Codice di Procedura Civile art. 559 - Custodia dei beni pignorati 1Custodia dei beni pignorati1 [I]. Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, compresi le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso. [II]. Salvo che la sostituzione nella custodia non abbia alcuna utilità ai fini della conservazione o della amministrazione del bene o per la vendita, il giudice dell'esecuzione, con provvedimento non impugnabile emesso entro quindici giorni dal deposito della documentazione di cui all'articolo 567, secondo comma, contestualmente alla nomina dell'esperto di cui all'articolo 569, nomina custode giudiziario dei beni pignorati una persona inserita nell'elenco di cui all'articolo 179-ter delle disposizioni di attuazione del presente codice o l'istituto di cui al primo comma dell'articolo 534.
[III].Il custode nominato ai sensi del secondo comma collabora con l'esperto nominato ai sensi dell'articolo 569 al controllo della completezza della documentazione di cui all'articolo 567, secondo comma, redigendo apposita relazione informativa nel termine fissato dal giudice dell'esecuzione. [IV]. Il giudice provvede alla sostituzione del custode in caso di inosservanza degli obblighi su di lui incombenti.
[1] Articolo modificato dal r.d. 20 aprile 1942, n. 504; dall'art. 2 , d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con modif., in l. 14 maggio 2005, n. 80 come modificato dall'art. 13 lett. h)l. 28 dicembre 2005, n. 263 e, da ultimo, sostituito dall'art. 3, comma 38, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale) di cui si riporta il testo prima della sostituzione: «[I]. Col pignoramento il debitore è costituito custode [560; 334, 335 c.p.] dei beni pignorati e di tutti gli accessori, compresi le pertinenze [8171 c.c.] e i frutti [820 c.c.], senza diritto a compenso. [II]. Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto [564], il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore [485], può nominare custode una persona diversa dallo stesso debitore [65-67]. Il giudice provvede a nominare una persona diversa quando l'immobile non sia occupato dal debitore. [III]. Il giudice provvede alla sostituzione del custode in caso di inosservanza degli obblighi su di lui incombenti. [IV]. Il giudice, se custode dei beni pignorati è il debitore e salvo che per la particolare natura degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità, dispone, al momento in cui pronuncia l'ordinanza con cui è autorizzata la vendita o disposta la delega delle relative operazioni, che custode dei beni medesimi sia la persona incaricata delle dette operazioni o l'istituto di cui al primo comma dell'articolo 534. [V]. Qualora tale istituto non sia disponibile o debba essere sostituito, è nominato custode altro soggetto. [VI]. I provvedimenti di cui ai commi che precedono sono pronunciati con ordinanza non impugnabile.». Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 , come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". InquadramentoLa disciplina della custodia dell'immobile pignorato si rinviene, fondamentalmente, negli artt. 559 e 560 c.p.c., e più in generale, negli artt. 65-67 del codice di rito (Castoro, 572). Sulla sua disciplina ha inciso fortemente l'epocale novella del 2005: in particolare, l'art. 559 è stato modificato dall'art. 2, comma 3, lett. e), d.l. n. 35/2005, convertito in l. n. 80/2005 che, oltre ad aver riscritto il comma 2, ha aggiunto i nuovi 3, 4 e 4; il comma 6 è invece frutto dell'intervento normativo di cui all'art. 1, comma 3, lett. h), l. n. 263/2005. Prevedendo, per effetto delle modifiche appena richiamate, che il giudice affidasse la custodia ad un terzo quando l'immobile non era occupato dal debitore, quando questi non ottemperasse agli obblighi che gli fanno carico, oppure quando pronunciava l'ordinanza di vendita (salvo che, per la particolare natura del bene, ritenesse che la sostituzione non fosse utile) il nuovo art. 559, si caratterizzava per aver notevolmente limitato la regola previgente che voleva normalmente affidata la custodia del bene pignorato al debitore esecutato, a meno che non venisse formulata istanza del creditore pignorante per la nomina di una persona diversa. Secondo l'attuale previsione, infatti, la custodia è affidata a persona diversa dal debitore, in ogni caso, quando l'immobile non sia occupato dal debitore e, di regola, (prima della riforma Cartabia) nel momento in cui è pronunciata l'ordinanza di vendita (così App. Roma 6 novembre 2012, che da questo assunto ha tratto la conseguenza per cui il credito concernente il canone di locazione dovuto in dipendenza della stipulazione di una locazione antecedente al pignoramento spetta al custode, quantunque la figura di questi possa coincidere con quella del debitore esecutato). Questa disciplina è stata profondamente rivista dalla riforma Cartabia, che ha recepito un modus procedendi già utilizzato nella prassi, prevedendo al comma 2 l'obbligatoria nomina di un custode diverso dal debitore contestualmente alla nomina dello stimatore. Sotto altro profilo, il nuovo art. 559 c.p.c., prescrive esplicitamente che le funzioni custodiali siano affidate ad un soggetto iscritto nell'elenco dei professionisti delegati, ex art. 179-ter disp. att. c.p.c., oppure all'istituto vendite giudiziarie. Maggiormente circoscritto è anche il novero dei casi un cui non si procede alla sostituzione del debitore nella custodia, prevedendosi che questo accasa solo quando la custodia non abbia alcuna utilità ai fini della conservazione o amministrazione del bene ovvero per la vendita, eliminandosi il generico riferimento alla «la particolare natura dei beni» la quale poteva indurre il giudice a ritenere «che la sostituzione non abbia utilità». Questo vuol dire che l'utilità di una custodia giudiziale va perimetrata non solo alla conservazione del bene, ma anche alla vendita del medesimo, quando ad esempio occorre assicurare l'esercizio del diritto di visita di potenziali acquirenti. In uno con l'anticipata sostituzione del custode la riforma impone al custode giudiziario di collaborare con lo stimatore nel controllo della completezza della documentazione ipocatastale, controllo del quale dovrà dare conto in una apposita informativa preliminare da depositarsi nel termine fissato dal giudice dell'esecuzione. Il debitore custodeLa norma in commento si apre con la previsione per cui con il pignoramento, l'esecutato assume ex lege l'incarico di custode, sempre che abbia la capacità di agire (Vellani, 51) così determinandosi una vera e propria interversione del possesso sull'immobile pignorato, per cui da quel momento il debitore perde il possesso privatistico del bene e diviene titolare di un possesso iuris publici che deve esercitare secondo le finalità e nei limiti suoi propri dell'ufficio custodiale (in argomento, Satta, Punzi, 676; Vellani, 47; Redenti, Vellani, 159); egli, pertanto, quale ausiliario del giudice (Corsaro, Bozzi, 189) deve conservarlo e amministrarlo (art. 65 c.p.c.) con la disciplina del buon padre di famiglia (Vellani, 84; Bongiorno 40; Redenti, Vellani, 344; Donvito, 1611). La norma utilizza il termine «debitore», ma è pacifico che la disposizione trovi applicazione anche nelle ipotesi di esecuzione forzata promossa contro il terzo proprietario a norma dell'art. 602 c.p.c. Esplicita conferma di questa impostazione si ricava dalla lettura dell'art. 604, che nell'affermare che il pignoramento e tutti gli atti dell'espropriazione si compiono nei confronti del terzo, specifica che a questi si applicano tutte le disposizioni relative al debitore (e dunque anche l'art. 559 c.p.c.) tranne il divieto di cui all'art. 579, comma 1, c.p.c. Corollario dell'assunzione della funzione custodiale da parte del debitore (o comunque del terzo assoggettato ad esecuzione) è che con la notificazione dell'atto di pignoramento (Andrioli, 225 D'onofrio, 143; Travi, 904; Costa, 567; Satta, 351; Verde, 771; Ricci, nt. 74; Capponi, 431; Saletti,138; Vellani, 49; Bonsignori, 203; Montesano, Arieta, 104; Bucolo, 541; Corsaro, Bozzi, 328; Redenti, Vellani, 344; Donvito, 1610) l'esecutato viene investito dell'obbligo di provvedere alla conservazione ed amministrazione dei beni pignorati ai sensi dell'art. 66 c.p.c. L'assunto è stato altresì ribadito più volte in giurisprudenza, ferma nel ritenere che in materia di espropriazione immobiliare il pignoramento, pur componendosi di due momenti processuali, cui corrispondono i due diversi adempimenti della notifica dell'atto al debitore esecutato e della sua trascrizione nei registri immobiliari, è strutturato come fattispecie a formazione progressiva, nella quale, mentre la notificazione dell'ingiunzione al debitore segna l'inizio del processo esecutivo (e produce, tra gli altri effetti, quello dell'indisponibilità del bene pignorato), la trascrizione ha la funzione di completare il pignoramento, non solo consentendo la produzione dei suoi effetti sostanziali nei confronti dei terzi e di pubblicità notizia nei confronti dei creditori concorrenti, ma ponendosi anche come presupposto indispensabile perché il giudice dia seguito all'istanza di vendita del bene (Cass. n. 6873/2024; Cass. n. 37558/2022; Cass. n. 1891/2019; Cass. n. 7998/2015; Cass. n. 17367/2011; Cass. n. 9231/1997). Il debitore custode, inoltre, soggiace alla disciplina delle responsabilità civili e penali di cui all'art. 67 c.p.c. ed agli artt. 388 e 388-bis c.p. (Bertolato, 305), fino a quando il giudice non provvede alla sua sostituzione con la nomina di un diverso soggetto, contestualmente alla pronuncia dell'ordinanza di vendita, a norma dell'art. 559, comma 4, c.p.c., o negli altri casi contemplati dai commi secondo e terzo della medesima disposizione codicistica. L'art. 559 c.p.c. sottolinea pertanto una distinzione netta tra la disciplina della custodia dei beni mobili pignorati e quella riguardante i beni immobili. Nella prima, l'art. 521 c.p.c. dispone che il debitore è custode dei bei pignorati solo se il creditore vi acconsente, ponendosi un evidente pericolo di sottrazione dei beni alla vendita per il caso in cui permanessero nella disponibilità materiale del debitore. Nell'espropriazione immobiliare, invece, si è ritenuto che l'inesistenza di tale rischio in ragione della natura del bene pignorato, ha indotto il legislatore a ritenere non immediatamente pregiudizievole il fatto che il debitore assuma l'ufficio custodiale (Saletti, 138; Donvito, 1611), salvo (come si vedrà) che il debitore assuma iniziative di segno contrario. La scelta del custode giudiziale e la facoltà di rifiutare l'incaricoCome si è detto, con la riforma Cartabia è venuta meno la regola, contenuta nel previgente comma 4 dell'art. 559 c.p.c., secondo la quale solo allorquando disponeva la vendita il giudice, nel nominare il custode, doveva individuarlo nel professionista delegato oppure l'istituto vendite giudiziarie, con la precisazione, contenuta nel comma successivo, che poteva essere nominato altro soggetto diverso dall'IVG soltanto quando l'istituto non era disponibile (De Stefano, 166). Ciò aveva portato ad interrogarsi se, nelle altre ipotesi di nomina, il giudice potesse scegliere quale custode un soggetto diverso A questo interrogativo la dottrina aveva risposto osservando che, il silenzio serbato dalla norma sul punto, doveva indurre a ritenere che il giudice fosse vincolato nella scelta del soggetto cui affidare la custodia (professionista delegato oppure IVG) soltanto quando procedeva alla nomina del custode in occasione della pronuncia dell'ordinanza di vendita, ben potendo individuare soggetti diversi, anche non iscritti nell'elenco dei professionisti delegabili alle vendite ai sensi dell'art. 179-ter disp. att. c.p.c., allorquando nomina il custode in un momento antecedente (Soldi, 1627). Oggi, come detto, il tema non ha più ragion d'essere non solo perché la nomina del custode giudiziario è stata anticipata al momento della nomina dello stimatore, ma anche perché il legislatore individua specificatamente i soggetti cui è possibile conferire l'incarico. Infine, a proposito della facoltà, per il soggetto nominato, è evidente che, trattandosi di soggetti istituzionalmente deputati all'esercizio di funzioni custodiali, la facoltà di rifiuto va esclusa. Così è, ad esempio, con riferimento al professionista delegato nominato custode ex art. 559, comma 4, c.p.c., oppure con riferimento all'I.V.G. (per il quale rileva anche l'art. 6 del d.m. 11 febbraio 1997). Il provvedimento di nominaA norma dell'art. 559, comma 6, c.p.c. i provvedimenti di nomina e sostituzione del custode sono adottati con ordinanza non impugnabile, analogamente a quanto previsto dalla disciplina generale (art. 66, comma 3, c.p.c.). Si ritiene, per lo più che il provvedimento debba essere adottato previo radicamento del contraddittorio, anche in applicazione del principio generale dettato dall'art. 485 c.p.c. Ciò non si traduce nella necessità di fissare apposita udienza, ben potendo il giudice dell'esecuzione invitare le parti a formulare le proprie deduzioni, assegnando al tal fine un termine per il deposito di memorie. Da notare che la preventiva audizione del debitore è a dire il vero prevista esplicitamente soltanto nell'ipotesi di sostituzione su istanza del creditore, dal che potrebbe ricavarsi l'assunto per cui nelle ipotesi di sostituzione del custode per violazione degli obblighi o per mancanza di occupazione, la previa audizione non sia necessaria. Discussa è la tematica della impugnabilità del provvedimento di nomina. Parte della dottrina ha sostenuto che il provvedimento possa essere contestato con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi (Andrioli, 225; Bucalo, 541; Donvito, 1609; contra Bongiorno, 41; Castoro, 577; Costa, 574; Travi, 904). La giurisprudenza sembra orientata nel ritenere che detto provvedimento costituisca estrinsecazione dei normali poteri di direzione del processo esecutivo ad opera del giudice dell'esecuzione, atto meramente conservativo a contenuto ordinatorio e non decisorio, sicché esso non è impugnabile nel merito ai sensi dell'art. 66, comma 3, c.p.c., né tanto meno per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (Cass. n. 11201/1992; Cass. n. 6012/1996). In particolare, si è osservato che (in un caso riguardante l'espropriazione mobiliari ma con argomenti spendibili anche a proposito del pignoramento immobiliare) che l'ordinanza di surroga del custode, la quale ha natura meramente conservativa, è sottratta ad ogni impugnazione (come, del resto, espressamente disposto dall'art. 66 c.p.c.), salvo che si contesti la stessa competenza del giudice ad emettere il provvedimento. Pure non impugnabili sono i provvedimenti lato sensu amministrativi inerenti all'uso della cosa pignorata o sequestrata e, in generale, gli atti adottati dal giudice nell'esercizio del suo potere di direzione del processo esecutivo, privi di autonoma rilevanza come momento dell'azione esecutiva (Cass. n. 6064/1995). Più recentemente è stata tuttavia sostenuta l'affermazione per cui anche se è vero che l'ordinanza di nomina e sostituzione è atto meramente conservativo e non esecutivo, ciò non esclude la sua natura processuale, con la conseguenza che deve ammettersi un controllo di legittimità con riferimento all'esistenza dei presupposti di legge per la sua emanazione, attraverso lo strumento dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., confinando la portata della inoppugnabilità al solo merito (Perna, in Cardino, Romeo, 486). L'individuazione del custode in caso di liquidazione giudiziale del debitore esecutatoLa prassi degli uffici pone spesso il tema di individuare il custode nel caso di apertura della liquidazione giudiziale del debitore. Il tema si pone quando la procedura esecutiva sia stata introdotta da un creditore fondiario, ai sensi dell'art. 41 TUB (i termini della questione non mutano quando il creditore fondiario sia mero creditore intervenuto), il quale non perde la legittimazione processuale ad agire o proseguire anche in caso di apertura della liquidazione giudiziale dell'esecutato. Ci si domanda, in questi casi se il giudice dell'esecuzione abbia il potere di nominare un custode o se questo ufficio va ascritto, ex lege, al curatore. Una prima opinione ritiene che l'art. 31 l.fall. (ed oggi l'art. 138 CCI) individui nel curatore il custode dei beni acquisiti all'attivo del fallimento, essendogli affidata l'amministrazione degli stessi, e dunque anche di quelli la cui vendita prosegue nell'esecuzione individuale. Tale approdo si registra in Cass. n. 6254/1982, secondo cui l'azione esecutiva individuale eccezionalmente spettante ad un istituto esercente il credito fondiario, ai sensi dell'art. 42 r.d. n. 646/1905, nonostante il fallimento del mutuatario-debitore, non determina la sottrazione dei beni pignorati dall'istituto alla custodia ed all'amministrazione del curatore sotto la sorveglianza del giudice delegato, secondo le regole proprie della procedura fallimentare, anche se la espropriazione dei beni deve svolgersi per la realizzazione delle pretese creditorie dell'istituto; permanendo, pertanto, le funzioni di custodia del curatore, questi, poiché conserva le sue originarie attribuzioni, non diviene organo ausiliario del giudice dell'esecuzione, e non può essere quindi dal medesimo sostituito nell'ambito della procedura esecutiva individuale, ai sensi degli artt. 66 e 559 c.p.c. Del resto, si aggiunge, è lo stesso art. 41, comma 3, TUB, a riconoscere al curatore il ruolo custodiale, nel momento in cui gli prescrive (con ciò riconoscendogli detto ruolo) il compito di versare alla banca le rendite degli immobili ipotecati. Una diversa tesi afferma che se l'esecuzione individuale, prosegue nonostante il fallimento dell'esecutato, restano vigenti tutte le disposizioni che ne regolano il divenire, ivi compresa quella di cui all'art. 484 c.p.c. che riserva al giudice dell'esecuzione la direzione della procedura, e quella di cui all'art. 559 c.p.c. che lo onera del compito di provvedere alla nomina del custode giudiziale. In questi termini si esprime Cass. n. 5352/1994 secondo la quale in caso di fallimento non si applica il comma 1 dell'art. 559, e dunque il potere di nominare o sostituire il custode dei beni pignorati spetta, non già al giudice delegato al fallimento, bensì a quello dell'esecuzione immobiliare, il quale, non è tenuto a conferire tale incarico al curatore del fallimento, consentendo la legge la coesistenza delle due procedure ed essendo, pertanto, quella individuale regolata dal codice di rito, per la parte non disciplinata dalle richiamate disposizioni speciali, con la conseguenza che resta fermo il provvedimento di nomina del custode. A fronte di questo contrasto è preferibile ritenere che la custodia sia un ufficio da riservare in via esclusiva al curatore anche nel caso di prosecuzione dell'esecuzione ai sensi dell'art. 41 del testo unico bancario. Questo non solo perché, come detto, tale norma riconosce una evidente funzione custodiale proprio al curatore nell'ambito di una procedura esecutiva che prosegue nonostante il fallimento, ma anche perché la nomina del custode da parte del giudice dell'esecuzione ha la funzione di sottrarre il bene ad un soggetto, il debitore, verso il quale il legislatore nutre una comprensibile diffidenza, sicché quella nomina, se viene meno il presupposto che la giustifica, non ha più ragion d'essere. Infine, non può sottacersi il dato per cui la nomina di un custode giudiziario in presenza di un curatore (oppure la mancata revoca del custode in caso di apertura della liquidazione giudiziale) esporrebbe la procedura ad un costo superfluo, rappresentato dal compenso da riconoscere al custode. L'estensione della custodia ai frutti: in particolare, ai canoni di locazioneSulla premessa per cui, a norma dell'art. 2912 c.c., il pignoramento si estende agli accessori, alle pertinenze ed ai frutti della cosa pignorata, l'art. 559 specifica che ad essi si propagano tutte le funzioni custodiali, sicché il custode è onerato della conservazione ed amministrazione non solo della cosa principale, ma anche degli accessori, delle pertinenze (in ordine ai quali v. subart. 555 c.p.c.) e dei frutti di questa. A proposito dei frutti, è noto che a mente del comma 3 dell'art. 820 c.c. i frutti civili sono quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia. Tali sono gli interessi dei capitali, i canoni enfiteutici, le rendite vitalizie e ogni altra rendita, il corrispettivo delle locazioni. Essi pertanto costituiscono l'oggetto di diritti di credito in capo al debitore esecutato, e si ritengono anch'essi sottoposti all'ambito di applicazione dell'art. 2912 c.c. In relazione ai canoni di locazione, Cass. n. 1193/1996 ha ritenuto che, dopo il pignoramento, il proprietario-locatore del bene pignorato, il quale non può più continuare a riscuotere il corrispettivo della locazione del bene stesso in virtù del disposto di cui agli artt. 2912 c.c., 65 e 560 c.p.c., è legittimato ad agire per conseguire il credito costituito dai canoni rimasti in tutto o in parte non pagati fino alla data del pignoramento. Infatti, a tali canoni – che, ancorché afferenti al bene, non costituiscono frutti, bensì crediti del locatore pignorato – non può applicarsi il disposto dell'art. 2912 c.c. sull'estensione del pignoramento. Successivamente si è precisato che il proprietario-locatore di un immobile pignorato, che ne sia stato nominato custode (o che tale sia divenuto ex lege con il pignoramento), è legittimato a promuovere le azioni scaturenti dal contratto di locazione avente ad oggetto l'immobile stesso solo nella sua qualità di custode e non in quella di proprietario locatore, essendo il bene a lui sottratto per tutelare le ragioni del terzo creditore; conseguentemente, se nell'atto introduttivo del giudizio il proprietario locatore non abbia speso la suddetta qualità, la domanda va dichiarata inammissibile (Cass. n. 13587/2011). La giurisprudenza ha altresì affrontato e risolto, positivamente, il tema della legittimazione del custode ad agire per la riscossione dei canoni di locazione dovuti in forza di contratto di locazione stipulato dall'esecutato dopo il pignoramento, ma senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, in violazione dell'art. 560, comma 2, c.p.c. In particolare, secondo Cass. n. 8695/2015. (In termini analoghi, con riferimento alla legittimazione del custode all'esercizio delle azioni contrattuali derivanti da contratti di locazione non autorizzati cfr. Cass. n. 13216/2016; Cass. n. 23320/2018), «gli artt. 65, comma 2 («la conservazione e l'amministrazione dei beni pignorati... sono affidati a un custode...»), 559 comma 1 («col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, comprese le pertinenze e i frutti, senza titolo a compenso»), 560, commi 1 e 2 («il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto» della gestione, risultando agli stessi «fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell'esecuzione»), del codice di rito, nonché gli artt. 2912 («il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata») e 820 c.c. (in ragione del quale sono compresi nel pignoramento anche i frutti civili, tra i quali rientra «il corrispettivo delle locazioni») inducono ad escludere che il titolare del bene pignorato possa, pur dopo il pignoramento, continuare a riscuotere, come tale, i canoni della locazione del bene pignorato, indipendentemente dalla circostanza che la locazione sia o meno opponibile alla procedura. In particolare, afferma la sentenza, il potere di amministrazione, conferito al custode dall'art. 65 c.p.c., il divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non con l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione (art. 560 c.p.c.), nonché l'interesse del creditore procedente, che potrebbe essere seriamente compromesso sia dalla locazione del bene pignorato (donde la necessità che la locazione sia autorizzata dal giudice dell'esecuzione) convergono, tutti, nell'attribuire al solo custode la legittimazione sostanziale a richiedere tanto il pagamento dei canoni, quanto ogni altra azione che scaturisce dai poteri di amministrazione e gestione del bene». Affermata la legittimazione esclusiva del custode ad agire per il pagamento dei canoni di locazione, e chiarito che con il pignoramento viene meno il diritto del debitore – conduttore a percepire i canoni di locazione maturati dopo il medesimo, occorre chiedersi se, a fronte della domanda di pagamento formulata dal custode nominato dal giudice, il conduttore possa eccepire di aver pagato in buona fede al locatore. La questione è stata affrontata da Cass. n. 29491/2019, chiamata a pronunciarsi sulla domanda risarcitoria per occupazione sine titulo avanzata dal custode giudiziario nei confronti della conduttrice di un immobile pignorato in forza di contratto di locazione stipulato dopo la trascrizione del pignoramento. La pronuncia dopo aver affermato che la legge non prevede una forma di conoscenza legale o presuntiva della sussistenza del pignoramento e di verifica preliminare della opponibilità del contratto rispetto ai creditori, ha ritenuto che il conduttore anche dopo la trascrizione può considerarsi in buona fede, ed il pagamento effettuato al locatore è liberatorio ai sensi dell'art. 1189 c.c., con conseguente possibilità, per il custode, di agire: nei confronti del locatore apparente per la restituzione dei canoni ex art. 2933 c.c.; nei confronti del conduttore, per la condanna al pagamento della differenza fra indennità di occupazione e canone di locazione corrisposto in buona fede. Negli stessi termini, in precedenza, si era espressa Cass. n. 17044/2017, dove si era affermato che una situazione di oggettiva apparenza di legittimazione (che nel caso di specie era determinata dal fatto che il debitore, pur dopo il pignoramento, era rimasto nella disponibilità dell'immobile) dispensa il conduttore da una verifica in tal senso, poiché occorre contenere l'accertamento della legittimazione del ricevente entro i limiti della normale diligenza, giacché far ricadere sul debitore il rischio di un adempimento soggettivamente inesatto, pur quando egli abbia normalmente controllato l'identità e il titolo della legittimazione del ricorrente, avrebbe il significato di imporre al debitore 11 l'onere di un controllo massimo, estraneo alla pratica degli affari. Va precisato, infine, che non tutti i canoni di locazione si intendono automaticamente ricompresi nel pignoramento che abbia ad oggetto l'immobile che li produce; non lo sono, ad esempio, i canoni provenienti dalle locazioni stipulate dall'usufruttuario a norma dell'art. 999 c.c. Invero, se per far valere la garanzia patrimoniale generica di cui all'art. 2740 c.c. il creditore può sottoporre i beni di questi a pignoramento (art. 2910, comma 1 c.c.), il quale si estende, per effetto della previsione di cui all'art. 2912 c.c., agli accessori, alle pertinenze ed ai frutti della cosa pignorata, (tra i quali, come detto, rientrano senza dubbio i canoni di locazione, per espressa previsione dell'art. 820, ultimo comma, c.c.) per comprendere la portata di questa estensione occorre una lettura sistematica dell'art. 2912 c.c. e dell'art. 821, il quale a proposito dell'acquisto dei frutti, precisa che (solo) i frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce (comma 1), mentre riguardo ai frutti civili si prevede genericamente che essi si acquistano giorno per giorno (comma 3). La ratio di questo distinguo si rinviene nella distinzione, operata dal precedente art. 820, tra frutti naturali e frutti civili. Infatti, mentre i primi sono quelli provenienti direttamente dalla cosa, i secondi rappresentano il «corrispettivo del godimento che altri ne abbia», sicché il loro titolare va individuato nel soggetto attivo del rapporto sinallagmatico in forza del quale essi sono dovuti, con la conseguenza che su di essi cade il vincolo pignoratizio di cui all'art. 2912 a condizione che appartengano al proprietario della cosa principale, così rientrando nella garanzia patrimoniale generica di cui si è detto. I precipitati del dato normativo così ricostruito consentono allora di affermare che il pignoramento si estende ai canoni di locazione a condizione che il proprietario della cosa pignorata sia anche il locatore, e quindi titolare dei frutti civili così prodotti. L'importanza dei canoni di locazione quale corrispettivo del godimento dell'immobile e dunque quale espressione della capacità reddituale del cespite spiega perché il legislatore abbia inteso disciplinare espressamente il regime di opponibilità dei pagamenti anticipati. Ed infatti, il pagamento anticipato dei canoni o la loro cessione costituisce un elemento che incide fortemente sulla appetibilità del bene sul mercato, atteso che, in ipotesi di contratto di locazione opponibile, priva il futuro aggiudicatario della disponibilità dello stesso per tutta la durata del contratto, senza consentirgli di percepire il corrispettivo del canone. Di questa situazione il codice civile si occupa negli artt. 1605,2812,2918,2924 c.c. (il primo dei quali è dedicato alla opponibilità delle cessioni di canoni o dei pagamenti anticipati all'acquirente, in caso di vendita dell'immobile). Tali disposizioni regolano, genericamente, la «liberazione» così ricomprendendo tutte le ipotesi di estinzione del debito relativo ai canoni per effetto di atto volontario del conduttore. I pagamenti anticipati disciplinati da queste norme nei loro rapporti con il pignoramento (e prim'ancora con l'ipoteca) non sono così solo quelli «giuridici» (cioè i pagamenti eseguiti prima della scadenza pattuita) ma anche quelli «economici», vale a dire eseguiti prima del correlativo godimento in forza della previsione contrattuale (si pensi, ad esempio, ad un contratto di locazione in cui sia previsto che tutto il canone relativo all'intera durata del contratto sia versato dal conduttore al momento della stipula). Venendo alla regolazione del regime di opponibilità, il tessuto normativo di riferimento consente di ricostruirlo nei termini che seguono. I pagamenti anticipati che coprono un periodo non eccedente i tre anni sono opponibili, ma nei limiti di un anno, se hanno data certa anteriore al pignoramento. I pagamenti anticipati che coprono un periodo eccedente il triennio sono opponibili alla procedura se sono trascritti prima della trascrizione del pignoramento o dell'ipoteca, mentre se non sono trascritti saranno opponibili, nei limiti di un anno, solo se hanno data certa anteriore al pignoramento. Lo stesso vale per i pagamenti di durata non eccedente i tre anni che hanno data certa successiva all'ipoteca ma precedente al pignoramento. Infine, i pagamenti trascritti dopo l'iscrizione ipotecaria sono opponibili nei limiti di un anno. Alle regole sopra indicate fanno eccezione i pagamenti eseguiti conformemente agli usi locali (si pensi al pagamento anticipato del mese o del bimestre intero, o dell'intera annata agraria secondo gli usi invalsi negli affitti di fondo rustico), i quali sono opponibili se anteriori al pignoramento indipendentemente dalla data certa. Con riferimento alla trascrizione del pagamento, occorre infine osservare che non è sufficiente fare riferimento ad esso all'interno del contratto di locazione, occorrendo la trascrizione di un autonomo atto (che per essere trascritto dovrà necessariamente rivestire la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata); ciò in ossequio all'ormai consolidato orientamento della giurisprudenza, secondo il quale per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo, che insieme con la nota, viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari (Cass. n. 18892/2009). Il compensoMentre il custode costituito ex lege con la notifica del pignoramento non ha diritto ad alcun compenso ai sensi dell'art. 559, comma 1, c.p.c., il custode di nomina giudiziale ha diritto, oltre al rimborso delle spese vive, anche al compenso per l'attività svolta. Le spese ed il compenso dovuti al custode, in quanto spese di giustizia, trovano collocazione in sede di riparto con il privilegio di cui agli artt. 2755,2770,2777 c.c. La liquidazione del compenso spettante al custode è effettuata dal giudice dell'esecuzione con decreto motivato e provvisoriamente esecutivo ai sensi dell'art. 65, comma 2, c.p.c. e dell'art. 168,d.P.R. n. 115/2002. Esso ha natura giurisdizionale e non amministrativa e, pertanto, può essere impugnato ex art. 170 del d.P.R. n. 115/2002, ma non revocato d'ufficio dall'autorità giudiziaria che lo abbia emesso, in quanto questa, salvo i casi espressamente previsti, ha definitivamente consumato il proprio potere decisionale e non ha un generale potere di autotutela, tipico dell'azione amministrativa (Cass. n. 20640/2017). Detta impugnazione deve essere proposta entro il termine per impugnare previsto dall'art. 702-quater c.p.c. per il procedimento sommario di cognizione, le cui disposizioni regolano il giudizio di opposizione; ne deriva che detto termine è pari a trenta giorni, decorrenti dalla comunicazione o notificazione del provvedimento (Cass. n. 4423/2017). Il compenso deve essere determinato in applicazione dei parametri di cui agli artt. 2 e 3 d.m. n. 80/2009, emanato ai sensi dell'art. 21 della l. n. 52/2006. Essi quantificano i compensi spettanti al custode dei beni immobili nelle esecuzioni immobiliari con puntuale specificazione di tutte le attività del custode e con indicazione di quelle comprese nel compenso base e di quelle per cui sono previste voci integrative (ulteriori criteri sono previsti per le esecuzioni mobiliari) disponendo che essi siano determinati complessivamente in percentuale rispetto al prezzo di aggiudicazione ovvero al valore di stima, con un meccanismo di percentuali decrescenti per scaglioni progressivi, specificandosi al comma 1 dell'art. 2 che è comunque dovuto un compenso non inferiore ad Euro 250,00. Il meccanismo non è del tutto rigido, essendo riconosciuta al giudice dell'esecuzione la discrezionalità di ridurre il compenso sino alla metà quando l'immobile è libero o in altri casi di ridotta complessità dell'incarico o di aumentarlo sino al 20% nei casi di eccezionali difficoltà nello svolgimento dell'incarico. In aggiunta al compenso unitario l'art. 3 d.m. n. 80/2009 prevede poi specifiche voci di compenso per lo svolgimento di determinate attività meramente eventuali: a) per la riscossione di canoni di locazione e per il rinnovo nonché per la disdetta e la stipula di contratti di godimento (compenso pari ad una percentuale compresa tra il 3 ed il 4% sull'ammontare delle somme incassate); b) per la convalida della licenza o dello sfratto per finita locazione o per morosità e per la promozione di ogni altra azione (anche esecutiva) necessaria a conseguire la disponibilità del bene, per la partecipazione alle assemblee condominiali, per la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, per la regolarizzazione catastale, urbanistica ed edilizia degli immobili, per la direzione e il controllo delle attività di asporto e trasferimento delle cose mobili appartenenti al debitore o a terzi rinvenute nell'immobile pignorato (è previsto un aumento variabile tra il 5% e il 20% del compenso base). Infine, il comma 6 dell'art. 2 riconosce al custode un rimborso forfettario, in ragione del 10% del compenso liquidato, per le spese generali di organizzazione e studio, nonché per quelle di corrispondenza, viaggi e comunicazioni, anche telefoniche. Il regolamento contempla altresì l'ipotesi di chiusura anticipata o di estinzione della procedura prima della vendita stabilendo che il compenso, determinato avuto riguardo al valore del bene indicato nell'ordinanza di vendita o, in mancanza, nella perizia di stima, sia ridotto in proporzione all'attività effettivamente svolta. 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