Decreto del Presidente della Repubblica - 28/12/2000 - n. 445 art. 49 - (R) Limiti di utilizzo delle misure di semplificazione(R) Limiti di utilizzo delle misure di semplificazione 1. I certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o brevetti non possono essere sostituiti da altro documento, salvo diverse disposizioni della normativa di settore. 2. Tutti i certificati medici e sanitari richiesti dalle istituzioni scolastiche ai fini della pratica non agonistica di attività sportive da parte dei propri alunni sono sostituiti con un unico certificato di idoneità alla pratica non agonistica di attività sportive rilasciato dal medico di base con validità per l'intero anno scolastico. InquadramentoLa Sezione V del Capo III viene trattata unitariamente in quanto reca l'insieme omogeneo delle disposizioni dedicate ai vari profili (tipologie, efficacia e limiti all'utilizzo) del più famoso e diffuso istituto di semplificazione disciplinato dal TUDA, cioè delle dichiarazioni sostitutive. Si tratta, come già anticipato in precedenza, dello strumento principale per migliorare in maniera significativa il rapporto fra P.A. e cittadini, in quanto si consente a questi ultimi di poter evitare l'allegazione di un atto amministrativo di certezza ogni qual volta si propone una domanda ai pubblici uffici, attraverso la dichiarazione circa la sussistenza dei requisiti necessari e ferma restante la successiva azione di controllo ad opera dell'amministrazione procedente. L'art. 46, disciplina le dichiarazioni sostitutive delle certificazioni, riproponendo sostanzialmente l'elencazione di fatti autocertificabili già presente negli artt. 2, l. n. 15/1968 e 1 del d.P.R. n. 403/1998, con qualche modifica ed integrazioni dirette a razionalizzare l'istituto e, in particolare, a ricomprendere fra le situazioni comprovabili pressoché tutti gli stati, qualità e fatti che siano certificabili da parte di un'amministrazione. L'art. 47 è dedicato alle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà, cioè a quelle dichiarazioni che possono essere redatte in sostituzione non di certificazioni, ma degli atti di notorietà, che appartengono alla categoria delle verbalizzazioni e riguardano tutte le altre circostanze non contenute nell'elencazione di cui all'art. 46, comunque direttamente conosciute dall'interessato. In tal ottica, il Legislatore, nel disciplinare tali due tipologie di dichiarazioni sostitutive, fa propria una distinzione già presente nell'ordinamento giuridico che, con gli artt. 2,3 e 4 l. n. 15/1968, prevedeva una ripartizione fra dichiarazioni sostitutive di certificazione, dichiarazioni temporaneamente sostitutive di certificazione e dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà. Il d.P.R. n. 403/1998 ha poi abrogato le dichiarazioni temporaneamente sostitutive di certificazione, delle quali non c'è più traccia nemmeno nel testo unico in commento. L'art. 48, poi, reca la disciplina generale delle due tipologie di dichiarazioni sostitutive in precedenza disciplinate, basata sull'equivalenza contenutistica e funzionale di queste ultime rispetto alle certificazioni che sostituiscono. Infine, l'art. 49, che recepisce l'analoga disciplina già introdotta dall'art. 10, comma 1, d.P.R. n. 403/1998, da un lato regolamenta i limiti all'utilizzo degli strumenti di semplificazione in commento e dall'altro prevede uno snellimento della procedura di acquisizione dei certificati sanitari. Le dichiarazioni sostitutiveLe dichiarazioni sostitutive di certificazione: elementi caratterizzanti. Le dichiarazioni sostitutive di certificazioni si caratterizzano da un punto di vista oggettivo in quanto non contengono valutazioni, ma dichiarazioni di conoscenza di stati, fatti e qualità personali. In dottrina è stata fornita la definizione dell'autocertificazione in termini di dichiarazione che l'interessato redige e sottoscrive nel proprio interesse su stati, fatti e qualità personali nei rapporti con la P.A., nonché con i gestori di pubblici servizi e tale istituto è stato qualificato – specie dopo le norme in tema di decertificazione (su cui vedi commento all'art. 40) e in virtù del loro influsso sull'istruttoria procedimentale – in termini di «diritto», nell'ambito di un rapporto improntato a logiche di semplificazione, fiducia e paritarietà fra cittadino e amministrazione (Bausilio, 12 e ss.). Sempre in dottrina si è evidenziato che le autocertificazioni presentano, rispetto ai certificati un'analogia nella natura, dichiarativa e non costitutiva, nella misura in cui assolvono allo scopo di rendere pubblica una conoscenza (priva di qualsiasi espressione di volontà), senza introdurre alcuna novità nel circuito giuridico, al solo di veicolare notizie inerenti fatti già esistenti nel mondo giuridico aventi il carattere della certezza; d'altro canto le autocertificazioni, a differenza dei certificati, sono sottoscritte dal soggetto privato «interessato», utilizzando dati e/o notizie che attengono alla capacità conoscitiva del dichiarante e sostituiscono le sole certificazioni «proprie», cioè, cioè quelle che vengono compilate attingendo dati contenuti in elenchi, albi o registri (Fiorillo, Lombardi). Dal punto di vista della validità temporale, esse non hanno efficacia temporanea. Con il TUDA, non c'è più spazio per la distinzione tra dichiarazioni definitivamente e solo temporaneamente sostitutive; le autocertificazioni sono sempre a titolo definitivo, rimanendo a carico dell'amministrazione l'onere di verificare la veridicità del contenuto delle stesse (Ciccia, 82). Innanzitutto l'art. 46 fa riferimento alla possibilità di autocertificare qualità personali, intese come caratteristiche specifiche appartenenti al dichiarante, stati, intesi come situazioni che creano e/o modificano diritti e doveri giuridici e fatti, nel senso di accadimenti naturali ed umani dai quali deriva un effetto giuridico che crea, modifica ed estingue rapporti giuridicamente rilevanti. La formulazione dell'art. 46 è, poi, strutturata in modo da recare l'elenco dei fatti, stati e qualità oggetto di autocertificazione. Sul carattere di tale elencazione si è registrato un dibattitto articolato. In particolare, parte della dottrina e della giurisprudenza, facendo perno sulla formulazione della disposizione in esame e sull'esigenza di non estendere eccessivamente la portata dell'autocertificazione oltre i limiti fissati nel TUDA, ha annesso all'elencazione carattere tassativo, siccome recante una sorta numerus clausus di fatti, stati e qualità autocertificabili, al di fuori del quale è possibile utilizzare la dichiarazione sostitutiva di atto notorio (in dottrina: A. Barbiero, 11; V. Martorano, 42 e in giur. T.A.R. Campania, Napoli, n.116/2001;T.A.R. Liguria, Genova, n.848/2001). Per converso su un opposto versante si pone l'orientamento che, sul presupposto della portata generale e residuale del principio dell'autocertificazione – desumibile, fra l'altro, dall'art. 46, comma 1, lett. i) che sancisce l'autocertificabilità di tutto ciò che è certificabile dalla P.A., a fronte dell'eccezionalità e della tassatività dei divieti di legge – ha concluso per la non tassatività dell'elenco recato dall'art. 46, comma 1 e per l'esigenza di garantire la più ampia applicazione dell'istituto in esame (cfr. in dottrina Rubino; in giur. Cons. St. VI, n.1206/2008). Non è mancata una posizione che, pur confermando il carattere tassativo dell'elencazione in esame, afferma comunque, nei casi dedotti in elenco, una vis expansiva delle relative previsioni in virtù di un'interpretazione estensiva e conclude nel senso che l'art. 46 ha carattere generale ed è sempre immediatamente applicabile, anche in mancanza di richiami espressi della stessa che le amministrazioni facciano nei propri atti (T.A.R. Abruzzo, L'Aquila I, n.438/2018 in materia di concorsi, T.A.R. Piemonte, Torino II, n.257/1997;T.A.R. Liguria, Genova II, n.104/1998,T.A.R. Puglia, Bari I, n.171/1999). Tali conclusioni, poi, si ritengono avvalorate dall'interpretazione dell'art. 49 che impone l'espressa e tassativa indicazione dei casi in cui non è possibile fare ricorso alle dichiarazioni sostitutive, non potendosi in nessun caso ritenere sufficiente al medesimo scopo il fatto che una norma di specie richieda la presentazione del certificato, che di per sé è sempre sostituibile con autocertificazione (Bombardelli, 669 e ss.). Giova, comunque, evidenziare che, a prescindere dalla citata disputa, il tenore dell'art. 47 comma 3, nella parte in cui ammette la possibilità per l'interessato di comprovare con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà tutti i fatti, stati e qualità personali non espressamente indicati nell'art. 46 (cioè non deducibili nelle dichiarazioni sostitutive di certificazione), è comunque idoneo a garantire l'obiettivo della massima diffusione del principio di autocertificazione. Con l'art. 46, specie se letto congiuntamente con le norme in tema di decertificazione (su cui vedi commento all'art. 40), viene di fatto esclusa, in maniera inequivocabile, la possibilità per le P.A. e per i gestori di pubblici servizi di chiedere una serie di certificati che vengono puntualmente elencati all'art. 46. Tale esclusione, inoltre, va letta congiunatmente con le sanzioni previste dall'art. 72, il quale qualifica come violazione dei doveri d'ufficio la condotta dei funzionari che, nonostante il predetto divieto, continuino a richiedere al cittadino quei certificati espunti dall'ordinamento. Dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà: tratti caratterizzanti. L'art. 47 disciplina le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà, attribuendo all'interessato la possibilità di autocertificare, con le modalità previste dall'art. 38 (dichiarazione sottoscritta con documento di identità allegato vedi commento all'art. 38): 1) stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato sia inerenti alla sua persona, sia – nel proprio interesse – relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza (commi 1 e 2); 2) nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non autocertificabili con la dichiarazione sostitutiva di certificazione (comma 4). Si tratta, in definitiva, di quelle dichiarazioni che possono essere redatte in sostituzione non di certificazioni, ma degli atti di notorietà, che appartengono alla categoria delle verbalizzazioni e riguardano tutte le altre circostanze non contenute nell'elencazione di cui all'art. 46, comunque direttamente conosciute dall'interessato. Come rilevato in giurisprudenza, le dichiarazioni in esame sono definite quale atto autocertificativo del privato, avente a oggetto fatti di per sé notori, ossia pacifici o comunque palesi, come tali verificabili; esse hanno soltanto lo scopo di semplificare gli oneri di documentazione (Cons. St. V, n.1706/2011;T.A.R. Molise, Campobasso I, n.96/2015). In tal modo si sottolinea la valenza innovativa della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà quale notevole strumento di semplificazione a favore degli amministrati, che consente di evitare gli oneri connessi alla richiesta e alla produzione della documentazione per comprovare stati, qualità personali e fatti che li riguardano. Sotto un profilo storico-ricostruttivo, esse sono definite come sostitutive dell'atto di notorietà, figura quest'ultima nata con la l. n.89/1913, recante l'ordinamento del notariato, che all'art. 1 contemplava la possibilità per i notai di ricevere con giuramento atti di notorietà in materia civile e commerciale. L'atto di notorietà, quindi, rientra nella categoria delle prove, essendo allo stesso conferita pubblica fede per effetto delle solenni modalità di raccolta della dichiarazione (verbale del pubblico ufficiale che ha natura di atto pubblico, garantita dal giuramento, alla presenza di 4 testimoni). Inoltre, ai sensi dell'art. 151 del r.d. n.297/1911, il sindaco era abilitato a rilasciare, a sua volta, quale pubblico ufficiale, attestati di notorietà pubblica, sempre nella forma di dichiarazione giurata, alla presenza di testimoni. In questo quadro di forme e modalità di presentazione dell'atto notorio onerose e complesse, è intervenuta la l. n. 15/1968 che, nel suo intento di semplificare l'azione amministrativa, ha consentito di attestare fatti, stati e qualità personali attraverso una più semplice dichiarazione, resa direttamente dal soggetto interessato, senza l'intervento di un pubblico ufficiale e senza prestazione del giuramento, in sostituzione, appunto, dell'atto di notorietà e dotata dello stesso valore probatorio (purché si autenticasse la firma del dichiarante). L'avvento del TUDA, infine, ha segnato un'ulteriore semplificazione, avuto particolare riguardo alla riforma dei casi e dei modi dell'autenticazione disciplinati dall'art. 38 (si veda il relativo commento). Il comma 1 dell'art. 47 richiama, in maniera espressa l'articolo 38 del d.P.R. n. 445/2000. Quest'ultimo riferimento esplicito da parte del legislatore pone in correlazione la possibilità del privato di racchiudere all'interno di un'unica dichiarazione, autonomamente redatta, tutti gli stati, le qualità personali e gli atti di cui abbia diretta conoscenza, con l'ulteriore semplificazione rappresentata dalla possibilità di depositare la dichiarazione, sottoscrivendola in presenza del funzionario addetto, oppure depositandola ponendo in allegato il proprio documento d'identità, oppure, infine, inviandola per via telematica ex art. 38, comma 2 (si veda commento all'art. 38). Con riguardo all'ambito di applicazione, il comma 3 dell'articolo in esame, facendo espresso richiamo al numerus clausus dell'elencazione indicata nell'art. 46 del T.U., dispone che per tutti i casi non enumerati dal citato articolo, il cittadino possa ovviare alla richiesta di una certificazione proveniente dalla P.A., sostituendo quest'ultima con una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà. In tal senso, come evidenziato in dottrina, la norma rende implicitamente universale (salvo le esclusioni di cui si è detto) il ricorso alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà. In particolare, poiché la disposizione in parola assume una finalità agevolativa per il privato, il ricorso alla dichiarazione sostitutiva deve intendersi come facoltà per quest'ultimo, più che come diritto, cui corrisponde la soggezione (rectius il dovere) per la Pubblica Amministrazione di accettarla (Della TorrE, 1232). Inoltre, a mente dell'art. 47, comma 2, la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti a condizione che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà sia resa nell'interesse proprio del dichiarante e che questi ne abbia diretta conoscenza. Come evidenziato in dottrina, l'attuale formulazione normativa è la risultante della modifica legislativa apportata dal TUDA nel quale si parla di «stati, qualità personali e fatti», mentre nella previgente normativa si utilizzava l'espressione «stati, fatti e qualità personali», con una significativa posposizione dell'aggettivo «personali» che rivela l'intenzione del legislatore di evitare equivoci testuali (Lo Bianco, 60). Dunque, la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà può riguardare stati, fatti e qualità personali riguardanti anche altri soggetti ma di cui il dichiarante sia a diretta conoscenza utilizzabili nel procedimento a difesa di un proprio diritto e/o interesse. È ammessa inoltre la possibilità di comprovare non solo i fatti a conoscenza dell'interessato, per i quali non esiste certificazione della pubblica amministrazione, ma anche quei fatti che sono comprovabili con certificati amministrativi, non compresi nell'elenco di cui all'articolo 46 e quindi non sostituibili con dichiarazione sostitutiva di certificazione (Fiorillo, Lombardi). Nonostante possa riguardare soggetti terzi, la dichiarazione deve essere resa nell'interesse proprio del dichiarante salvo la deroga espressa prevista per gli incapaci (vedi commento all'art. 4). Considerato che la norma non distingue tra le circostanze elencate nell'art. 46 e le altre, è da ritenere che, ad esempio, l'assenza di condanne penali possa essere comprovata con dichiarazione di certificazione se riguarda direttamente il dichiarante; con dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio, se concerne terzi, a condizione che il dichiarante abbia un diretto interesse a comprovare tale circostanza. In giurisprudenza è ormai consolidato l'orientamento secondo cui è possibile la presentazione, da parte di un unico soggetto a ciò abilitato, della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà riguardante, ai sensi dell'art. 47, comma 2, del d.P.R. n. 445/2000, non solo qualità personali e fatti del dichiarante ma anche, stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza (Cons. St. V, n.1563/2014;Cons. St. III, n.938/2012). In quest'ottica, si sono ritenute ammissibili le dichiarazioni rese dal legale rappresentante delle imprese concorrenti in relazione ai soggetti cessati dalle cariche sociali, previste in tema di appalti, identificandoli compiutamente (Cons. St. IV, n.5497/2014;Cons. St. IV, n.1646/2012,Cons. St. V, n.3686/2011) ovvero riferendosi a soggetti compiutamente identificabili attraverso registri e banche dati (sulla clausola «per quanto a conoscenza» si veda infra) (Cons. St. IV, n.140/2015). Nello stesso senso si è deciso in relazione alla dichiarazione sostitutiva resa dal legale rappresentante dell'impresa partecipante con riferimento alla persona del direttore tecnico (Cons. St. V, n.3460/2004;T.A.R. Campania, Salerno I, n.705/2003). Resta, invece, isolata la pronuncia secondo la quale, fermo restando che una dichiarazione sostitutiva (nella specie, del certificato del casellario giudiziale) concernente una società in nome collettivo va resa per tutti i soci, non è ammissibile che uno di essi la renda anche per gli altri, poiché «sarebbe incoerente che fosse consentito che la dichiarazione di fatti personali, non conoscibile da quisque de populo, possano essere oggetto di dichiarazione da parte di terzi» (T.A.R. Sicilia, Catania II, n.2727/2004). Il comma 4 dell'art. 47, infine, ha introdotto ex novo un ultimo comma a mente del quale con una dichiarazione sostitutiva si può attestare lo smarrimento dei documenti di riconoscimento o attestanti stati e qualità personali, in presenza di una duplice condizione: in primo luogo, che una norma avente valore di legge non imponga la denunzia dello smarrimento all'Autorità di Polizia Giudiziaria come presupposto per il rilascio del duplicato; in secondo luogo, che il procedimento amministrativo, nel corso del quale fare ricorso la dichiarazione sostitutiva, sia finalizzato al rilascio del duplicato, con l'esclusione, quindi, di qualsiasi altro procedimento. La differenza fra le due tipologie di dichiarazioni sostitutive. Dall'interpretazione congiunta degli artt. 46 e 47, con particolare riferimento al comma 3, un primo elemento discretivo fra le due succitate tipologie di dichiarazioni sostitutive attiene all'oggetto. Infatti, mentre le dichiarazioni ex art. 46 surrogano certificazioni segnatamente i fatti gli stati e le qualità personali enumerati nell'elenco recato da tale norma, quelle ex art. 47 sono relativi a fatti notori, cioè palesi e verificabili nonché ad ogni fatto, stato e qualità personali diversi da quelli enumerati nell'art. 46. Dunque, alla tassatività dell'art. 46 si contrappone il tenore generale e residuale dell'art. 47. A ciò si aggiunga la possibilità per l'interessato, prevista da quest'ultima norma, di autocertificare, nel proprio interesse, anche fatti, stati e qualità personali di terzi di cui sia a conoscenza. È stato, inoltre, osservato in dottrina che la differenza fra dichiarazioni sostitutive di certificazione e quelle sostitutive di atto di notorietà richiama concettualmente la distinzione la distinzione fra certificazioni proprie e improprie; ciò nella misura in cui la prima tipologia di dichiarazioni sostitutive riproduce il contenuto di atti preesistenti, trascritti in pubblici registri, albi ed elenchi, mentre nella seconda tipologia manca tale riferimento ad un atto preesistente, in quanto le notizie veicolate a terzi si ritengono certe perché concernenti fatti, stati e qualità, anche di terzi, a diretta conoscenza del dichiarante. Contrariamente alle dichiarazioni sostitutive di certificazioni, nel caso delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio, i dati trasmessi con l'autocertificazione non sono di per sé dotati della qualità giuridica della certezza, in quanto non riferentesi a precedenti attività di accertamento ed alla loro trascrizione in registri pubblici, bensì ricevono detta qualificazione giuridica direttamente dalla dichiarazione sostitutiva medesima, così come nelle certificazioni «improprie». A differenza delle certificazioni improprie, tuttavia, l'attività di accertamento e di certificazione è svolta non già da soggetti esercenti funzioni pubbliche ma dal dichiarante stesso (Fiorillo, Lombardi). Dal punto di vista strutturale si è, infine, evidenziato che le due fattispecie si differenziano per le formalità di sottoscrizione: mentre le autocertificazioni possono essere presentate senza alcuna formalità tesa all'accertamento dell'identità del sottoscrittore, per le dichiarazioni sostitutive di atto notorio continuano ad essere previste le formalità cui all'articolo 38, comma 3 del testo unico (v. Martorano, 40). Così mentre per entrambe le tipologie di dichiarazioni sostitutive la sottoscrizione è condizione della loro validità, non altrettanto può dirsi per l'allegazione del documento volto a comprovare l'identità del dichiarante. Il TUDA, infatti, ha imposto la sottoscrizione in presenza del dipendente addetto o l'invio unitamente alla copia fotostatica del documento di riconoscimento – vale a dire quelle formalità in passato previste solo in sostituzione dell'autentica di firma – soltanto per le dichiarazioni sostitutive di atto notorio e per le istanze. La mera sottoscrizione del dichiarante è ora limitata alle sole dichiarazioni sostitutive di certificazione. Ne consegue che: a) per tali dichiarazioni il dipendente addetto a ricevere la documentazione non è tenuto ad accertare l'identità personale del dichiarante, non dovendo tale sottoscrizione essere apposta in sua presenza; b) l'autocertificazione non richiede di allegare la fotocopia del documento di riconoscimento neanche ove sia presentata da un terzo o sia inviata per posta, per via telematica o fax. Tuttavia, laddove le autocertificazioni si inseriscano in un procedimento ad istanza di parte, le formalità richieste per quest'ultima si «imporranno» su quelle necessarie per le connesse dichiarazioni. Di fatto, dunque, l'autocertificazione conserva autonomo rilievo solo nel caso in cui essa non venga consegnata contestualmente all'istanza (e non si accompagni ad una dichiarazione sostitutiva di atto notorio). Ambito e diffusione delle dichiarazioni sostitutive: l'utilizzo del modello nell'epoca del COVID Lo strumento di semplificazione introdotto dal Legislatore – che ha segnato la scomparsa dell'atto di notorietà, ormai privo di utilità, e una sensibile riduzione del certificato «tradizionale» – vede il suo campo d'elezione nelle dichiarazioni di scienza da veicolare a terzi contenute in certificati, albi registri nonché relative a fatti notori, cioè palesi e nella sfera di diretta conoscenza del dichiarante. Ne restano escluse le dichiarazioni di impegno o di volontà, che consistono in manifestazioni di volontà circa il fare o non fare, in un futuro prossimo o remoto, qualcosa, (eccezion fatta qualora previste in bandi di concorso per ottenere un determinato provvedimento da una pubblica amministrazione), le accettazioni di incarichi e le rinunce ai medesimi (Fiorillo, Lombardi). Su questa falsariga, nel silenzio della legge, si è cercato in dottrina di perimetrare in via interpretativa i limiti di utilizzo delle dichiarazioni sostitutive, provando a desumerli dalle loro caratteristiche sostanziali ed operando in modo da contemperare l'esigenza di evitare approdi troppo limitanti dell'applicazione dell'istituto in parola con l'esigenza di non ampliare lo spettro di utilizzo di quest'ultimo fino a consentire la comprovabilità di qualsiasi circostanza, anche non altrimenti verificabile; infatti tale lettura porterebbe a dubitare della compatibilità delle disposizioni in parola quanto meno coi principi costituzionali di legalità e ragionevolezza (Lazzara, 205). In tale prospettiva, assumendosi l'oggettiva comprovabilità delle circostanze autocertificate quale limite per l'operatività delle dichiarazioni sostitutive, la giurisprudenza, con approccio casistico, si è pronunciata in varie fattispecie sul perimetro applicativo delle autocertificazioni. Così, sul presupposto secondo cui l'autocertificazione costituisce solo una modalità di semplificazione procedimentale, si è avuto modo di ritenere che essa non possa sostituire atti non riconducibili a mere attestazioni, la cui acquisizione sia prevista a fini di diretta valutazione di contenuto da parte dell'Amministrazione stessa (nella specie si trattava di titoli artistico-culturali e professionali, di cui si chiedeva allegazione nel caso di specie; titoli che, a partire dalle pubblicazioni scientifiche, non possono certo essere oggetto di apprezzamento, in base alla mera elencazione fornita dall'interessato) (Cons. St. VI, n.4195/2011). Nello stesso senso, in relazione alla prova dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi relativi al servizio di trasporto di infermi, si è ritenuto che possono essere oggetto di autocertificazione solo le caratteristiche del mezzo di trasporto, trattandosi di dati tecnici nella sfera di conoscenza del dichiarante ma che detta autocertificazione non può essere ritenuta equivalente o meglio sostitutiva dell'autorizzazione regionale richiesta (T.A.R. Lazio, Roma III, n.4401/2009). Con riferimento al DURC, su cui si richiama quanto già diffusamente illustrato nel commento all'art. 40) – a fronte di un orientamento volto ad affermare la sua non autocertificabilità, in quanto atto recante valutazioni qualitative sulla regolarità della posizione fiscale del dichiarante, di esclusiva competenza dell'amministrazione – è successivamente prevalso il più coerente rientamento giurisprudenziale volto a ritenere il DURC ricomprensibile fra i certificati di cui all'art. 46, comma I, lett. p ) («assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto»), sostituibili con una dichiarazione sostitutiva, fermo l'obbligo per l'amministrazione della sua acquisizione ai sensi dell'art. 44-bis d.P.R. n. 445/2000 (Cons. St. V, n.3231/2013). Per converso, si sono ritenuti ricompresi nel perimetro delle autocertificazioni: 1) i dati, i requisiti e le certificazioni richiesti per la SCIA/DIA (T.A.R. Veneto, Venezia II, n.1060/2020); 2) le dichiarazioni sostitutive, attestanti l'assenza di misure di prevenzione antimafia, le quali, decorso il termine di 30 giorni dalla consultazione della banca dati nazionale da parte del Prefetto, possono giustificare l'adozione dei provvedimenti di aggiudicazione degli appalti (T.A.R. Basilicata, Potenza I, n.342/2017); 3) le dichiarazioni necessarie per fruire delle agevolazioni per l'acquisto della prima casa di abitazione prescritte dalla normativa fiscale, rese al momento della richiesta di registrazione della sentenza, nel caso di acquisto per effetto di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. (Cass., sez. trib., n.5349/2020); 4) le dichiarazioni, rese dal creditore e attestanti la non avvenuta riscossione di quanto dovuto e altri dati e documenti inerenti al pagamento, pena l'impossibilità di ottenere dalla P.A. debitrice il pagamento e di agire in via esecutiva ai sensi della legge Pinto (cfr. art. 5- sexies, l. n. 89/2001) (T.A.R. Campania, Napoli VI, n. 1917/2018); 5) l'attestazione relativa alla sussistenza dei presupposti per l'ottenimento della sanatoria edilizia, ferma restante la responsabilità penale per l'ipotesi di mendacio, nonché l'obbligo della P.A. di revocare il provvedimento ottenuto e di presentare le denunce previste dalla legge (T.A.R. Campania, Napoli IV, n.4636/2016); 6) l'attestazione dei requisiti per l'assegnazione di un alloggio di edilizia popolare, fermo il potere di controllo dell'amministrazione (T.A.R. Lombardia, Milano IV, n.2194/2019). Sotto il profilo legislativo, come già anticipato in sede di commento all'art. 2, si è registrata una tendenza ad ampliare più possibile lo spettro di applicazione delle autocertificazioni a tal punto che, come evidenziato in dottrina, esse hanno assunto un ruolo sempre più centrale nel sistema dei rapporti tra privati e amministrazioni fino a travalicare l'originaria funzione surrogatoria delle «certificazioni» amministrative e degli «atti di notorietà» per assumere quella di «supplire» alle inefficienze dei poteri pubblici, implicando di fatto il trasferimento in capo ai privati della responsabilità di ricostruire e valutare un quadro normativo e tecnico spesso farraginoso e complesso (M. A. Sandulli, 182). Fra le norme che si pongono nell'ambito di tale tendenza ampliativa vi è, innanzitutto, l'art. 18, comma 3- bisl. n. 241/1990, introdotto dall'art. 12, comma 1, lett. h), n. 2), d.l. n. 76/2020 conv. in l. n. 120/2020. Tale norma, stabilizzando il contenuto di un'analoga previsione temporanea già contenuta nell'art. 264, comma 1, lett. a) del d.l. n. 34/2020 conv. in l. n. 77/2020, sancisce in via generalizzata, per i procedimenti ad istanza di parte, aventi ad oggetto l'erogazione di benefici economici, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni, da parte di pubbliche amministrazioni ovvero il rilascio di autorizzazioni e nulla osta comunque denominati, la sostituzione di ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento con le dichiarazioni sostitutive, fermo restante il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al d.lgs. n. 159/2011. Nello stesso senso, si consideri l'art. 20, comma 2- bisdella l. n. 241/1990, come novellato dall'art. 62, comma 1, d.l. n. 77/2021, conv. in l. n. 108/2021, che ha introdotto la possibilità per il cittadino di autodichiarare, nelle forme delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, il perfezionamento della fattispecie del silenzio assenso previsto dall'art. 20 stesso; in particolare, nei casi in cui si è formato il silenzio assenso, l'amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell'intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo. Ove l'amministrazione rimanga inerte dieci giorni dalla formulazione della richiesta di attestazione da parte del privato, l'attestazione stessa è sostituita da una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà da parte di quest'ultimo. In questo caso l'istituto dell'autodichiarazione viene utilizzato per valorizzare il silenzio significativo con un atto che non ha sicuramente valore provvedimentale ma ha i caratteri della mera certificazione dell'esistenza di una posizione giuridica abilitativa già costituita, atteso che il privato è abilitato dalla decorrenza dei termini del procedimento. La peculiarità della fattispecie in esame consiste nell'introduzione di una sorta di silenzio‐assenso derivato, in quanto destinata ad operare nel caso del silenzio sull'attestazione dell'amministrazione circa la maturazione della fattispecie assentiva, cioè una sorta di silenzio sul silenzio. In questo quadro, la nuova disposizione, quindi, aggiunge un elemento di certezza giuridica al formarsi del silenzio assenso. Difatti, da un lato, l'amministrazione sarà edotta e consapevole dell'avvenuto consolidarsi della fattispecie assentiva e, dall'altro, i privati saranno confortati da un atto (la certificazione della mancata risposta formale) dell'avvenuta autorizzazione tacita che non sarà più affidata alla semplice assenza di riscontro nel termine di legge, ma sarà certificata da un atto dichiarativo di tale inesistenza. Su tali basi, ove si consideri la disposizione in esame congiuntamente con quanto previsto dall'art. 30-bis d.l. n. 76/2020, si coglie appieno la ratio della stessa con riferimento all'esigenza di garantire la certezza delle relazioni giuridiche e la piena spendibilità sul mercato di titoli abilitativi che, essendosi formati per silentium, incontrano difficoltà ad essere accettati soprattutto da banche e operatori privati cui il cittadino si rivolge per chiedere benefici finanziario o prestiti per avviare le attività abilitate con il silenzio assenso; l'introduzione di una attestazione dell'amministrazione sulla formazione del provvedimento rende ancor più fruibili sul mercato, accrescendone la certezza, titoli abilitativi che sono immateriali. La novità è evidente: a) ove si raccordi tale disposizione con l'obbligo anche per i privati di accettare le autocertificazioni, salva la possibilità di controlli successivi da parte di questi ultimi che l'amministrazione è tenuta a consentire; b) ove si consideri che, prima della citata novella normativa, il privato avrebbe potuto soddisfare il proprio interesse ad attestare che si era comunque perfezionato un provvedimento amministrativo tacito, esclusivamente promuovendo innanzi al giudice amministrativo una azione di accertamento della formazione del silenzio assenso, ritenuta ammissibile dall'Adunanza Plenaria n. 15/2011. È stato, poi, in dottrina rilevato il ruolo decisivo attribuito alle autodichiarazioni nell'emergenza sanitaria COVID-19 (dimostrando tutta la loro debolezza e i loro rischi quando il dichiarante è stato chiamato a costruire, sotto la propria responsabilità, l'ignota nozione di «congiunto» introdotta dall'art. 29, d.P.C.M. 6 aprile 2020) e sono espressamente evocate anche dalle numerose disposizioni finalizzate a far fronte alle conseguenze sociali ed economiche di tale eccezionale e drammatica pandemia (M. A. Sandulli, 182). Ci si riferisce, fra l'altro, alle dichiarazioni sostitutive previste per comprovare il possesso dei requisiti per l'accesso alle singole misure agevolative previste dal d.l. n. 18/2020 (c.d. decreto cura Italia), conv. in l. n. 27/2020; a quelle previste per fruire della moratoria dei mutui e dei finanziamenti alle micro, piccole e medie imprese, ai sensi del d.l. n. 23/2020, (c.d. decreto liquidità), conv. in l. n. 40/2020; a quelle previste per l'accesso al Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese; a quelle previste dal d.l. n 34/2020, (c.d. decreto rilancio), per fruire della proroga agevolata del pagamento dei diritti doganali da parte delle imprese. In chiave connessa, il modello delle dichiarazioni sostitutive è venuto in rilievo nell'ambito della documentazione giustificativa, da esibire in caso di controlli, delle ragioni degli spostamenti eccezionalmente ammessi ai sensi dell'art. 1, comma 2 del d.l. n. 19/2020, nell'ambito di un generalizzato regime di divieto di spostamento per finalità contenitive dell'epidemia, inizialmente varato (in attuazione del d.l. n. 6/2020, conv. in l. n. 13/2020) con d.P.C.M. dell'8 marzo2020 per una parte del territorio Nazionale e poi esteso all'intero territorio con d.P.C.M. del 9 marzo2020. In particolare, posto il divieto di circolazione, derogabile per determinate causali, si è posto il tema delle modalità per comprovare la sussistenza di queste ultime in sede di controllo da parte delle autorità preposte. A tal fine si è fatto uso della Direttiva del Ministro dell'Interno ai prefetti, n. 14606 dell'8 marzo 2020 in cui, dato atto dell'imposizione in capo ai singoli interessati dell'onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni legittimanti lo spostamento (a pena di sanzioni penali all'inizio e di sanzioni amministrative successivamente), nella logica di responsabilizzazione dei singoli, ha ritenuto che tale onere potesse essere «assolto producendo un'autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000...resa anche seduta stante attraverso la compilazione dei moduli appositamente predisposti in dotazione agli operatori delle Forze di polizia e della Forza pubblica», con possibilità di verifica ex post della loro veridicità. In relazione a ciò, si è posta la questione delle conseguenze penali per il caso di falsa attestazione all'Autorità, da parte del privato, di uno spostamento in violazione delle misure restrittive imposte dalla normativa emergenziale. La questione sottende, sullo sfondo, il problematico inquadramento delle autodichiarazioni in esame nell'ambito delle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445/2000. In tal ottica si sono registrate varie pronunce di merito che hanno escluso l'applicabilità nella specie del reato di falso ideologico del privato in atti pubblici (art. 483 comma p.) con varie ragioni, su alcune delle quali, rilevanti nella specie, è opportuno soffermarsi. Così, il GIP di Milano, con sentenze 16 novembre 2020 e 12 marzo 2021, ha ritenuto non configurabile la condotta delittuosa prevista dall'art. 483 comma p. avendo, fra l'altro, ritenuto che mentre tale norma punisce la falsa attestazione di fatti, cioè di circostanze passate, nel caso delle autodichiarazioni COVID sono venute in rilievo intenzioni future (rectius manifestazioni di volontà in relazione ad eventi futuri), cioè l'intenzione del dichiarante di recarsi presso un determinato luogo, poi rivelatasi non corrispondente al vero. Alle medesime conclusioni in ordine alla non configurabilità di reati è pervenuto il GIP di Reggio Emilia con sentenza del 27 gennaio 2021, qualificando il divieto di spostamento nell'alveo delle misure restrittive della libertà personale, come tali bisognevoli delle garanzie previste dall'art. 13 Cost. e disapplicando il d.P.C.M. 8 marzo 2020 come atto amministrativo. Un'ulteriore pronuncia, cioè la sentenza del GUP Milano 2 marzo 2021 ha ritenuto l'insussistenza di reato, argomentando sull'assenza di un obbligo legale di dire la verità in ordine ai propri spostamenti; in particolare, attraverso il meccanismo dell'autodichiarazione – peraltro introdotto in un atto interno all'amministrazione come la direttiva – viene richiesto al cittadino di esercitare il proprio diritto di difesa al momento della contestazione, con profili di criticità rispetto al diritto al silenzio e alle garanzie procedimentali previste in materia di illecito amministrativo. In realtà il comune filo conduttore delle pronunce attiene proprio l'idoneità in caso di falso nelle autodichiarazioni COVID ad integrare i reati previsti dall'art. 483 comma p. e 76 del TUDA, ciò che suppone la loro ricomprensibilità nel novero oggettivo delle dichiarazioni di cui agli artt. 46 e 47. Se così è, assume rilievo centrale la questione ermeneutica del problematico inquadramento delle autodichiarazioni COVID 19 all'interno delle dichiarazioni sostitutive. Al proposito – premesso che il richiamo agli artt. 46 e 47 non è sancito in un atto normativo bensì è frutto di un atto di qualificazione compiuta nella Direttiva ministeriale – in dottrina sono state sollevate varie argomentazioni nel senso della loro estraneità al sistema delle autocertificazioni. Così, da una parte si è rilevato che le giustificazioni addotte in sede di autodichiarazioni COVID 19 previste dall'art. 1 comma 2 d. l. n. 19/2020 non sembrano essere né certificazioni né atti di notorietà e quindi, a livello logico e strutturale, non si comprende come possano essere attestate con dichiarazioni sostitutive. Difatti, si è osservato che tali giustificazioni non sono certificazioni e non sono riconducibili ad alcuna delle ipotesi previste dall'art. 46 TUDA; né tanto meno esse sembrano assimilabili agli atti di notorietà ex art. 47 TUDA, atteso che gli stati, le qualità e i fatti oggetto di un atto notorio (e quindi nella dichiarazione sostitutiva del medesimo) riguardano elementi statici che già esistono e precedono (si sono già compiuti e verificati) il momento di formazione dell'atto mentre le giustificazioni hanno ad oggetto semplicemente un fatto in itinere, che si sta svolgendo nel momento del controllo di polizia. Si considerino, a titolo d'esempio, a) l'attestazione di limitatezza dello spostamento nel tempo e nello spazio, in relazione alla quale il cittadino è chiamato ad attestare impropriamente quali erano le proprie intenzioni di spostamento e non già un fatto ma una valutazione opinabile sul concetto di limitatezza; b) l'attestazione che lo spostamento individuale è motivato da esigenze lavorative, con riferimento alla quale il cittadino è chiamato ad attestare impropriamente quali erano le proprie intenzioni di spostamento e non già fatti, bensì «esigenze» lavorative che poi vengono rimesse alla valutazione discrezionale della polizia; c) l'attestazione che lo spostamento individuale è motivato da situazioni di necessità o urgenza, con riguardo alla quale il cittadino è chiamato ad attestare impropriamente quali erano le proprie intenzioni di spostamento ed una valutazione (e non un fatto) opinabile sul concetto di necessità o urgenza; d) l'attestazione che lo spostamento individuale è motivato da motivi di salute, in relazione alla quale il cittadino è chiamato ad attestare impropriamente quali erano le proprie intenzioni di spostamento ed una valutazione (e non un fatto) opinabile sul concetto di «motivi di salute»; e) l'attestazione che lo spostamento individuale è motivato da altre specifiche ragioni, con riferimento alla quale il cittadino è chiamato ad attestare impropriamente quali erano le proprie intenzioni di spostamento e non già fatti bensì «altre specifiche ragioni» che vengono rimesse alla totale valutazione discrezionale della polizia. Si conclude che gli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445/2000 non sembrano strutturalmente applicabili alle giustificazioni previste dall'art. 1 comma 2 d.l. n. 19/2020 (Ludovici, 8 e 9). Altra dottrina al medesimo fine ha valorizzato la circostanza per cui le autodichiarazioni COVID 2019 non si inseriscono nell'ambito di un rapporto con la pubblica amministrazione, come postulato in tutte le norme del Capo III del TUDA (I. Taccola, 7 e ss.). Altra dottrina, invece, ha enfatizzato la non riconducibilità dei fatti da comprovare né nell'elenco recato dall'art. 46 né tanto meno nell'alveo dell'art. 47, mancando il requisito della pubblicità della notizia e trattandosi di fatti tutti privati per loro natura (Lombardi). Altra dottrina, è giunta al medesimo approdo facendo perno sulla eterogeneità della nomenclatura adottata in relazione alle autocertificazioni COVID 19 (definite ora autodichiarazioni e ora autocertificazioni) ma soprattutto sull'elemento di estraneità rispetto agli artt. 46 e 47 rappresentato dalla necessità della firma prevista sul modulo sia da parte del dichiarante che da parte dell'operatore di polizia. Si è, così, ritenuto che tale circostanza cozzi contro la natura della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, che è atto esclusivo del privato che non abbisogna di essere autenticata dal pubblico ufficiale. Su questa falsariga, si è ritenuto di poter ricomprendere il documento di autodichiarazione controfirmato nell'alveo dell'autorizzazione amministrativa, quale provvedimento che rimuove un limite predisposto dalla legge per motivi di pubblico interesse. Nel caso di specie la controfirma del pubblico ufficiale perfeziona l'atto amministrativo e rimuove quel limite alla mobilità fissato con legge per motivi di pubblico interesse. Infatti l'operatore su strada acquisisce l'autodichiarazione, ne verifica i presupposti e, una volta acclarato che le ragioni della mobilità sono quelle previste, ne autorizza lo spostamento controfirmando il documento che a questo punto può essere considerato come una vera e propria istanza di mobilità (Costantini). Sotto un profilo connesso, non è, infine, mancato chi ha rilevato come: a) l'obbligo di compilazione cartacea dell'autocertificazione da coronavirus non solo si sia posto in netto contrasto con la disciplina che autorizza, invece, il deposito della autocertificazione o dichiarazione sostitutiva in versione digitale (art. 20 CAD, cit.), ma anche si sia posto in netta controtendenza con gli altri (pochi) paesi europei in cui è stata prevista la necessità di un'autocertificazione per circolare; b) la maggior parte dei paesi dell'area europea, infatti, non abbia previsto la necessità, per i rispettivi cittadini, di sottoporre ciascun loro spostamento a una previa auto-dichiarazione; c) tra i paesi in cui tale obbligo è stato previsto, l'Italia risulti quello che ha sottoposto i propri cittadini all'aggravio burocratico maggiore (ad es. in Francia, per esempio, è stato messo a disposizione dei cittadini, sul sito del ministero dell'Interno, un generatore automatico di autocertificazione digitale provvista di codice Qr che non richiede neanche la firma digitale). Tutto ciò a dimostrazione del fatto che la mancata piena digitalizzazione dell'Amministrazione costituisca una delle principali cause della incompleta e parziale attuazione dei principi di autocertificazione e decertificazione (A. Giurickovic Dato). Tutto ciò premesso ad una diversa ricostruzione, che conduca all'inclusione delle autodichiarazioni COVID 19 alle dichiarazioni sostitutive si può pervenire considerando: 1) il tenore generalizzante e residuale dell'art. 47, comma 3 del TUDA, che consente di utilizzare lo schema della dichiarazione sostitutiva di atto notorio per tutti i fatti, gli stati e le qualità personali diversi da quelli enumerati all'art. 46, con il limite della comprovabilità degli stessi; 2) la comprovabilità del contenuto delle circostanze dichiarate, tanto è vero che l'accertamento della loro difformità dal vero ha determinato l'insorgere in sede penale della disputa in precedenza tratteggiata; 3) la naturale e fisiologica attitudine delle richiamate autodichiarazioni ad essere utilizzate nei rapporti con le Autorità di Pubblica Sicurezza officiate del controllo sul rispetto dei divieti di spostamento (e quindi pur sempre con plessi amministrativi). Rilevanza delle dichiarazioni sostitutive. È affermazione giurisprudenziale consolidata che le dichiarazioni sostitutive – quale modulo di semplificazione procedimentale e salvo il successivo controllo da parte dell'amministrazione – esauriscono la loro rilevanza nel procedimento amministrativo, senza alcuna rilevanza probatoria in ambito processuale (sull'argomento si veda il commento all'art. 2). In questo senso, in dottrina si è rilevato che, a fronte del rilascio di una dichiarazione sostitutiva di certificazione, si porrebbe in capo all'amministrazione procedente l'obbligo di non discostarsi dalla dichiarazione del privato senza averne provato la non veridicità. In altri termini, l'amministrazione non può mettere in dubbio la veridicità della dichiarazione del cittadino, senza aver prima effettuato i controlli previsti dalla normativa, con la conseguenza che l'azione della p.a. rimane fortemente vincolata al contenuto delle dichiarazioni sostitutive fin tanto che questo non sia stato confutato. Ciò sulla base dell'obbligo di agire con lealtà e correttezza, oggi positivizzato nell'art. 1, comma 2-bis, l. n. 241/1990, come novellato dal d.l. n. 76/2020, conv. in l. n. 120/2020 (c. d. decreto sviluppo). Alla luce di ciò, si è pervenuti ad individuare il limite delle dichiarazioni sostitutive nel valore della certezza, risultando non percorribili soluzioni che portino a ritenere tali forme di semplificazione utilizzabili anche per comprovare la sussistenza di fatti non verificabili dall'amministrazione procedente e dunque immutabili (Donato, 65 e ss.). Le precedenti conclusioni hanno trovato sostanziale conferma in giurisprudenza. In particolare, in una fattispecie in tema di assegnazione alloggi, il giudice ha ritenuto passibile di censura l'operato della commissione per l'assegnazione degli alloggi, affermando che in presenza di dichiarazioni sostitutive degli interessati attestanti la situazione reddituale di costoro, deve, ove le ritenga inattendibili (e quindi voglia discostarsene), fondare le proprie diverse determinazioni su concreti elementi di valutazione che siano idonei a provare il contrario di quanto affermato nelle suddette dichiarazioni (T.A.R. Campania, Napoli II, n.405/1999). La giurisprudenza ha, poi, ritenuto viziato da eccesso di potere il provvedimento che, senza previo controllo, si sia discostato da quanto dichiarato dal privato, ritenendo in ordine ad una procedura concorsuale che l'inerzia procedimentale acquista l'obiettivo significato di acquiescenza per facta concludentia alle risultanze della domanda di partecipazione del privato (T.A.R. Campania, Napoli V, n.17852/2005). Non è mancato un caso in cui, per contro, è stato ritenuto legittimo il provvedimento emesso da un comune che, in presenza di dichiarazioni contrastanti rese dallo stesso soggetto, pur non procedendo ai controlli, ha ritenuto le stesse mendaci, escludendolo così dalla graduatoria per l'assegnazione di alloggi popolari (T.A.R. Lombardia, Milano II, n.1054/2006). Elementi essenziali delle dichiarazioni sostitutive. Fra gli elementi essenziali di entrambe le tipologie dichiarazioni sostitutive, rilievo notevole riveste innanzitutto la sottoscrizione. Sul punto la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che la necessità della sottoscrizione delle dichiarazioni sostitutive discende dai principi generali sulla fonte delle responsabilità, anche di ordine penale, derivanti dalla falsità dell'atto: se il modello di autocertificazione non è sottoscritto, il medesimo non ha nessun significato, non solo giuridico, ma neanche logico, dato che ne viene meno la stessa riconoscibilità esteriore come forma di autocertificazione, per cui si configura l'ipotesi di omessa presentazione (Cons. St. VI, n.2548/2013;Cons. St. V., sent. n.621/1997). Si tratta di una mancanza insanabile in quanto afferisce non già alla categoria delle irregolarità e delle incompletezze, bensì funditus a profili d'identificazione dei documenti prodotti dalle parti (Cons. St. V, sent. n.3685/2002). Con riguardo alle sole dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, poi – come già diffusamente argomentato al par. 3.1 del commento all'art. 38 – altro elemento essenziale è rappresentato dall'allegazione alla dichiarazione stessa di un valido documento di identità; ciò sia a fini di autoresponsabilità (in relazione alla comminatoria penale riconnessa al caso di dichiarazione mendace) sia al fine dell'imputabilità allo stesso della dichiarazione resa. Venendo agli elementi di natura sostanziale, viene in rilievo l'elemento relativo alla componente contenutistica soggettiva e oggettiva delle dichiarazioni sostitutive. Sul punto la giurisprudenza è dell'avviso che l'intero sistema della documentazione amministrativa, imperniato sulla sostituzione di un certificato o di un atto di notorietà con altrettante dichiarazioni rese dall'interessato, poggi sui due fondamentali principi dell'autoresponsabilità del dichiarante e dell'equivalenza funzionale delle suddette dichiarazioni rispetto ai certificati o agli atti sostituiti. In base a ciò, una dichiarazione può ritenersi valida ed efficace solo se essa rispetti – oltre alle formalità estrinseche prescritte dall'ordinamento (essenzialmente dirette a rendere incontrovertibile la paternità di una determinata dichiarazione) – anche il canone dell'autosufficienza contenutistica rispetto al documento o all'atto sostituito. Pertanto, una dichiarazione sostitutiva, ivi incluse quelle complesse (ossia risultanti dalla combinazione in vario modo di un'autocertificazione e di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà), potrà tener luogo della certificazione o dell'atto pubblico, solo quando essa sia in grado di veicolare tutti i dati contenuti nei documenti pubblici sostituiti e, soprattutto, quando essa risulti idonea, da sola, a soddisfare – esattamente al pari degli atti e dei certificati sostituiti – le medesime esigenze informative manifestate dalle amministrazioni richiedenti (Cons. St. V,n.7130/2019;Cons. St. V, n.1210/2006). Il criterio accolto è quello, di matrice sostanzialistica, della corrispondenza fra il nucleo fondante del contenuto della documentazione da surrogare e la portata sostanziale della dichiarazione sostitutiva, potendo eventuali incompletezze su tale profilo essere suscettibili di regolarizzazione. Su questa falsariga, può comprendersi tanto la posizione volta a ritenere sufficiente l'attestazione da parte del dichiarante del possesso dei requisiti che risulterebbero dal certificato sostituito e superflua la riproduzione di tutti i dettagli il contenuto del certificato medesimo (Cons. St. VI, n.6318/2000), quanto quella volta a ritenere, in materia di appalti dove più forti si pongono le esigenze del rispetto della par condicio, l'insufficienza di una dichiarazione sostitutiva che si limiti ad indicare genericamente il possesso dei requisiti richiesti dal bando, senza alcun riferimento ai singoli requisiti da soddisfare (T.A.R. Sicilia, Catania I, n.161/2010). Ancora, sempre in relazione alla portata sostanziale delle dichiarazioni, si è posta in giurisprudenza la questione della loro validità nel caso in cui l'interessato corregga il loro tenore con la formulazione «per quanto a conoscenza». Sul punto si sono registrati in giurisprudenza orientamenti di segno diverso. Così, un orientamento più rigoristico ha ritenuto tamquam non esset la dichiarazione rilasciata con la citata formulazione, in quanto verrebbe a mancare nella specie una vera e propria assunzione di responsabilità che caratterizza le dichiarazioni sostitutive e rende ragione dell'affidamento che l'amministrazione è chiamata a riporvi (Cons. St. V, n.375/2009). Un ulteriore orientamento, più attento alla singolarità delle vicende oggetto di giudizio, ha ritenuto non viziante l'apposizione della formulazione in esame in tutti i casi in cui il legale rappresentante comprovi le circostanze che rendono impossibile (ad es. in caso di decesso) o eccessivamente gravosa (ad es. in caso di irreperibilità, o immotivato rifiuto) la produzione della dichiarazione da parte dei soggetti interessati (amministratori già cessati dalla carica in relazione all'insussistenza di cause d'esclusione dall'appalto). In tali casi, tutti relativi a fattispecie di evidenza pubblica, pur essendo preferibile la dichiarazione proveniente dall'interessato, il legale rappresentante in carica può produrre anche una dichiarazione sostitutiva ex art. 47, comma 2, qualora sia impossibile o eccessivamente gravoso acquisire la dichiarazione del legale rappresentante cessato dalla carica relativa all'insussistenza di cause d'esclusione. In particolare, l'espressione in esame può trovare giustificazione, fra l'altro, nel rilievo che la dichiarazione resa riguarda persone cessate dalla carica, in ordine alle quali non è – comunque – riscontrabile un onere di vigilanza della società in ordine a condotte poste in essere nel periodo in cui si era esaurito il precedente rapporto (T.A.R. Lazio, Roma I-bis, n.32377/2010; det. AVCP n. 1/2010). Ancor più avanti si è spinto un ulteriore orientamento, volto a propendere per il carattere ininfluente dell'espressione “per quanto di propria conoscenza” atteso che, ove una dichiarazione risulti resa ai sensi dell'art. 47 del TUDA, la stessa di per sé impegna il dichiarante, con le connesse conseguenze a titolo di responsabilità a carico di quest'ultimo nei casi in cui emergano negligenze o trascuratezze. A riprova di ciò si consideri anche l'espresso richiamo – nella dichiarazione sostitutiva – alla consapevolezza delle “sanzioni penali previste dall'art. 76 del medesimo d.P.R. per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci ivi indicate”. Ne consegue l'inidoneità della formulazione in esame ad inficiare la serietà dell'impegno assunto dal legale rappresentante con la dichiarazione sostitutiva, rimanendo egli comunque vincolato e responsabile in caso di negligenze e trascuratezze (T.A.R. Lazio, Roma I, n.8711/2013). Quanto alla componente soggettiva del contenuto delle dichiarazioni sostitutive – nel rimandare alle considerazioni e ai riferimenti già compiuti al par. 2.2 in merito alla utilizzabilità del modello della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà per fatti, stati e qualità di terzi nella sfera di conoscenza del dichiarante – la giurisprudenza, in materia di evidenza pubblica, ha ritenuto valide le dichiarazioni rese dal legale rappresentante delle imprese concorrenti in relazione ai soggetti cessati dalle cariche sociali, ritenendo legittima la loro identificazione per relationem (cioè con riferimento alla carica rivestita e come tali compiutamente identificabili attraverso registri e banche dati (Cons. St. IV, n.140/2015;Cons. St. IV,n. 5497/2014;Cons. St., IV, n.1646/2012,Cons. St. V, n.3686/2011;T.A.R. Lombardia, Milano, n.959/2011). Con riguardo, infine, alla rilevanza del richiamo, nell'ambito delle dichiarazioni sostitutive, alle sanzioni penali previste per il caso di mendacio, a fronte di un orientamento più rigoroso, volto a ritenere necessaria tale componente in quanto funzionalizzata a presidiarne la serietà delle dichiarazioni stesse (T.A.R. Sicilia, Palermo I, n.70/2011), nettamente prevalente è in giurisprudenza quello sostanzialista, volto a propendere per la sua irrilevanza; ciò in quanto: 1) il richiamo all'art. 76, d.P.R. n. 445/2000 è privo di una reale utilità, atteso che si applicano le sanzioni per falsa dichiarazione a prescindere dal loro espresso richiamo in sede di dichiarazioni; 2) il precetto contenuto nell'art. 48 del medesimo decreto, volto a richiedere l'inserimento, nella modulistica predisposta per rendere le dichiarazioni sostitutive del richiamo alle sanzioni penali in materia, è rivolto alle amministrazioni (Cons. St. III, n.3146/2013;Cons. St. V, n.1665/2008;T.A.R. Toscana, Firenze I, n.569/2012; T.A.R. Lazio,RomaII, n. 5043/2008). Disposizioni generali sulle dichiarazioni sostitutive.L'art. 48 del TUDA contiene alcune disposizioni generali concernenti le dichiarazioni sostitutive e prevede una serie di misure per agevolare l'utilizzo di tale strumento. La disposizione, come evidenzia la sua stessa rubrica, va riferita sia alle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà (art. 47) che alle autocertificazioni (art. 46). Nel dettaglio, il comma 1 dell'art. 48 introduce il principio, coerente con la funzione surrogatoria delle autocertificazioni, di simmetria fra validità temporale di queste ultime e quella degli atti sostituiti. Il Legislatore, dunque, ha completato il disposto degli art. 46 e 47 facendo seguire alla parificazione contenutistica delle dichiarazioni sostitutive ai certificati anche quella temporale. Ne consegue che la validità temporale risulta: i) illimitata, qualora le dichiarazioni sostitutive si riferiscano a stati, fatti o qualità attestabili con certificazioni o atti non soggetti a modificazioni; ii) di sei mesi, quando le dichiarazioni sostitutive si riferiscano a stati, fatti o qualità suscettibili di variazione; iii) ulteriore a sei mesi, in caso di certificati anagrafici, certificazioni dello stato civile, estratti delle copie integrali degli atti di stato civile scaduti, attraverso la dichiarazione dell'interessato, apposta in calce, di conferma dei predetti dati (v. A. Barbiero, 20). Il comma 2, allo scopo di agevolare l'utilizzo e la diffusione di questo importante strumento di semplificazione documentale, impone alle amministrazioni l'obbligo di predisporre una modulistica ad hoc, che sia rispettosa di tutti i requisiti di legge. Si tratta di una disposizione collegata con un fil rouge alla legislazione semplificatrice della prima metà degli anni Duemila, volta ad introdurre l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di mettere a disposizione e pubblicare anche i modelli di istanze e richieste relative a procedimenti di loro competenza, nonché di specificare la documentazione da produrre in relazione a ciascun procedimento. In questo senso, è il caso di puntualizzare come l'uso di una modulistica ben strutturata sia fondamentale per la piena ed effettiva attuazione del principio di semplificazione in un duplice senso: – innanzitutto in quanto consente l'impiego dell'autocertificazione anche a coloro che non sono a conoscenza delle relative norme e quindi delle possibilità di avvalersi di tale strumento; – in secondo luogo, in quanto razionalizza l'eventuale attività di controllo, consentendo quindi di snellire anche i successivi adempimenti di competenza dell'amministrazione procedente e di quella certificante. Come evidenziato in dottrina, con tale previsione il Legislatore ha posto in essere un corredo dispositivo, che consente di snellire tutti gli adempimenti di competenza dell'amministrazione procedente e che semplifica enormemente l'attività documentale del singolo, il quale trova ausilio redazionale nella modulistica a sua disposizione (v. Aa.Vv., 210). Sul punto è il caso di evidenziare che, malgrado il tenore del comma in esame volto a ritenere l'impiego della modulistica come facoltativo per i privati, non sono mancate pronunce giurisprudenziali che hanno ritenuto illegittime le autocertificazioni presentate con modalità differenti dalla modulistica predisposta dagli uffici della p.a. In particolare, è stata confermata la legittimità dell'esclusione da una graduatoria di un partecipante che non aveva utilizzato una specifica modulistica «anche se quest'ultima presenta alcune diciture non più attuali in relazione all'entrata in vigore del d.P.R. n. 445/2000» (T.A.R. Puglia, Lecce II, n. 3423/2004). Diversamente e in un senso più condivisibile si è avuto modo di ritenere in una gara d'appalto in cui è stata ritenuta illegittima l'esclusione di un concorrente che, indotto in errore dalla modulistica predisposta dalla stazione appaltante, ha omesso una dichiarazione prescritta perché essa non era ricompresa nel facsimile messole a disposizione (Cons. St. VI, n.7278/2004). Infine, il legislatore, al comma 3 dell'articolo in esame ha stabilito che, in tutti i casi in cui non sia prevista la possibilità di porre in essere una dichiarazione sostitutiva, i pubblici uffici debbano consegnare ai cittadini un facsimile per la predisposizione delle relative istanze. Limiti all'utilizzo delle autocertificazioni.L'art. 49, in sostanziale continuità col tenore dell'art. 10, comma 1, d.P.R. n. 403/1998, da un lato pone dei limiti all'utilizzo di documenti che siano sostitutivi rispetto alle certificazioni e dall'altro prevede uno snellimento della procedura di acquisizione di una determinata tipologia di certificato sanitario. Il comma 1 dell'art. 49 del d.P.R. n. 445/2000 stabilisce che è inibito il ricorso alle dichiarazioni sostitutive nei casi di produzione di certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o brevetti. In giurisprudenza si è ricostruita la ratio della normativa, facendo riferimento all'esigenza di garantire l'autenticità dei documenti emessi in alcuni delicati settori, per cui «il principio di semplificazione recede di fronte all'interesse pubblico alla salvaguardia della fede pubblica, ossia dell'affidamento della collettività sulla genuinità e veridicità di alcune limitate categorie di atti, con riguardo alla loro provenienza ed al loro contenuto» (T.A.R. Lombardia, Brescia I, n. 1151/2004). La ratio dell'inclusione tra i certificati non sostituibili delle attestazioni CE sarebbe, invece, rintracciabile nella varietà dei soggetti certificatori e nella rilevanza tecnica degli elementi in base ai quali vengono rilasciate; il che comporta per i certificati di conformità CE l'assoluta e prudenziale sottoposizione a quanto disposto dall'articolo in commento, trattandosi, peraltro, di atti certificativi di speciali qualità del prodotto verificate in base ad articolati processi elaborati da soggetti terzi (v. A. Barbiero, 29). Con riferimento all'autocertificabilità delle certificazioni di qualità, si è registrata un'evoluzione delle posizioni giurisprudenziali. Così, un orientamento iniziale ha predicato l'insussistenza dell'obbligo per l'amministrazione di inserire nel bando la previsione che consente la possibilità di comprovare il possesso della certificazione di qualità Uni ISO 9000, mediante dichiarazione sostitutiva. Ciò in quanto «alla stregua dell'art. 49 d.P.R. n. 445/2000 il certificato di conformità Ce, quale quello che viene in rilievo nel caso di specie, va fatto rientrare nella categoria dei documenti esclusi dall'autocertificazione». Inoltre «l'art. 19 d.P.R. n. 445/2000, nel prevedere la modalità alternativa dell'autocertificazione sostitutiva, si riferisce ad atti e documenti conservati o rilasciati da una p.a., mentre la certificazione di qualità è rilasciata da un soggetto privato ancorché abilitato dalla legge, che non detiene l'originale ma rilascia l'unico attestato al richiedente, il quale solo può documentarne il possesso effettivo in sede di verifica» (T.A.R. Veneto, Venezia n.67/2005). Tale orientamento è stato, tuttavia, superato da una moltitudine di pronunce volte a ritenere autocertificabili anche le certificazioni di qualità o in quanto titolo di «qualificazione tecnica» ai sensi dell'art. 46, comma 1, lett. n) TUDA ovvero con il meccanismo della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell'art. 47 del TUDA, escludendo quindi dette certificazioni dall'ambito dell'art. 49 del medesimo decreto (Cons. St. V,1790/2007; VI, n. 121/2007). In linea generale, la ratio semplificatrice del TUDA e l'ampiezza del tenore degli art. 46 e 47 del medesimo decreto inducono ad interpretare l'art. 49, recante le esclusioni dall'autocertificazione, in modo stretto e tassativo, come norma eccezionale ai sensi dell'art. 14 disp. prel. c.c., come tale non applicabile se non nei casi espressamente considerati. L'art. 49, comma 1 prosegue facendo salve, dopo aver enumerato le esclusioni, tutte le discipline speciali afferenti a determinati settori fra le quali si segnalano: a) la produzione, da parte dei soggetti portatori di handicap, di autocertificazioni concernenti l'esistenza dei requisiti necessari ai fini dell'adozione dei provvedimenti amministrativi o dell'acquisizione di benefici economici, prestazioni sanitarie ed agevolazioni fiscali o tributarie disciplinati dall'art. 39 della l. n. 448/1998; b) la presentazione dell'autocertificazione a fini scolastici che attesti l'avvenuta effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie, ex art. 1, d.P.R. n. 355/1999. La disciplina in commento si chiude con il comma 2, il quale mitiga in parte la rigidità di cui al precedente comma, prevedendo la possibilità che la certificazione ai fini scolastici per l'accesso alle attività non agonistiche possa essere rilasciata, non più dalla AUSL competente per territorio, ma dal medico di medicina generale nelle cui liste è iscritto il soggetto richiedente. Come evidenziato in dottrina, in quest'ultimo caso, sebbene il legislatore abbia escluso che per le certificazioni di natura medica possa essere utilizzata una dichiarazione sostitutiva, in ragione della delicata natura delle informazioni ivi contenute legate alla sfera della tutela della salute, ha, però, consentito l'utilizzo di un unico certificato medico di idoneità alla pratica sportiva non agonistica, peraltro redatto dalla struttura sanitaria che risulta di maggiore prossimità rispetto al paziente (v. Aa.Vv., 210). BibliografiaAa.Vv., La documentazione amministrativa, Milano, 2001, 196; Barbiero, L'autocertificazione. Regole e strumenti dal Testo Unico sulla documentazione amministrativa, Milano, 2002, 20; Bausilio, L'autocertificazione, profili giurisprudenziali, Padova, 2015; Bombardelli, Il testo unico delle disposizioni sulla documentazione amministrativa – commento, in Giornale di diritto amministrativo n. 7/2001, 664 e ss.; Costantini, Alcune considerazioni giuridiche sul modello normativo di contrasto alla epidemia/pandemia da covid-19. Le limitazioni al diritto di libera circolazione. Rapporti tra fonti del diritto. Il modello di autocertificazioni per giustificare la mobilità. direttive e circolari, in diritto.it, 30 marzo 2020; Della Torre, L'azione amministrativa, a cura di Italia, Milano, 2005, 1211 ss.; Donato, Le autocertificazioni tra «verità» e «certezza», Napoli, 2015; Fiorillo, Lombardi, La semplificazione amministrativa, in filodiritto.it, 9 marzo 2021; Giurickovic Dato, L'inattuazione dei principi di «autocertificazione» e «decertificazione» tra digitalizzazione ed emergenza, in ceridap.eu, 3 marzo 2021; Lazzara, Procedimento e semplificazione, Roma, 2005; Lo Bianco, Autocertificazione e organizzazione amministrativa, Milano, 1999, 56 ss.; Lombardi, Illegittimità dell'obbligo di giustificazione per uscire di casa, in primogrado.it, 26 marzo 2021; Ludovici, Riflessioni critiche sul sistema dell'autocertificazione, in Riv. giur. amb. dir. it., fasc. 1/2021; M. A. Sandulli, La semplificazione della produzione documentale mediante le dichiarazioni sostitutive di atti e documenti e l'acquisizione d'ufficio, in Principi e regole dell'azione amministrativa, Milano, 2020; Taccola, Autocertificazioni COVID 19 e reati di falso: le prime pronunce della giurisprudenza di merito, in rivista.camminodiritto.it, 30 marzo 2021. |