CGUE, affidamenti in house in caso di perdita del “controllo analogo” a seguito di trasformazione societaria: occorre una nuova gara

24 Giugno 2022

La CGUE ha enunciato alcuni importanti principi in materia di affidamenti in house in caso di perdita del “controllo analogo” da parte dell'Amministrazione a seguito di una trasformazione societaria.

Il caso. Un Comune procedeva all'affidamento in house del servizio di gestione del ciclo di rifiuti presso il proprio territorio. L'operatore affidatario era una società per azioni, il cui azionariato era ripartito esclusivamente fra diversi comuni, tra cui quello aggiudicatore. Il comune esercitava quindi, insieme ad altri, un controllo congiunto sulla società aggiudicataria “analogo” a quello esercitato sui propri servizi. Nel corso dell'esecuzione del contratto, l'operatore economico, a seguito di un accordo di ristrutturazione, veniva aggregato ad un'altra società a partecipazione pubblica (ma anche con rilevanti capitali privati e quotata in borsa) con integrale cessione delle quote da parte dei comuni. A seguito della trasformazione societaria l'operatore proseguiva con l'erogazione del servizio pubblico originariamente affidato, anche in applicazione dell'art. 3-bis, comma 2-bis, d.l. 138/2011, il quale disponeva che l'operatore economico, succeduto al concessionario di servizi pubblici locali a seguito di operazioni societarie, comprese fusioni o acquisizioni, debba proseguire nella gestione dei servizi fino alle scadenze inizialmente previste.

La Provincia, divenuta nelle more competente in materia di gestione dei rifiuti, confermava la gestione in capo all'affidataria originaria, nonostante il cambio dell'assetto societario. Il Comune che aveva aggiudicato il servizio proponeva quindi ricorso avverso tale determinazione, ritenendo che i presupposti per l'affidamento in house, con particolare riferimento al controllo analogo, non fossero più soddisfatti. Il giudice di prime cure respingeva tali censure e il Comune proponeva quindi appello dinanzi al Consiglio di Stato.

L'ordinanza di rimessione e la soluzione della CGUE. Il Consiglio di Stato, ravvedendo possibili profili di contrasto con la normativa sovranazionale, ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia dell'UE chiedendo di stabilire «se l'articolo 12 della direttiva [2014/24] osti ad una normativa nazionale la quale imponga un'aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a seguito della quale l'operatore economico succeduto al concessionario iniziale a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, prosegua nella gestione dei servizi sino alle scadenze previste, nel caso in cui: a) il concessionario iniziale sia una società affidataria “in houseˮ sulla base di un controllo analogo pluripartecipato; b) l'operatore economico successore sia stato selezionato attraverso una pubblica gara; c) a seguito dell'operazione societaria di aggregazione i requisiti del controllo analogo pluripartecipato più non sussistano rispetto a taluno degli enti locali che hanno in origine affidato il servizio di cui si tratta».

La Corte ha in primo luogo precisato che nell'ipotesi in cui l'appalto sia stato affidato, come nella fattispecie, senza indizione di una gara, ad una società a capitale pubblico avente i requisiti richiesti per gli affidamenti in house, l'eventuale acquisizione di detta società da parte di altro operatore economico durante il periodo di efficacia del contratto costituisce un cambiamento di una condizione fondamentale dell'appalto che necessiterebbe di indire una nuova gara. Ciò in quanto, secondo la Corte, una simile modifica comporta l'impossibilità per l'ente in house di essere assimilato ai servizi interni dell'Amministrazione aggiudicatrice e, pertanto, la necessità di indire una nuova gara per l'esecuzione del contratto.

Sotto concorrente profilo la CGUE ha escluso che il caso di specie potesse essere ricondotto nell'ambito d'applicazione dell'art. 72 , paragrafo 1, lettera d), ii), della direttiva 2014/24, in punto di sostituzione del contraente di un contratto d'appalto, ritenendo che tale disposizione possa trovare applicazione nelle ipotesi in cui il successore dell'aggiudicatario originario prosegua l'esecuzione di un appalto pubblico che è stato oggetto di una procedura di aggiudicazione iniziale conforme ai requisiti imposti dalla stessa direttiva e non nei casi di affidamenti in-house senza gara.

Svolte tali considerazioni, la Corte ha altresì precisato che nella fattispecie la prosecuzione del contratto a seguito del radicale mutamento dell'assetto societario sarebbe violativa dei presupposti enucleati dall'art. 12, paragrafo 3, della direttiva 24, che consentono di ritenere che l'aggiudicazione di un appalto esuli dall'ambito di applicazione delle procedure di gara. Ebbene, rimettendo al giudice del rinvio lo svolgimento delle verifiche in concreto, la Corte ha stabilito che la prosecuzione da parte dell'operatore economico dell'esecuzione dell'appalto pubblico inizialmente affidato con modalità in house comporti una modifica di una condizione fondamentale dell'appalto stesso, idonea a necessitare una nuova procedura di gara. A nulla rileva la circostanza che l'operatore economico cui trasferire le azioni sia stato individuato tramite gara, essendo invece dirimente che il Comune aggiudicatario nella fattispecie non detenesse più alcuna partecipazione dell'operatore economico a seguito della trasformazione societaria.

Alla luce di ciò, la Corte ha concluso il proprio iter motivazionale ritenendo che «la direttiva 2014/24 deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa o a una prassi nazionale in forza della quale l'esecuzione di un appalto pubblico, aggiudicato inizialmente, senza gara, ad un ente «in house» sul quale l'amministrazione aggiudicatrice esercitava, congiuntamente, un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi, sia proseguita automaticamente dall'operatore economico che ha acquisito detto ente, al termine di una procedura di gara, qualora detta amministrazione aggiudicatrice non disponga di un simile controllo su tale operatore e non detenga alcuna partecipazione nel suo capitale».

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