Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 16 - Conflitto di interessi.

Anna Corrado
Codice legge fallimentare

Art. 42


Conflitto di interessi.

1. Si ha conflitto di interessi quando un soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni e ne può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, gli esiti e la gestione, ha direttamente o indirettamente un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia [concreta ed effettiva] alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione1.

2. In coerenza con il principio della fiducia e per preservare la funzionalità dell'azione amministrativa, la percepita minaccia all'imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all'altro.

3. Il personale che versa nelle ipotesi di cui al comma 1 ne dà comunicazione alla stazione appaltante o all'ente concedente e si astiene dal partecipare alla procedura di aggiudicazione e all'esecuzione.

4. Le stazioni appaltanti adottano misure adeguate per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti e delle concessioni e vigilano affinché gli adempimenti di cui al comma 3 siano rispettati.

Inquadramento

L'art. 16 del Codice reca la disciplina del “Conflitto di interesse” nelle procedure di gara. Esso recepisce l'art. 35 della Direttiva 2014/23/UE, l'art. 24 della Direttiva 2014/24/UE e l'art. 42 della Direttiva 2014/25/UE (tutte adottate in data 26 febbraio 2014) facendo proprie le spinte delle istituzioni europee alla creazione di meccanismi preventivi della corruzione, anche mediante la verifica della sussistenza di casi di conflitto di interesse e di successiva loro gestione (Corte Giust., UE, 12 marzo 2015, C-538/13).

La Corte di Giustizia, infatti, ha rilevato che «va riconosciuto agli Stati membri un certo potere discrezionale nell'adozione delle misure destinate a garantire il rispetto del principio della parità di trattamento e dell'obbligo di trasparenza, i quali si impongono alle amministrazioni aggiudicatrici in tutte le procedure di aggiudicazione di un appalto pubblico», perché «il singolo Stato membro è nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazione di ordine storico, giuridico, economico o sociale che gli sono proprie, le situazioni favorevoli alla comparsa di comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto del principio e dell'obbligo summenzionati» (Corte giustizia UE, X, 22 ottobre 2015, C-425/14).

Come si anticipava, nelle Direttive 23, 24 e 25 UE la disciplina del conflitto di interesse è contenuta, rispettivamente, negli artt. 35, 24, 42.

Gli artt. 24 della Direttiva 2015/24/UE e 42 della Direttiva 2015/25/UE, di identico testo, demandano agli Stati membri l'adozione di specifiche misure affinché le amministrazioni aggiudicatrici possano prevenire, individuare e porre rimedio a conflitti di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza, garantendo al contempo la parità di trattamento di tutti gli operatori economici. Si specifica, inoltre che il concetto di “conflitto di interesse” deve ricoprire almeno i casi in cui il personale dell'amministrazione aggiudicatrice (o di un prestatore di servizi che per conto dell'amministrazione aggiudicatrice interviene), potenzialmente in grado di influenzare il risultato della procedura abbia, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto.

L'art. 23 della Direttiva 2015/23/UE (relativo alle concessioni) ricalca, in linea di massima, il contenuto degli artt. 24 e 42 cit., salvo aggiungere che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori dovranno adottare “misure adeguate per combattere le frodi, il clientelismo e la corruzione”, prevedendosi pure che «Per quanto riguarda i conflitti di interesse, le misure adottate non vanno al di là di quanto sia strettamente necessario per prevenire un conflitto di interessi potenziale o eliminare il conflitto di interessi identificato». L'obiettivo – che però trova applicazione limitatamente all'ambito di operatività della Direttiva 2015/23 – è dunque quello di prevenire l'insorgere di situazioni di conflitto di interessi evitando, al contempo, di irrigidire eccessivamente l'azione di amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori.

L'art. 97 Cost ., nell'imporre che i pubblici uffici siano organizzati in modo da assicurare “buon andamento e imparzialità dell'amministrazione”, fissa una vera e propria regola di azione immediatamente applicabile dal pubblico funzionario (Cass. pen., n. 25162/2008), esigendo che il soggetto preposto alla realizzazione dell'interesse pubblico non venga deviato, nella realizzazione di detto obiettivo, da interessi personalistici o favoritismi di sorta, dovendo la decisione amministrativa seguire a «un procedimento amministrativo in cui il criterio di imparzialità comporta che vengano acquisiti gli interessi e gli elementi utili ad una deliberazione il più possibile ponderata».

In questa prospettiva si colloca pure l'art. 78 del d.lgs. n. 267/2000, relativo agli “amministratori locali” (art. 77 d.lgs. n. 267/2000) in cui al generale dovere di imparzialità e buona amministrazione si affianca il correlato obbligo (previsto al comma 2) di astensione nei casi di potenziale conflitto di interessi.

Nel d.lgs. n. 163/2006 le disposizioni tese a prevenire il conflitto di interessi erano rinvenibili sia nell'art. 2 comma 1 (sulla scorta del quale «l'affidamento e l'esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve [...] rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza»), sia nel rinvio, operato dal relativo art. 2 comma 3, alla l. n. 241/1990 (dai cui artt. 1 comma 1,6 e 12 è desumibile il principio di parità di trattamento tra amministrati, ossia, per l'effetto, di irrilevanza di qualsiasi elemento estraneo – quale la realizzazione di un interesse proprio – al raggiungimento dell'interesse pubblico), sia, infine – con specifico riferimento alle commissioni giudicatrici – nell'art. 84, che estendeva, ai commissari, le cause di astensione previste dall'art. 51 c.p.c.

A livello di sistema, caposaldo normativo quanto alla prevenzione di conflitti di interesse e di meccanismi fraudolenti e corruttivi è la legge anticorruzione (l. n. 190/2012), che ha introdotto numerose modifiche normative al dichiarato scopo di presidiare l'indipendenza e terzietà dell'azione amministrativa.

È stato, in primo luogo, introdotto (art. 1 comma 41 l. cit.) l'art. 6- bis l. n. 241/1990 (rubricato, non a caso, “Conflitto di interessi”) in cui si prevede che il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare pareri, valutazioni tecniche, atti endoprocedimentali e il provvedimento finale debbano astenersi, in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale. Qualora, dunque, si riscontri una situazione di conflitto di interesse, anche potenziale, dei soggetti che hanno il potere di esternare (anche con atti istruttori) la volontà dell'amministrazione, essi dovranno segnalare la loro condizione (anche solo potenziale) di conflitto di interessi, e, di conseguenza, astenersi.

La l. n. 190/2012 ha, altresì (art. 1 comma 46), introdotto l'art. 35- bis nel d.lgs. n. 165/2001 (rubricato “Prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici”), in cui si prevede che i soggetti che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati di cui al capo I del titolo II del libro secondo c.p. (“Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione”) non possano né fare parte (anche con compiti di segreteria) di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi, né essere assegnati agli uffici che gestiscano direttamente o indirettamente denaro pubblico, né, infine «fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere».

Sempre con riferimento al Testo Unico sul pubblico impiego (d.lgs. n. 165/2001) la legge anticorruzione ha apportato modifiche anche all'art. 53 in tema di incarichi dei pubblici dipendenti prevedendo che questi non possono svolgere incarichi conferiti o autorizzati in situazioni di conflitto di interessi anche potenziali e che la verifica di tale insussistenza è operata dall'amministrazione in sede di autorizzazione.

La centralità che assume il tema del conflitto di interessi nell'ambito delle modifiche apportate dalla legge anticorruzione si coglie soprattutto nel Codice di comportamento dei pubblici dipendenti, adottato in base all'art. 54 del d.lgs. n. 165/2001, come modificato sempre dalla l. n. 190/2012.

Infatti, gli artt. 6 e 7 del d.P.R. n. 62/2013 impongono al pubblico dipendente di informare, all'atto di assunzione dell'incarico, il dirigente di passati, attuali o potenziali situazioni di conflitto di interesse (art. 6) e di astenersi (art. 7) «dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza».

La funzione della norma in tema di conflitto di interessi consiste, dunque, nel prevenire ogni situazione in cui “lo svolgimento di una determinata attività sia affidato ad un funzionario che è contestualmente titolare di interessi personali o di terzi, la cui eventuale soddisfazione implichi necessariamente una riduzione del soddisfacimento dell'interesse funzionalizzato” (T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 2144/2021).

Quanto all'interesse rilevante per l'insorgenza del conflitto, la norma si applica indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio e per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale può ingenerare. La salvaguardia della genuinità della gara va assicurata non solo mediante gli obblighi di astensione espressamente previsti dall'art. 16 ma anche attraverso la prescrizione del divieto di partecipazione (Cons. St. n. 3415/20 17). Dunque ai fini dell'individuazione di una situazione di conflitto di interesse è sufficiente il carattere anche solo potenziale dell'asimmetria informativa di cui abbia potuto godere un concorrente grazie all'acquisizione di elementi ignoti agli altri partecipanti per il tramite di un soggetto in rapporto diretto con la stazione appaltante, così come anche solo potenziale può configurarsi il conseguente, indebito vantaggio competitivo conseguito, in violazione dei principi di imparzialità, buon andamento e par condicio competitorum (T.A.R. Lazio (Roma) II-ter, n. 13183/2020, Cons. St. V, n. 5158/2018; III, n. 355/2019).

Nozione di conflitto di interessi

Nel parere n. 667/2019 reso dal Consiglio di Stato sulle Linee Guida dell'ANAC n. 15/2019 si precisa che il conflitto di interesse va distinto dalla corruzione. Nella “Guida pratica per i dirigenti – Individuazione dei conflitti di interessi nelle procedure d'appalto nel quadro delle azioni strutturali” elaborata da un gruppo di esperti degli Stati membri con il coordinamento dell'unità dell'OLAF “Prevenzione delle frodi”, di cui l'Anac ha tenuto conto, si precisa appunto che «I conflitti di interessi e la corruzione non sono la stessa cosa. La corruzione prevede solitamente un accordo tra almeno due partner e una tangente/un pagamento/un vantaggio di qualche tipo. Un conflitto di interessi sorge quando una persona potrebbe avere l'opportunità di anteporre i propri interessi privati ai propri obblighi professionali».

Sul punto, anche il Consiglio di Stato ha richiamato più volte la non necessaria coincidenza tra conflitto di interessi e corruzione, affermando che «Quanto all'interesse rilevante per l'insorgenza del conflitto, la norma ... va intesa come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio» (Cons. St. n. 3415/2017; Cons. St. V, n. 2853/2018; Cons. St. III, n. 1577/2014).

In altri termini, il conflitto di interessi esiste a prescindere che a esso segua o meno una condotta impropria. Ontologicamente esso è dunque definito dalla categoria della potenzialità; il danno arrecato (attraverso una transazione corruttiva o concussiva o un abuso d'ufficio) dalla categoria dell'atto (Cons. St. parere n. 667/2019).

Per conflitto di interessi deve intendersi una condizione giuridica che si verifica quando, all'interno di una pubblica amministrazione, lo svolgimento di una determinata attività sia affidato a un funzionario che ha contestualmente la titolarità di interessi personali o di terzi, la cui eventuale soddisfazione implichi necessariamente una riduzione del soddisfacimento dell'interesse funzionalizzato. Operare in conflitto di interessi significa agire nonostante sussista una situazione del genere e, quindi, sorge l'obbligo del dipendente di informare l'amministrazione e di astenersi. Ai fini della configurabilità di un conflitto di interessi, possono rilevare sia utilità materiali (ad esempio, di natura patrimoniale) che utilità immateriali, di qualsivoglia genere (Cons. St. parere n. 667/2019).

Il comma 1 dell'art. 16 del Codice chiarisce che «Si ha conflitto di interessi quando un soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni e ne può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, gli esiti e la gestione, ha direttamente o indirettamente un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia concreta ed effettiva alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione».

La giurisprudenza ha precisato che le espressioni “interesse finanziario, economico o altro interesse personale” compendia (in termini generali ed astratti) «tutte le situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l'imparzialità richiesta nell'esercizio del potere decisionale, ipotesi che si verificano quando il soggetto chiamato a svolgere una funzione strumentale alla conduzione della gara d'appalto è portatore di interessi della propria o dell'altrui sfera privata, che potrebbero influenzare negativamente l'esercizio imparziale ed obiettivo delle sue funzioni» (così T.A.R. Veneto I, n. 1021/2019, T.A.R. Puglia (Lecce) III, n. 365/2021).

È stato invece escluso che in caso di situazione di controllo societario nell'affidamento di contratti dall'ente posto al vertice della catena di comando a favore della società alla base del medesimo rapporto possa ravvisarsi una situazione di conflitto di interessi”, giacché «è legittimo che un'amministrazione affidi contratti a proprie entità controllate all'esito di procedure di gara senza che in ciò possa automaticamente ravvisarsi un conflitto di interesse» (Cons. St. V, n. 2863/2020).

Il Consiglio di Stato ha, anche, chiarito nel parere citato che «Ovviamente, le lacune dovute all'indeterminatezza delle situazioni che possono generare situazioni di conflitto di interessi non espressamente tipizzate, devono essere colmate mediante un esame teleologico, che tenda ad indagare se effettivamente, nel caso concreto, l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa della stazione appaltante siano, messi in pericolo e contestualmente percepite come minaccia alla imparzialità ed indipendenza.

In definitiva, il conflitto di interessi nell'ambito di gare d'appalto può essere tipico o atipico, considerando che non esiste un numerus clausus di situazioni che comportano incompatibilità. I casi tipici di conflitto di interessi non necessitano di sforzi ermeneutici per essere individuati, poiché il legislatore ha già individuato presupposti e condizioni utili al riguardo. Il conflitto di interessi sussiste con riferimento a rapporti di coniugio o convivenza; rapporti di parentela o affinità entro il secondo grado; rapporti di frequentazione abituale; pendenza di una causa o di grave inimicizia; rapporti di credito o debito significativi; rapporti di tutorato, curatela, rappresentanza o agenzia; rapporti di amministrazione, dirigenza o gestione di associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti (cfr. art. 7 del d.P.R. n. 62/2013).

Le ipotesi atipiche di conflitto di interessi, invece, attengono a casi di potenziale incompatibilità la cui individuazione necessita di uno sforzo ermeneutico, derivanti dalla interpretazione dell'aggettivo “potenziale” nonché dalla declinazione del concetto di “interesse personale” e di “gravi ragioni di convenienza” sopra esaminate (Cons. St., parere n. 667/2019).

Il comma 2 dell'art. 16 prevede che in coerenza con il principio della fiducia e per preservare la funzionalità dell'azione amministrativa, la percepita minaccia all'imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all'altro.

Nella Relazione al codice si legge che il citato comma 2 ha l'obiettivo di perimetrare e rendere tassativa la nozione comunitaria, recependo gli insegnamenti della giurisprudenza nazionale in materia. Va a tal proposito evidenziato che le situazioni di conflitto di interessi assumono una notevole rilevanza nei confronti del soggetto pubblico per le gravi conseguenze giuridiche derivanti dalla omissione della loro dichiarazione. Dunque, non se ne può accettare una definizione generica e indeterminata che non renda possibile inquadrare precisamente l'oggetto della omissione, considerando le ricadute disciplinari ma soprattutto penali ai sensi dell'art. 323 c.p., atteso che la violazione dell'obbligo di astensione, ove prescritto (anche dalla norma in esame, quindi), è intesa per giurisprudenza costante della Suprema Corte come un dovere di astensione introdotto nell'ordinamento in via generale e diretta dall'art. 323 c.p. (ex multis Cass. Pen. VI, n. 14457/2013, Cass. Pen. VI, n. 7992 /2004), considerata una sorta di norma penale in bianco completata dal richiamo alle varie ipotesi di astensione contemplate dalle leggi speciali, e indipendentemente dall'avverarsi del fatto dannoso. Il conflitto di interessi non consiste quindi in comportamenti dannosi per l'interesse funzionalizzato, ma in una condizione giuridica o di fatto dalla quale scaturisce un rischio di siffatti comportamenti, un rischio di danno. L'essere in conflitto e abusare effettivamente della propria posizione sono due aspetti distinti. In coerenza con il principio della fiducia e al fine di preservare la funzionalità dell'azione amministrativa, la norma precisa che la minaccia all'imparzialità e all'indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi ad interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all'altro.

Obbligo di comunicare la situazione di conflitto di interessi

Il terzo comma della norma in esame specifica gli adempimenti riferiti alla sussistenza di un conflitto di interesse. Viene previsto, quindi che il personale che versa nelle ipotesi di conflitto di interesse ne dà comunicazione alla stazione appaltante o all'ente concedente e si astiene dal partecipare alla procedura di aggiudicazione e all'esecuzione.

In specie, si prevede che il personale in conflitto di interesse, debba sia darne comunicazione sia, correlativamente, astenersi dal partecipare alla procedura di aggiudicazione e di esecuzione degli appalti.

Il rimedio, dunque, che la norma nazionale e quella europea concretamente pongono per prevenire che situazioni di conflitto di interesse sfocino nella violazione dei principi di tutela della concorrenza e della par condicio o in fenomeni fraudolenti o corruttivi è l'astensione del soggetto, evitando che esso possa direttamente o indirettamente prendere parte alla decisione. Obbligo di astensione la cui ratio risiede nel principio di imparzialità dell'azione pubblica e che non richiede la dimostrazione, volta per volta, del vantaggio derivante dall'omessa astensione.

Nel rispetto del principio per cui la sussistenza del conflitto di interessi deve essere necessariamente oggetto di valutazione ex ante, sarà, comunque, opportuno individuare previamente l'ambito di operatività della stazione appaltante che presenta il maggior rischio di verificarsi di ipotesi di conflitto di interesse.

Il quarto comma della disposizione in commento prevede, infine che le stazioni appaltanti adottano misure adeguate per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti e delle concessioni e vigilano affinché gli adempimenti in tema di conflitto di interessi siano rispettati. La norma estende l'applicabilità della disciplina anche alla fase esecutiva dei contratti pubblici. La previsione è ragionevole: non avrebbe, infatti, avuto alcun senso prevedere che il meccanismo del “conflitto di interesse” operasse nella fase di scelta dell'operatore economico e non in quella di concreta esecuzione del contratto.

Conseguenze derivanti dalla violazione della disciplina di cui all'art. 16

L'art. 16 del d.lgs. n. 36/2023 non stabilisce le conseguenze della sua violazione così come non lo faceva il precedente art. 42 del d.lgs. n. 50/2016.

Ciò è invece previsto dall'art. 95, comma 1, lett. b ) d.lgs. cit. in cui si sancisce che le stazioni appaltanti debbano escludere dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico la cui partecipazione «determini una situazione di conflitto di interesse di cui all'articolo 16, non diversamente risolvibile». Tale norma mantiene il tenore letterale della ipotesi già prevista all'art. 80, comma 5, lett. d) del d. lgs. n. 50/2016.

Qualora dunque la stazione appaltante non possa “diversamente risolvere” il conflitto di interesse, ossia qualora il soggetto chiamato ad astenersi non lo abbia fatto o non lo possa fare, sarà l'operatore economico a dover essere escluso dalla gara.

Le linee guida dell'ANAC n. 15/2019 chiariscono che l'esclusione del concorrente dalla gara ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. d ) del Codice è disposta, come extrema ratio , quando sono assolutamente e oggettivamente impossibili sia la sostituzione del dipendente che versa nella situazione di conflitto di interesse, sia l'avocazione dell'attività al responsabile del servizio, sia il ricorso a formule organizzative alternative previste dal codice dei contratti pubblici. L'impossibilità di sostituire il dipendente, di disporre l'avocazione o di ricorrere a formule alternative deve essere assoluta, oggettiva, puntualmente ed esaustivamente motivata e dimostrata.

Inoltre è importante precisare che l'omissione delle dichiarazioni da rendere in caso di sussistenza di un conflitto di interessi integra, per i dipendenti pubblici, un comportamento contrario ai doveri d'ufficio, sanzionabile ai sensi dell'art. 16 del d.P.R. n. 62/2013. Le linee guida sopra citate hanno anche ricordato che allorquando le funzioni di stazione appaltante siano svolte da una società, analoga violazione sussiste per i dipendenti privati, tenuti all'osservanza del cosiddetto “Modello 231” nonché del codice etico aziendale.

Problemi attuali: conflitto potenziale e gravi ragioni di convenienza

Una delle problematiche applicative che possono rinvenirsi rispetto all'art. 16 riguarda il tenore della norma e il rapporto della stessa con le altre disposizioni che trattano del conflitto di interessi.

L'art. 6- bis della l. n. 241/1990 (introdotto come visto dall'art. 1, comma 41 della l. n. 190/2012 e applicabile come norma generale anche al settore dei contratti pubblici) prevede l'obbligo di astensione dell'organo amministrativo in conflitto di interessi “anche potenziale”. Similmente l'art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, nel testo modificato dalla l. n. 190/2012, prevede la verifica o la dichiarazione di situazioni di conflitto di interesse anche potenziale. Ed ancora, l'art. 7 del d.P.R. n. 62/2013 prevede l'obbligo di astensione anche nel caso in cui sussistano “gravi ragioni di convenienza”. Infine l'art. 51 c.p.c. contiene anche ipotesi tipizzate di conflitto che conduce all'obbligo di astensione e le medesime “gravi ragioni di convenienza” di cui all'art. 7. In sintesi, per come chiarito dal giudice di appello, nell'ordinamento è presente il concetto di conflitto di interessi non tipizzato (Cons. St. parere n. 667/2019). Vista la varietà di norme citate, tutte a carattere generale, ci si domanda in che termini esse si applicano anche ai conflitti nel settore dei contratti.

Come anche chiarito dal Consiglio di Stato deve ritenersi che le disposizioni di cui agli artt. 6-bis, 53, 7 e 51 citati non si pongano in contrasto con l'art. 16 ma sono ad esso complementari. Sorge, tuttavia, il problema di individuare esattamente la portata delle norme e il significato esatto dell'aggettivo “potenziale”, e dell'espressione “gravi ragioni di convenienza”.

Per come chiarito nel parere citato del Consiglio di Stato le situazioni di “potenziale conflitto” sono in primo luogo, quelle che, per loro natura, pur non costituendo allo stato una delle situazioni tipizzate, siano destinate ad evolvere in un conflitto tipizzato Ciò con riferimento alle previsioni esplicite riguardanti sia il rapporto di coniugio, parentela, affinità e convivenza, sia alla possibile insorgenza di una frequentazione abituale, sia al verificarsi delle altre situazioni contemplate nel detto art. 7 (pendenza di cause, rapporti di debito o credito significativi, ruolo di curatore, procuratore o agente, ovvero di amministratore o gerente o dirigente di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti). Si devono inoltre aggiungere quelle situazioni le quali possano per sé favorire l'insorgere di un rapporto di favore o comunque di non indipendenza e imparzialità in relazione a rapporti pregressi, solo però se inquadrabili per sé nelle categorie dei conflitti tipizzati. Si pensi a una situazione di pregressa frequentazione abituale (un vecchio compagno di studi) che ben potrebbe risorgere (donde la potenzialità) o comunque ingenerare dubbi di parzialità (dunque le gravi ragioni di convenienza). «Entrambi i tipi di situazione, quelle che evolvono de futuro verso il conflitto e quelle favorenti de praeterito il conflitto, costituiscono la declinazione delle gravi ragioni di convenienza di cui agli artt. 7 e 51 citati in cui si risolvono, ed anche del “potenziale conflitto” di cui agli artt. 6-bis e 53 citati. In sostanza la qualificazione “potenziale” e le “gravi ragioni di convenienza” sono espressioni equivalenti perché teleologicamente preordinate a contemplare i tipi di rapporto destinati, secondo l'id quod plerumque accidit, a risolversi (potenzialmente) nel conflitto per la loro identità o prossimità alle situazioni tipizzate». Possono configurarsi ipotesi di potenziale conflitto di interessi, con conseguente obbligo di astensione, solo quando ragionevolmente l'organo amministrativo chiamato a svolgere una determinata attività si trovi in una posizione personale e/o abbia relazioni con terzi che possono, anche astrattamente, inquinare l'imparzialità dell'azione amministrativa, con riferimento alla potenzialità del verificarsi di una situazione tipizzata di conflitto (Cons. St. parere n. 667/2019).

Bibliografia

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