Decreto del Presidente della Repubblica - 24/11/1971 - n. 1199 art. 10 - Opposizione dei controinteressati.

Olga Toriello

Opposizione dei controinteressati.

Art. 10

I controinteressati, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono richiedere, con atto notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale. In tal caso, il ricorrente, qualora intenda insistere nel ricorso, deve depositare nella segreteria del giudice amministrativo competente, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione all'organo che ha emanato l'atto impugnato ed ai controinteressati e il giudizio segue in sede giurisdizionale secondo le norme del titolo III del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e del regolamento di procedura, approvato con regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (1).

Il collegio giudicante, qualora riconosca che il ricorso è inammissibile in sede giurisdizionale, ma può essere deciso in sede straordinaria dispone la rimessione degli atti al Ministero competente per l'istruzione dell'affare.

Il mancato esercizio della facoltà di scelta, prevista dal primo comma del presente articolo, preclude ai controinteressati, ai quali sia stato notificato il ricorso straordinario, l'impugnazione dinanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale della decisione di accoglimento del Presidente della Repubblica, salvo che per vizi di forma o di procedimento propri del medesimo (2) (A).

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 29 luglio 1982, n. 148  ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui, ai fini dell'esercizio della facoltà di scelta ivi prevista, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 29 luglio 1982, n. 148 ha dichiarato in applicazione dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui, ai fini della preclusione dell'impugnazione contro la decisione di accoglimento del ricorso straordinario, per effetto del mancato esercizio della facoltà di scelta, prevista dal primo comma dello stesso articolo, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto impugnato, al quale sia stato notificato il ricorso medesimo .

(A) In riferimento al presente articolo vedi: Circolare Ministero dell'Interno 27 marzo 2013 n. 9/2013.

Inquadramento

Per il ricorso straordinario vale la regola dell'alternatività (artt. 8 e 10 del d.P.R. n. 1199/1971). Ne consegue che il privato destinatario di un atto amministrativo definitivo che scelga di esperire il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica perde la possibilità di ricorrere al giudice amministrativo e viceversa, in base al noto principio per il quale electa una via non datur recursus ad alteram. Consequenzialmente, la decisione sul ricorso straordinario non può essere impugnata avanti al Giudice Amministrativo se non per vizi di forma o difetti di procedura (art. 10). Al ricorso giurisdizionale principale è equiparato, ai fini dell'alternatività, quello incidentale.

Presupposto per l'alternatività è l'identità del soggetto ricorrente e dell'atto impugnato («Il principio di alternatività tra il ricorso giurisdizionale e quello straordinario trova applicazione nel caso di due impugnative rivolte dal medesimo soggetto avverso lo stesso atto, e non anche nel caso in cui il ricorso sia stato proposto da altro soggetto interessato» T.A.R. Umbria, Perugia I, 4 settembre2014, n. 444), mentre non ha rilievo l'eventuale diversità dei motivi o la circostanza che con il successivo ricorso giurisdizionale sia impugnato l'atto conseguente (Cons. St. II, n. 545/2020); così come, alla luce del principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, è irrilevante che in sede straordinaria siano state sollevate questioni non oggetto di pronuncia giurisdizionale.

Secondo la giurisprudenza, la regola dell'alternatività del ricorso straordinario al Capo dello Stato rispetto al ricorso giurisdizionale deve essere interpretata con elasticità, nel senso che deve trovare applicazione anche nel caso di due impugnative rivolte dal medesimo soggetto avverso punti diversi dello stesso atto, dovendosi ritenere sempre operante nei casi nei quali le due diverse impugnative siano sostanzialmente caratterizzate dall'identità del contendere e della relativa ratio, ovvero vi è identità del bene della vita oggetto del rimedio giustiziale esperito (Cons. St. III, n. 4099/2014).

La ratio di tale principio rinviene la sua origine storica nell'impostazione classica per la quale non si poteva ammettere che l'autorità giurisdizionale annullasse un provvedimento regio (quale era la decisione su ricorso straordinario). Nell'attuale ordinamento, invece, l'alternatività ha lo scopo di evitare, in ossequio al principio del ne bis in idem, che si abbiano due pronunce, entrambe con funzione giustiziale difformi su di un unico atto (con il rischio di conflitti di decisioni) e che su di esso il Consiglio di Stato si pronunci due volte in vesti e con poteri diversi (con parere obbligatorio in sede di ricorso straordinario e come giudice di appello in sede giurisdizionale), con il conseguente inutile proliferazione dei ricorsi ed il pericolo di pronunce contrastanti di organi appartenenti allo stesso ramo di giustizia (T.A.R. Lazio,Roma II, 7 gennaio2014, n. 89).

Si tratta di un principio di stretta applicazione, in quanto tale insuscettibile di applicazione analogica: l'alternatività non può pertanto essere interpretata nel senso che sia pronunciata in altri casi l'inammissibilità di un secondo ricorso (T.A.R. Campania, Salerno II, 29 luglio2014, n. 144; Cons. St. VI, n. 4650/2013; Cons. St. IV, n. 1405/2010).

Dal principio di alternatività discende che i provvedimenti decisori di ricorsi straordinari non possono essere impugnati in sede giurisdizionale, e tale preclusione, oltre ad essere lumeggiata nell'art. 10, comma ultimo d.P.R. n. 1199/1971, è confermata nell'art. 15 del medesimo d.P.R., che ammette quale unico mezzo di gravame contro il provvedimento decisorio del ricorso straordinario il ricorso per revocazione; pertanto, l'impugnazione in sede giurisdizionale non può investire quegli aspetti del provvedimento decisorio che hanno formato oggetto di esame da parte del Consiglio di Stato, tenuto ad esprimere il parere sulla controversia, e tale preclusione concerne sia aspetti sostanziali che questioni procedurali della controversia, anche se si tratta di questioni che non hanno formato oggetto di pronuncia in quanto non dedotte o non rilevate (C.G.A. Sicilia 22 dicembre 1988, n. 246. V. commento sub art. 15).

L'alternatività riguarda anche i diritti soggettivi affidati alla giurisdizione esclusiva del G.A.?

Sul piano applicativo si pone il problema di stabilire se l'alternatività riguardi esclusivamente gli interessi legittimi o debba estendersi anche ai diritti soggettivi conosciuti dal Giudice Amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.

Le soluzioni prospettate sono a tal proposito due; se si fa leva sulla ratio dell'alternatività, volta essenzialmente a precludere la possibilità di una doppia pronuncia del Consiglio di Stato, allora l'alternatività deve intendersi riferita anche ai diritti soggettivi devoluti alla conoscenza del Giudice Amministrativo; se invece si ritiene che l'alternatività sia legata alla posizione giuridica dell'interesse legittimo, si deve convenire che, nel caso in cui si verta in tema di diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione del Giudice Amministrativo, sia possibile proporre il ricorso al Giudice Amministrativo anche dopo la decisione del ricorso straordinario, nell'ordinario termine di prescrizione del diritto. In tal caso, peraltro, il Giudice Amministrativo, al pari di quello Ordinario, sarà chiamato a decidere sul rapporto sostanziale, eventualmente disapplicando la decisione del ricorso straordinario.

La tesi dell'estensione dell'alternatività anche ai diritti soggettivi affidati alla giurisdizione esclusiva, è ormai decisivamente avvalorata dalla natura giurisdizionale del rimedio sancita dalla l. n. 69/2009 e dal d.lgs. n. 104/2010.

Alternatività e impugnazione del medesimo atto da parte di uno o più cointeressati.

Altro profilo dell'alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario attiene all'ipotesi della diversità dei soggetti (cointeressati) proponenti i due gravami contro un medesimo atto. Si discute infatti se, data l'identità dell'oggetto ma non anche del soggetto ricorrente, tale principio operi ugualmente.

Invero, a differenza di quanto riconosciuto prima della riforma del 1971, nella vigente disciplina del ricorso straordinario e dei ricorsi giurisdizionali amministrativi non si rinvengono disposizioni in base alle quali l'alternatività debba valere anche nelle ipotesi in cui il medesimo atto sia impugnato nelle due sedi da due soggetti diversi, entrambi cointeressati.

Ciononostante una parte della giurisprudenza amministrativa ritiene inammissibile l'impugnazione in sede straordinaria di un atto già impugnato in sede giurisdizionale da altro soggetto cointeressato e viceversa, per prevenire quello che impropriamente viene definito «conflitto di giudicati».

Per tale giurisprudenza, peraltro, le conseguenze preclusive, derivanti dall'applicazione del principio dell'alternatività, vanno mitigate, per il ricorrente in sede straordinaria che versi in ignoranza del ricorso giurisdizionale altrui, dall'applicazione, in via analogica, del principio di cui all'art. 48, comma 1, c.p.a., con la conseguente conversione facoltativa del rimedio straordinario in quello giurisdizionale.

È chiaro che, a tal fine, sarà onere dell'opponente informare il ricorrente in sede straordinaria dell'avvenuta presentazione del ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, in modo che, entro sessanta giorni dal perfezionamento di tale comunicazione, egli possa ricorrere al Giudice Amministrativo, ivi trasponendo a pena di inammissibilità i motivi del suo ricorso (senza poterne aggiungere di nuovi, salvo ovviamente che sia in termine anche per il rimedio prevalente).

Di diverso avviso è invece la giurisprudenza prevalente, che esclude l'applicabilità della norma in commento e afferma che i ricorsi proposti dal ricorrente e dal cointeressato in sedi diverse sarebbero destinati a procedere autonomamente e risulterebbero quindi ugualmente ammissibili.

Secondo questa ricostruzione, resta fuori dall'ambito di operatività dell'istituto l'ipotesi in cui non vi sia identità del soggetto ricorrente e dell'atto impugnato, indipendentemente dalla diversità dei motivi tra le due impugnazioni: pertanto, nel caso in cui soggetti distinti, entrambi interessati all'annullamento di un atto amministrativo, presentino simultaneamente ricorso in sede giurisdizionale e ricorso straordinario, è possibile che i due rimedi abbiano esiti differenti, così come che entrambi si risolvano nell'annullamento del medesimo atto; né la conclusione di uno dei due procedimenti comporta, di per sé solo, l'improcedibilità del procedimento non ancora concluso, potendosi a ciò pervenire soltanto nel caso in cui i due ricorsi presentino identità di petitum e di causa petendi (T.A.R. Sicilia, Catania IV, 16 aprile2007, n. 623).

In generale, premesso che un'estensione dell'alternatività a fattispecie di controversie diverse rispetto a quelle previste dalla norma (per diversità dei soggetti) non è possibile in assenza di una base positiva (la norma richiede l'identità del ricorrente ex art. 8 d.P.R. n. 1199/1971) e che proprio la diversità dei soggetti rende non configurabile un conflitto di decisioni in senso tecnico, si osserva, a sostegno della tesi della non alternatività, che l'eventualità di decisioni difformi nei confronti di un medesimo atto impugnato da soggetti diversi si può verificare anche davanti al Giudice Amministrativo in caso di pendenza di due giudizi sullo stesso atto incardinati da ricorrenti diversi: anche l'esistenza di una competenza territoriale derogabile (per cui, in mancanza di una specifica eccezione della controparte, è possibile che il ricorso si svolga presso un TAR diverso da quello competente) rende infatti frequente l'ipotesi di pronunce difformi con riferimento al medesimo atto.

Pronunce difformi si possono verificare, del resto, anche davanti allo stesso giudice che potrebbe decidere di non riunire dei ricorsi esperiti contro lo stesso atto perché, per esempio, presentati in momenti diversi.

Alternatività e impugnazione di atti connessi.

Il principio dell'alternatività è stato considerato inapplicabile in caso di impugnativa diretta, nei confronti di atti diversi, benché connessi, per i quali manca il ricordato presupposto dell'identità dell'atto (Cons. St. II, parere n. 1298/2018). In tali ipotesi, dunque, il principio di alternatività del ricorso straordinario al Capo dello Stato, rende sempre proponibile, secondo l'integrale disciplina appositamente dettata dal d.P.R. n. 1199/1971, detto ricorso giustiziale anche in pendenza di giudizio amministrativo relativo ad un precedente atto connesso a quello con esso impugnato. In tale evenienza, l'autonomia del rimedio straordinario, unita a quella del sistema legale di trasposizione in sede giurisdizionale, fa sì che esso non sia soggetto, ai fini della trasposizione stessa, ai limiti temporali di proponibilità del ricorso c.d. autonomo per motivi aggiunti. La conversione del rimedio, in applicazione del principio di specialità, rimane dunque soggetta alle forme e ai termini suoi propri, quali previsti dall'art. 10, d.P.R. n. 1199/1971, riguardando i diversi termini ordinari esclusivamente il caso del ricorso autonomo, ovvero dei motivi aggiunti, proposti, fin dall'origine, in sede giurisdizionale (Cons. St. VI, n. 6529/2008).

Tuttavia, secondo un recente orientamento del Consiglio di Stato (I, n. 2861/2019). deve preferirsi la soluzione opposta. La ratio del principio di alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario al Capo dello Stato, infatti, deve essere individuata nell'esigenza di impedire un possibile contrasto di giudizi in ordine al medesimo oggetto e, dunque, di evitare l'inutile proliferazione dei ricorsi ed il pericolo di pronunce contrastanti tra organi appartenenti allo stesso ramo di giustizia (T.A.R. Campania, Salerno II, 12 luglio2021, n. 1711; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 12 settembre 2022, n. 2379). Da ciò consegue che, nel caso in cui l'atto presupponente sia impugnato con ricorso giurisdizionale, a fronte di un ricorso straordinario già promosso avverso l'atto presupposto, il ricorso giurisdizionale dovrà essere dichiarato inammissibile dal giudice amministrativo. Se invece l'atto successivo è impugnato in sede straordinaria, a fronte di un ricorso giurisdizionale già promosso avverso l'atto presupposto, il ricorso straordinario sarà inammissibile per violazione del principio di alternatività. Tale principio ha già trovato riscontro nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha sancito l'inammissibilità del ricorso straordinario «a cagione della violazione della regola di «alternatività» che s'impone come limite alla contestuale proponibilità di due distinti ricorsi (amministrativo/straordinario e giurisdizionale) vertenti sulla medesima questione di fatto e di diritto e recanti ad oggetto la medesima pretesa sostanziale (identità della materia del contendere): ricorsi che potrebbero sortire decisioni contrastanti e che la regola dell'«alternatività» intende, appunto, scongiurare» (Cons. St. I, n. 548/2019).

Atti presupposti e consequenziali

Medesime perplessità sull'estensione del principio di alternatività si pongono in caso di atti presupposti: secondo la giurisprudenza, il principio in esame è valido non solo in riferimento al medesimo atto amministrativo, ma in tutte le ipotesi in cui vengano in esame atti posti in posizione di presupposizione e consequenzialità. Ne consegue che «è inammissibile il giudizio di impugnazione presso il g.a. limitato al solo atto consequenziale ove il ricorrente non abbia altresì impugnato anche l'atto presupposto, ciò in quanto il riconoscimento in sede giudiziale della eventuale illegittimità derivata dell'atto consequenziale costituirebbe un'indiretta valutazione anche dell'atto presupposto, rimasto allo scrutinio della giurisdizione straordinaria» (T.A.R. Veneto, I, 23 aprile2012, n. 572); sul piano pratico, inoltre, la valutazione delle conseguenze, che deriverebbero da una mancata applicazione del principio dell'alternatività tra tali rimedi, convince dell'imprescindibile necessità di tale soluzione per evitare che si possa formare un contrasto tra giudicati (T.A.R. Veneto, Venezia II, 3 giugno2010, n. 2376; Cons. St. II, n. 945/2007).

Con riferimento invece agli atti consequenziali, pur di fronte ad un orientamento tradizionalmente ancorato alla rigida interpretazione dell'art. 8 comma 2, d.P.R. n. 1199/1971 nel senso di escludere che la regola dell'alternatività tra ricorso straordinario e giurisdizionale sia suscettibile di applicazione analogica od estensiva e che, quindi, riguardi casi diversi dall'impugnazione del medesimo atto (Cons. St. III, n. 112/2020; Cons. St. I, n. 2861/2019; Cons. St. I, n. 548/2019; Cons. St. II, parere n. 1298/2018; T.A.R. Lazio,Roma II, 10 maggio2010, n. 10577;T.A.R. Umbria, Perugia I, 7 aprile2016, n. 333), la giurisprudenza ha individuato ipotesi in cui la circostanza che si censurino atti distinti non impedisce di invocare l'operatività del principio. In particolare, tenuto conto della ratio che vi è sottesa (impedire pronunce contrastanti), è stato considerato il caso dell'atto consequenziale impugnato per dimostrarne l'illegittimità derivata dall'invalidità dell'atto presupposto, situazione che, per la sostanziale identità delle questioni dedotte, impone l'impugnativa dei due atti nella stessa sede, giurisdizionale o straordinaria, anche se a mezzo di ricorsi autonomi, tanto da negarsi finanche la possibilità della trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario proposto avverso un atto applicativo la cui impugnativa risulti finalizzata a contestare, in concreto, la legittimità dell'atto presupposto oggetto di un precedente ricorso straordinario, per essersi oramai l'intera vicenda contenziosa irreversibilmente radicata presso la sede straordinaria (T.A.R. Emilia Romagna, Bologna II, 10 marzo2006, n. 929).

In definitiva, dunque, «La regola dell'alternatività del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica con quello giurisdizionale al giudice amministrativo, sebbene non suscettibile di applicazione analogica o estensiva, in ragione del carattere limitativo dell'esercizio del diritto di azione, è applicabile: 1) nel caso in cui, dopo l'impugnativa in sede giurisdizionale dell'atto presupposto, viene impugnato in sede straordinaria l'atto conseguente, al fine di dimostrare l'illegittimità derivata dalla dedotta invalidità dell'atto presupposto; 2) quando l'atto presupposto è stato già impugnato in sede straordinaria; 3) quando le censure dedotte contro l'atto conseguente risultano tutte finalizzate a contestare, in concreto, la legittimità dell'atto presupposto; 4) quando viene proposto ricorso contro un provvedimento già impugnato in sede straordinaria da altri interessati; 5) quando col nuovo ricorso vengono sollevate questioni solo in parte coincidenti con quelle che hanno formato oggetto dell'altro, in quanto non dedotte o non rilevate» (T.A.R. Lazio,Roma II-quater, 23 marzo2013, n. 2978. In termini, v. anche T.A.R. Toscana, Firenze, n. 311/2023;  Cons. St. II, n. 545/2020; Cons. St. II, n. 5856/2019).

La trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale: i controinteressati

Il sistema preclusivo determinato dall'alternatività è ammissibile in quanto frutto di una libera scelta del soggetto che decide di ricorrere ad un rimedio anziché ad un altro.

In tale prospettiva, un rilevante problema è rappresentato dal controinteressato che non può subire la scelta compiuta da altri di utilizzare il ricorso straordinario privo tradizionalmente di tutte le garanzie che offre invece il ricorso giurisdizionale. Si è così creato un meccanismo (art. 10 d.P.R. n. 1199/1971; art. 48 c.p.a.) che permette al controinteressato di trasporre la controversia in sede giurisdizionale.

In base all'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, pertanto, i controinteressati intimati possono chiedere, con atto notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso venga deciso in sede giurisdizionale. In tal caso il ricorrente che intenda insistere nel ricorso deve depositare nella Cancelleria del Giudice Amministrativo competente, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione l'atto di costituzione in giudizio (T.A.R. Emilia-Romagna, Parma I, 11 marzo2016, n. 82), dandone avviso mediante notificazione all'organo che ha emanato l'atto impugnato (presso l'Avvocatura dello Stato, in caso di P.A. centrale: T.A.R. Sicilia, Catania IV, 29 gennaio2009, n. 209) e ai controinteressati. La pretermissione della notifica del ricorso straordinario al controinteressato costituisce vizio procedurale deducibile in sede d'impugnazione giurisdizionale della decisione su ricorso straordinario (Cons. St. IV, n. 5862/2021).

Il termine di sessanta giorni è perentorio, con la conseguente inammissibilità di opposizioni tardive (C.G.A. Sicilia, sez. giurisd., 02 luglio 2019, n. 631): ne deriva che «Nell'ipotesi di tardiva impugnazione dell'amministrazione di un ricorso straordinario e di omesso deposito da parte del ricorrente dell'atto di costituzione in sede giurisdizionale (art. 10 d.P.R. n. 1199/1971), non si ha trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario; pertanto il Consiglio di Stato, in sede consultiva, dopo aver verificato la tardività dell'opposizione, può decidere il ricorso straordinario» (Cons. Stato I, 15 febbraio 2022, n. 361).

L'inosservanza del termine perentorio di sessanta giorni da parte del ricorrente non solo fa venir meno la possibilità di ottenere una pronuncia da parte del Giudice Amministrativo (Cons. St. IV, n. 4125/2010). Il mancato esercizio della facoltà di scelta nei termini e con le modalità determinate dalla legge da parte del controinteressato al quale sia stato notificato il ricorso preclude a costui, al pari di quanto accade per il ricorrente, la possibilità di impugnare la decisione in sede giurisdizionale salvo che per profili di forma o di procedimento.

Il dies a quo del termine decadenziale per l'esercizio dell'opzione di trasferimento in sede giurisdizionale, è quello del deposito, quando il ricorso è depositato direttamente presso l'autorità emanante (mediante consegna diretta o spedizione per raccomandata), qualora, è il ministero istruttore e referente a comunicare il ricorso all'autorità emanante, il dies a quo corrisponde con la comunicazione, la quale, intercorrendo tra due soggetti pubblici, sarà certificabile facilmente (Cons. St., Ad.gen., n. 93/1997).

Con riferimento alla forma della domanda di trasposizione, non prevedendo l'art. 10 forme obbligatorie, a pena di preclusioni, di trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale, deve aversi riguardo ai principi generali di atipicità e di conservazione degli atti processuali, ai sensi degli artt. 121 e 156 c.p.c., onde nessuna inammissibilità deriva al ricorrente dal fatto di non aver depositato in originale o copia autentica il ricorso straordinario, quando ne abbia riprodotto, negli elementi essenziali e tali da premetterne l'esame e il controllo da parte del giudice adito, il testo nell'atto di costituzione (T.A.R. Friuli VeneziaGiulia,Trieste, 21 dicembre2002, n. 1084). Secondo la giurisprudenza, invero, la richiesta di trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso amministrativo al Capo dello Stato non è di per atto avente natura processuale, atteso che stesso non si inserisce in alcuna sequenza di rito, ma semplicemente legittima la possibilità dell'incardinamento della vertenza in sede giudiziaria; peraltro tale fase rimane una mera eventualità, concretamente affidata al ricorrente in via straordinaria, che diviene dominus della scelta e, per questo, è legittimato a compiere il primo atto di natura strettamente processuale, costituito dal deposito del ricorso nella segreteria del giudice amministrativo (Cons. St. V, n. 1186/2010).

In definitiva, dunque, la trasposizione del ricorso straordinario nella sede giurisdizionale avviene mediante deposito, da parte dell'originario ricorrente in sede straordinaria, di atto di costituzione in giudizio; trattasi, nella forma e nella sostanza, di una riassunzione dell'originario ricorso che non può contenere motivi diversi ma che non necessita del deposito dell'originario ricorso straordinario. Il rapporto processuale si instaura con il deposito del ricorso in sede giurisdizionale (e non con la sua notifica), tant'è che la parte che traspone un ricorso straordinario deve depositare il ricorso al T.A.R. entro sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, ha la facoltà di notificare nuovamente il ricorso straordinario e, infine, deve, nel medesimo termine di sessanta giorni, notificare alle controparti l'avviso di deposito dell'avvenuta trasposizione (Cons. St. VI, n. 1926/2011).

A seguito dell'opposizione, il giudizio prosegue in sede giurisdizionale. Ovviamente nell'atto di costituzione non sono ammesse censure non proposte nel ricorso straordinario (C.G.A. Sicilia, Sez. riun., parere 13 marzo 2017, n. 177).

Per i controinteressati pretermessi, che avrebbero dovuto essere chiamati in causa ed invece non lo sono stati, non esiste, invece, alcuna preclusione (T.A.R. Veneto, Venezia II, 21 settembre2000, n. 2585). Costoro, se vengono a conoscenza dell'esistenza del ricorso straordinario quando questo è ancora in corso, possono costituirsi e fare opposizione nei sessanta giorni successivi, così come stabilito dall'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, ma possono anche impugnare la decisione del ricorso straordinario al quale non hanno partecipato, deducendo tutti i vizi (e non solo quelli di forma o procedurali).

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione n. 9/2006, ha, infatti, osservato che la regola dell'alternatività – con preclusione dell'accesso alla tutela giurisdizionale – risulta operante nei soli confronti dei controinteressati che abbiano ricevuto la notifica del gravame e nulla abbiano ritenuto di opporre alla loro evocazione in sede straordinaria: «La regola dell'alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso amministrativo – nell'ipotesi in cui sia stato interposto ricorso straordinario al Capo dello Stato (o, come nel caso di specie, ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana) – è valida nel solo caso in cui il soggetto, controinteressato in senso sostanziale, che abbia ricevuto un vantaggio da provvedimento impugnato in sede amministrativa sia stato reso destinatario della notifica del relativo ricorso. Solo in questa fattispecie infatti il controinteressato, ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, può dirsi essere stato posto in condizione di contrastare la sua evocazione in sede amministrativa, attraverso la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale. Quando, all'opposto, il soggetto che abbia ricevuto un vantaggio dal provvedimento impugnato in sede straordinaria non sia stato reso destinatario ex ante della notifica del ricorso al Capo dello Stato, al detto soggetto – alfine pregiudicato dalla decisione straordinaria (soppressiva o riduttiva dell'effetto vantaggioso offerto dall'atto impugnato) e non evocato in sede straordinaria deve essere riconosciuta ex post la possibilità di insorgere in sede giurisdizionale contro il decreto decisorio (al quale la legge riserva il trattamento di una determinazione amministrativa), senza che di contro possa essere invocata la «alternatività» tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale» (Cons. St., Ad.plen., n. 9/2006).

L'opposizione dell'Amministrazione.

Fino al 1982 a tutte le Pubbliche Amministrazioni era preclusa la possibilità di fare opposizione: si riteneva infatti che queste, avendo parte attiva nella decisione del Consiglio di Stato (predisponendo l'istruttoria ed accompagnandola con una proposta), non potessero in alcun modo dolersi della scelta fatta dal ricorrente di esperire il ricorso straordinario.

Ciò nondimeno la Corte cost., con sentenza n. 148/1982, ha dichiarato «l'illegittimità dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971 nella parte in cui, ai fini della facoltà di scelta ivi prevista, non equipara ai controinteressati l'ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto impugnato con ricorso straordinario». Le amministrazioni non statali (comprensive delle autorità indipendenti), infatti, al pari del privato controinteressato, non hanno alcun ruolo nel procedimento che porta alla decisione del ricorso straordinario, di talché deve essere salvaguardata anche per loro la facoltà di optare per la tutela giurisdizionale che offre maggiori garanzie rispetto a quella amministrativa (T.A.R. Lombardia, Milano III, 10 aprile2009, n. 3239).

La riconosciuta possibilità di esercitare il diritto di opzione non implica, tuttavia, anche l'obbligo di notifica del ricorso agli enti in parola secondo quanto, invece, espressamente previsto per i controinteressati dall'art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971. L'Adunanza Generale del Consiglio di Stato, infatti, con parere n. 93/1997, ha ritenuto che detta notifica non è indispensabile al fine di consentire l'esercizio dell'opzione di cui all'art. 10 cit.

Tale previsione non pregiudica neanche la certezza della data di decorrenza del termine decadenziale di sessanta giorni per l'esercizio dell'opzione. In tal caso, infatti, il dies a quo per l'esercizio dell'opzione si identifica con quello del deposito, quando il ricorso è depositato direttamente presso l'autorità emanante (mediante consegna diretta o spedizione per raccomandata); quando, invece, è il Ministero istruttore e referente a comunicare il ricorso all'autorità emanante, il dies a quo sarà quello di tale comunicazione, la quale, intercorrendo tra due soggetti entrambi pubblici, sarà certificabile con relativa facilità.

Opposizione e consumazione del potere di decidere il ricorso straordinario.

L'atto di opposizione «ritualmente proposto» priva, ai sensi dell'art. 10 d.P.R. n. 1199/1971, l'amministrazione del potere di decidere il ricorso straordinario (T.A.R. Sicilia, Catania II, 5 agosto2004, n. 2029).

La disciplina fissata nell'art. 10 d.P.R. n. 1199/1971 per l'opposizione dei controinteressati all'ulteriore corso del rimedio straordinario e per il trasferimento in sede giurisdizionale della controversia ha natura procedurale in quanto concerne non già il ricorso straordinario, bensì le modalità ed i termini di proposizione del giudizio davanti al giudice amministrativo; talché, l'eventuale decisione adottata in violazione della stessa (nonostante cioè, l'esistenza del formale e rituale atto di opposizione) è affetta da errores in procedendo (T.A.R. Puglia, Bari II 16 luglio2004, n. 3055).

L'art. 10, d.P.R. n. 1199/1971, in definitiva, inibisce ogni pronuncia, in rito e nel merito, sul ricorso straordinario che sia stato trasportato in sede giurisdizionale: ne consegue che se la decisione in sede straordinaria venga egualmente emanata, la stessa si caratterizza per la radicale ed assoluta carenza di competenza a decidere ed il relativo decreto Presidenziale è nullo (T.A.R. Toscana, Firenze II, 14 giugno2002, n. 1240; T.A.R. Campania, Napoli I, 25 marzo1996, n. 114). Viceversa, il parere del Consiglio di Stato favorevole all'accoglimento del ricorso straordinario, reso nonostante la proposizione dell'opposizione di cui all'art. 10 l. n. 1199/1971, non ne preclude condiziona la decisione in sede giurisdizionale, ove il ricorso medesimo è stato comunque trasposto (Cons. Stato, sez. IV, 02 febbraio 2023, n. 1146 ).

La riattivazione del ricorso straordinario.

Il procedimento giustiziale si riattiva ove il ricorso giurisdizionale risulti inammissibile per l'irritualità dell'atto di opposizione (tardività o difetto di elementi essenziali o di notifica o di giurisdizione del Giudice Amministrativo), con esclusione di ogni altra causa, come quelle relative al ricorso straordinario o ai vizi dell'atto di riassunzione (T.A.R. Toscana, Firenze I, 19 gennaio2010, n. 55). L'art. 10, comma 2, d.P.R. n. 1199/1971 prevede, infatti, che «il collegio giudicante, qualora riconosca che il ricorso è inammissibile in sede giurisdizionale, ma può essere deciso in sede straordinaria, dispone la rimessione degli atti al Ministro competente per l'istruzione dell'affare». L'art. 48, comma 3,c.p.a. stabilisce, inoltre che «qualora l'opposizione sia inammissibile, il tribunale amministrativo regionale dispone la restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria»: le due norme, sebbene non inconciliabili, riguardano due profili differenti, riferendosi la prima all'inammissibilità ratione materiae del ricorso proposto al T.A.R., la seconda all'inammissibilità dell'atto di opposizione.

A seguito della trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in sede giurisdizionale, la riattivazione del procedimento giustiziale amministrativo può avvenire (ai sensi dell'art. 10, comma 2 del d.P.R. n. 1199/1971) solo per iniziativa del giudice innanzi a cui il ricorso straordinario è stato trasposto, ove questo rilevi l'inammissibilità dello stesso in sede giurisdizionale ma la possibilità della sua decisione in sede straordinaria (Cons. St. I, n. 3511/2010).

La dimidiazione dei termini prevista dall'art. 119 c.p.a.

Nell'ipotesi di trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario, ai sensi dell'art. 10, d.P.R. n. 1199/1971, il ricorrente straordinario deve provvedere, entro il termine unico di 60 giorni, prima alla notifica e solo dopo al deposito dell'atto con il quale dichiara di voler insistere nel proprio originario ricorso; pertanto, mentre il termine per la notifica del predetto atto sfugge alla regola della dimidiazione dei termini, di cui all'art. 119 c.p.a., poiché, pur avendo natura processuale, è riconducibile alla categoria dei termini per la proposizione del ricorso, diversamente, quello per il deposito dell'atto di trasposizione non si sottrae al dimezzamento, stante la sua natura processuale e la sua irriconducibilità alla nozione di attività di proposizione del ricorso (Cons. St. V, n. 3104/2008).

Tale tesi è viceversa avversata da quanti valorizzano la natura processuale del termine per l'opposizione di cui all'art. 10 d.P.R. n. 1199/1971 (segnatamente in funzione dell'alternativa posta al ricorrente straordinario tra la trasposizione dell'impugnativa e il suo abbandono), con la conseguente soggezione all'applicazione della disciplina della dimidiazione dei termini ex art. 119 c.p.a. (T.A.R. Veneto, Venezia I, 21 febbraio2006, n. 401).

L'impugnazione del decreto che decide il ricorso straordinario.

Dal principio di alternativa discende che i provvedimenti decisori di ricorsi straordinari non possono essere impugnati in sede giurisdizionale, e tale preclusione oltre ad essere lumeggiata nell'art. 10 comma ultimo d.P.R. n. 1199/1971, è confermata nell'art. 15 del medesimo d.P.R., che ammette quale unico mezzo di gravame contro il provvedimento decisorio del ricorso straordinario il ricorso per revocazione; pertanto, l'impugnazione in sede giurisdizionale non può investire quegli aspetti del provvedimento decisorio che hanno formato oggetto di esame da parte del Consiglio di Stato, tenuto ad esprimere il parere sulla controversia, e tale preclusione concerne sia aspetti sostanziali che questioni procedurali della controversia, anche se si tratta di questioni che non hanno formato oggetto di pronuncia in quanto non dedotte o non rilevate (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 19 maggio 2021, n. 5851;  C.G.A. Sicilia 28 maggio 2019, n. 492; Cons. St. III, n. 3695/2018; Cons. St. III, n. 1402/2018; Cons. St. IV, n. 3076/2016; T.A.R. Lombardia, Milano III, 4 settembre2017, n. 1779).

Fa eccezione a tale principio, ai sensi dell'art. 10, comma ultimo, d.P.R. n. 1199/1971, il controinteressato al quale non sia stato notificato il ricorso straordinario al Capo dello Stato, il quale può impugnare il decreto presidenziale decisorio non solo per vizi di forma e di procedimento, ma anche per vizi in iudicando (T.A.R. Campania, Napoli III, 19 gennaio2010, n. 202), in quanto essi non stati posti nella condizione, con l'opposizione, di contrastare la loro evocazione in sede amministrativa invocando la tutela della loro posizione di vantaggio in sede giurisdizionale.

Questioni applicative

1) La trasposizione può essere chiesta dal cointeressato?

Ci si chiede se la trasposizione possa essere chiesta dal cointeressato.

La posizione sul punto prevalente è di segno negativo, dal momento che, a differenza del controinteressato, il cointeressato non è vincolato alla scelta fatta dal ricorrente (Cons. St. V, n. 2356/2008;T.A.R. Lazio III, 10 luglio1987, n. 1246;T.A.R. Campania, Napoli IV, 10 marzo2008, n. 1179), potendo optare per il rimedio giurisdizionale. Se gli si concedesse la possibilità di fare opposizione nei termini previsti per il controinteressato gli si offrirebbe la possibilità di eludere i termini d'impugnazione: «La trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica non può essere richiesta da un soggetto cointeressato, in quanto la disposizione di cui all'art. 10, d.P.R. n. 1199/1971 non può trovare applicazione analogica e comunque la trasposizione non può essere consentita a soggetti che non hanno proposto tempestivamente l'impugnazione in sede giurisdizionale o in via di ricorso straordinario; consentire la trasposizione comporterebbe, infatti, la elusione del principio processuale che assoggetta dette azioni al rispetto del termine decadenziale (T.A.R. Sicilia, Catania I, 4 aprile2002, n. 557; T.A.R. Calabria, Catanzaro I,ordinanza n. 183/2018).

Vedi, da ultimo, T.A.R. NapoliI, n. 3033/2020, secondo cui i cointeressati, a differenza dei controinteressati, non possono chiedere la trasposizione in sede giudiziaria del ricorso straordinario al Capo dello Stato. Ha chiarito il tribunale partenopeo è ontologicamente differente la posizione del cointeressato che, potendo ex se esperire la tutela rimediale contemplata dall'ordinamento nei termini decadenziali all'uopo contemplati (sia avanti il T.A.R. che con ricorso straordinario al Capo dello Stato), è titolare di autonome guarentigie di cui può disporre senza vincoli eteronomi, rivenienti cioè da scelte e strategie difensive poste in essere da altri soggetti, «parimenti interessati» a insorgere avverso l'actio provvedimentale della Amministrazione, rispetto a quella del controinteressato che, di contro, non implicando la qualitas di parte «attiva» e «propositiva» del procedimento giurisdizionale o giustiziale – ritraendosi, di contro, benefici o vantaggi dall'azione amministrativa – è giocoforza astretta e conformata dalle scelte operate da chi contro quella azione decide di insorgere. Di talché, nel caso del controinteressato, l'attribuzione della facoltà di opposizione consente di preservare la possibilità di accedere al Giudice(artt. 6 e 13 CEDU, art. 47Carta di Nizza; artt. 24,111 e 113 Cost.), recuperando la facultas di tutela delle proprie ragioni in un procedimento peraltro connotato dal doppio grado di giudizio, senza che tale indefettibile prerogativa possa essere conculcata in via eteronoma, per effetto del contegno della «controparte».

Analoga ratio non potrebbe sorreggere l'estensione della legittimazione anche al cointeressato che, di contro: ben può accedere liberamente al Giudice, al pari del ricorrente, nei termini decadenziali all'uopo contemplati; non può, di contro, essere surrettiziamente rimesso in termini, pel tramite della proposizione di un atto (opposizione) con il quale si manifesterebbe una facoltà di accesso al Giudice amministrativo di primo grado già, per così dire, consumatasi per effetto dell'inerte contegno tenuto ab initio.

Sotto questo profilo il cointeressato non può chiedere che il ricorso sia trasposto in sede giurisdizionale, «in quanto la sua richiesta, se avanzata dopo lo spirare del termine di impugnazione, potrebbe costituire un espediente per eludere quest'ultimo, mentre, se avanzata prima, non avrebbe senso, dato che il principio di alternatività non opera allorquando i due tipi di gravame siano proposti da soggetti diversi» (T.A.R.Napoli n. 790/2016).

Ha aggiunto la Sezione che l' agire del cointeressato – che non sia insorto tempestivamente avanti il T.A.R. e che, poscia, spieghi atto di opposizione proprio al fine di accedere alla sede giurisdizionale dapprincipio tenuta in non cale- si appalesa contrastante con il canone della buona fede, che rileva non solo sul piano sostanziale e/o procedimentale, ma anche su quello processuale e giustiziale, allorquando le tesi giudiziali collidano, all'evidenza, con il comportamento tenuto dalla parte nella fase precedente del rapporto o del contatto sostanziale, processuale o giustiziale.

Gli obblighi di buona fede e correttezza che devono sempre e comunque informare la condotta dei soggetti avvinti da un rapporto giuridico si dispiegano con continuità anche nella (eventuale), successiva, fase giurisdizionale o giustiziale, costituente il segmento finale del rapporto e del contatto inter partes.

In senso contrario opina una posizione minoritaria sul punto v. T.A.R. Toscana, Firenze, sez. I, 27 maggio 2019, n. 793: “La nozione di parte, nei confronti della quale sia stato proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ricomprende i controinteressati, i cointeressati e la pubblica amministrazione che ha emanato l'atto impugnato, nozione quest'ultima che assicura il pieno rispetto del contraddittorio e la generalizzazione della facoltà di opposizione, testimoniata dall'uso di una formula che comprende anche lo Stato, oltre alle altre pubbliche amministrazioni, ai controinteressati e ai cointeressati. Pertanto, anche i cointeressati sono legittimati a proporre opposizione ai sensi dell'art. 10 d.P.R. n. 1199/1971 , ovvero a chiedere la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale”.

Secondo una tesi mediana, ai sensi dell'art. 34 cit., l'opposizione proposta dal cointeressato sarebbe ammissibile solo ove non siano decorsi i termini per il ricorso giurisdizionale.

2) Quali sono i termini della trasposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato per opposizione dei controinteressati in caso di nuova notifica del ricorso straordinario?

Ecco le indicazioni fornite da Cons. St. I, parere n. 1756/2021:

a) una volta notificata l'opposizione alla trattazione della controversia in sede straordinaria, consegue l'improcedibilità del ricorso straordinario, risultando l'Amministrazione ed il Consiglio di Stato in sede consultiva spogliati di ogni potere decisorio;

b) una volta eseguita una nuova notifica, la sanatoria della prima non può essere invocata ai fini della decorrenza da essa di un termine perentorio e decadenziale che gravi su altra parte del procedimento, quale quello posto a carico del controinteressato per la proposizione dell'atto di opposizione.

Ha ricordato, quindi, il Consiglio di Stato, con la prima massima, che, notificata l'opposizione alla trattazione della controversia in sede straordinaria, consegue l'improcedibilità del ricorso straordinario, risultando l'Amministrazione ed il Consiglio di Stato in sede consultiva spogliati di ogni potere decisorio. Ciò in quanto, ad avviso del parere, in primo luogo la sanatoria per raggiungimento dello scopo vale a conservare l'ammissibilità dell'atto in favore del soggetto che lo ha posto in essere per le finalità che a esso pertengono direttamente (nella specie, la proposizione del ricorso straordinario e l'instaurazione del contraddittorio); di poi, perché il controinteressato, in presenza di una seconda notificazione del ricorso, ragionevolmente ritiene che la prima sia stata irrituale e, pertanto, pone un legittimo affidamento sulla validità della seconda, anche ai fini della decorrenza dei termini relativi a facoltà procedimentali dallo stesso esercitabili entro un lasso temporale che rinviene, come l'opposizione, il proprio dies a quo nella notifica del gravame.

In disparte dai rilievi sopra svolti, deve comunque essere evidenziato che l'effettuazione di una nuova notificazione del ricorso rinnova anche le facoltà concesse alle altre parti per effetto della stessa; dovendosi in tal modo ritenere, anche a prescindere dalla validità della prima notifica nei confronti del controinteressato, che quella effettuata successivamente a sanatoria abbia fatto nuovamente decorrere il termine per la proposizione dell'opposizione.

E tanto in conformità alla ratio che informa la normativa regolatrice del ricorso straordinario, ispirata al principio del favor iurisdictionis.

Bibliografia

Benvenuti, Appunti di diritto amministrativo, 115, e Autotutela, in Enc. dir., 541; Caringella, Manuale di diritto amministrativo ragionato, Roma, 2021, parte 12, capitoli 1 e 5; Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2020; D'angelo, La «giurisdizionalizzazione» del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: profili critici di un orientamento che non convince, in giustiziaamministrativa.it, 2013; De Roberto, Tonini, I ricorsi amministrativi, Milano, 1984, 78; F. Freni, Il nuovo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Roma, 2010; Jaricci, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Bologna, 2011; Mazza Laboccetta, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Un rimedio per la «tutela della giustizia nell'amministrazione», Napoli, 2017; Pignataro, Riflessioni sulla natura del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e sulle sue dirette implicazioni, in federalismi.it, 2017; Sandulli, Manuale di Diritto Amministrativo, Napoli, 1989; Tanda, Le nuove prospettive del ricorso straordinario al capo dello Stato, Torino, 2014.

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