Codice di Procedura Penale art. 129 bis - Accesso ai programmi di giustizia riparativa 1 .

Angelo Salerno

Accesso ai programmi di giustizia riparativa1.

1. In ogni stato e grado del procedimento l'autorità giudiziaria può disporre, anche d'ufficio, l'invio dell'imputato e della vittima del reato di cui all'articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, al Centro per la giustizia riparativa di riferimento, per l'avvio di un programma di giustizia riparativa2.

2. La richiesta dell'imputato o della vittima del reato di cui all'articolo 42, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, è proposta personalmente o per mezzo di procuratore speciale3.

3. L'invio degli interessati è disposto con ordinanza dal giudice che procede, sentite le parti, i difensori nominati e, se lo ritiene necessario, la vittima del reato di cui all'articolo 42, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, qualora reputi che lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l'accertamento dei fatti. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato4.

4. Nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione, il giudice, a richiesta dell'imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del processo per un periodo non superiore a centottanta giorni, al fine di consentire lo svolgimento del programma di giustizia riparativa. Durante la sospensione del processo il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili5.

 

 

 

 

4-bis. Le disposizioni di cui al comma 4 si applicano, altresi', prima dell'esercizio dell'azione penale, quando il pubblico ministero ha disposto la notifica dell'avviso di cui all'articolo 415-bis. In tal caso, sulla richiesta di sospensione del procedimento provvede il giudice per le indagini preliminari, sentito il pubblico ministero6.

4-ter. Durante il tempo in cui il procedimento o il processo e' sospeso, sono sospesi il corso della prescrizione e i termini di cui all'articolo 344-bis. Durante lo stesso tempo, i termini di durata massima della custodia cautelare di cui all'articolo 303 sono sospesi dal giudice, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310. Si applica l'articolo 304, comma 67.

5. Al termine dello svolgimento del programma di giustizia riparativa, l'autorità giudiziaria acquisisce la relazione trasmessa dal mediatore.

[1] Articolo inserito dall'art. 7, comma 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Per l'applicazione vedi l 'art. 92,  comma 2-bis, d.lgs. n. 150 cit., come aggiunto, in sede di conversione, dall'art. 5- novies d.l. n. 162, cit.

[2] Comma modificato dall'art.2, comma 1, lett. b) , numero 1) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31 che ha sostituito le parole «10 ottobre 2022, n. 150» alle seguenti «attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134».

[3] Comma modificato dall'art.2, comma 1, lett. b) , numero 2) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31 che ha sostituito le parole «10 ottobre 2022, n. 150» alle seguenti «attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134».

[4] Comma modificato dall'art.2, comma 1, lett. b) , numero 3) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31 che ha sostituito le parole «10 ottobre 2022, n. 150» alle seguenti «attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134».

[5] Comma sostituito dall'art.2, comma 1, lett. b) , numero 4) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31. Il precedente comma era il seguente:  «4. Nel caso di reati perseguibili a querela soggetta a remissione e in seguito all'emissione dell'avviso di cui all'articolo 415-bis, il giudice, a richiesta dell'imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento o del processo per lo svolgimento del programma di giustizia riparativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Si osservano le disposizioni dell'articolo 159, primo comma, numero 3), primo periodo, del codice penale, e dell'articolo 344-bis, commi 6 e 8, nonché, in quanto compatibili, dell'articolo 304.» .

Inquadramento

La giustizia riparativa si iscrive nell'ambito della mediazione penale, che sposa una prospettiva alternativa a quella special-preventiva e retributiva dell'impianto penale tradizionale, mirando invece ad una riconciliazione tra reo e vittima del reato, avvalendosi di un soggetto terzo imparziale e dotato di specifiche competenze.

Prima della Riforma difettava una nozione di mediazione penale, rinvenibile invece nell'ordinamento dell'Unione Europea, che vi fa espresso riferimento all'art. 1 della raccomandazione del Consiglio d'Europa R-99-19 del 15 settembre 1999, definendola come « qualsivoglia processo dove la vittima e l'autore di reato sono messi in condizione, se vi acconsentono liberamente, di partecipare alla soluzione delle questioni derivanti da un reato attraverso l'aiuto di un terzo imparziale » , con riferimento alla figura del mediatore.

Richiami impliciti alla mediazione penale sono rinvenibili altresì nella direttiva 2012/29/UE, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.

Pur in assenza di una definizione normativa di mediazione penale, l'istituto era già noto all'ordinamento nazionale, che vi fa riferimento in materia di sospensione del processo con messa alla prova, di cui agli artt. 168-bis e ss. c.p. e 464-bis e ss., ovvero nel procedimento davanti al Giudice di pace, nelle disposizioni di cui agli artt. 29 e 34, d.lgs. n. 274/2000, e in quello minorile, con riferimento agli artt. 9, 27 e 28, d.P.R. n. 448/1988.

L'impianto originario della giustizia riparativa, nell'alveo della mediazione penale, vedeva affiancata al percorso di riconciliazione tra reo e vittima forme di riparazione dell'offesa, anche a fronte di reati di pericolo o lesivi di interessi superindividuali, assumendo così naturaprestazionale.

La legge delega 27 settembre 2021, n. 134 ha conferito delega al Governo, ai sensi dell'art. 1, comma 18, affinché introducesse una disciplina organica della giustizia riparativa, offrendo in primo luogo una definizione della vittima del reato del reato che ricomprendesse non esclusivamente la persona fisica che ha subìto un danno, fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono state causate direttamente da un reato, ma anche il familiare di una persona la cui morte è stata causata da un reato e che ha subìto un danno in conseguenza della morte di tale persona. Secondo l'impianto della legge delega, per familiare della vittima del reato devono intendersi il coniuge, la parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso, la persona che convive con la vittima in una relazione intima, nello stesso nucleo familiare e in modo stabile e continuo, nonché i parenti in linea diretta, i fratelli e le sorelle e le persone a carico della vittima.

La legge delega ha altresì richiesto l'introduzione, in ossequio alla su richiamata direttiva 2012/29/UE, di una disciplina organica della giustizia riparativa quanto a nozione, principali programmi, criteri di accesso, garanzie, persone legittimate a partecipare, modalità di svolgimento dei programmi e valutazione dei suoi esiti, nell'interesse della vittima e dell'autore del reato (lett. a); è stato altresì richiesto di prevedere la possibilità di accesso ai programmi di giustizia riparativa in ogni stato e grado del procedimento penale e durante l'esecuzione della pena, su iniziativa dell'autorità giudiziaria competente, senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità, sulla base del consenso libero e informato della vittima del reato e dell'autore del reato e della positiva valutazione da parte dell'autorità giudiziaria dell'utilità del programma in relazione ai criteri di accesso (lett. c). Ulteriori criteri delle delega attengono alla previsione che l'esito favorevole dei programmi di giustizia riparativa possa essere valutato nel procedimento penale e in fase di esecuzione della pena, e che l'impossibilità di attuare un programma di giustizia riparativa o il suo fallimento non producano effetti negativi a carico della vittima del reato o dell'autore del reato nel procedimento penale o in sede esecutiva (lett. e).

La disciplina della giustizia riparativa: le definizioni

Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, c.d. Riforma Cartabia, ha dato attuazione alla legge delega nel Titolo VI del decreto, che detta una disciplina organica della giustizia riparativa, muovendo al Capo I dai principi e dalle disposizioni generali, tra cui le definizioni dettate dall'art. 42.

La disposizione citata detta oggi una definizione normativa di giustizia riparativa, consistente in « ogni programma che consente alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell'offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l'aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore » . Dalla definizione di giustizia riparativa emerge il principale tratto distintivo della giustizia riparativa, ossia la volontarietà della partecipazione, che deve essere libera e spontanea nonché accettata e voluta da tutte le parti.

Di particolare rilievo è altresì la definizione di vittima del reato, dettata alla lett. b) dell'art. 42, che vi ricomprende ogni persona fisica che ha subito direttamente dal reato qualunque danno patrimoniale o non patrimoniale, nonché il familiare della persona fisica la cui morte è stata causata dal reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona. Tale definizione si aggiunge e in parte si sovrappone a quella di persona offesa dal reato cui fa riferimento il codice di procedura penale nel dettare le disposizioni di cui agli artt. 90 e 90-bis, cui la Riforma ha aggiunto l'art. 90-bis.1, che prevede per la vittima del reato, come definita dalla su citata lett. b), il diritto ad essere informata in una lingua a lei comprensibile della facoltà di svolgere un programma di giustizia riparativa.

La lett. c) dell'art. 42, comma 1, introduce altresì la figura della persona indicata come autore dell'offesa, quale soggetto individuato come tale dalla vittima, anche prima della proposizione della querela, prescindendo dunque dalla qualità di indagato. Rientrano nella nozione altresì la persona sottoposta alle indagini, l'imputato, la persona sottoposta a misura di sicurezza personale, la persona condannata con pronuncia irrevocabile e finanche la persona nei cui confronti sia stata emessa una sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere, per difetto della condizione di procedibilità o per intervenuta estinzione del reato, anche nei casi di improcedibilità per decorso del tempo nei giudizi di impugnazione, ai sensi dell'art. 344-bis. Si tratta dunque di una nozione svincolata da quella di indagato o imputato e che guarda oltre il procedimento penale, in ragione delle diverse finalità cui mira la giustizia riparativa e che prescindono dall'inizio e dall'esito del procedimento penale.

L'esito del percorso di giustizia riparativa è infatti definito dalla lett. e) come « qualunque accordo, risultante dal programma di giustizia riparativa, volto alla riparazione dell'offesa e idoneo a rappresentare l'avvenuto riconoscimento reciproco e la possibilità di ricostruire la relazione tra i partecipanti » .

Tra questi rientrano i familiari della vittima, individuati dalla lett. d) nel coniuge o nella parte di un'unione civile, oltre che nel convivente di fatto e nelle persone legate da un vincolo affettivo stabile alla vittima o alla persona indicata da quest'ultima come autore dell'offesa. Vi rientrano altresì i parenti in linea retta, i fratelli, le sorelle e le persone fiscalmente a carico della vittima o dell'autore dell'offesa.

Il comma 2 dell'art. 42 prevede infine che i diritti e le facoltà attribuite alla vittima del reato sono riconosciuti anche al soggetto giuridico offeso dal reato, così estendendo la disciplina ad enti o associazioni.

Segue . I principi generali e gli obiettivi

I principi generali che regolano la giustizia riparativa sono disciplinati dall'art. 43 del d.lgs. n. 150/2022, che richiede:

a ) la partecipazioneattiva e volontaria della persona indicata come autore dell'offesa e della vittima del reato e degli altri eventuali partecipanti alla gestione degli effetti pregiudizievoli causati dall'offesa;

b ) l'equa considerazione dell'interesse della vittima del reato e della persona indicata come autore dell'offesa;

c ) il coinvolgimento della comunità nei programmi di giustizia riparativa;

d ) il consenso alla partecipazione ai programmi di giustizia riparativa;

e ) la riservatezza sulle dichiarazioni e sulle attività svolte nel corso dei programmi di giustizia riparativa;

f ) la ragionevolezza e proporzionalità degli eventuali esiti riparativi consensualmente raggiunti;

g ) l'indipendenza dei mediatori e la loro equiprossimità rispetto ai partecipanti ai programmi di giustizia riparativa;

h ) la garanzia del tempo necessario allo svolgimento di ciascun programma.

Il comma 2 dell'art. 43 esplicita l'obiettivo cui i percorsi di giustizia riparativa devono tendere, individuandolo nella promozione del riconoscimento della vittima del reato e nella responsabilizzazione della persona indicata come autore dell'offesa, nonché nella ricostituzione dei legami con la comunità.

Ai sensi del comma 3, l'accesso ai programmi di giustizia riparativa deve essere assicurato ai soggetti che vi hanno interesse e deve essere gratuito, sebbene il successivo comma 4 consenta di limitare l'accesso ai programmi di giustizia riparativa ma esclusivamente in caso di pericolo concreto per i partecipanti, derivante dallo svolgimento del programma, come ad esempio può accadere nei reati di violenza di genere. Fuori da tali ipotesi, l'accesso ai programmi di giustizia riparativa deve sempre essere favorito, senza discriminazioni e nel rispetto della dignità di ogni persona.

Il successivo art. 44 dispone infatti che non possano essere previste preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità, consentendo l'accesso ai programmi di giustizia riparativa in ogni stato e grado del procedimento penale, nella fase esecutiva della pena e della misura di sicurezza, dopo l'esecuzione delle stesse e all'esito di una sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere, per difetto di condizioni di procedibilità ovvero per intervenuta estinzione del reato. L'ultimo comma dell'art. 44 consente di accedere ai programmi di giustizia riparativa finanche prima che sia proposta querela, a conferma dunque dell'autonomia dei percorsidi giustizia riparativa rispetto al procedimento penale.

Segue . Partecipazione e consenso

La partecipazione ai programmi di giustizia riparativa è disciplinata dall'art. 45 ed è consentita alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell'offesa e agli altri soggetti appartenenti alla comunità (quali familiari della vittima del reato e della persona indicata come autore dell'offesa, persone di supporto segnalate dalla vittima del reato e dalla persona indicata come autore dell'offesa, enti ed associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato, rappresentanti o delegati di Stato, Regioni, enti locali o di altri enti pubblici, autorità di pubblica sicurezza, servizi sociali). La disposizione prevede inoltre una norma di chiusura, che estende la partecipazione a chiunque altro vi abbia interesse.

L'art. 46 prende invece in considerazione il caso in cui siano coinvolte persone minori di età, richiedendo che le disposizioni generali trovino applicazione, in quanto compatibili, in modo adeguato alla personalità e alle esigenze del minore, mediante assegnazione di mediatori dotati di specifiche attitudini, avuto riguardo alla formazione e alle competenze acquisite.

Le garanzie che devono assistere i partecipanti ai programmi di giustizia riparativa sono disciplinate al Capo II, e ricomprendono il diritto all'informazione, di cui all'art. 47, in merito alla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa e ai servizi disponibili. Tale informazione deve risultare effettiva, completa e obiettiva in ordine ai programmi di giustizia riparativa disponibili, alle modalità di accesso e di svolgimento, ai potenziali esiti e agli eventuali accordi tra i partecipanti, includendo altresì informazioni in merito alle garanzie e ai doveri previsti. Le informazioni devono essere fornite ai destinatari in una lingua comprensibile, come ribadito dall'art. 49, e in modo adeguato all'età e alle capacità degli stessi, come oggi previsto dall'art. 90-bis.1 del codice.

Requisito fondamentale della partecipazione a percorsi di giustizia riparativa, come anticipato, è il consenso dei partecipanti che, ai sensi dell'art. 48, deve essere personale, libero, consapevole, informato ed espresso in forma scritta; il consenso è inoltre sempre revocabile, anche solo tacitamente, per facta concludentia. Disposizioni specifiche sono dettate per i soggetti incapaci o interdetti e per gli enti

Il comma 6 dell'art. 48 prevede che il consenso dei partecipanti sia raccolto nel corso del primo incontro dal mediatore designato, alla presenza del difensore della vittima del reato e del difensore della persona indicata come autore dell'offesa, quando questi lo richiedono.

Segue . Doveri e garanzie

L'art. 50 del d.lgs. n. 150/2022 prevede un dovere di riservatezza in capo ai mediatori e al personale dei Centri per la giustizia riparativa, in ordine alle attività e agli atti compiuti, nonché sulle dichiarazioni rese dai partecipanti e sulle informazioni acquisite per ragione o nel corso dei programmi di giustizia riparativa, salvo che vi sia il consenso dei partecipanti alla rivelazione o che il mediatore ritenga la rivelazione assolutamente necessaria per evitare la commissione di imminenti o gravi reati o infine quando le dichiarazioni integrino di per sé reato.

Nel contempo, l'art. 51 sancisce la inutilizzabilità nel procedimento penale e nella fase dell'esecuzione della pena delle dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del programma.

È altresì previsto, ai sensi dell'art. 52, che il mediatore non possa essere obbligato a deporre innanzi all'autorità giudiziaria né a rendere dichiarazioni innanzi ad altre autorità, in merito agli atti compiuti, ai contenuti dell'attività svolta, nonché alle dichiarazioni rese dai partecipanti e alle informazioni apprese per ragione o nel corso del programma di giustizia riparativa. Anche in questo caso è prevista una deroga in caso di consenso dei partecipanti alla rivelazione o quando il mediatore ritenga che la deposizione sia assolutamente necessaria per evitare la commissione di imminenti o gravi reati ovvero quando le dichiarazioni integrino di per sé reato. L'art. 52 fa espresso richiamo all'art. 200 del codice, stabilendo che, in quanto compatibile, trovi applicazione la relativa disciplina, al cui commento pertanto si rinvia.

Ai sensi del comma 2 dell'art. 52, è fatto divieto di procedere a sequestro di carte o documenti relativi all'oggetto del programma, salvo che costituiscano corpo del reato, presso i mediatori e nei luoghi in cui si svolge il programma di giustizia riparativa, così come, ai sensi del comma 3, non è consentita l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni nei luoghi in cui si svolge il programma di giustizia riparativa, né di conversazioni o comunicazioni dei mediatori che abbiano ad oggetto fatti conosciuti perragione o nel corso del medesimo programma.

Ai sensi del comma 4, qualora le disposizioni predette siano violate, i risultati dei sequestri e delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni sono inutilizzabili, salvo che costituiscano corpo di reato o, nel caso di intercettazioni, abbiano ad oggetto fatti sui quali i mediatori abbiano deposto o che abbiano in altro modo divulgato.

Il comma 5 dell'art. 52stabilisce infine che il mediatore non ha obblighi di denuncia in relazione ai reati dei quali abbia avuto notizia per ragione o nel corso del programma di giustizia riparativa, salvo che vi sia il consenso dei partecipanti alla rivelazione, o che il mediatore ritenga la rivelazione assolutamente necessaria per evitare la commissione di imminenti o gravi reati, nonché nel caso in cui le dichiarazioni integrino di per sé reato.

Si tratta di disposizioni evidentemente volte a garantire l'efficacia del percorso di giustizia riparativa, consentendo alle parti di partecipare serenamente e di poter comunicare senza preoccupazioni in ordine alla utilizzabilità di quanto affermato o riferito.

 

Segue . Oggetto ed esito dei programmi

L'oggetto dei programmi di giustizia riparativa è definito dal successivo art. 53, ai sensi del quale i programmi di giustizia riparativa devono essere svolti da almeno due mediatori e comprendono:

a ) la mediazione tra la persona indicata come autore dell'offesa e la vittima del reato, anche estesa ai gruppi parentali, ovvero tra la persona indicata come autore dell'offesa e la vittima di un reato diverso da quello per cui si procede;

b ) il dialogo riparativo;

c ) ogni altro programma dialogico guidato da mediatori, svolto nell'interesse della vittima del reato e della persona indicata come autore dell'offesa.

Sono previste altresì attività preliminari, di cui all'art. 54, ai sensi del quale il primo incontro tra i partecipanti ai programmi di giustizia riparativa è preceduto da uno o più contatti con i mediatori e da colloqui tra il mediatore e ciascuno dei partecipanti, diretti a fornire le informazioni necessarie, a raccogliere il consenso dei partecipanti, nonché a valutare verificare la fattibilità dei programmi stessi. È altresì prevista la facoltà per i difensori delle parti di intervenire ai colloqui preliminari ma solo su richiesta delle persone interessate.

Lo svolgimento degli incontri in cui si sostanzia il percorso di giustizia riparativa è disciplinato dall'art. 55, ai sensi del quale i programmi di giustizia riparativa si svolgono in spazieluoghiadeguati allo svolgimento dei programmi e idonei ad assicurare riservatezza e indipendenza. Nel corso degli incontri, i mediatori sono tenuti ad assicurare il trattamentorispettoso, non discriminatorio ed equiprossimo dei partecipanti, garantendo tempi adeguati alle necessità del caso. È richiesta la partecipazione personale degli interessati a tutte le fasi del programma, con facoltà di assistenza da parte di persone di supporto. È inoltre previsto che, di propria iniziativa o su richiesta dell'Autorità giudiziaria, il mediatore invii all'ufficio comunicazioni sullo stato e sui tempi del programma.

Il percorso di giustizia riparativa può concludersi con un esito riparativo, simbolico o materiale: ai sensi dell'art. 56, l'esito simbolico può comprendere dichiarazioni o scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla comunità, accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi, mentre l'esito materiale può consistere nel risarcimento del danno, nelle restituzioni, nell'adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero nell'evitare che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori.

I mediatori assistono le parti anche durante l'esecuzione degli accordi relativi all'esito simbolico mentre è prevista la possibilità per i difensori di assistere i partecipanti nella definizione degli accordi relativi all'esito materiale.

Come previsto dall'art. 57, al termine del programma di giustizia riparativa, viene trasmessa all'Autorità giudiziaria procedente una relazione redatta dal mediatore e contenente la descrizione delle attività svolte e dell'esito riparativo raggiunto. Ulteriori informazioni sono trasmesse su richiesta dei partecipanti e con il loro consenso.

Del pari, la mancata effettuazione del programma, l'interruzione dello stesso o il mancato raggiungimento di un esito riparativo è oggetto di comunicazione da parte del mediatore all'Autorità giudiziaria, fermo restando che, come previsto dal comma 2 dell'art. 58, tali evenienze non producono effetti sfavorevoli nei confronti della persona indicata come autore dell'offesa.

Ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, invece, l'Autorità giudiziaria, per le determinazioni di competenza, valuta lo svolgimento del programma e, anche ai fini di cui all'art. 133 c.p., nella determinazione della pena, tiene conto dell'eventuale esito riparativo.

Segue . I mediatori, formazione e selezione

Il Capo IV è dedicato alla formazione dei mediatori esperti, di cui all'art. 59, e ai requisiti per l'esercizio dell'attività di mediatore esperto, disciplinati dall'art. 60, laddove il Capo V disciplina i servizi per la giustizia riparativa, agli artt. 61 e ss.

Ai sensi dell'art. 92, infine, è stato previsto che, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto, il 30 dicembre 2022, la Conferenza locale per la giustizia riparativa provvedesse alla ricognizione dei servizi di giustizia riparativa in materia penale erogati alla stessa data da soggetti pubblici o privati specializzati, convenzionati con il Ministero della giustizia ovvero che operano in virtù di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri soggetti pubblici.

La disciplina transitoria è volta a salvaguardare il patrimonio di esperienze e servizi qualificati esistenti in diversi luoghi del territorio nazionale, già operativi e conformi agli standard europei e internazionali, e dunque allineati in larga parte alle disposizioni del decreto.

L'art. 93 prevede inoltre l'iscrizione di diritto nell'elenco dei mediatori esperti a tre ordini di soggetti, sussistendo determinate condizioni aggiuntive alla data di entrata in vigore del decreto attuativo della delega:

a ) i mediatori dei servizi di giustizia riparativa già esistenti sono inseriti nell'elenco a condizione che dimostrino di aver completato un percorso formativo alla giustizia riparativa e siano in possesso di un'esperienza almeno quinquennale;

b ) le persone che hanno completato un percorso formativo alla giustizia riparativa in materia penale, coerente con le disposizioni della disciplina organica saranno iscritte nell'elenco dei mediatori esperti a condizione di aver superato una prova pratica valutativa secondo le modalità previste da apposito decreto del Ministro della giustizia;

c ) i funzionari del Ministero della giustizia in servizio presso i servizi minorili della giustizia o presso gli uffici di esecuzione penale esterna (UEPE) sono inseriti nell'elenco dei mediatori esperti a condizione che abbiano completato un percorso formativo alla giustizia riparativa in materia penale e siano in possesso di un'adeguata esperienza almeno quinquennale, acquisita in materia nel decennio precedente alla data di entrata in vigore del decreto.

L'elenco dei mediatori esperti in giustizia riparativa è stato istituito presso il Ministero della giustizia ai sensi del d.m. 9 giugno 2023, adottato con il concerto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'università e della ricerca e pubblicato il 5 luglio 2023,  successivamente modificato con d.m. 15 dicembre 2023, pubblicato il 15 gennaio 2024, individuando nel Direttore generale degli affari interni il responsabile della tenuta dell'elenco e della vigilanza sul medesimo. Sono stati così in concreto disciplinati i requisiti per l'iscrizione sia dei mediatori esperti in programmi di giustizia riparativa che dei mediatori esperti formatori e le modalità di presentazione delle relative domande, i criteri per la sospensione e la cancellazione dall'elenco, il contributo dovuto ai fini dell'iscrizione e del mantenimento della stessa, nonché le modalità di aggiornamento dell'elenco.

La giustizia riparativa nel procedimento penale

Per effetto della Riforma Cartabia, numerose disposizioni del codice di procedura penale sono state modificate, prevedendo la comunicazione alle parti del procedimento della possibilità di accedere a programmi di giustizia riparativa, tra cui:

a ) l'art. 90-bis, ai sensi del quale alla persona offesa, sin dal primo contatto con l'autorità procedente, vengono fornite, in una linguaa leicomprensibile, informazioni in merito alla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa, al fatto che la partecipazione del querelante a un programma di giustizia riparativa, concluso con un esito riparativo e con il rispetto degli eventuali impegni comportamentali assunti da parte dell'imputato, comporta la remissione tacita di querela;

b ) l'art. 90-bis.1, ai sensi del quale la vittima del reato, secondo la definizione sopra riportata, sin dal primo contatto con l'autorità procedente, viene informata in una lingua a lei comprensibile della facoltà di svolgere un programma di giustizia riparativa;

c ) l'art. 293, ai sensi del quale, in sede di esecuzione di ordinanza che ha disposto la custodia cautelare, deve essere consegnata all'imputato una comunicazione scritta, redatta in forma chiara e precisa e, per l'imputato che non conosce la lingua italiana, tradotta in una lingua a lui comprensibile, con cui lo si informa altresì della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;

d ) l'art. 386, che prevede le medesime disposizioni di cui all'art. 293 in caso di arresto in flagranza di reato;

e ) l'art. 408, che prevede, in caso di richiesta di archiviazione del procedimento da parte del Pubblico Ministero, l'indagato e la persona offesa siano informati della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;

f ) l'art. 409, che prevede il medesimo avviso in occasione della fissazione dell'udienza in camera di consiglio da parte del G.i.p. che non accolga la richiesta di archiviazione;

g ) l'art. 415-bis, ai sensi del cui comma 3, integrato dalla Riforma Cartabia, con l'avviso di conclusione delle indagini preliminari l'indagato e la persona offesa alla quale lo stesso è notificato sono altresì informati che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;

h ) l'art. 419, il cui nuovo comma 3-bis prevede che in occasione dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, l'imputato e la persona offesa sono informati che hanno facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;

i ) l'art. 429, che prevede analogo avviso tra i contenuti del decreto che dispone il giudizio, ai sensi della nuova lett. d-bis);

l ) l'art. 447, ai sensi del quale nel decreto di fissazione dell'udienza, a seguito di richiesta di patteggiamento presentata nel corso delle indagini, l'indagato è informato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa;

m ) l'art. 464-bis, che prevede quale contenuto del programma di messa alla prova l'inserimento di condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa e lo svolgimento di programmi di giustizia riparativa;

n ) l'art. 552, che prevede quale contenuto del decreto di citazione diretta a giudizio anche l'avviso che l'imputato e la persona offesa hanno facoltà di accedere a un programma di giustizia riparativa;

o ) l'art. 656, ai sensi del quale l'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all'esecuzione nonché l'avviso al condannato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.

 Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, con particolare riferimento al mancato avviso nei casi ex art. 447, il mancato avviso integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, ex art. 178, lett. c), che deve quindi essere eccepita nei termini di cui all'art. 182, comma 2, a pena di decadenza (Cass. IV, n. 32360/2023).

L’accesso ai programmi di giustizia riparativa e le ricadute sul procedimento

In parallelo con l'articolo 129 che prescrive al giudice di attivarsi, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, per il proscioglimento dell'imputato, il nuovo articolo 129-bis stabilisce che il giudice – parimenti in ogni stato e grado -possa, su richiesta o anche di propria iniziativa, inviare i soggetti interessati – ossia l'imputato o l'indagato e la vittima del reato, ove individuata – al Centro per la giustizia riparativa di riferimento.

Riguardo tali centri, l'art. 92 del decreto legislativo di attuazione della riforma prevede che la Conferenza locale per la giustizia riparativa, entro il termine di sei mesi dall'entrata in vigore del decreto, provvede alla ricognizione dei servizi di giustizia riparativa in materia penale erogati alla stessa data da soggetti pubblici o privati specializzati convenzionati con il Ministero della giustizia ovvero che operano in virtù di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri soggetti pubblici; e che valuti tali soggetti con riferimento all'esperienza maturata almeno nell'ultimo quinquennio e il curricolo degli operatori in servizio, verificando altresì la coerenza delle prestazioni erogate e dei requisiti posseduti dagli operatori, redigendo al termine un elenco.

Medio tempore , sono inseriti nell'elenco coloro che posseggono i requisiti di cui all'art. 93 del decreto suddetto.

L'invio a tali centri può essere disposto anche nel corso delle indagini preliminari: in questa fase, la valutazione viene affidata al pubblico ministero, che è del resto l'unico a disporre del fascicolo e a potersi attivare d'ufficio; dopo l'esercizio dell'azione penale, la competenza funzionale viene invece affidata al giudice procedente, ossia a quello che dispone del fascicolo. Proprio per evitare qualsiasi dubbio interpretativo con riguardo ai momenti di passaggio, si è introdotta apposita previsione – l'art. 45-ter – nelle disposizioni di attuazione che individua il giudice competente in ordine all'accesso alla giustizia riparativa. In particolare, prevede che i provvedimenti concernenti l'invio al Centro per la giustizia riparativa quando è stato emesso decreto di citazione diretta a giudizio sono adottati dal giudice per le indagini preliminari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo, non è trasmesso al giudice del dibattimento; dopo la pronuncia della sentenza e prima della trasmissione degli atti, provvede il giudice che ha emesso la sentenza; durante la pendenza del ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.

Con riguardo al procedimento, la norma prevede che il giudice, e durante le indagini il pubblico ministero, senta necessariamente le parti e i difensori nominati e, solo ove lo ritenga necessario, la vittima del reato. La scelta si giustifica con la necessità di non appesantire eccessivamente il procedimento onerando il giudice della ricerca della vittima e della sua audizione.

La decisione di disporre, o meno, il rinvio ad un centro è frutto di una determinazione discrezionale dell'autorità giudiziaria, della quale la norma si premura tuttavia di specificare la ratio: il rinvio deve essere disposto quando lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede e non comporti un pericolo concreto, sia per gli interessati, che per l'accertamento dei fatti.

Dunque, il legislatore intende contemperare il favore mostrato per il ricorso alla giustizia riparativa con l'esigenza di salvaguardare, per un verso, i soggetti interessati rispetto a pericoli derivanti dalla partecipazione al programma e, per l'altro, la ricerca della verità che è scopo ultimo del processo penale. In quest'ottica, potrà essere escluso l'accesso alla giustizia riparativa, ad esempio, quando la prova non sia stata ancora raccolta e la vittima del reato è una fonte dichiarativa decisiva, che rischierebbe di essere alterata proprio dal confronto con l'imputato.

Nei soli casi in cui il procedimento abbia ad oggetto un reato perseguibile a querela si prevede un meccanismo sospensivo a richiesta dell'imputato.

La scelta si spiega con la considerazione che il blocco ex lege del procedimento penale in attesa dell'esito del programma di giustizia riparativa si può giustificare –alla luce del canone costituzionale della ragionevole durata– solo quando il raggiungimento di un esito riparativo si traduce nell'estinzione del reato: in questo caso, il ritardo è ampiamente compensato dalla definizione extragiudiziale del conflitto e dal conseguente risparmio di attività processuale.

In ogni caso, poi, la sospensione del processo determina anche la sospensione sia dei termini di prescrizione che di durata della custodia cautelare, come espressamente stabilito.

Non si prevede invece un'ipotesi sospensiva nei casi in cui la partecipazione a un programma di giustizia riparativa non possa tradursi in una deflazione; resta in questi casi, comunque, salva la possibilità di valorizzare l'istituto – già impiegato nella prassi – del rinvio su richiesta dell'imputato, per consentire di concludere il programma e quindi di permettere al giudice di tenerne conto in sede di definizione del trattamento sanzionatorio.

La sospensione del procedimento exarticolo 129 bis comma 4 c.p.p. deve essere comunque richiesta dall'imputato e potrà essere disposta quando il giudice accerti che vi sono effettivamente le condizioni per uno svolgimento proficuo del programma di giustizia riparativa.

Viene peraltro fissato un termine massimo di sospensione pari a centottanta giorni.

All'esito del programma, l'autorità giudiziaria deve acquisire la relazione redatta dal mediatore di cui dovrà tener conto in ambito processuale, nei limiti di utilizzabilità visti al paragrafo che precede.

L’impugnabilità dell’ordinanza: rimessione alle Sezioni Unite

In ordine alla possibilità di proporre un ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che rigetti la richiesta di accesso a programmi di giustizia riparativa di cui all'art. 129-bis, la giurisprudenza di legittimità ha offerto soluzioni discordanti.

 In un primo momento, è stato infatti ritenuto inammissibile il relativo ricorso, sul presupposto che l'ordinanza in questione non avrebbe natura giurisdizionale (Cass. II, n. 6595/2024).

In primo luogo, la Corte ha evidenziato che manca una disposizione che preveda specificamente l'impugnabilità dei provvedimenti che negano al richiedente l'accesso ai programmi di giustizia riparativa sicché, in forza del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, di cui all'art. 568, comma 1, il relativo gravame va dichiarato inammissibile, non rientrando tantomeno tra i provvedimenti in materia di libertà personale, in relazione ai quali l'art. 111, comma 7, Cost., ammette la ricorribilità per cassazione per violazione di legge (Cass. II, n. 6595/2024).

Nell'escludere l'ammissibilità del ricorso avverso l'ordinanza di rigetto ex art. 129-bis, i giudici di legittimità hanno evidenziato che la garanzia costituzionale riguarda i provvedimenti giurisdizionali che abbiano carattere decisorio e capacità di incidere in via definitiva su situazioni giuridiche di diritto soggettivo, producendo, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale e processuale sul piano contenzioso della composizione di interessi contrapposti (Cass. S.U., n. 25080/2003).

La Corte di cassazione si è altresì soffermata sulla legittimità costituzionale di tale assetto normativo, che non prevede la possibilità di impugnare autonomamente l'ordinanza ex art. 129-bis che rigetti la richiesta di accedere a programmi di giustizia riparativa, in relazione ai parametri interposti di legittimità costituzionale rinvenibili nelle fonti sovranazionali (la risoluzione ONU 12/2002 United Nations, « Basic Principles on the Use of Restorative 3ustice Programmes in Criminal Matters » , ECOSOC Res. 12/2002; la raccomandazione del Consiglio d'Europa CM/Rec (2018) adottata dal Comitato dei Ministri il 3 ottobre 2018 e la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI) (Cass. II, n. 6595/2024).

È stata così ribadita l'esclusione della natura giurisdizionale dei percorsi di giustizia riparativa, che non qualificabile come un rito speciale, ma al più un procedimento incidentale, parallelo alla giustizia contenziosa, né integra una causa di estinzione del reato, se non limitatamente all'ipotesi della remissione tacita di querela, o una causa di non punibilità o di non procedibilità e tantomeno un'alternativa al processo e alla pena o, più in generale, alla giustizia penale, alla quale si affianca ma non si sostituisce, pur potendo incidere sul trattamento sanzionatorio in caso di condanna (in tal senso la Relazione dell'Ufficio del Massimario sull'istituto).

La Corte ha altresì evidenziato che esistono due ipotesi in cui l'accesso ai programmi di giustizia riparativa prescinde dal procedimento/processo penale, essendo ammesso dall'art. 44, comma 2, d.lgs. n. 150/2022, l'accesso ai programmi di giustizia riparativa anche dopo l'esecuzione della pena ovvero, ai sensi del comma 3, anche prima della proposizione della querela.

Potendo quindi prescindere dalla instaurazione o dalla pendenza di un procedimento penale, il procedimento riparativo non può essere qualificato, secondo i giudici di legittimità, un procedimento giurisdizionale, sicché la mancata previsione di strumenti di impugnazione ad hoc analogo a quello dei provvedimenti aventi natura giurisdizionale, non costituisce una mera ed ingiustificata lacuna bensì scelta consapevole del legislatore (Cass. II, n. 6595/2024).

Ne consegue che la mancata previsione dell'impugnabilità, nell'ambito del procedimento penale, dell'ordinanza che nega all'indagato/imputato l'accesso ad un programma di giustizia riparativa non pone problemi di legittimità costituzionale, poiché il procedimento riparativo di cui all'art. 129-bisnon ha natura giurisdizionale, concretizzandosi in un servizio pubblico di cura relazionale tra persone, disciplinato da regole non mutuabili da quelle del processo penale, che talora risultano incompatibili con queste ultime (Cass. II, n. 6595/2024).

Successivamente la Corte ha invero assunto una posizione diametralmente opposta, affermando che è ricorribile per cassazione, unitamente alla sentenza conclusiva del giudizio, l'ordinanza reiettiva della richiesta di accesso ai programmi di giustizia riparativa pronunciata dal giudice su istanza dell'imputato, senza alcuna distinzione tra reati procedibili a querela suscettibile di remissione e reati procedibili d'ufficio (Cass. V, n. 131/2025; nello stesso senso Cass. VI, n. 14338/2025).

In motivazione, i giudici di legittimità hanno dato atto dell'opposto e pregresso orientamento (Cass. II, n. 6295/2024; Cass. IV, n. 40164/2024) in ordine all'esclusione della natura giurisdizionale dell'ordinanza de qua, con conseguente esclusione della sua impugnabilità.

Si dà altresì atto della posizione parzialmente difforme della successiva giurisprudenza (Cass. III, n. 33152/2024; Cass. V, n. 7266/2025), secondo cui è ammessa l'impugnabilità dell'ordinanza di rigetto della richiesta di accesso ai programmi di giustizia riparativa unitamente alla sentenza che definisce il procedimento ma nei soli casi in cui essa abbia una influenza giuridicamente rilevante sul contenuto della successiva sentenza. Tale orientamento osserva che la regola dell'impugnazione differita di cui all'art. 586 impone di attendere l'esito del processo per consentire di accertare se, e in quale misura, le decisioni nelle quali le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari o nel dibattimento abbiano potuto incidere sulla decisione finale, con la conclusione che l'impugnabilità sarebbe possibile nella sola ipotesi di ordinanza reiettiva riferita a procedimenti per reati procedibili a querela, in quanto solo per tale categoria di reati l'art. 129-bis, comma 4, prevede espressamente che il giudice possa disporre la sospensione del processo, al fine di consentire lo svolgimento del programma di giustizia riparativa. Sarebbe, secondo tale impostazione, solo questo l'effetto del percorso di giustizia riparativa sul procedimento penale, dal momento che il mero avvio del programma non determina di per sé effetti sul trattamento sanzionatorio, occorrendo un esito riparativo perché il giudice possa tenerne conto nella quantificazione della pena o nel riconoscere la circostanza attenuante della riparazione del danno, ex art. 62, n. 6, c.p.

L'orientamento in esame della giurisprudenza di legittimità ha invece riconosciuto la possibilità di ricorribile per cassazione avverso l'ordinanza ex art. 129-bis, pur sempre unitamente alla sentenza conclusiva del giudizio, senza alcuna distinzione tra reati procedibili a querela suscettibile di remissione e reati procedibili d'ufficio, sostenendo che tale limitazione non trova alcun fondamento normativo e non risulta nemmeno corrispondere all'intenzione del legislatore (Cass. V, n. 131/2025; Cass. VI, n. 14338/2025).

I giudici di legittimità hanno infatti evidenziano che, nell'ambito del procedimento penale, il diniego dell'accesso ad un percorso di giustizia riparativa comporta delle ricadute, precludendo effetti favorevoli all'imputato, in tema, ad esempio, di determinazione della pena, del trattamento circostanziale, del beneficio della sospensione condizionale, impedendo l'operatività di una serie di istituti che influiscono sul trattamento sanzionatorio.

Stante dunque il comune presupposto del percorso di giustizia riparativa rispetto al procedimento penale, individuato dai giudici di legittimità nella commissione di un fatto di reato, e valorizzando gli effetti che sono idonei a determinare sull'esito finale del processo, è stata in questo caso riconosciuta la natura giurisdizionale dell'ordinanza ex art. 129-bis, sostenendo che la necessità di una motivazione conferma tale conclusione.

La Corte concluse pertanto nel senso che l'ordinanza reiettiva dell'istanza di accesso alla giustizia riparativa deve ritenersi impugnabile secondo il regime generale previsto dall'art. 586, comma 2, ossia unitamente alla sentenza che definisce il giudizio, e ciò a prescindere dalla procedibilità a querela di parte del reato per cui si procede.

È dunque attuale un contrasto tra le soluzioni accolte dalle Sezioni semplici che ha condotto i giudici della V Sezione a rimettere alle Sezioni Unite la questione, nei seguenti termini: « Se, per quali motivi e in quali ipotesi sia ricorribile per cassazione il provvedimento con cui il giudice del merito abbia rigettato la richiesta di invio al centro per la giustizia riparativa di riferimento per l'avvio di un programma di giustizia riparativa ai sensi dell'art. 129-bis c.p.p. » (Cass. V, ord. n. 420/2025).

Bibliografia

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