Legge - 24/11/1981 - n. 689 art. 13 - Atti di accertamento 1 .

Alessandra Petronelli

Atti di accertamento1.

Gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.

Possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.

È sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o del natante posto in circolazione senza essere coperto dall'assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato il documento di circolazione.

All'accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell'articolo 333 e del primo e secondo comma dell'articolo 334 del codice di procedura penale.

È fatto salvo l'esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti.

Inquadramento

La Sezione II della legge in commento (artt. 13-38) è rubricata «Applicazione» e si riferisce ai moduli procedimental-processuali della sanzione amministrativa pecuniaria.

Il procedimento sanzionatorio inizia con la fase di accertamento: per accertamento si intende l'avvenuta conoscenza, diretta o riferita, del fatto illecito da parte della P.A..

Si tratta di un'attività di natura sia certificativa che valutativa, in quanto l'agente operante non solo procede ad accertare la violazione in concreto verificatasi, ma ne fornisce una qualificazione giuridico-formale in termini di illecito.

L'art. 13 in commento individua, in particolare, i soggetti legittimati a compiere accertamenti, nonché gli atti utilizzabili a tal fine.

I soggetti

All'accertamento delle violazioni possono procedere «gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa», nonché «gli Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria»; in particolare, quest'ultima categoria è definita oggi dall'art. 57 del codice di procedura penale.

L'art. 57 c.p.p. individua i soggetti che appartengono alle forze di polizia giudiziaria: trattasi di coloro che sono preposti dalla legge a compiere attività investigativa, sia relativa all'accertamento dei reati, sia inerente l'acquisizione della notitia criminis.

Gli agenti o ufficiali di polizia municipale, in conformità alla regola generale stabilita dall'art. 13 della l. n. 689/1981 in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa su tutto il territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio e solo in ambito di esso (Cass. II, n. 5199/2007).

L'art. 13, inoltre, stabilisce che i soggetti legittimati, «possono, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica» e possono «procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del comma 1 dell'art. 333 e del comma 1 e 2 dell'art. 334 del codice di procedura penale».

Gli atti di accertamento

Nonostante l'elencazione prevista nella normativa, la categoria di atti di accertamento ammissibili è molto generica, e ciò rappresenta una problematica interpretativa della disposizione.

Gli atti di accertamento, comunque, possono rappresentare l'avvio del procedimento amministrativo sanzionatorio, poiché si prestano ad aprire la sequenza degli atti endo-procedimentali funzionalmente collegati in vista dell'emanazione del provvedimento finale di ingiunzione o archiviazione.

Invero, non ogni accertamento comporta l'apertura del relativo procedimento amministrativo sanzionatorio: in primo luogo, può accadere che gli organi preposti al controllo verifichino l'avvenuta osservanza delle disposizioni; inoltre, può succedere che gli agenti accertatori riscontrino anche la sussistenza di violazioni dotate di rilevanza penale, comunicando la relativa denuncia o notizia di reato all'autorità giudiziaria.

Lo stesso art. 13 della Legge in commento non richiede che l'attività di accertamento dell'illecito sia svolta con la necessaria partecipazione dell'interessato e ciò non incide sul diritto di difesa dell'interessato poiché tale diritto viene garantito sia dalla contestazione dell'illecito mediante la notificazione e sia dalla facoltà di controdedurre, in sede amministrativa, entro il termine di trenta giorni dalla contestazione.

Inoltre è, altresì, garantito il diritto di impugnare innanzi al giudice ordinario il provvedimento giurisdizionale che irroga la sanzione.

È chiaro che per la l. n. 689/1981 l'accertamento è solo prodromico all'emissione del provvedimento sanzionatorio vero e proprio, ossia dell'ordinanza – ingiunzione. Solo con l'adozione di quest'ultima, infatti, le sanzioni sono concretamente irrogate al trasgressore, che ha la possibilità di proporre opposizione, a norma dell'art. 22 l. n. 689/1981, mentre l'atto di accertamento non è «immediatamente lesivo e quindi non autonomamente impugnabile» (Iero, 58).

Il verbale di accertamento, rientra nella categoria degli atti attestativi, cioè quelli adibiti a documentare dati acquisiti mediante l'accertamento stesso.

In particolare, nel genere degli atti attestativi, tale verbale si contraddistingue per la sua caratteristica di essere una narrazione storico-giuridica contenuta in un documento con finalità di certezza giuridica.

Tuttavia, la l. n. 689/1981 non nomina mai il verbale di accertamento quale atto essenziale del procedimento sanzionatorio, mentre la redazione del verbale come atto necessario ai fini dell'accertamento è prevista invece da alcune legislazioni regionali, come ad esempio l'art. 5 comma 1 Legge Regione Lombardia numero 90 del 17 maggio 1983, ove vengono peraltro elencati anche gli elementi essenziali del verbale di accertamento.

Tuttavia, pur in assenza di una espressa previsione normativa, alcuni autori ritengono che tutte le operazioni previste dall'art. 13 debbano comunque essere trasfuse in un verbale dotato dell'efficacia probatoria di atto pubblico, vista l'analogia intercorrente tra procedimento penale e procedimento amministrativo sanzionatorio (Sandulli, 179; Assini, 247).

Secondo altra dottrina (Travi, 97), il silenzio della legge legittima una certa libertà di forme; peraltro, sul presupposto che non tutti i fatti accertati dagli organi di controllo rilevino ai fini del procedimento sanzionatorio, si ritiene che non sia necessaria la verbalizzazione degli atti di accertamento irrilevanti ai fini della contestazione della violazione.

Nella prassi la verbalizzazione dell'accertamento rappresenta la regola: normalmente le risultanze dell'avvenuto sopralluogo sono trasfuse in un atto scritto (verbale) che documenta dettagliatamente quanto verificato dagli organi di controllo.

La trasposizione delle operazioni di accertamento in un atto scritto è funzionale non solo all'esercizio delle garanzie difensive, ma anche alla prova della sussistenza dell'illecito contestato. Di conseguenza, nei casi in cui non sia redatto un distinto verbale di sopralluogo, può ritenersi che il medesimo documento assolva la duplice funzione di verbale di accertamento ed atto di contestazione; pertanto, sarà cura dell'organo che esegue il controllo illustrare compiutamente nello stesso atto di contestazione le operazioni di accertamento compiute, in modo che esse risultino da un appropriato verbale dotato dell'efficacia probatoria di atto pubblico.

Da quanto appena esposto, emerge che il verbale di accertamento non debba essere confuso con la contestazione della violazione amministrativa (si v. art. 14): la legge richiede che la contestazione contenga i soli estremi della violazione e non anche una descrizione completa di tutte le attività eseguite nel corso del sopralluogo.

Dunque, soltanto la contestazione, e non il verbale di accertamento, circoscrive l'oggetto del procedimento amministrativo sanzionatorio con effetto preclusivo rispetto ad altre violazioni eventualmente accertate nel corso dell'attività di controllo, ma non contestate agli interessati nei termini di legge.

Con riferimento alla valenza probatoria delle risultanze del verbale d'accertamento, si ritiene che esso integri l'atto pubblico di cui all'art. 2699 del codice civile, in quanto redatto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni. Le risultanze del verbale sono coperte dalla fede privilegiata tipica dell'atto pubblico, e possono essere smentite solo tramite la proposizione della querela di falso; non tutti i contenuti del verbale sono comunque coperti dalla fede privilegiata tipica dell'atto pubblico. A tal proposito l'art. 2700 del codice civile, stabilisce che l'atto pubblico fa piena prova della provenienza del pubblico ufficiale, delle dichiarazioni delle parti, degli atti compiuti dal pubblico ufficiale e degli altri fatti che questa attesta essere avvenuti in sua presenza. Queste risultanze del verbale possono essere dunque contestate solo tramite la querela di falso.

A tal proposito, le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo il quale è ammessa la semplice prova contraria senza necessità di esperimento della querela di falso, unicamente per le circostanze che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute in presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l'atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva; ogni contestazione concernente l'alterazione del verbale, invece, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accertamenti e dell'effettivo svolgersi dei fatti, è riservata al giudizio sulla querela di falso: in questa logica sarebbe coperta da pubblica fede ogni affermazione dell'accertatore oggetto di sua constatazione (Cass. S.U., n. 12545/1992).

Le modalità di svolgimento degli atti di accertamento

L'art. 13 rappresenta la norma cardine in materia di atti di accertamento di violazioni amministrative, prevedendo una disciplina generale dei poteri degli organi addetti al controllo delle violazioni amministrative. Tale disposizione contiene, tuttavia, una clausola di riserva espressa, che fa salvo l'esercizio di specifici poteri di accertamento previsti da leggi vigenti.

Per quanto riguarda gli aspetti procedurali, l'art. 13 non disciplina le modalità di svolgimento delle operazioni di accertamento: la giurisprudenza ne ha desunto il principio per cui assume rilievo più che altro l'attendibilità dell'esito di tali operazioni. In particolare, si è affermato che non trovano applicazione, in quest'ambito, le disposizioni del codice di procedura penale sulle ispezioni (art. 244 c.p.p.) e sulle perquisizioni locali (art. 250 c.p.p.) (cfr. Cass.n. 3388/2005).

Altre particolarità riguardano le violazioni amministrative per gli illeciti del codice della strada, per i quali gli atti di accertamento possono avere luogo in automatico, mediante rilievo con dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatizzato, in assenza degli agenti accertatori, secondo quanto disposto dall'art. 201, comma 1-ter, secondo periodo del d.lgs. n. 285/1992. Si precisa, tuttavia, che tali strumenti devono essere gestiti direttamente dagli organi di polizia stradale, con la conseguente esclusione della possibilità che questa tipologia di accertamento avvenga mediante esternalizzazione del servizio a soggetti privati.

La richiesta di informazioni

Rientra nella competenza degli organi addetti al controllo la facoltà di richiedere informazioni.

L'assunzione di informazioni provenienti da soggetti pubblici o privati rappresenta il primo nucleo dell'attività di ricerca e acquisizione di dati svolta dal personale che esegue l'accertamento delle violazioni amministrative.

Tale acquisizione di notizie utili ai fini dell'accertamento degli illeciti amministrativi si può realizzare mediante una gamma eterogenea di atti con finalità di acquisizione di scienza: ad esempio, si pensi alla richiesta di chiarimenti all'interessato o ai terzi, al rilascio di documentazione in originale o in copia, alla presa visione di registri o archivi.

Appare opportuno precisare che, nel corso dell'accertamento, l'interessato può essere sentito senza necessità dell'assistenza di un difensore; l'ordinamento, infatti, collega le garanzie di difesa soltanto all'interrogatorio in senso tecnico, disciplinato dal codice di procedura penale in relazione a fatti costituenti reato (e non illecito amministrativo). Le circostanze di fatto che l'accertatore comunque segnala aver appreso da terzi o in seguito ad altre indagini possono comunque essere coperte da pubblica fede a condizione che il verbale renda noto ogni elemento da cui trae origine.

Le ispezioni e perquisizioni

L'ispezione è l'attività tesa alla diretta visione e constatazione dello stato di un oggetto o di un luogo, senza possibilità di intervenire sullo status quo.

L'esercizio di questo potere è sottoposto dalla norma ad alcune precise limitazioni: in primo luogo, la legge consente la sola ispezione di cose e luoghi, escludendo la facoltà di eseguire ispezioni personali; inoltre, l'art. 13 non ammette l'indiscriminata ispezione di luoghi, ma circoscrive il potere di ispezione a luoghi diversi dalla privata dimora.

Il concetto di privata dimora di cui all'art. 13 della l. n. 689/1981 non deve essere inteso in senso civilistico come luogo nel quale la persona si trova, anche solo in via transitoria, ma piuttosto va interpretato alla stregua del concetto di privata dimora rilevante per la sussistenza del delitto di violazione di domicilio ai sensi dell'art. 614 del codice penale; di conseguenza, attingendo alla giurisprudenza formatasi in relazione al citato art. 614, la nozione di privata dimora include ogni ambiente in cui si esplica la sfera intima e privata di un determinato soggetto.

Mentre il comma 1 dell'art. 13 attribuisce a tutti gli addetti al controllo il potere di ispezionare luoghi diversi dalla privata dimora, il comma 4 del medesimo art. riserva soltanto agli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria il potere di effettuare perquisizioni.

Le perquisizioni e le ispezioni soggiacciono al medesimo limite di avere ad oggetto soltanto cose e luoghi diversi dalla privata dimora; tuttavia, la legge riserva le perquisizioni alla sola polizia giudiziaria, in quanto atti dotati di una più intensa capacità invasiva, poiché, mentre le ispezioni consistono nella mera osservazione diretta di cose e luoghi, le perquisizioni comportano la specifica ricerca di cose su oggetti o luoghi.

Le ispezioni rientrano nell'ambito degli atti di accertamento, in quanto in esse prevale la funzione di acquisizione di scienza.

Nella prassi si è affermato l'orientamento secondo cui alle ispezioni amministrative di carattere repressivo, tra le quali rientrano soprattutto le ispezioni di pubblica sicurezza oppure quelle tributarie, risultano applicabili le disposizioni del codice di procedura penale. Tale soluzione, tuttavia, è criticata da quanti obiettano la necessità di fissare principi propri ed autonomi delle ispezioni amministrative, sul presupposto della radicale diversità di funzione e finalità delle ispezioni che si svolgono nel campo penale rispetto a quelle che si compiono nel settore amministrativo.

Ad ogni modo, anche per le ispezioni devono valere i principi generali dell'azione amministrativa, tra i quali appunto i principi di imparzialità, buon andamento e ragionevolezza.

Per quanto concerne i veicoli, poi, pur riconoscendosi in essi e per essi un'estrinsecazione della vita privata della persona, dato l'interesse generale al loro esatto e regolare funzionamento, è ammessa dal codice della strada la loro ispezione, sia esterna che interna, secondo quanto stabilito dall'art. 192, comma 3.

Le operazioni di tipo tecnico

Ulteriore tipologia di accertamenti disciplinata dall'articolo in commento è quella che prevede operazioni di tipo tecnico, ossia tali da richiedere l'impiego della scienza e della tecnica.

La disposizione menziona espressamente i rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici; tuttavia, si tratta di un elenco aperto,in quanto l'articolo contiene una clausola di rinvio ad «ogni altra operazione tecnica».

Sono, dunque, ammissibili tutte le operazioni tecniche rese di volta in volta necessarie a seconda del tipo di violazione che deve essere accertata: gli organi di controllo, pertanto, possono effettuare misurazioni, planimetrie, fotografie ed altri accertamenti tecnici.

Gli accertatori possono procedere direttamente oppure mediante l'ausilio di persone dotate della necessaria preparazione, vista la natura tecnico-scientifica di tali atti.

Tra le varie operazioni tecniche, le fotografie assumono particolare importanza i fini dell'accertamento delle violazioni; la documentazione fotografica, infatti, offre all'autorità amministrativa competente a decidere sull'archiviazione e/o sull'ordinanza di ingiunzione, una visione reale e diretta dei fatti e delle cose con conseguente esame generale e approfondito dell'intera vicenda.

Mentre non sussistono dubbi circa i rilievi descrittivi e fotografici – consistendo i primi nella descrizione, da parte dell'Ufficiale o Agente di Polizia Giudiziaria o di altra persona competente all'accertamento della violazione, della realtà osservata contenente gli elementi di prova dell'infrazione e, i secondi, nel fotografare quella realtà che evidenzia il fatto illecito – più ardua è la definizione di rilievo segnaletico. Con questa terminologia si intendeva la possibilità dell'autorità di pubblica sicurezza di ordinare alle persone sospette o pericolose (art. 4 Tulps) di sottoporsi a rilievi segnaletici, i cui contenuti erano esplicitati dall'art. 7 dal regolamento del Tulps. Tuttavia, alla luce della intera architettura del capo I della l. n. 689/1981 e della nuova disciplina processuale introdotta dal codice di procedura penale, si ritiene che rientrano negli atti di accertamento possibili le osservazioni dirette, le risultanze fotografiche, le risultanze di ogni altra operazione tecnica, compreso quella informatica e telematica, da cui si evidenziano estremi di violazioni amministrative, ma non certamente i rilievi foto-dattiloscopici sulle persone.

Il sequestro

Il comma 2 dell'art. 13 in commento prevede il potere discrezionale degli organi accertatori di procedere a sequestro cautelare.

La norma rappresenta una delle disposizioni più innovative della l. n. 689/1981, perché nel previgente sistema di diritto amministrativo il sequestro cautelare costituiva una misura del tutto eccezionale.

L'istituto del sequestro assolve una funzione cautelare, poiché la creazione di un vincolo sul bene serve ad evitare che la cosa sia sottratta nelle more del procedimento sanzionatorio (Riva Crugnola, 94).

Più precisamente, si tratta di una misura cautelare reale, ossia un vincolo che ha ad oggetto beni e ne determina la temporanea indisponibilità; è un provvedimento caratterizzato dalla finalità di anticipare la sottrazione dei beni confiscabili al godimento e alla disponibilità dell'autore della violazione, al fine di garantire la fruttuosità della confisca, sia di impedire, nelle more della conclusione del procedimento sanzionatorio, la commissione da parte del trasgressore di ulteriori illeciti.

Per questa ragione il sequestro cautelare è collegato funzionalmente alla successiva confisca amministrativa, proprio perché esso serve ad impedire la sottrazione del bene prima che ne venga disposta la confisca con il provvedimento sanzionatorio finale. Di conseguenza, questo comma 2, dell'art. 13, deve essere letto in combinato disposto con l'art. 20 della l. n. 689/1981, che in generale prevede le sanzioni amministrative accessorie e specificamente disciplina i casi in cui è possibile procedere a confisca amministrativa, poiché esclusivamente le cose passibili di confisca amministrativa possono essere antecedentemente colpite da un provvedimento di sequestro cautelare. Dunque, l'ambito oggettivo del provvedimento cautelare è delineato dall'art. 20 della l. n. 689/1981, nel senso che i casi in cui è possibile procedere a sequestro sono i medesimi in cui è possibile disporre la confisca amministrativa (si v. art. 20).

Il sequestro disciplinato dal comma 2, dell'art. 13 è facoltativo nel senso che l'esecuzione o meno del provvedimento rientra nel potere discrezionale degli organi accertatori, e rimane facoltativo anche nei casi in cui la successiva confisca sia obbligatoria; in sintesi, si può procedere a sequestro in tutti i casi in cui si può o si deve procedere a confisca.

Nell'ambito dell'attività di vigilanza amministrativa, il sequestro deve avvenire nei modi e limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria. In tal modo il Legislatore ha operato, sul piano normativo, un'equiparazione tra sequestro penale e sequestro amministrativo e, contemporaneamente, sul piano esecutivo, ha individuato per l'amministrazione procedente le stesse modalità e gli stessi limiti di azione stabiliti dal codice di rito penale, garantendo in tal modo al soggetto che subisce il sequestro amministrativo lo stesso livello di garanzie assicurate dal codice di rito penale.

La specifica disciplina delle modalità di esecuzione del sequestro e della destinazione delle cose sequestrate è contenuta nel d.P.R. n. 571/1982, emanato in attuazione dell'ultimo comma dell'art. 17 della l. n. 689/1981.

Il d.P.R. n. 571/1982 dedica particolare attenzione alla tutela dell'interesse dei destinatari del provvedimento cautelare: in quest'ottica prevede l'obbligo del verbale di sequestro, nonché la possibilità di proporre opposizione, anche immediata, avverso la misura cautelare davanti alla medesima autorità amministrativa competente ad applicare la sanzione.

L'autorità che procede al sequestro deve quindi redigere, immediatamente, un processo verbale contenente l'elenco delle cose sequestrate, del quale deve consegnare copia all'interessato. A garanzia dell'identità delle cose sequestrate e al fine di evitare che le stesse possano subire manomissioni, sottrazioni, sostituzioni o alterazioni, esse vengono assicurate con il sigillo dell'ufficio cui appartiene il pubblico ufficiale che ha proceduto al sequestro e, se possibile, con la sottoscrizione del custode. Le cose sequestrate devono essere custodite nell'ufficio a cui appartiene il pubblico ufficiale operante, ovvero in un diverso ufficio secondo le direttive impartite dalle singole amministrazioni.

Qualora le cose sequestrate, per loro natura o per altri motivi di opportunità, non possano essere custodite presso gli uffici, si può disporre la custodia in luogo diverso e la nomina di un custode. L'incarico di custode non può essere conferito ai soggetti indicati nell'art. 159 del codice di procedura penale.

Avverso il provvedimento di sequestro può essere proposta opposizione ai sensi dell'art. 19 della l. n. 689/1981.

Questioni applicative

1) Può una Legge Regionale attribuire la qualifica di ufficiale e/o agente di polizia di polizia giudiziaria di cui all'art. 13 l. n. 689/1981?

No, la categoria non può essere ampliata sulla base di leggi regionali. Secondo la Corte costituzionale (Corte cost. n. 313/2003) le scelte in tale ambito sono riservate al Legislatore statale, in ragione della sua potestà legislativa esclusiva in materia penale. La norma regionale censurata (nel caso di specie, l. regionale Friuli Venezia Giulia) è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, in quanto, provvedendo ad attribuire agli addetti alla polizia locale la qualifica di agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria, ha invaso la sfera di competenza esclusiva statale in materia di giurisdizione penale. Nessun rilievo assume, al riguardo, l'esistenza di norme statali (ed in particolare dell'art. 5 della l. n. 65/1986) che già riconoscono la qualifica di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria al personale della polizia locale, posto che «il problema qui in discussione non è di stabilire chi, attualmente, sia riconosciuto come ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ma di stabilire chi abbia la competenza a operare il riconoscimento», competenza «riservata a leggi e regolamenti che debbono essere, in quanto attinenti alla sicurezza pubblica, esclusivamente di fonte statale» (v. anche Corte cost. n. 185/1999).

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