Codice di Procedura Civile art. 473 bis 52 - Forma della domanda 1[I]. Le disposizioni del presente titolo si applicano ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni nonche' alle domande di risarcimento del danno conseguente a violazione dei doveri familiari, salvo che la legge disponga diversamente. Sono in ogni caso esclusi i procedimenti di scioglimento della comunione legale, quelli volti alla dichiarazione di adottabilita', quelli di adozione di minori di eta' e quelli attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea3. [II]. Per quanto non disciplinato dal presente titolo, i procedimenti di cui al primo comma sono regolati dalle norme previste dai titoli I e III del libro secondo. [III]. Quando rileva che uno dei procedimenti previsti dal primo comma e' promosso in forme diverse da quelle previste dal presente titolo, il giudice ordina il mutamento del rito e fissa l'udienza di cui all'articolo 473-bis.21 assegnando alle parti termini perentori per l'eventuale integrazione degli atti4. [IV]. Quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente titolo riguarda un procedimento diverso da quelli previsti dal primo comma, il giudice, se la causa stessa rientra nella sua competenza, ordina il mutamento del rito dando le disposizioni per l'ulteriore corso del processo, altrimenti dichiara la propria incompetenza e fissa un termine perentorio per la riassunzione della causa con il rito per essa previsto5. [V]. I provvedimenti di cui al terzo e al quarto comma sono pronunciati non oltre la prima udienza. Gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le forme del rito seguito prima del mutamento e restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento6. [1] Rubrica sostituito dall'art. 3, comma 6, lett. a), numero 3) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. La rubrica precedente era la seguente: «Ambito di applicazione». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. [2] Articolo inserito dall'art. 3, comma 33, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". [3] Comma sostituito dall'art. 3, comma 6, lett. a), numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Il testo del comma era il seguente: «Le disposizioni del presente titolo si applicano ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni, salvo che la legge disponga diversamente e con esclusione dei procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità, dei procedimenti di adozione di minori di età e dei procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea»: ai sensi dell'art. 50 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, le parole «tribunale per i minorenni», ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente, sono sostituite dalle parole «tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», con la decorrenza indicata dall'art. 49, comma 1, d.lgs. 149, cit. [4] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 6, lett. a), numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. [5] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 6, lett. a), numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. [6] Comma aggiunto dall'art. 3, comma 6, lett. a), numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. InquadramentoCome evidenziato dalla stessa Relazione Illustrativa al d.lgs. n. 149 del 2022, le disposizioni in esame si limitano – per un’esigenza di coerenza sistematica – a trasporre nell’ambito del rito unitario le norme dettate, per i giudizi di interdizione e di inabilitazione, dagli artt. da 712 a 719 c.p.c., conseguentemente abrogati dalla data di entrata in vigore delle nuove previsioni. Non vi sono peraltro, trattandosi di mera trasposizione, innovazioni di grande rilievo. Si precisa soltanto, quanto al ricorso, che lo stesso deve contenere le indicazioni richieste dagli artt. 473-bis.12 e 473-bis.13 c.p.c., come previsto del resto in via generale per i procedimenti – come quelli in esame – assoggettati al rito unitario. Occorre inoltre segnalare che viene meno il dovere del Presidente di comunicare al Pubblico Ministero il ricorso proposto, ricorso che, nell’assetto attuale, può essere disatteso de plano, ossia senza essere notificato ai soggetti indicati dall’art. 714 c.p.c., proprio a fronte di una richiesta del Pubblico Ministero. Ulteriore novità è che nell’ipotesi in cui specifiche esigenze di protezione lo richiedano o qualora l’interdicendo o l’inabilitando non può comparire all’udienza per legittimo impedimento o la comparizione personale può arrecargli grave pregiudizio, il giudice può non solo recarsi nel luogo in cui si trova come previsto sinora, ma altresì, valutata ogni circostanza, disporre che l’udienza si svolga mediante collegamento audiovisivo a distanza, individuando le modalità idonee ad assicurare l’assenza di condizionamenti. La norma in esame corrisponde all’abrogato art. 712 c.p.c. Presupposti dell'interdizioneAi sensi dell’art. 414 c.c. deve essere interdetta una persona, maggiore di età, che sia totalmente incapace di assolvere ai propri interessi. A seguito dell’introduzione dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, si tende a ritenere che il nuovo testo dell’art. 414 c.c. sottintende l’eliminazione del carattere obbligatorio dell’interdizione, la cui applicazione è subordinata ad una condizione di abituale infermità di mente, che renda il maggiore di età o il minore emancipato, incapace di provvedere ai propri interessi, ove tale misura sia necessaria per assicurare la loro adeguata protezione, riservandolo, in considerazione della gravità degli effetti che da essa derivano, a quelle ipotesi in cui nessuna efficacia protettiva sortirebbe una diversa misura (Trib. Bari I, 24 febbraio 2015, n. 815). Segue . CompetenzaLa competenza a decidere sul ricorso volto all’interdizione ovvero all’inabilitazione spetta al tribunale del luogo nel quale l’interdicendo o l’inabilitando ha la residenza. È consolidato il principio per il quale la competenza per territorio, in materia di procedimento di interdizione, si determina in base alla residenza effettiva dell’interdicendo e, quindi, in base alla residenza anagrafica, ove difettino prove contrarie alla presunzione della sua coincidenza con detta residenza effettiva (Cass. n. 17235/2006). RicorsoIl ricorso deve essere sottoscritto da un difensore, munito di procura ai sensi dell’art. 125 (Cass. n. 5967/1994). La procura non può essere rilasciata ex art. 125, comma 2, dopo il deposito del ricorso in quanto, mediante tale atto, il ricorrente si rivolge direttamente al giudice (Cass. n. 1701/1975). Il comma 2 della norma stabilisce che il ricorso deve essere corredato dall’esposizione dei fatti sui quali si fonda la domanda. Secondo una parte della dottrina dovrebbero essere puntualmente indicati i fatti che rivelano l’alterazione patologica delle facoltà mentali dell’interdicendo o inabilitando, l’omessa indicazione dei quali sarebbe causa di nullità del ricorso, insuscettibile di successiva sanatoria (Satta, IV, 333). Per altri, è invece sufficiente che il ricorso richiami, anche genericamente, le condizioni della persona, con possibilità di integrazione nel corso del giudizio (Poggeschi, 59). Sotto altro profilo, nel ricorso devono essere indicate le generalità del coniuge o del convivente di fatto, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado e, se vi sono, del tutore o curatore dell’interdicendo o dell’inabilitando. Peraltro, nel giudizio di interdizione o di inabilitazione, i parenti e gli affini che a norma della disposizione in esame devono essere indicati nel ricorso introduttivo, non hanno veste di parti in senso tecnico-giuridico, bensì svolgono funzioni consultive, essendo fonti di informazione per il giudice: ne deriva che la mancata notifica del ricorso ad alcuni dei predetti, a seguito dell’omessa indicazione degli stessi nel ricorso, mentre non determina alcuna nullità del procedimento qualora a tale omissione si sia avviato nel corso dell’istruttoria, può costituire motivo di impugnazione soltanto quando la persistente omissione concerna un congiunto verosimilmente in grado di fornire al giudice informazioni tali da far decidere il giudizio diversamente (Cass. n. 1023/1982). Legittimazione a ricorrere. Parti del procedimentoLa legittimazione a proporre la domanda di interdizione o di inabilitazione spetta al coniuge o al convivente di fatto, ai parenti entro il quarto grado, agli affini entro il secondo, al tutore o al curatore, ove nominati, ed al pubblico ministero. Sotto altro profilo, è stato ribadito più volte dalla S.C., da ultimo anche a Sezioni Unite (Cass. n. 4250/2020 che ha escluso, di conseguenza, la possibilità degli stessi di eccepire il difetto di giurisdizione), che nel giudizio di interdizione parenti ed affini dell’interdicendo non hanno qualità e veste di parti in senso proprio, avendo essi un compito «consultivo» e cioè di fonti di utili informazioni al giudice (Cass. n. 15346/2000). Tale principio trova applicazione anche nel giudizio di revoca dell’interdizione (Cass. n. 2401/2015, in Foro it., 2015, n. 4, 1231, con nota di Casaburi). In sede applicativa è stato ritenuto inammissibile l’intervento adesivo dipendente, nel giudizio di interdizione, dei futuri eredi dell’interdicendo (App. Lecce, 22 novembre 1995, in Arch. civ., 1997, 177, con nota di Mancarelli). Natura del procedimentoLa Corte di Cassazione ha evidenziato che il procedimento di interdizione, pur presentando numerose peculiarità, essendo caratterizzato dalla coesistenza di diritti soggettivi privati e di profili pubblicistici, dalla natura e non disponibilità degli interessi coinvolti, dalla posizione dei soggetti legittimati a presentare il ricorso, che esercitano un potere di azione, ma non agiscono a tutela di un proprio diritto soggettivo, dagli ampi poteri inquisitori del giudice, dalla particolare pubblicità della sentenza e dalla sua revocabilità, si configura pur sempre come un procedimento contenzioso speciale, il che comporta l’applicazione ad esso di tutte le regole del processo di cognizione, salvo le deroghe previste dalla legge (Cass. n. 21718/2005). Deriva da tale generale impostazione che ai fini del regolamento delle spese del procedimento trovano applicazione gli artt. 91 e ss. (Cass. n. 21718/2005; in senso conforme, con riguardo al procedimento di inabilitazione, Cass. n. 1680/1980). In dottrina la questione avente ad oggetto la natura del procedimento in esame è oggetto di vivace discussione. Secondo l’impostazione tradizionale, il procedimento di interdizione rientra nell’ambito della giurisdizione volontaria, essendo privo di alcuni caratteri specifici della giurisdizione contenziosa, quali il contrasto di interessi privati, la trasgressione di norme giuridiche, l’instaurazione su domanda, il contraddittorio, l’attitudine alla cosa giudicata (Fazzalari, 195). Per altri, invece, poiché sia il procedimento di interdizione che quello di inabilitazione presentano anche numerosi caratteri del processo ordinario di cognizione, si tratterebbe di una giurisdizione volontaria con forme contenziose (Satta, IV, 329; Vaccarella, 717) ovvero avrebbe natura contenziosa, avendo ad oggetto un conflitto in ordine alla titolarità della capacità di agire in capo all’interdicendo o inabilitando (Jannuzzi, 220). BibliografiaAlbiero, I fatti di violenza e il processo, in La riforma del giudice e del processo per le persone, i minori e le famiglie, Legge 26 novembre 2021, n. 206, a cura di C. Cecchella, Torino, 2022, 359 ss.; Caratta, Un nuovo processo di cognizione per la giustizia familiare e minorile, in Fam. e dir., 2022, 4, 349; Danovi, Il nuovo rito delle relazioni familiari, in Fam. e dir., 2022, 8-9, 837; Ficcarelli, Violenza domestica, di genere e tutela civile: i criteri direttivi della legge delega, in ilfamiliarista.it, 22 giugno 2022; Tommaseo, La riforma del processo civile a un passo dal traguardo, Fam. e dir., 2022, 10, 955. |