No all'esenzione IMU se l'associazione non prova l'esclusiva destinazione degli immobili all'esercizio del culto

25 Settembre 2025

L'ente ricorrente rivendica l'esenzione IMU ex art. 7, comma 1, lett. d) D.Lgs. 504/1992 (immobili destinati esclusivamente all'esercizio del culto), sostenendo che l'intera palazzina sia destinata a tale finalità, ad eccezione dell'abitazione del direttore spirituale. Il Comune, invece, sostiene la mancanza dei presupposti per l'esenzione, evidenziando che gli immobili sono accatastati come uffici (A/10) e che non risulterebbe né la destinazione esclusiva al culto, né la formale intesa tra l'associazione religiosa e lo Stato italiano ai fini del riconoscimento.

Massima

L'accentramento della funzione di riscossione in un unico ente (AdER) non ha comportato il venir meno della rilevanza della nozione di «circoscrizione territoriale» e deve essere riferita all'articolazione degli uffici dell'ente pubblico economico chiamato a gestire la funzione di riscossione, secondo gli ambiti in precedenza definiti per i concessionari della riscossione. Da ciò scaturisce la nullità dell'intimazione che non dia emessa e notificata dall' ufficio provinciale di AdER ove il contribuente ha il domicilio fiscale o la sede. Così si è pronunciata la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 1125 del 28 aprile 2025.

Le norme interpretate

In materia di imposta comunale sugli immobili, l'art. 7, alla lettera d), del d.lgs. 504/1992 ne prevede l'esenzione per i fabbricati (e loro pertinenze) destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione; parallelamente, la lettera i) del medesimo articolo esenta dall'imposta gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi (gli enti pubblici e privati diversi dalle società, i trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale nonché gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato)... destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive

Il caso 

Un ente di culto a finalità religiosa, costituito in forma di associazione riconosciuta con personalità giuridica e senza fine di lucro, possiede diversi immobili sul territorio nazionale destinati a pratica spirituale e culto. L’attività istituzionale svolta nelle proprie sedi esclude, anche per Statuto, lo svolgimento di attività commerciale o non commerciale, anche in forma marginale. Per tali unità immobiliari, al netto delle porzioni destinate ad abitazione del Direttore Spirituale, viene regolarmente presentata al Comune la dichiarazione IMU indicando l’esenzione per attività di culto, così come per le pertinenze usate come uffici strumentali all’esercizio del culto o adibite sempre a tal fine per ospitare l’altare. Il Comune disconosce l’esenzione evidenziando la carenza di uno dei presupposti richiesti dalla legge ovvero la destinazione esclusiva dell’immobile allo svolgimento di una delle attività meritevoli del trattamento di favore. I giudici di primo grado rigettavano il ricorso ritenendo che l’Associazione con finalità di culto non avesse provato la sussistenza delle condizioni che legittimassero l’esenzione riservata ai “fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto”, non essendo sufficiente la sola destinazione degli immobili al perseguimento del fine spirituale dell’ente. 

La norma, precisava il primo Giudice, ne prevede la spettanza, compatibilmente alle disposizioni di cui agli art. 8 e 19 della Costituzione, le quali vanno comprovate e/o affermate non certo su base volontaria privatistica, per qualsiasi immobile adibito all’esercizio della confessione religiosa praticata, ma vanno regolamentate per la loro realizzazione, sulla base di specifiche Intese stipulate tra lo Stato e relative rappresentanze delle confessioni religiose non cattoliche, come espressamente previsto nell'art. 8 Cost. che tutela l’aspetto istituzionale della libertà religiosa.

Secondo i giudici di primo grado, sebbene per tipologia dell’attività svolta, la ricorrente avesse dichiarato gli immobili destinati alle attività di fede e di culto nell’esercizio di eguale libertà religiosa, il godimento e la tutela istituzionale di detta libertà - che è garantita anche alle confessioni religiose senza Intesa dall’art. 19 della Costituzione, con riguardo alla professione di fede ed all’esercizio del culto in privato o in pubblico - non connotava automaticamente l'Associazione quale Ente ecclesiastico o Ente Morale, ai sensi e per gli effetti della legge n. 1159/29 e del c.d. “Concordato”, cui ricondurre il regime di esenzione dall’imposta per i fabbricati destinati all’esercizio del culto. In sostanza, l’Associazione non aveva provato il dichiarato status giuridico di Ente di Culto che la stessa aveva dedotto con equiparazione agli Enti ecclesiasti.

La questione

La controversia concerne la legittimità dell'avviso di accertamento IMU 2020 notificato a un ente di culto, relativamente ad alcuni immobili situati a Milano, per omesso/parziale versamento dell'imposta.

La questione centrale esaminata dalla Corte è definire quali sono i presupposti per l'applicabilità dell'esenzione IMU agli immobili di enti religiosi, in particolare se l'esenzione possa essere riconosciuta in assenza di classificazione catastale E/7 e senza la formale intesa con lo Stato, e in che misura la prova della destinazione esclusiva al culto debba essere rigorosa e puntuale.

La soluzione giuridica

Dirimente l'onere della prova

Nel decidere di convalidare l'operato del Comune, i giudici d'appello hanno preliminarmente ritenuto di dover precisare che gli immobili in questione non erano classificati al catasto alla categoria E/7 (cioè fabbricati destinati all'esercizio del culto anche se di proprietà di privati) e che la confessione religiosa non risultava aver formalizzato intese specifiche con lo Stato italiano ai fini del relativo riconoscimento. Sebbene questi due elementi non fossero di per sé ostativi all'accesso all'esenzione invocata (vds Cass. Ord. 21184/2024 e Corte Cost. n. 346/2002), dal punto di vista della distribuzione dell'onere della prova, i giudici hanno affermato che, trattandosi di norma agevolativa, incombe sulla parte privata l'onere di provare, in modo rigoroso e puntuale, la sussistenza dei presupposti e delle condizioni che legittimano l'esenzione. In tal senso, hanno affermato a chiare lettere gli interpreti, «non è sufficiente il perseguimento di fini spirituali come oggetto dello Statuto dell'Associazione, né basta l'intenzione privata in tale direzione, ma occorre il concreto ed esclusivo svolgimento di atti di finalità di culto».

Osservazioni

Secondo la Corte territoriale lombarda, i documenti prodotti dalla ricorrente non provavano lo status giuridico di Ente di Culto né l'esclusiva destinazione degli immobili all'esercizio del culto, ma solo che si era di fronte ad una associazione riconosciuta con personalità giuridica senza fine di lucro (dallo Statuto, peraltro, non si evinceva neppure che tutti gli immobili in questione fossero destinati ad esercizio di culto).

Da ultimo e ai fini della verifica dei presupposti per accedere alla esenzione IMU per attività qualificabili come “no profit”, i giudici hanno rilevato come il DM 19.11.2012 n. 2000 abbia previsto che, per poter affermare che si tratti di attività svolte con modalità non commerciali, occorrono tre requisiti di ordine generale:

  • divieto di distribuire utili o avanzi di gestione a soci, amministratori etc.;
  • obbligo di reinvestire eventuali utili o avanzi di gestione per il perseguimento dello scopo istituzionale;
  • obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di scioglimento, in favore di altro ente che svolga analoga attività istituzionale.

Anche sotto tale profilo, dalla lettura dello Statuto, emergeva l'assenza del terzo presupposto.

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