Concordato preventivo e applicazione del cram down qualora il voto degli Enti sia determinante per il raggiungimento della maggioranza

27 Luglio 2022

In una procedura di concordato preventivo è stata prevista la suddivisione dei creditori in tre differenti classi: 1) Fisco; 2) Enti previdenziali; 3) Chirografari.Se all'esito delle votazioni nessuna delle tre classi ha espresso il voto favorevole, il Tribunale può omologare il concordato con il cram down, ovviamente, posto che il debito fiscale e previdenziale sia superiore al 50% dell'esposizione complessiva?

Come noto, il novellato art. 180, comma 4, l. fall. dispone – a seguito delle modifiche introdotte con il D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito con modificazioni dalla L. 27 novembre 2020, n. 159 - che “il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria”.

La formulazione attuale risente della modifica introdotta dall'art. 20 d.l. 24 agosto 2021, n. 118 che ha sostituito le parole “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto”, con “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione”.

Detta modifica si applica dalla data del 25 agosto 2021, di entrata in vigore del citato decreto-legge.

A seguito dell'introduzione della nuova disposizione dottrina e giurisprudenza si sono interrogate in merito all'applicabilità di tale meccanismo sostitutivo (c.d. cram down) sia nel caso in cui gli Enti non esprimessero il proprio voto e/o adesione sia nell'ipotesi in cui gli Enti esprimessero il proprio (motivato) diniego.

La giurisprudenza più recente e ormai consolidata (si veda, sul punto, Tribunale di Milano, decreto di omologa del 27 gennaio 2022) ritiene che, anche per ragioni logico-sistematiche, il cd. cram down debba trovare applicazione in entrambe le ipotesi in quanto detta disposizione intende “superare ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate, spesso registrate nella prassi” (come si legge nella relazione illustrativa al D.Lgs. n. 14/2019), che possono realizzarsi sia in caso di mancata risposta sia allorquando l'ente rigetti espressamente la proposta di trattamento dei crediti fiscali e/o contributivi.

Venendo al caso in esame nell'ipotesi in cui, quindi, gli Enti nel termine previsto dall'art. 177 l. fall. non votino, ovvero, esprimano un voto negativo, il Tribunale, qualora verifichi la maggior convenienza per costoro della proposta di concordato rispetto all'alternativa liquidatoria (sulla base della proposta di concordato, dell'attestazione e della relazione ex art. 172 l.fall. ), potrà disapplicare l'eventuale voto negativo ovvero esprimersi a favore, con l'effetto di operare, surrogandosi agli Enti, una valutazione invece di convenienza.

Ovviamente il Tribunale potrà applicare il c.d. cram down qualora, come nel caso di specie, il voto degli Enti risulti determinante per il raggiungimento della maggioranza sia delle classi sia dei crediti complessivi.

In tale ipotesi, quindi, sulla base della risultanza delle votazioni comunicate dal Commissario Giudiziale, il Tribunale sarà tenuto a fissare l'udienza di omologazione del concordato nel corso della quale dovrà verificare – appunto – l'applicabilità o meno della previsione di cui all'art. 180, comma 4, L.F. e correndone i suindicati presupposti omologherà il concordato con applicazione del c.d. cram down.

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