RSA: la loro soggettività giuridica non implica un autonomo diritto alla informazione e consultazione
26 Settembre 2025
Massima Non costituisce condotta antisindacale l’omessa convocazione della RSA per una consultazione sindacale laddove non faccia parte di una sigla sindacale firmataria del contratto collettivo aziendale di lavoro applicato nell’unità produttiva e comunque la comunicazione sia stata data all’organismo di coordinamento delle RSA della stessa sigla sindacale. Il caso La parte ricorrente, RSA, non firmataria del CCNAL sottoscritto nell’unità produttiva, adiva il Tribunale azionando la tutela prevista dall’art. 28 Stat. Lav. contro la condotta antisindacale della compagnia convenuta. Nello specifico, la Rsa richiedeva accertarsi che il rifiuto espresso con e-mail dalla compagnia di convocarla direttamente in occasione di incontri aziendali e\o per informativa e consultazione della stessa integrasse, per l’appunto, condotta antisindacale, della quale richiedeva la cessazione. La compagnia resistente si rifiutava, rispondendo che le comunicazioni sarebbero state indirizzate ai coordinamenti RSAdella stessa sigla sindacale. Mentre, nel caso concreto, la r.s.a. ricorrente obiettava di non aver conferito delega al coordinatore RSA e aveva chiesto di essere convocata direttamente. Infatti, la RSA ricorrente sosteneva come il coordinamento delle RSA e la figura del coordinatore fossero modalità organizzative non statutarie e pertanto non legittimate ad operare senza il consenso della RSA. Il Tribunale di Lecce, non ravvisando alcuna condotta antisindacale, rigettava il ricorso ex art. 28 Stat. Lav. avanzato dalla RSA, sulla base del fatto che quest’ultima, pur essendo dotata di soggettività giuridica, non è titolare di un autonomo diritto ad essere informata. Per la novità della questione, il Giudice compensava le spese. La questione La mancata convocazione della Rsa per una consultazione sindacale costituisce una condotta antisindacale quando non faccia parte di una sigla sindacale firmataria del contratto collettivo aziendale di lavoro applicato nell'unità produttiva e la comunicazione sia stata data all'organismo di coordinamento delle Rsa della stessa sigla sindacale? Le soluzioni giuridiche La rappresentanza sindacale aziendale è un'organizzazione elementare, espressione della democrazia sindacale e dell'iniziativa associativa nei luoghi di lavoro, secondo un sistema che configura un pluralismo di soggetti rappresentativi dell'interesse collettivo. L'art. 19 della Legge 300 del 1970 stabilisce che: “Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito: delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva. Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento”. Dunque, il dettato normativo non offre una definizione tassativa di RSA, e nemmeno impone una sua struttura organizzativa rigida. Piuttosto delinea una categoria flessibile e ampia, capace di ricomprendere le più svariate organizzazioni di lavoratori, purché dotate dei requisiti minimi previsti dalla norma per poter accedere alle tutele e alle prerogative dello Statuto. Le RSA sono costituite per iniziativa dei lavoratori dell'azienda diventando titolari ex lege, sulla base della contrattazione collettiva, di specifici diritti e poteri che sono concepiti come propri di esse. Tali sono elencati rispettivamente agli artt. 20,21,22,25,27 e 9 dello Statuto dei lavoratori di cui alla legge n. 300/1970 e sono: il potere di convocazione dell'assemblea dei lavoratori, il potere congiunto di tutte le RSA di indizione dei referendum, il potere di nulla osta, il diritto di affissione, il diritto di disponibilità e di fruizione di locali aziendali per le loro attività, il diritto di controllare l'applicazione in azienda delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere l'adozione di misure idonee a tutelare la salute dei lavoratori. La titolarità di detti poteri conferisce alle RSA la capacità di agire e resistere in giudizio, come pacificamente stabilito da diverse pronunce della Suprema Corte con cui è stata più volte riconosciuta una legittimazione propria e specifica delle RSA, a titolo esemplificativo, a richiedere le misure di controllo e di promozione a tutela del diritto della salute di cui all'art. 9 della legge n. 300 del 1970, a pretendere dal datore di lavoro il rispetto dell'affissione effettuata, a tutelare diritti assegnati dalla contrattazione collettiva (Cass. sent. 9 ottobre 1997 n. 9808; Cass sent. 13 settembre 1982 n. 4874; Cass. sent. 3 ottobre 1988 n. 5320, Cass. sent. 27 maggio 1982 n. 3263; Cass. 16 giugno 1979 n. 3403). Ed infatti, la sentenza in commento ha definito le RSA quali titolari di una “propria soggettività giuridica (rispetto alla quale appare appropriato il riferimento alle norme in materia di associazioni non riconosciute)”. Tale autonomia le distingue e in un certo senso le separa dalle associazioni sindacali. Tra le due non intercorre alcun rapporto di immedesimazione organica, quanto piuttosto una relazione caratterizzata da una convergenza parziale di interessi collettivi e obiettivi di tutela. Del resto, l'art. 19 Stat. Lav. parla di rappresentanze costituite "nell'ambito" delle associazioni sindacali, ove l'espressione "nell'ambito" è volutamente elastica, proprio per adattarsi alla varietà di rapporti possibili tra sindacati e rappresentanze aziendali. A riprova di ciò, giova rilevare come le RSA sorgono per iniziativa diretta dei lavoratori dell'azienda, non per decisione delle organizzazioni sindacali; se fossero veri e propri organi sindacali dovrebbero invece essere costituite dai sindacati stessi, secondo una logica di derivazione gerarchica che invece non si ravvisa. A ciò si aggiunga che le rappresentanze sono spesso "unitarie", cioè rappresentano tutti i lavoratori dell'azienda, indipendentemente dalla loro appartenenza sindacale specifica. Ciò contrasta con la possibilità di considerarle organi di un singolo sindacato, poiché così rappresenterebbero solo una parte dei lavoratori. In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 5057 del 1981, constatando che il sistema delineato dall'articolo 19 riflette una scelta legislativa razionale e consapevole, volta a evitare che singoli individui o piccoli gruppi isolati di lavoratori possano pretendere di svolgere funzioni sindacali senza avere i requisiti necessari per un'effettiva rappresentanza aziendale, con potenziale pregiudizio per l'operatività dell'impresa e per gli interessi collettivi degli stessi lavoratori. Tale chiave di lettura dell'art. 19 Stat. Lav. garantisce un equilibrio tra la libertà di organizzazione sindacale dei lavoratori e l'esigenza di assicurare che le rappresentanze aziendali abbiano una reale base rappresentativa e operino in modo coordinato con le organizzazioni sindacali più ampie, pur mantenendo una propria identità e autonomia funzionale nel contesto aziendale specifico. Di seguito si riporta il passaggio emblematico della nota sentenza succitata: “Il diritto dei lavoratori di promuovere la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali, previsto dall'art. 19 l. 20 maggio 1970, n. 300, si pone come una specie rispetto al diritto garantito ai lavoratori medesimi dal precedente art. 14 di “costituire associazioni sindacali... all'interno dei luoghi di lavoro”, avendo ad oggetto la creazione di organismi non necessariamente identificantisi con quelle associazioni, ma da esse distinti per il carattere esclusivo della particolare tutela assicurata ai loro dirigenti e dei poteri loro conferiti (art. 20 a 22 e 24 a 27 l. n. 300 del 1970), ed è limitato dal diritto riconosciuto dall'art. 19 cit. ai sindacati, i quali, alla stregua di detta norma, possono impedire la formazione di rappresentanze aziendali, rifiutando di recepirle nel proprio seno, senza che siffatta limitazione presenti profili di incostituzionalità, poiché, trattasi di una scelta razionale e consapevole del legislatore volta ad evitare l'esercizio delle funzioni degli organismi sindacali da parte di singoli individui o di piccoli gruppi isolati di lavoratori, privi dei requisiti necessari ai fini di un'effettiva rappresentanza aziendale, con pregiudizio per l'operosità aziendale e dell'imprenditore e per gli interessi collettivi degli stessi lavoratori”. I suddetti principi sono stati utilizzati da Cass. civ., sez. lavoro, 29 dicembre 1999 n. 14686, pure citata dalla sentenza in commento, la quale, proprio in virtù dell'autonomia giuridica delle RSA rispetto alle associazioni sindacali, è giunta alla conclusione per cui il sindacato, a cui pur la rappresentanza sindacale sia collegata ("nell'ambito" del quale, secondo la dizione dell'art. 19, essa sia stata costituita), non possa considerarsi titolare passivo del diritto fatto valere dal datore di lavoro che lamenti un illegittimo esercizio, da parte della rappresentanza sindacale, del diritto di affissione e conseguentemente chieda la rimozione del documento contestato dalla bacheca sindacale. Ora, il problema analizzato dalla suddetta sentenza appare ancor più specifico, poichè l'RSA si lamentava del fatto che la comunicazione dell'incontro all'organo di coordinamento delle RSA e non alla singola RSA aziendale costituisse condotta antisindacale. L'art. 19 comma secondo dello Statuto, si limita, infatti, ad affermare che “quando nella stessa azienda risultino costituite più RSA della medesima organizzazione sindacale, le stesse possono istituire un proprio organo di coordinamento”, non vi è, invece, disciplina circa i rapporti fra singole RSA e organismo di coordinamento, non essendo dato sapere se le comunicazioni del datore di lavoro all'organismo di coordinamento lo esonerino dal procedere agli oneri comunicativi all'RSA della singola unità produttiva.
Nella sentenza in commento, la RSA ricorrente sosteneva che l'art. 4 del d.lgs. n. 25/2007 sarebbe fonte normativa attributiva di un autonomo diritto della stessa ad essere consultata ed informata direttamente. Tuttavia, il Tribunale di Lecce respingeva detta tesi, rilevando la natura programmatica del decreto tramite il rinvio alla normativa contrattuale. Nello specifico, così si legge nella sentenza in commento: “un autonomo diritto alla informazione che non trova riscontro né nell'art.19 dello Statuto (dettato in punto di costituzione diRSA e di organi di coordinamento) né nel d.lgs 25/2007 (stante la natura programmatica con rinvio alla normativa contrattuale) né nel Ccnal pacificamente non sottoscritto da Fisac Cgil ed applicato dalla resistente”. Con il d.lgs. 25/2007 il Governo ha dato attuazione alla direttiva 2002/14/CE con cui è stato delineato un sistema generale attinente all'informazione e alla consultazione dei lavoratori, con il prefissato scopo di agevolare il dialogo tra le parti sociali sul territorio dell'Unione. Nel dettaglio, l'art. 4 stabilisce le modalità concrete attraverso cui si realizzano i diritti di informazione e consultazione dei lavoratori, configurando un modello di disciplina che privilegia l'adattamento alle specificità dei diversi contesti produttivi. Il legislatore ha infatti scelto di rinviare alla contrattazione collettiva per la definizione puntuale delle modalità attuative, ossia: le sedi fisiche o virtuali dove si svolgeranno le attività di informazione e consultazione, i tempi e la cadenza degli incontri, i soggetti legittimati a partecipare tanto dal lato datoriale quanto da quello dei rappresentanti dei lavoratori, le modalità procedurali attraverso cui si articoleranno gli scambi informativi e i processi consultivi, nonché i contenuti specifici che dovranno essere oggetto di comunicazione e discussione. Nel caso in commento, il Tribunale di Lecce ha rilevato non solo la natura programmatica della norma in questione, ma che Fisac CGIL non fosse parte stipulante del contratto collettivo di lavoro stipulato in azienda e che pertanto non si potessero applicare nei suoi confronti le disposizioni in esso contenute. Sul punto occorre fare un cenno a quanto segue.
Come è noto, a seguito del referendum del 1995, il d.P.R. n. 312/1995 ha parzialmente abrogato il primo comma dell'art. 19, che ora così recita: "Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito: b) delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva.". Dal testo originario è quindi stato eliminato ogni riferimento alla maggiore rappresentatività delle Confederazioni. È stato altresì rimosso il riferimento al carattere nazionale o provinciale della contrattazione collettiva sottoscritta dalle associazioni sindacali. Alla luce della normativa attualmente in vigore, frutto degli esiti della consultazione referendaria, le RSA possono essere costituite nell'ambito di qualunque organizzazione sindacale, purché firmataria di un contratto collettivo applicato nell'unità produttiva, di qualunque livello, anche aziendale. Se è pacifico che sia di rilievo la stipula da parte delle OO SS di un contratto collettivo aziendale di contenuto normativo, non vi è, invece, accordo in merito alla rilevanza ai fini della costituzione della RSA di un sindacato che risulti parte di un contratto collettivo cd gestionale, ossia una convenzione sottoscritta per far fronte a questioni organizzative dell'azienda. , ad esempio ad un accordo nell'ambito di un licenziamento collettivo riguardante i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, la mobilità, le procedure di cassa integrazione guadagni o i contratti di solidarietà. Sul punto Cass. civ., sez. lavoro, sent., 21 ottobre 2015, n. 21430 e Cass. civ., sez. lavoro, sent., 11 luglio 2008, n. 19275 opinano in senso negativo, mentre Cass. civ., sez. lav., sent., 11 gennaio 2008, n. 520 e Cass. civ., sez. lav., sent., 24 settembre 2004, n. 19271 affermano che “la sottoscrizione di tali contratti assume una notevole importanza economica e vincolante per il datore di lavoro e costituisce quindi espressione di quella capacità negoziale delle organizzazioni sindacali firmatarie che è il presupposto per il riconoscimento del loro diritto a costituire rappresentanze sindacali aziendali”. L'intervento abrogativo del d.P.R. n. 312 del 1995 ha ampliato la platea delle organizzazioni sindacali beneficiarie della tutela rafforzata, garantendo l'accesso alle misure di sostegno anche a sigle sindacali prive di rappresentatività territoriale. L'accoglimento del quesito referendario "minimale" ha determinato "l'abbassamento al livello aziendale della soglia minima di verifica della rappresentatività effettiva prevista dalla lettera b)" (cfr. Corte costituzionale n. 1/2021). Attualmente anche i sindacati aziendali privi di collegamenti esterni possono beneficiare dei privilegi concessi dal titolo III dello St. Lav., ove abbiano sottoscritto l'accordo aziendale o abbiano partecipato alle relative trattative. La Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 231/2013, dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'art. 19, comma 1, lett. b) dello Statuto “… nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita nell'ambito delle associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori in azienda”. Quindi, secondo il Giudice delle Leggi, ai fini della selezione dei soggetti abilitati a costituire una RSA, non conta il mero dato formale della sottoscrizione del contratto collettivo, quanto piuttosto la “seria partecipazione alle trattative”, giacché l'organizzazione sindacale resta legittimamente libera, all'esito di queste, di non sottoscrivere l'accordo. La Consulta, seppur in obiter dictum, aveva affermato che la condotta del lavoratore che neghi ad un'organizzazione sindacale, ingiustificatamente, l'accesso al tavolo delle trattative, sarebbe qualificabile come antisindacale ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei Lavoratori. Da qui si è riaperto il dibattito circa il diritto dell'organizzazione sindacale di partecipare alle trattative per la sottoscrizione del contratto collettivo, sul punto risultando nella giurisprudenza di merito prevalente quell'orientamento che ritiene legittimo e non antisindacale il rifiuto del datore di lavoro di trattare con una sigla sindacale, salvo ciò non costituisca un contegno ingiustificato e discriminatorio nei confronti della sigla sindacale esclusa (App. Milano 3 febbario 2023 n 70, Trib. Padova ord. 30 dicembre 2021, Trib. Roma 16 novembre 2021 n 9427, App. Milano 7 aprile 2021 n 351). È evidente, allora, il cortocircuito: da una parte il Giudice delle Leggi nel 2013 ha asserito che le Rsa possono essere costituite anche in seno alle organizzazioni sindacali che hanno partecipato alle trattative, pur non essendo poi giunte al sigillo dell'accordo, dall'altro la giurisprudenza di merito ammette di fatto la possibilità di escludere alcune sigle sindacali dalle trattative, in tal modo rendendo evanescente il principio espresso dalla Corte Costituzionale. Alla luce di detto quadro normativo, una recente ordinanza del Tribunale di Modena, la n 220 del 14 ottobre 2024, nell'ambito di un controversia nella quale la sigla sindacale ricorrente, significativamente rappresentativa all'interno della singola unità produttiva, che non aveva partecipato alla trattativa per la stipulazione del contratto collettivo, agiva per chiedere alla convenuta di cessare la condotta antisindacale e la sottoscrizione per adesione degli accordi sindacali e la costituzione della rappresentanza sindacale aziendale, ha sollevato incidente di costituzionalità. Infatti, si è dubitato della legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 1, lettera b), l. n. 300 del 1970 (nel testo risultante dall'intervento additivo operato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 231/2013), per contrasto con gli articoli 3 e 39, Cost., nella parte in cui, introducendo un criterio selettivo che prescinde dalla misurazione della effettiva rappresentatività dell'organizzazione sindacale, prevede che le rappresentanze sindacali aziendali possano essere costituite nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti, negando però tale possibilità alle associazioni sindacali "maggiormente o significativamente rappresentative" all'interno della singola unità produttiva. Orbene, il Tribunale di Modena ha rimesso alla valutazione della Corte l'adozione di una pronuncia additiva al fine di estendere la legittimazione alla costituzione di r.s.a. anche ai sindacati che abbiano acquisito una "significativa o maggioritaria rappresentatività" su base aziendale (criterio immanente nella norma statutaria), ferma restando la facoltà discrezionale della Corte di individuare criteri alternativi e soluzioni idonee ad emendare il criterio di legge e a garantire la piena conformità ai principi costituzionali dell'art. 19, l. n. 300 del 1970 (si veda Armando Tursi, “Requisiti di legittimazione per costituire la rappresentanza sindacale in azienda. Una storia infinita!” in Lavoro e Previdenza). Il tema si intreccia con quello affrontato nella sentenza in commento. Nonostante la scarna motivazione, sembra che il Tribunale di Lecce abbia attribuito rilevanza, al fine di negare la sussistenza del comportamento antisindacale, al fatto che la RSA non avesse sottoscritto il CCNAL applicato e che ciò fosse strettamente collegato al rifiuto opposto alla r.s.a di essere direttamente consultata e/o informata, senza approfondire se tale sigla avesse partecipato alle trattative o avesse una rappresentativa maggioritaria all'interno dell'unità produttiva. Osservazioni All'esito della disamina occorre evidenziare come lo scarno carattere della motivazione del provvedimento annotato non permetta di comprendere alcuni dati di rilievo. In primo luogo, nella sentenza annotata paiono confusi i due piani, quello della costituzione della Rsa e quello dei diritti di informazione che scaturiscono dalla costituzione della Rsa. Infatti, l'art. 19 dello Statuto attribuisce il potere di costituire le RSA in seno alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato nell'unità produttiva o che abbiano partecipato seriamente alle trattative per stipula del medesimo, nel caso in oggetto non si comprende allora in che modo possa essere stata costituita una RSA se non risulta firmataria del CCAL applicato nell'unità produttiva, non essendo dato sapere se la sua costituzione trovava fondamento nella partecipazione della stessa alle trattative per la stipula del contratto poi abbandonate. Solo un inciso nella parte iniziale del decreto farebbe intuire che la RSA “benchè non firmataria del CCNAL sottoscritto da parte convenuta, sia (rectius stata) convocata alle trattative con l'azienda resistente” e quindi abbia partecipato alle trattative per stipula del medesimo. Ora, è evidente che se una RSA è legittimamente costituita, come pare nel caso oggetto di disamina, allora non è possibile escludere la condotta antisindacale conseguente all'omesso coinvolgimento al tavolo delle trattative, fondandola sulla mancata stipulazione di tale RSA del contratto collettivo applicato dal datore di lavoro. Infatti, delle due l'una: o l'RSA non può essere costituita perché non firmataria del contratto collettivo applicato in azienda oppure l'RSA è validamente costituita e quindi non è possibile mettere successivamente in dubbio la sua legittimazione. Ad ogni modo, evidenziata tale distonia, si pone l'ulteriore questione, ossia del carattere antisindacale della condotta datoriale, che omette di convocare la Rsa, laddove la comunicazione sia stata data all'organismo di coordinamento delle Rsa della stessa sigla sindacale. Nell'ordinanza sarebbe stato auspicabile un approfondimento, posto che l'art. 19 comma 2 della Legge 300 del 1970 stabilisce che: “Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento”. Questi organi di coordinamento hanno lo scopo di garantire una maggiore efficacia nell'azione sindacale, permettendo di affrontare questioni che riguardano l'intera azienda o il gruppo, e di coordinare le iniziative e le strategie sindacali. A parere di chi scrive di certo la costituzione di un organo di coordinamento è uno strumento in più per fornire una direzione comune in sede di trattativa rispetto ad una visione atomistica delle singole Rsa di ogni unità produttiva, tuttavia, non può fondare la scelta di bypassare le prerogative della singola Rsa, come pare opinare, invece, il Tribunale di Lecce in modo forse un po' troppo sbrigativo. A margine della vicenda rimangono ancora da sciogliere tutti i nodi della tortuosa questione delle organizzazioni sindacali legittimate a costituire Rsa e della loro rappresentatività, risultando di fatto vanificati dalla giurisprudenza di merito i principi espressi da Corte Costituzionale n. 231/2013. Infatti, se da una parte è pacifico che le Rsa possono essere costituite anche in seno alle organizzazioni sindacali che hanno partecipato alle trattative, dall'altro è prevalente la tesi pretoria che ritiene legittima l'esclusione di una o più sigle sindacali dalle trattative ed a prescindere dalla loro rappresentatività. Sullo sfondo la perdurante non attuazione della misurazione della rappresentatività sindacale risulta lo scoglio più arduo per giungere, de iure condendo, ad una disciplina condivisa che permetta alle sigle sindacali di poter rivendicare il diritto alla partecipazione. Riferimenti Armando Tursi, Requisiti di legittimazione per costituire la rappresentanza sindacale in azienda. Una storia infinita!, in Lavoro e Previdenza. |