Impugnazione dell’estratto di ruolo e interesse ad agire nei casi di notificazione invalida della cartella di pagamento
30 Settembre 2025
Massima In tema di riscossione coattiva delle entrate pubbliche (anche extratributarie) mediante ruolo, l'art. 12, comma 4-bis, d.p.r. n. 602/1973 (introdotto dall'art. 3-bis d.l. n. 146/2021, come convertito dalla legge n. 215/2021) trova applicazione nei processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le q.l.c. della predetta norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113 e 117 Cost., quest'ultimo con riguardo all'art. 6 CEDU e all'art. 1 del protocollo addizionale n. 1 della Convenzione. Il caso A.A. propone ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi, nei confronti dell'Agenzia delle Entrate – Riscossione contro una sentenza della Commissione Tributaria. Con quest'ultima la CTR ha rigettato l'appello del contribuente contro l'estratto di ruolo e le cartelle di pagamento. Il ricorrente affermava che queste ultime erano state irregolarmente notificate e che aveva appreso della loro esistenza a seguito della documentazione acquisita presso l'Agente della Riscossione in data successiva. La CTR con la sentenza impugnata riteneva che l'estratto di ruolo non fosse atto autonomamente impugnabile e che, in ogni caso, l'Agente della Riscossione aveva dato prova della corretta notifica delle cartelle, considerando assorbiti tutti gli altri motivi. La questione In sostanza il ricorrente denunciava, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, comma 1 e 62, comma 1, d.lgs. n. 546/1992 e degli artt. 115 e 374 c.p.c., oltreché dei principi affermati da Cass., sez. un., n. 19704/2015. Affermava, in particolare, la violazione dell'art. 374 c.p.c. perché l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite rispetto alla questione di diritto ha valenza generale e che il ricorrente non deve dimostrare l'interesse ad impugnare ma semplicemente che la cartella non è stata ritualmente notificata; che, nel caso di specie, le cartelle, impugnate per il tramite dell'estratto di ruolo, non erano state ritualmente notificate e, di conseguenza, essendo l'estratto di ruolo il primo atto utile, esso ricorrente poteva ben agire in giudizio contro questi atti. Le soluzioni giuridiche La Corte rispetto a questo motivo afferma che esso è in parte inammissibile e in parte infondato. È inammissibile laddove il ricorrente, presupponendo che la sentenza della CTR avrebbe ignorato un principio di diritto fissato dalle Sezioni Unite (cioè la sentenza n. 19704/2015), assume la violazione dell'art. 374 c.p.c. che fissa una sorta di principio dello stare decisis dato che non esiste nel nostro ordinamento una norma che imponga tale regola e che, sebbene essa sia un dato immanente nell'ordinamento, il precedente giudiziale, anche se espresso dalle Sezioni Unite, non ha valore di legge e discostarsi da esso non implica un vizio della sentenza. In particolare la sentenza n. 19704/2015 aveva affermato che “Il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale - a causa dell'invalidità della relativa notifica - sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l'ultima parte del comma 3 dell'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l'impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato - impugnabilità prevista da tale norma - non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l'invalidità stessa anche prima, giacché l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”. Le Sezioni Unite nella sentenza n. 19704/2015, appunto prendendo le mosse dalla “indiscutibile recettizietà" dell'atto tributario, in virtù della quale "il ruolo è atto che deve essere notificato e la sua notificazione coincide con la notificazione della cartella di pagamento", hanno fondato l'ammissibilità dell'impugnazione sul bisogno di tutela dato dall'interesse a contrastare l'avanzamento della sequenza procedimentale in corso: l'invalidità della notificazione o la sua omissione, hanno affermato, rileva perché, impedendo la conoscenza dell'atto e quindi la relativa impugnazione, produce l'avanzamento del procedimento sino alla conclusione dell'esecuzione. Il bisogno di tutela immediata deriva, quindi, secondo le Sezioni Unite, dalla necessità di evitare che il danno derivante dall'esecuzione divenga irreversibile, se non in termini risarcitori. La sentenza si inscrive però nella ritenuta esistenza di gravi limitazioni al diritto di difesa, nel caso in cui fosse progredita l'azione esecutiva nonostante l'invalidità o anche l'omessa notificazione della cartella o dell'intimazione di pagamento: - da un lato, si escludeva che si potesse adire il giudice tributario per l'impugnazione di un atto esecutivo come il pignoramento, in quanto tale estraneo ai confini della giurisdizione tributaria, come delineati dal d.lgs. n. 546/1992 (Cass., sez. un., n. 21690/2016). - dall'altro, la possibilità di proporre opposizione ex art. 615 c.p.c., inizialmente esclusa dal d.p.r. n. 602/1973, art. 54, nel regime antecedente alla novella di cui al d.lgs. n. 46/1999 (Cass., sez. un., n. 212/1999; Cass., sez. un., n. 2090/2022; Cass., sez. un., n. 25855/2013), è stata poi limitata, nel regime successivo, in base al d.p.r. n. 602/1973 alla deduzione dell'impignorabilità dei beni; laddove non è consentita, quanto alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo, ossia, appunto, alla regolarità del ruolo e alla notificazione della cartella, l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. Tutte queste limitazioni non sono però più attuali (sul punto si rinvia a Cass. n. 26283/2022, in motivazione). Oltretutto, dice la Corte, dopo la sentenza n. 19704/2015 è intervenuta sulla questione controversa il legislatore che, con l'art. 3-bis d.l. n. 146/2021 ha inserito il co. 4-bis, in sede di conversione di cui alla legge n. 215/2021, all'art. 12 d.p.r. n. 602/1973, prevedendo così che non soltanto l'estratto di ruolo non è impugnabile ma anche che “il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione ad una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell'art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 50/2016, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'art. 1, comma 1, lettera a) del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”. Tale disposizione è stata modificata dall'art. 12, comma 1, d.lgs. n. 110/2024 che ha ampliato le ipotesi di immediata giustiziabilità del ruolo. In particolare, la Corte di cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 26283/2022 ha affermato alcuni principi di diritto cui la Corte nella sentenza in commento ritiene di dover dare seguito e, in particolare: - l'art. 3-bis d.l. n. 146/2021, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215/2021, col quale è stato inserito il comma 4-bis, si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest'ultimo con riguardo all'art. 6 CEDU e all'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione. - l'art. 12, comma 4-bis, del d.p.r. n. 602/1973 (introdotto dall'art. 3-bis del d.l. n. 146/2021, come convertito dalla legge n. 215/2021), selezionando specifici casi in cui l'invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l'interesse ad agire, condizione dell'azione avente natura "dinamica" che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione; la citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini (istituto applicabile anche al processo tributario), nel grado di legittimità mediante deposito di documentazione ex art. 372 c.p.c. o fino all'udienza di discussione (prima dell'inizio della relazione) o fino all'adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio. Proprio perché questa tutela riguarda atti invalidamente notificati o non notificati, è ultroneo cercare un termine cui ancorare il dies a quo per impugnare. Osservazioni Tali principi hanno trovato conferma anche nella sentenza della Corte costituzionale n. 190/2023 che ha affermato che “sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado Napoli e dal Giudice di Pace di Napoli, in relazione all'articolo 12, comma 4-bis, d.p.r. n. 602/1973, così come modificato dall'art. 3-bis d.l. n. 146/2021, convertito con modificazione nella legge n. 215/2021, che limita solo a tre fattispecie particolari e predeterminate la diretta impugnabilità della cartella che si assume invalidamente notificata e di cui si sia venuti a conoscenza tramite la consultazione dell'estratto di ruolo. La scelta legislativa, pur muovendo dalla comprensibile intenzione di limitare una grave proliferazione di ricorsi spesso strumentali, ha effettivamente inciso sull'ampiezza della tutela giurisdizionale; ma il rimedio al vulnus riscontrato richiede, almeno in prima battuta, un intervento normativo di sistema, implicante scelte di fondo tra opzioni tutte rientranti nella discrezionalità del legislatore e possibili in più direzioni, ciò che rende inammissibili le questioni di legittimità costituzionale proposte”. Poiché la sentenza della Commissione Tributaria qui impugnata si è attenuta ai principi su ricordati, la Corte nella pronuncia in commento ritiene condivisibilmente il ricorso infondato. |