPCT vanno rinvenuti all'interno della legge n. 190/2012 e, segnatamente, nell'art. 1, comma 7. Tale norma stabilisce che è l'organo di indirizzo a individuare, di norma tra i dirigenti di ruolo in servizio, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza – quindi, con riferimento ai Ministeri, il provvedimento di nomina viene adottato dall'organo di vertice del Dicastero –. Per quel che riguarda, invece, gli enti locali, il ruolo di RPCT è attribuito, di norma, al segretario o al dirigente apicale – la norma altresì chiarisce che nelle unioni di comuni, può essere nominato un unico RPCT –.

L'ANAC, nel Piano Nazionale Anticorruzione del 2019 adottato con la delibera n. 1064/2019, ha chiarito che «in caso di carenza di posizioni dirigenziali, o ove questi siano in numero così limitato da dover essere assegnati esclusivamente allo svolgimento di compiti gestionali nelle aree a rischio corruttivo, circostanze che potrebbero verificarsi in strutture organizzative di ridotte dimensioni, il RPCT potrà essere individuato in un dipendente con posizione organizzativa o, comunque, in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. Tale scelta deve in ogni caso essere opportunamente motivata». Ulteriori specificazioni sulle modalità di individuazione della figura di RPCT sono state fornite dall'ANAC, tra gli altri, con gli Orientamenti nn. 25 e 26 del 28 maggio 2014, n. 38 dell'11 giugno 2014, n. 111 del 4 novembre 2014, n. 120 del 3 dicembre 2014, n. 121 del 3 dicembre 2014 e n. 9 del 25 marzo 2015. Con specifico riferimento agli enti locali, la Commissione per la valutazione, l'integrità e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni (Civit) – istituita con il d.lgs. n. 150/2009 in attuazione della l. n. 15/2009 e poi soppressa con il d.l. n. 90/2014, convertito con modificazioni dalla l. n. 114/2014, che ne ha fatto confluire strutture e personale nell'ANAC – con la delibera n. 15/2013 ha affermato che «il titolare del potere di nomina del responsabile della prevenzione della corruzione va individuato nel Sindaco quale organo di indirizzo politico amministrativo, salvo che il singolo comune, nell'esercizio della propria autonomia normativa e organizzativa, riconosca, alla Giunta o al Consiglio, una diversa funzione».

Ciò si spiega con il fatto che nell'attuale modello normativo di organizzazione dei Comuni, come delineato dal Capo I del d.lgs. n. 267/2000, al Consiglio comunale è sì attribuita la funzione di indirizzo e controllo politico-amministrativo dell'ente, ma non gli è più riconosciuta una competenza residuale (attribuita, invece, alla Giunta e ai dirigenti), essendo le sue attribuzioni limitate ex lege alle materie elencate tassativamente dall'art. 42 del TUEL (Staderini; Caretti, Milazzo, 185 ss.), tra le quali non rientrano i poteri di nomina.

Per quel che riguarda la nomina del RPCT negli enti locali, la giurisprudenza ordinaria (Tribunale di Siracusa, II sezione civile, n. 595/2017) ha chiarito che la designazione del Segretario quale responsabile della prevenzione della corruzione non è automatica ma deve avvenire con provvedimento di nomina da parte dell'organo politico, che può anche individuare un soggetto diverso dal Segretario o dal dirigente apicale, purché in tal caso motivi il provvedimento di scelta.

Dalle previsioni dell'art. 1, comma 7, della l. n. 190/2012 emerge, dunque, che l'incarico di RPCT non può essere attribuito a soggetti esterni agli enti pubblici, non essendo prevista dalla legge la possibilità di affidare incarichi di natura fiduciaria sulla scorta di legami intuitu personae con gli organi di indirizzo e controllo politico-amministrativo. Al RPCT, infatti, è richiesta un'adeguata conoscenza dell'organizzazione e del funzionamento dell'amministrazione e, inoltre, tale soggetto non deve versare in una situazione, neanche potenziale, di conflitto di interessi, ragione per la quale esso è di norma individuato tra i dirigenti non assegnati ad uffici che svolgono attività di gestione e di amministrazione attiva. L'ANAC, tuttavia, nell'ambito del Piano Nazionale Anticorruzione del 2019, non ha del tutto escluso la possibilità di ricorrere alla nomina di un dirigente esterno (art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001), reputandola in ogni caso eccezionale e legittima solo in presenza di una congrua e analitica motivazione.

La dottrina (Berionni, 472) ha chiarito che l'opzione legislativa in favore dell'attribuzione dell'incarico di RPCT a soggetti che svolgono in maniera stabile le proprie funzioni all'interno delle pubbliche amministrazioni e gli altri enti pubblici (come si evince dalla locuzione dirigenti di ruolo contenuta nell'art. 1, comma 7, della l. n. 190/2012) è funzionale a garantire l'autonomia, l'imparzialità e l'efficacia dell'azione del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza.

Invero, il RPCT può svolgere efficacemente il proprio incarico solo ove gli sia garantito un elevato grado di autonomia e indipendenza. Tra l'altro, lo stesso art. 1, comma 7, della l. n. 190/2012, prevede che all'atto della individuazione del RPCT sia possibile disporre «le eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell'incarico con piena autonomia ed effettività».

Proprio al fine di garantire l'autonomia operativa del RPCT, nel Piano nazionale anticorruzione del 2016, adottato dall'ANAC con la delibera n. 831/2016, era stato auspicato che tale soggetto fosse «dotato di una struttura organizzativa di supporto adeguata, per qualità del personale e per mezzi tecnici, al compito da svolgere. Al riguardo, è opportuno prevedere una integrazione di differenti competenze multidisciplinari di supporto al RPCT».

Sempre al fine di salvaguardare la necessaria indipendenza delle funzioni svolte dal RPCT rispetto ad eventuali condizionamenti o ritorsioni degli organi di controllo e indirizzo politico-amministrativo dell'ente, pur nel silenzio della legge sui termini di durata dell'incarico, si ritiene che esso debba permanere in carica per tutta la durata dell'incarico dirigenziale, anche in considerazione della non esclusività della funzione di Responsabile, che si aggiunge a quella preesistente, normalmente di carattere dirigenziale. A garanzia della permanenza in carica del RPCT fino alla naturale scadenza dell'incarico la legge prevede una tutela rafforzata in caso di revoca anticipata. Infatti, l'art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 39/2013 (espressamente richiamato dall'art. 1, comma 7, della legge n. 190/2012) dispone che il provvedimento di revoca dell'incarico amministrativo di vertice o dirigenziale conferito al soggetto cui sono state affidate anche le funzioni di RPCT debba essere motivato e comunicato all'ANAC che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione – stabilendo, altresì, che decorso tale termine la revoca diventa efficace –. Invero, nelle ipotesi di revoca dell'incarico affidato a soggetti che svolgono anche la funzione di RPCT, la legittimità del relativo provvedimento è sottoposto a limiti più stringenti con il fine di salvaguardare la posizione di autonomia e imparzialità del Responsabile. Pertanto, la revoca risulta illegittima ogniqualvolta essa sia sostanzialmente connessa all'attività di prevenzione della corruzione e di compliance in materia di trasparenza amministrativa e, solo artatamente, ascrivibile ad altre cause, quale ad esempio una fittizia riorganizzazione interna o aziendale degli enti aventi forma societaria.

A tale ultimo riguardo, vale anche aggiungere che l'ANAC, con la delibera n. 59/2017, ha evidenziato che la revoca dell'incarico dirigenziale preesistente non comporta ex se la revoca dell'incarico di RPCT, non essendovi alcuna previsione normativa che disponga in tal senso. Pertanto, nelle ipotesi di riorganizzazione o di modifica del precedente incarico, è opportuno che l'incarico di RPCT prosegua fino alla sua naturale scadenza – coincidente con quella prevista per l'incarico revocato – o, in ogni caso, in coerenza con quanto previsto dal Piano triennale di prevenzione della corruzione.

Come chiarito dalla Circolare n. 1/2013 del Dipartimento della funzione pubblica e dal d.P.C.M. del 16 gennaio 2013 recante «Linee di indirizzo del Comitato interministeriale per la predisposizione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, del Piano nazionale anticorruzione di cui alla l. n. 190/2012», le pubbliche amministrazioni devono anche garantire la continuità dello svolgimento della funzione di RPCT prevedendo che l'affidamento del relativo incarico avvenga nel rispetto del principio di rotazione e devono, altresì, assicurare al soggetto preposto itinerari di formazione e aggiornamento continuo di carattere normativo-specialistico e valoriale, finalizzati a migliorarne le competenze e a svilupparne il senso etico.

Per quel che riguarda i compiti del RPCT in materia di trasparenza, l'art. 43 del d.lgs. n. 33/2013 stabilisce che esso svolge un ruolo di coordinamento, supervisione e controllo per quel che concerne l'adempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dal decreto trasparenza. Per quel che concerne i compiti di coordinamento, in base al disposto dell'art. 43, comma 3, il Responsabile collabora con i dirigenti responsabili degli uffici dell'amministrazione, sui quali grava l'obbligo di garantire il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare. Invero, il corretto e celere assolvimento degli obblighi di pubblicazione, da parte delle amministrazioni destinatarie delle prescrizioni normative del decreto trasparenza, risulta possibile solo grazie alla collaborazione tra dirigenti e RPCT, in quanto i primi forniscono i dati da pubblicare e il secondo, in conformità a quanto previsto dall'art. 43, comma 1, assicura e verifica la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento di tali informazioni. Con riferimento a tale profilo, giova segnalare che in seguito alla novella del 2016, che ha comportato l'abrogazione del secondo comma dell'art. 43 – con particolare riguardo alla previsione che imponeva al RPCT di aggiornare il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, nel quale dovevano essere previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza, nonché ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza – sono state adottate misure di semplificazione normativa che garantiscono al Responsabile una maggiore autonomia e flessibilità nell'organizzazione della propria attività, in linea con il rafforzamento del ruolo di tale figura all'interno delle amministrazioni.

Per quanto riguarda, invece, i compiti di supervisione e controllo del RPCT, dal combinato disposto dei commi 1 e 5 dell'art. 43, si evince che esso è tenuto a segnalare all'organo di indirizzo politico, all'Oiv, all'ANAC e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina, i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione. Tale norma, in ragione della confluenza in capo a tale figura anche delle funzioni di responsabile della prevenzione della corruzione, va letta congiuntamente all'art. 1, comma 7, della l. n. 190/2012, nella parte in cui prevede che «Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza segnala all'organo di indirizzo e all'organismo indipendente di valutazione le disfunzioni inerenti all'attuazione delle misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza e indica agli uffici competenti all'esercizio dell'azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza». Da tale ultima previsione normativa, quindi, emerge che il RPCT è chiamato a svolgere analoghi compiti di controllo, segnalazione e supervisione anche con riferimento all'adempimento degli obblighi in materia di prevenzione della corruzione.

Ai sensi dell'art. 43, comma 4, del decreto trasparenza, al RPCT, unitamente ai dirigenti responsabili dell'amministrazione, spetta anche il compito di controllare e assicurare la regolare attuazione dell'accesso civico sulla scorta di quanto previsto dal d.lgs. n. 33/2013 (infra sub).

Infine, tra le altre modifiche rilevanti introdotte con la novella del 2016 che hanno interessato l'art. 43, giova richiamare l'abrogazione del comma 2 di tale norma che ha comportato l'eliminazione dell'obbligo, per il RPCT, di redigere il Programma triennale di prevenzione della corruzione, che ora risulta integrato all'interno di un'apposita sezione del Piano triennale di prevenzione della corruzione, che attualmente riguarda anche la trasparenza (PTPCT) come indicato dall'ANAC nella delibera n. 831/2016 sul Piano nazionale anticorruzione per l'anno 2016. Come evidenziato in precedenza, si tratta di una misura di semplificazione della disciplina della trasparenza, volta a conferire maggiore autonomia al RPCT nell'organizzazione e nello svolgimento della sua attività.

L'ANAC, con la delibera n. 1310/2016, ha chiarito che gli obiettivi strategici in materia di trasparenza, definiti da parte degli organi politici, costituiscono elemento necessario della sezione del PTPCT relativa alla trasparenza, come previsto dall'art. 1, comma 8, della l. n. 190/2012, come modificato dall'art. 41, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 97/2016. Inoltre, all'interno di tale sezione, a norma dell'art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013, devono anche essere indicati i nominativi dei soggetti responsabili della trasmissione dei dati da pubblicare – intesi quali uffici tenuti alla individuazione e/o alla elaborazione di tali informazioni – e di quelli cui spetta la pubblicazione nella sezione «Amministrazione trasparente» del sito Internet istituzionale dell'ente pubblico. In proposito, nella succitata delibera n. 1310/2016, l'ANAC ha osservato che negli enti di dimensioni ridotte tali compiti possono anche essere svolti dal medesimo soggetto, mentre nelle pubbliche amministrazioni complesse, quali ad esempio i Ministeri, lo svolgimento di tali attività è demandato a soggetti diversi. Si tratta di una sezione del PTPCT che assume una notevole rilevanza ai fini del funzionamento del complessivo sistema della trasparenza, in quanto l'esatta individuazione dei soggetti tenuti ad assolvere i predetti adempimenti si riflette sulle responsabilità connesse al mancato o tardivo adempimento degli obblighi posti dal d.lgs. n. 33/2013.

Inoltre, nella sezione del PTPCT dedicata alla materia della trasparenza è anche necessario definire i termini di effettiva pubblicazione dei dati, la periodicità dell'aggiornamento in conformità alle previsioni normative che presidiano tali adempimenti, nonché le modalità di svolgimento delle attività di vigilanza e monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di pubblicazione. L'ANAC ha altresì chiarito che in tale sezione del PTPCT le pubbliche amministrazioni possono indicare i casi per i quali non si darà luogo alla pubblicazione dei dati in ragione delle caratteristiche funzionali e organizzative della struttura; così, ad esempio, le Autorità amministrative indipendenti non pubblicano le informazioni relative alla programmazione territoriale.

Laddove il PTPCT non contenga le indicazioni sopra menzionate, secondo quanto chiarito dall'ANAC nella delibera n. 1310/2016, si configura la fattispecie di mancata adozione del Programma triennale della trasparenza di cui alla lettera g) del regolamento dell'ANAC del 9 settembre 2014 in materia di «esercizio del potere sanzionatorio dell'Autorità Nazionale Anticorruzione per l'omessa adozione dei Piani triennali di prevenzione della corruzione, dei Programmi triennali di trasparenza, dei Codici dì comportamento», al verificarsi della quale la predetta Autorità può irrogare ai componenti degli organi di indirizzo, anche a titolo di culpa in vigilando (ANAC, delibera n. 983/2020), le sanzioni pecuniarie previste dall'art. 19, comma 5, del d.l. n. 90/2014. Inoltre, nel caso in cui l'ANAC riscontri l'assenza nel PTPCT degli obiettivi strategici, avvia un procedimento di vigilanza volto all'emanazione di un provvedimento d'ordine ai sensi del regolamento dell'ANAC del 29 marzo 2017 inerente allo «esercizio dell'attività di vigilanza sul rispetto degli obblighi di pubblicazione di cui al d.lgs. n. 33/2013».

L'ANAC, come emerge dal Piano nazionale anticorruzione per l'anno 2019, nell'esercizio della sua attività di vigilanza ha rilevato che la maggior parte dei PTPCT (ad eccezione di quelli adottati dalle amministrazioni centrali dello Stato), risultano spesso carenti dell'individuazione degli obiettivi strategici, disattendendo così le prescrizioni normative che ineriscono a tale aspetto. In particolare, si ricorda che l'art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013 stabilisce che la promozione di maggiori livelli di trasparenza rappresenta un obiettivo strategico di ogni pubblica amministrazione, che deve poi tradursi nella definizione di specifici obiettivi organizzativi e di carattere individuale. Per quel che riguarda l'individuazione di tali obiettivi, la cui definizione è rimessa alla valutazione dell'organo di indirizzo tenuto conto delle peculiarità di ogni singola amministrazione, l'ANAC, sempre nell'ambito del Piano nazionale anticorruzione per l'anno 2019, ha fornito alcune utili indicazioni, andando a individuare alcune attività che possono essere assunte quali obiettivi strategici della trasparenza, quali: l'informatizzazione del flusso per alimentare la pubblicazione dei dati nella sezione «Amministrazione trasparente» e l'incremento della formazione dei dipendenti anche in materia di trasparenza, unitamente all'intensificazione del monitoraggio sulla qualità della formazione erogata.

Responsabile, accesso civico e riesame (cenni e rinvio)

L'art. 43, comma 4, del decreto trasparenza stabilisce un ulteriore compito del RPCT, consistente nel controllare e assicurare la regolare attuazione dell'accesso civico, responsabilità questa che ricade anche sui dirigenti dell'amministrazione. Le caratteristiche di questo ulteriore compito del RPCT vanno ricostruite non solo sulla base di tale norma, ma anche in virtù di quanto previsto dall'art. 5, commi 3, 6, 7 e 9, del d.lgs. n. 33/2013. L'analisi di tali norme è stata già svolta in precedenza e ad essa integralmente si rinvia (cfr. supra). Vale in questa sede aggiungere che, diversamente dall'assetto normativo previgente alla novella del 2016, il RPCT costituisce l'unico destinatario delle richieste di accesso civico solo nel caso in cui esse riguardino dati oggetto di pubblicazione obbligatoria (vale a dire nei casi di accesso civico semplice ex art. 5, comma 1, del decreto trasparenza) ovvero nei casi di omessa pubblicazione dell'informazione amministrativa nelle banche dati ai sensi dell'art. 9-bis del d.lgs. n. 33/2013. Per quel che concerne, invece, le istanze di accesso civico generalizzato, il RPCT può essere il destinatario di tali richieste, ma si tratta solo di una eventualità in quanto la legge prevede che esse possano essere indirizzate anche all'ufficio che detiene i dati richiesti, all'ufficio del responsabile del procedimento o ad altro ufficio indicato dall'amministrazione nella sezione «Amministrazione trasparente».

Le ragioni di questa scelta legislativa sono state ben individuate dalla dottrina (Berionni, 479) che, al riguardo, ha osservato come il legislatore abbia inteso non rendere eccessivamente oneroso l'incarico del RPCT e, al contempo, supportare una progressiva sensibilizzazione delle diverse aree organizzative interne all'amministrazione in ordine al corretto e tempestivo adempimento degli obblighi di pubblicazione delle informazioni rientranti nella loro sfera di competenza relativa.

Bibliografia

Berionni, Organizzazione ed attuazione della trasparenza: il responsabile per la trasparenza, gli Oiv e l'invarianza finanziaria, in Ponti (a cura di), La nuova trasparenza amministrativa e libertà di accesso alle informazioni: Commento sistematico alD.Lgs.33/2013 dopo le modifiche apportate dalD.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97, Rimini, 2016, 465 ss.; Staderini, Caretti, Milazzo, Diritto degli enti locali, Milano, 2019.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario