Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 32

Marco Briccarello
Codice legge fallimentare

Art. 144.


Servizi sostitutivi di mensa

(Articolo 131, comma 6)

Articolo 1.

Ambito di applicazione e finalità.

1. Con il presente allegato sono individuati gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili, al fine di garantire la libera ed effettiva concorrenza nel settore, l'equilibrato svolgimento dei rapporti tra i diversi operatori economici e un efficiente servizio ai consumatori.

 

Articolo 2.

Definizioni.

1. Ai fini del presente allegato si intende:

a) per attività di emissione di buoni pasto, l'attività finalizzata a rendere, per il tramite di esercizi convenzionati, il servizio sostitutivo di mensa aziendale;

b) per servizi sostitutivi di mensa resi a mezzo dei buoni pasto, le somministrazioni di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo effettuate dagli esercenti le attività elencate all'articolo 3;

c) per buono pasto, il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, avente le caratteristiche di cui all'articolo 4, che attribuisce, al titolare, ai sensi dell'articolo 2002 del codice civile, il diritto a ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all'esercizio convenzionato, il mezzo per provare l'avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;

d) per società di emissione, l'impresa che svolge l'attività di emissione di buoni pasto, legittimata all'esercizio, previa segnalazione certificata di inizio attività attestante il possesso dei requisiti richiesti di cui all'articolo 131, comma 2, del codice, trasmessa, ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al Ministero delle imprese e del made in Italy;

e) per esercizi convenzionati, gli esercizi presso i quali i soggetti esercenti le attività elencate all'articolo 3 in forza di apposita convenzione con la società di emissione, provvedono a erogare il servizio sostitutivo di mensa;

f) per cliente, il datore di lavoro che acquista dalla società di emissione i buoni pasto al fine di erogare il servizio sostitutivo di mensa ai soggetti di cui alla lettera g);

g) per titolare, il prestatore di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, nonché il soggetto che abbia instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato, al quale, ai sensi delle norme vigenti e dei contratti collettivi di lavoro, vengono assegnati i buoni pasto e che, pertanto, è titolato a utilizzarli;

h) per valore facciale, il valore della prestazione indicato sul buono pasto, inclusivo dell'imposta sul valore aggiunto di cui all'articolo 6.

 

Articolo 3.

Esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa.

1. Il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), è erogato dai soggetti legittimati a esercitare:

a) la somministrazione di alimenti e bevande ai sensi della legge 25 agosto 1991, n. 287;

b) l'attività di mensa aziendale e interaziendale;

c) la vendita al dettaglio, sia in sede fissa che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114;

d) la vendita al dettaglio nei locali di produzione e nei locali attigui dei prodotti alimentari previa iscrizione all'albo di cui all'articolo 5, primo comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443;

e) la vendita al dettaglio e la vendita per il consumo sul posto dei prodotti provenienti dai propri fondi effettuata, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 8-bis, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, dagli imprenditori agricoli, dai coltivatori diretti e dalle società semplici esercenti l'attività agricola, iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile;

f) nell'ambito dell'attività di agriturismo di cui alla legge 20 febbraio 2006, n. 96, la somministrazione di pasti e bevande, costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, presso la propria azienda;

g) nell'ambito dell'attività di ittiturismo, la somministrazione di pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall'attività di pesca, ai sensi dell'articolo 12, comma 1, della legge n. 96 del 2006, da parte di imprenditori ittici;

h) la vendita al dettaglio dei prodotti alimentari, anche trasformati, nei locali adiacenti a quelli di produzione nel caso di soggetti esercenti l'attività di produzione industriale.

2. Ai fini delle attività di cui al comma 1, resta ferma la necessità del rispetto dei requisiti igienico sanitari prescritti dalla normativa vigente.

 

Articolo 4.

Caratteristiche dei buoni pasto.

1. Ai sensi del presente allegato i buoni pasto:

a) consentono al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto;

b) consentono all'esercizio convenzionato di provare documentalmente l'avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione;

c) sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l'orario di lavoro non preveda una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato;

d) non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare;

e) sono utilizzabili esclusivamente per l'intero valore facciale.

2. I buoni pasto in forma cartacea devono riportare:

a) il codice fiscale o la ragione sociale del datore di lavoro;

b) la ragione sociale e il codice fiscale della società di emissione;

c) il valore facciale espresso in valuta corrente;

d) il termine temporale di utilizzo;

e) uno spazio riservato alla apposizione della data di utilizzo, della firma del titolare e del timbro dell'esercizio convenzionato presso il quale il buono pasto viene utilizzato;

f) la dicitura: «Il buono pasto non è cedibile, né cumulabile oltre il limite di otto buoni, né commercializzabile o convertibile in denaro; può essere utilizzato solo se datato e sottoscritto dal titolare».

3. Nei buoni pasto in forma elettronica:

a) le indicazioni di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 2 sono associate elettronicamente ai medesimi in fase di memorizzazione sul relativo carnet elettronico;

b) la data di utilizzo del buono pasto e i dati identificativi dell'esercizio convenzionato presso il quale il medesimo è utilizzato di cui alla lettera e) del comma 2, sono associati elettronicamente al buono pasto in fase di utilizzo;

c) l'obbligo di firma del titolare del buono pasto è assolto associando, nei dati del buono pasto memorizzati sul relativo supporto informatico, un numero o un codice identificativo riconducibile al titolare stesso;

d) la dicitura di cui alla lettera f) del comma 2 è riportata elettronicamente.

4. Le società di emissione sono tenute ad adottare idonee misure antifalsificazione e di tracciabilità del buono pasto.

 

Articolo 5.

Contenuto degli accordi.

1. Gli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili contengono i seguenti elementi:

a) la durata del contratto, le condizioni anche economiche, e il termine del preavviso per l'eventuale rinegoziazione o la disdetta;

b) le clausole di utilizzabilità del buono pasto, relative alle condizioni di validità, ai limiti di utilizzo e ai termini di scadenza, specificati in modo espresso e uniforme;

c) l'indicazione dello sconto incondizionato riconosciuto alla società emittente dai titolari degli esercizi convenzionati per effetto dell'utilizzo dei buoni pasto presso i medesimi;

d) l'indicazione del termine di pagamento che la società emittente è tenuta a rispettare nei confronti degli esercizi convenzionati, comunque nell'osservanza di quanto disposto dal comma 6;

e) l'indicazione del termine, non inferiore a sei mesi dalla data di scadenza del buono pasto, entro il quale l'esercizio convenzionato potrà esigere il pagamento delle prestazioni effettuate;

f) l'indicazione di eventuali ulteriori corrispettivi riconosciuti alla società emittente, ivi compresi quelli per l'espletamento di servizi aggiuntivi offerti, nel rispetto e nei limiti di cui ai commi 7 e 8.

2. Gli accordi tra la società di emissione e i titolari degli esercizi convenzionabili contemplano comunque un'offerta di base, senza servizi aggiuntivi, idonea ad assicurare al cliente un servizio completo, ferma restando la libertà della prima di proporre agli esercizi convenzionabili anche servizi aggiuntivi. I bandi di gara si uniformano a quanto previsto dal primo periodo prescrivendo la presentazione da parte dei concorrenti anche della suddetta offerta di base.

3. Gli accordi stipulati tra la società di emissione e i titolari degli esercizi convenzionabili non possono negare ai titolari di esercizi convenzionati il pagamento almeno parziale di fatture relative ai buoni pasto presentati a rimborso a fronte di contestazioni parziali, di quantità o valore, relative alla fatturazione dei medesimi.

4. Gli accordi di cui al presente articolo sono stipulati e possono essere modificati, con specifica accettazione delle parti, esclusivamente in forma scritta, a pena di nullità.

5. Ai fini dell'attuazione del comma 1, lettera c), è vietato pattuire con gli esercizi convenzionati uno sconto incondizionato più elevato di quello stabilito dalla società emittente in sede di offerta ai fini dell'aggiudicazione o in sede di conclusione del contratto con il cliente. Lo sconto incondizionato remunera tutte le attività necessarie e sufficienti al corretto processo di acquisizione, erogazione e fatturazione del buono pasto.

6. Ai termini di pagamento di cui al comma 1, lettera d), si applicano le disposizioni del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231.

7. Nell'ambito dei contratti di convenzionamento, ai fini della partecipazione alle gare, nonché della valutazione di congruità delle relative offerte economiche, possono essere considerati come servizi aggiuntivi solo quelli che consistono in prestazioni ulteriori rispetto all'oggetto principale della gara e abbiano un'oggettiva e diretta connessione intrinseca con l'oggetto della gara.

8. È vietato addebitare agli esercenti convenzionati costi diversi dallo sconto incondizionato e dai corrispettivi per prestazioni o servizi aggiuntivi eventualmente acquistati.

9. Resta ferma la facoltà dei titolari degli esercizi convenzionabili di non aderire alla proposta di prestazioni aggiuntive.

10. In caso di mancato convenzionamento a seguito della non adesione alla proposta di prestazioni aggiuntive resta ferma l'applicabilità, ove sussistano i presupposti, degli articoli 1341 e 2598, primo comma, numero 3), del codice civile. Nel caso di procedura a evidenza pubblica, accordi che prevedono un tale obbligo di adesione, o comunque di fatto lo determinino, costituiscono causa di risoluzione del contratto tra la stazione appaltante e la società di emissione.

 

Articolo 6.

Disposizioni finali.

1. Il valore facciale del buono pasto è comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto prevista per le somministrazioni al pubblico di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti alimentari pronti per il consumo. Le variazioni dell'imposta sul valore aggiunto lasciano inalterato il contenuto economico dei contratti già stipulati, ferma restando la libertà delle parti di addivenire alle opportune rinegoziazioni per ristabilire l'equilibrio del rapporto.

2. Il Ministero delle imprese e del made in Italy, in collaborazione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con l'Autorità nazionale anticorruzione, previe apposite consultazioni, effettua il monitoraggio degli effetti del presente allegato al fine della verifica dell'efficacia del medesimo.

Inquadramento

L'allegato II.17 – in esecuzione di quanto previsto dall'art. 131, comma 6, del d.lgs. n. 36/2023 – individua:

– gli esercizi che possono erogare il servizio sostitutivo di mensa;

le caratteristiche dei buoni pasto;

– e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione dei buoni e i titolari degli esercizi convenzionabili.

Come chiarisce la relazione illustrativa al nuovo codice, l'allegato in commento riproduce la disciplina – integralmente regolamentare – in tema di servizi sostitutivi di mensa mediante i c.d. “buoni pasto” già contenuta nel d.m. n. 122/2017, che viene pertanto abrogato (dall'art. 226, comma 3, lett. e) del d.lgs. n. 36/2023, con efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023, come stabilito dall'articolo 229, comma 2, dello stesso nuovo codice. Per le disposizioni transitorie si veda l'art. 225 del medesimo d.lgs. n. 36/2023).

Dal punto di vista sistematico si segnala che l'allegato in commento si compone di sei articoli (uno in meno rispetto al citato d.m. n. 122/2017. Segnatamente, nell'allegato II.17 non viene riproposto l'art. 7 del d.m. circa l'entrata in vigore delle relative disposizioni). Nel dettaglio, l'indice dell'allegato è il seguente:

– art. 1: ambito di applicazione e finalità;

– art. 2: definizioni;

– art. 3: esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa;

– art. 4: caratteristiche dei buoni pasto;

– art. 5: contenuto degli accordi;

– art. 6: disposizioni finali.

Già a una prima lettura delle appena riportate rubriche emerge che (dapprima il d.m. n. 122/2017 e ora) l'allegato II.17 costituisce una sorta di Testo Unico in materia di servizi sostitutivi di mensa.

Nel rinviare alla lettura integrale delle disposizioni di cui si tratta, in questa sede per ragioni di chiarezza e di organicità, anche rispetto agli argomenti che verranno affrontati nei prossimi paragrafi – occorre preliminarmente chiarire che il buono pasto è il documento di legittimazione che può essere emesso in formato sia cartaceo, sia elettronico, e fornisce al suo titolare il diritto di ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al “valore facciale” (ossia al valore complessivo del buono), nonché all'esercizio convenzionato il mezzo per provare l'avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione.

Si tratta di una misura rientrante nel “welfare aziendale” riconosciuta dal datore di lavoro nell'ottica di porre attenzione alla necessità di vitto dei propri lavoratori (Bellocchio).

Gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa

L'art. 3 dell'all. II.17 regolamenta tutti gli aspetti concernenti gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto.

La norma è – come si è già accennato nel paragrafo d'inquadramento – pienamente ripropositiva dell'art. 3 del d.m. n. 122/2017, il quale aveva a sua volta ampliato notevolmente l'ambito degli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa.

Ciò risponde all'esigenza di rafforzare la concorrenza nel settore di riferimento mediante l'aggiornamento della previgente disciplina in base al cambiamento delle abitudini di acquisto e di consumo degli utenti ed al mutamento del mercato, nel quale si è verificato un incremento delle tipologie degli esercizi idonei a somministrare prodotti alimentari per il consumo, così da ampliare per gli utenti le possibilità di usufruire del servizio in questione (Grassucci).

Operativamente, i buoni pasto possono essere utilizzati presso:

a) esercizi legittimati a esercitare la somministrazione di alimenti e bevande, ossia di prodotti pronti per il consumo. Rientrando quindi in tale categoria i bar, i ristoranti, le gastronomie, le rosticcerie, ecc.;

b ) presso esercizi autorizzati alla vendita al dettaglio di prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare, in sede fissa, come i supermercati, o su area pubblica, come i mercati;

c ) esercizi legittimati alla vendita, al dettaglio o per il consumo sul posto, dei propri prodotti alimentari. Si tratta, ad esempio, dei coltivatori diretti, nonché degli agriturismi e degli ittiturismi legittimati alla somministrazione di pasti e bevande derivanti prevalentemente dalle proprie attività agricole o di pesca.

L'estensione degli esercizi convenzionati evidenzia la versatilità dei buoni pasto e assicura una maggiore spendibilità, con conseguenti ricadute positive a livello economico generale.

In relazione agli esercizi presso cui può essere erogato il servizio sostitutivo della mensa si segnala che la giurisprudenza ha ritenuto illegittimo il comportamento di un'amministrazione che ha introdotto un elenco tassativo dei codici ATECO ai fini del convenzionamento degli esercizi, con conseguenti limitazioni nell'utilizzo del titolo ai fini dell'accesso al servizio sostitutivo di mensa tramite buoni pasto, senza verificare in particolare se gli esercizi commerciali esclusi dal novero di quelli convenzionabili siano in concreto idonei a prestare il servizio in base alle caratteristiche richieste. Invero si è rilevato che “i codici ATECO assolvono a una funzione statistica e che in ogni caso gli esercizi per la vendita di prodotti alimentari o la somministrazione di alimenti e bevande, presso i quali a mente dell'art. 3 del citato d.m. 122/2018 può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto (nello specifico i supermercati con annesso bar o reparto di gastronomia), hanno un unico codice ATECO in considerazione dell'unicità della cassa sebbene gli acquisiti siano riferiti a vari prodotti, riconducibili a plurime categorie merceologiche; occorreva altresì considerare che la finalità del servizio sarebbe stata comunque garantita dall'essere la smart card (che non esprimeva un valore monetario fungibile, cumulabile o diversamente spendibile nella rete indistinta degli esercizi commerciali) non utilizzabile per l'acquisto di prodotti altri e diversi da un pasto pronto al consumo immediato.

Non può infatti sottacersi che il più volte richiamato art. 3 del d.m. 122/2018 (che include anche gli esercizi di vendita al dettaglio tra quelli che possono erogare il servizio di mensa sostitutivo) [con formulazione non mutata dall'art. 3 dell'allegato II.17] non reca alcun riferimento al possesso, da parte dell'esercizio convenzionabile, di un determinato Codice ATECO e che questo non ha valore ricognitivo né costitutivo del titolo abilitativo allo svolgimento dell'attività, né dell'attività concretamente svolta. L'art. 3 del d.m. n. 122/2017 prevede invece che il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto è erogato, tra gli altri, dai soggetti legittimati ad esercitare “la somministrazione di alimenti e bevande” e “la vendita al dettaglio, sia in sede fissa, che su area pubblica, dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114”. È dunque la stessa definizione del servizio sostitutivo di mensa contenuta nel citato decreto ministeriale a ricomprendere in sé attività commerciali che vendono prodotti alimentari pronti al consumo, senza affatto contemplare specifiche limitazioni in ordine all'utilizzabilità del buono pasto soltanto presso alcune categorie.

... Anche la contrattazione collettiva (cfr. art. 65 del contratto collettivo sopra specificato che disciplina il servizio sostitutivo di mensa, erogato tramite buono pasto cartaceo o buono pasto elettronico) non reca alcun accenno al necessario possesso di un determinato codice ATECO da parte degli esercizi convenzionati, limitandosi a prevedere, per quanto di interesse, le condizioni di fruizioni del servizio (compresa la possibilità di fruire della prestazione anche fuori sede di servizio, qualora autorizzata, e le modalità di rimborso nel caso di missioni), nonché l'importo massimo all'uopo riconosciuto, oltre la cui concorrenza il maggior costo è a carico del dipendente. Il contratto collettivo decentrato per i dipendenti della ... non contiene, dunque, disposizioni che rimettano al datore di lavoro il potere di ridurre il novero degli esercizi convenzionati nell'ambito delle categorie indicate dal citato decreto ministeriale.

... Alla luce delle precedenti considerazioni, deve dunque rilevarsi che l'aspetto decisivo da garantire col servizio in oggetto è la fornitura agli utenti di pasti pronti al consumo immediato da parte delle strutture e degli esercizi convenzionati. Rileva, dunque, in definitiva l'attività effettivamente svolta all'interno degli esercizi commerciali abilitati ad erogare il servizio sostitutivo di mensa (ciò garantendo di per sé gli obiettivi che la stazione appaltante si prefigge di realizzare mediante la sua esecuzione): l'attività in questione poi si desume dall'oggetto sociale e dall'iscrizione camerale, dai contenuti della licenza e da quanto in concreto espletato all'interno del locale, e non dalla mera classificazione di un determinato (e tassativo) codice ATECO (cfr. Cons. St. V, n. 262/2018). L'Amministrazione, limitandosi al mero riscontro del dato formale (il possesso di un determinato codice ATECO in capo all'esercizio convenzionato), non ha verificato se, in concreto, gli esercizi risultati non conformi (peraltro in numero esiguo) svolgessero anche effettivamente l'attività di somministrazione di alimenti e pasti pronti al consumo immediato, violando così le stesse prescrizioni della legge di gara che si era vincolata a rispettare. ... Pertanto, l'immotivata (e postuma) esclusione tout court degli esercizi commerciali (dotati di servizio di gastronomia da asporto), sol perché non in possesso di un determinato codice ATECO, che non ha riscontro negli atti di gara, discrimina in modo ingiustificato e sproporzionato gli operatori economici, riducendo il numero di esercizi presso cui spendere il buono pasto, senza che sia dimostrata l'idoneità di tali prescrizioni a migliorare il servizio e a perseguire gli obiettivi indicati dalla stessa stazione appaltante (in violazione di quelle disposizioni dell'ordinamento comunitario e nazionale in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi, tese a “garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'art. 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione”: cfr. art. 3 del d.l. n. 223/2006, convertito dalla legge n. 248/2006 rubricato “Regole di tutela della concorrenza nella distribuzione commerciale”). Poiché l'obiettivo del servizio sostitutivo di mensa oggetto di affidamento è quello di “garantire il benessere psicofisico necessario alla prosecuzione dell'attività lavorativa”, “consentendo al lavoratore la consumazione di un pasto durante una pausa lavorativa al fine di ottimizzare il rendimento della prestazione di lavoro” e “garantire il recupero delle energie psico-fisiche in vista della maggior resa della prestazione lavorativa”, come evidenziato dalla stessa Amministrazione, sarebbe infatti logico garantire ai dipendenti la più ampia fruibilità del titolo presso il maggior numero di esercizi possibile, limitandolo sulla base del dato sostanziale dell'attività effettivamente svolta (la somministrazione di alimenti e bevande pronti al consumo immediato) e non del mero dato formale della classificazione ATECO dell'esercente da convenzionare. Al riguardo, non è poi superfluo evidenziare che l'apertura del mercato in questione agli esercizi commerciali ha lo scopo “di favorire la libera ed effettiva concorrenza nel settore e l'equilibrato svolgimento dei rapporti tra i diversi operatori economici al fine di un efficiente servizio ai consumatori” (così la Commissione speciale del Consiglio di Stato nell'Adunanza del 9 gennaio 2017, n. affare 2316/2016): sicché l'ampliamento della rete degli esercizi convenzionati (se in grado di erogare il servizio con le prescritte modalità), oltre a realizzare un obiettivo pro-concorrenziale, è funzionale ad assicurare quel “benessere” dei dipendenti in ragione di quelle “modificate abitudini di acquisto e consumo degli utenti” cui prima si accennava” (Cons. St. V, n. 6496/2021; id., n. 9855/2022).

Del resto, stante le peculiarità che informano il mercato dei servizi sostitutivi di mensa mediante l'erogazione di buoni pasto, l'allora AVCP (oggi ANAC) – già con la determinazione del 20 ottobre 2011 – aveva esortato le Stazioni appaltanti a predeterminare nel bando di gara una soglia minima di conformità, fissata in percentuale al numero complessivo di esercizi dichiarati, considerando accettabile e fisiologico un certo scostamento tra il numero di esercizi dichiarati e numero di esercizi effettivamente convenzionati. In tale occasione si era altresì precisato espressamente che rientrano nella fase esecutiva le verifiche circa l'esistenza e le caratteristiche degli esercenti, nonché il rispetto delle condizioni di convenzionamento dichiarate in sede di gara” (cfr. par. 7 “La rete degli esercizi convenzionati”).

Tali indicazioni giurisprudenziali e operative dell'Autorità paiono tuttora attuali, stante la già ricordata sostanziale invarianza della novella del 2023 (ossia l'all. II.17) rispetto alla previgente normativa regolamentare (di cui al d.m. n. 122/2017).

Le caratteristiche dei buoni pasto

L'art. 4 dell'all. II.17 ricalca sostanzialmente la disciplina contenuta nell'art. 285, comma 4, del d.P.R. n. 207/2010, come innovata dall'art. 4 del d.m. n. 122/2017.

Tra le caratteristiche principali dei buoni pasto merita segnalare che, come si legge espressamente alla lettera d) dell'articolo in esame, i buoni pasto sono:

non cedibili;

- né cumulabili oltre il limite di otto buoni;

né commerciabili o convertibili in denaro;

– e utilizzabili solo dal titolare.

Inoltre lo strumento in questione può essere utilizzato durante la giornata lavorativa, anche se domenicale o festiva.

Tale regime normativo mira a uniformare le norme alle prassi reali di utilizzo del servizio in argomento e così a tutelare l'interesse dei consumatori, tenuto anche conto che nella maggior parte dei casi l'importo del buono fissato non consente di poter usufruire di un pasto completo e della necessità di consentire all'utente di concentrare l'acquisto di prodotti alimentari da utilizzare per i propri pasti quotidiani senza imporre la necessità di effettuare acquisti giornalieri (Grassucci).

Ciò premesso, esistono due tipi di buoni pasto: quelli cartacei e quelli elettronici. Solitamente, i ticket tradizionali cartacei si presentano in un carnet di buoni, ciascuno riportante la matrice, il valore facciale, il nome dell'azienda e il nome del titolare che può usufruirne. Il buono pasto elettronico, invece, è una tessera dotata di microchip (simile nell'aspetto a una carta di credito) oppure un'app(licazione) per smartphone / tablet che consente l'uso dei buoni pasto in modalità digitale (tale ultima soluzione, peraltro, può avere effetti negativi in relazione ai profili fiscali, come indicato dall'Agenzia delle Entrate nell'interpello n. 430/2022).

Per una puntuale guida ricognitiva della materia, v. Ballanti.

Gli accordi tra le società di emissione dei buoni e i titolari degli esercizi convenzionabili

Come si è anticipato nel punto dedicato all'inquadramento della materia, il servizio sostitutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto può essere erogato dai soggetti legittimati ad esercitare le attività identificate dall'art. 3 (sia del d.m. n. 122/2017, sia) dell'all. II.17. A tal fine, gli esercizi interessati devono stipulare apposita convenzione con le società di emissione.

Gli accordi sono stipulati e possono essere modificati, con specifica accettazione delle parti, esclusivamente in forma scritta, a pena di nullità.

A mente dell'art. 5 dell'allegato in questione (corrispondente all'art. 5 del d.m. n. 122/2017) gli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili devono contenere i seguenti elementi:

a. la durata del contratto, le condizioni anche economiche e il termine del preavviso per l'eventuale rinegoziazione o la disdetta;

b. le clausole di utilizzabilità del buono pasto, relative alle condizioni di validità, ai limiti di utilizzo e ai termini di scadenza, specificati in modo espresso ed uniforme;

c. l'indicazione dello sconto incondizionato riconosciuto alla società emittente dai titolari degli esercizi convenzionati per effetto dell'utilizzo dei buoni pasto presso i medesimi;

d. l'indicazione del termine di pagamento che la società emittente è tenuta a rispettare nei confronti degli esercizi convenzionati;

e. l'indicazione del termine, non inferiore a 6 mesi dalla data di scadenza del buono pasto, entro il quale l'esercizio convenzionato potrà esigere il pagamento delle prestazioni effettuate;

f. l'indicazione di eventuali ulteriori corrispettivi riconosciuti alla società emittente, ivi compresi quelli per l'espletamento di servizi aggiuntivi offerti.

Gli accordi tra la società di emissione e i titolari degli esercizi convenzionabili contemplano comunque un'offerta di base, senza servizi aggiuntivi, idonea ad assicurare al datore di lavoro un servizio completo, ferma restando la libertà della prima di proporre agli esercizi convenzionabili anche servizi aggiuntivi.

I bandi di gara si uniformano a quanto precede, prescrivendo la presentazione da parte dei concorrenti anche della suddetta offerta di base. Tale ultimo aspetto riguarda le sole Pubbliche amministrazioni che, per l'attivazione di una convenzione relativa alla fornitura del servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto cartacei e la prestazione dei servizi connessi, sono tenute ad indire un'apposita gara.

Gli accordi stipulati tra la società di emissione e i titolari degli esercizi convenzionabili non possono negare ai titolari di esercizi convenzionati il pagamento almeno parziale di fatture relative ai buoni pasto presentati a rimborso a fronte di contestazioni parziali, di quantità o valore, relative alla loro fatturazione.

È vietato pattuire con gli esercizi convenzionati uno sconto incondizionato più elevato di quello stabilito dalla società emittente in sede di offerta ai fini dell'aggiudicazione o in sede di conclusione del contratto con il datore di lavoro. Lo sconto incondizionato remunera tutte le attività necessarie e sufficienti al corretto processo di acquisizione, erogazione e fatturazione del buono pasto.

Ai termini di pagamento accordati nel contratto tra società emittente ed esercizio convenzionato si applicano le disposizioni del d.lgs. n. 231/2002, in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Nell'ambito dei contratti di convenzionamento, ai fini della partecipazione alle gare per il settore pubblico, nonché della valutazione di congruità delle relative offerte economiche, possono essere considerati come servizi aggiuntivi solo quelli che consistono in prestazioni ulteriori rispetto all'oggetto principale della gara e abbiano un'oggettiva e diretta connessione intrinseca con l'oggetto della gara.

È vietato addebitare agli esercenti convenzionati costi diversi dallo sconto incondizionato e dai corrispettivi per prestazioni o servizi aggiuntivi eventualmente acquistati.

Resta ferma la facoltà dei titolari degli esercizi convenzionabili di non aderire alla proposta di prestazioni aggiuntive.

In caso di mancato convenzionamento a seguito della non adesione alla proposta di prestazioni aggiuntive resta ferma l'applicabilità, ove sussistano i presupposti, degli artt. 1341 (in tema di condizioni generali di contratto) e 2598, comma 1, numero 3) (sugli atti di concorrenza sleale) del Codice civile.

Il trattamento fiscale del servizio sostitutivo reso a mezzo dei buoni pasto

Infine si richiama l'attenzione sul trattamento fiscale dei buoni pasto.

Preliminarmente, è opportuno considerare che in materia di assegnazione dei buoni pasto la tassazione di favore è legata al riconoscimento degli stessi alla generalità dei dipendenti o a loro categorie omogenee (v. la circolare del Ministero delle Finanze del 23 dicembre 1997, n. 326/E).

Fermo questo, la Legge di Bilancio del 2020 ha introdotto alcune novità, intervenendo direttamente sull'art. 51 del d.P.R. n. 917/1986 (c.d. “TUIR”). In particolare, le novità riguardano:

– l'aumento del valore detassato dei buoni pasto elettronici da 7 a 8 euro;

– e la diminuzione del valore detassato dei buoni pasto cartacei da 5,29 euro a 4 euro.

In definitiva, quindi, a norma dell'art. 51 comma 2 del TUIR nel testo oggi vigente, i buoni pasto non concorrono a formare il reddito del dipendente (e ricadono dunque in una forma di detassazione) fino a un importo complessivo giornaliero:

– di 4 euro, se sono in formato cartaceo;

– e di 8 euro, se invece sono in formato elettronico.

Ne deriva che se un lavoratore ha ricevuto buoni pasto elettronici dal datore di lavoro del valore di € 10 per ogni giorno effettivamente lavorato, soltanto € 2 (giornalieri) sconteranno la tassazione in busta paga ai fini Irpef (Nucibella) .

Il che per il datore di lavoro significa garantire un sostegno al reddito destinato all'alimentazione – totalmente detassato – di circa 880,00 euro per i buoni pasto cartacei e di 1.760,00 euro per quelli elettronici.

Appare evidente che – come in molti altri settori dell'ordinamento – tra i quali anche la contrattualistica pubblica, si cerchi in ogni modo di incentivare l'implementazione digitale dei servizi (qui, nella specie, con l'incentivo all'uso dei buoni pasto elettronici).

A ciò si aggiunga che le spese sostenute dall'azienda sono deducibili per competenza ai fini delle imposte dirette IRPEF, IRES e IRAP. L'unica specifica per potere usufruire di questo vantaggio è l'obbligo di dedurre i costi in riferimento al periodo di utilizzo del servizio da parte del dipendente.

L'Agenzia delle Entrate, con le risposte a istanze d'interpello n. 430/2022 e n. 301/2023 ha chiarito altresì che l'aliquota IVA applicabile ai servizi sostitutivi di mensa è pari al 4%. Per contro, laddove non sia possibile ricondurre l'operazione nell'ambito delle discipline della mensa diffusa e dei servizi sostitutivi di mensa aziendale, non sussistono i presupposti per l'applicazione dell'aliquota IVA agevolata al 4% e i ristoranti devono fatturare alla società le consumazioni dei collaboratori applicando l'aliquota IVA del 10%. Segnatamente, nella risposta n. 430/2022 (confermata dalla risposta n. 301/2023) l'Amministrazione finanziaria ha chiarito che:

a ) per verificare se una somministrazione di alimenti e bevande ai dipendenti sia riconducibile alla categoria dei servizi sostitutivi di mensa aziendale piuttosto che alle altre tipologie in cui può essere resa (ad esempio, ticket restaurant o mensa diffusa) occorre aver riguardo non solo alle modalità attraverso le quali la prestazione viene resa, ma anche alla presenza di eventuali convenzioni tra i partecipanti al contratto di somministrazione di alimenti e bevande. Sicché non sembrano ravvisabili le peculiari modalità che caratterizzano il servizio sostitutivo di mensa aziendale e quello di mensa diffusa nell'ipotesi di mero pagamento al ristoratore per conto del datore di lavoro con il credito che quest'ultimo ha previamente messo a disposizione;

b ) in relazione ai metodi di pagamento, quando l'app (che potrebbe essere considerata un'evoluzione della card elettronica) funge da mero strumento di pagamento e non dà alcun diritto autonomo ad ottenere la somministrazione di alimenti o bevande, non si può ricondurre l'operazione nell'ambito delle discipline della mensa diffusa e dei servizi sostitutivi di mensa aziendale, non sussistono i presupposti per l'applicazione dell'aliquota IVA agevolata al 4% e i ristoranti fattureranno alla società le consumazioni dei collaboratori applicando l'aliquota IVA del 10%.

La stessa Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 301/2023, ha inoltre precisato che:

c ) con riferimento alle modalità di certificazione dei corrispettivi da parte dei ristoratori, si ritiene ammissibile il ricorso alla c.d. fattura differita ex art. 21, comma 4, lettera a), del Decreto IVA, in forza del quale “per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulta da documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l'operazione ed avente le caratteristiche determinate con decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472, nonché per le prestazioni di servizi individuabili attraverso idonea documentazione, effettuate nello stesso mese solare nei confronti del medesimo soggetto, può essere emessa una sola fattura, recante il dettaglio delle operazioni, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle medesime”;

d ) ai fini dell'IRES i costi sostenuti dal datore di lavoro rappresentano un onere per l'acquisizione di un servizio complesso, non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande. Sicché essi, al ricorrere dei presupposti di cui all'art. 109, comma 5, del TUIR, concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile;

e ) e ai fini dell'IRAP i costi per il servizio in parola sono interamente deducibili.

Sempre in tema di aliquota IVA, una precisa ricognizione del quadro normativo di settore si rinviene nel parere dell'Agenzia delle Entrate del 28 aprile 2022, n. 231.

Infine la medesima Agenzia delle Entrate ha specificato che anche per i lavoratori in smart working si applica la tassazione agevolata prevista per i buoni pasto sia cartacei, sia elettronici (v. la risposta della Direzione Regionale del Lazio all'interpello n. 956-2631/2020). Si tratta di un chiarimento di grande utilità, stante il notevolissimo ricorso allo smart working, da parte di enti pubblici e di aziende private, per evidenti ragioni collegate all'emergenza sanitaria (ancora non del tutto conclusa) da Covid-19.

In relazione al regime fiscale inerente i buoni pasto, l'Agenzia delle Entrate nella risposta fornita ha pure evidenziato che quanto disposto dal decreto del MISE n. 122 del 7 giugno 2017, alla lett. c) dell'art. 4 – avente tenore letterale identico all'all. II.17, e quindi ancora valido – fa sì che i buoni pasto possano essere attribuiti ai lavoratori a tempo pieno o parziale, anche laddove l'orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo. Ciò costituisce una previsione che “tiene conto della circostanza che la realtà lavorativa è sempre più caratterizzata da forme di lavoro flessibili”.

Bibliografia

Ballanti, Buoni pasto: normativa, importi e tassazione del ticket ristorante, in lavoroediritti.com; Bellocchio, Buoni pasto: le nuove regole introdotte dal decreto 7 giugno 2017, n. 122, in consulentidellavoro.mi.it.; Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Grassucci, Sub art. 144 d.lgs. n. 50/2016, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di Caringella, Milano, 2022; Nucibella, Disciplina fiscale buoni pasto 2022, in fiscoetasse.com.

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