Rendita vitalizia ed imposta di successione: atti alla Consulta sul calcolo della base imponibile
01 Ottobre 2025
Massima In tema di imposta di successione per la rendita vitalizia, è rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, comma 1, e 53, comma 1, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 d.lgs. n. 346/1990 (nel testo applicabile ratione temporis), nella parte in cui, ai fini del calcolo della base imponibile attraverso il metodo di attualizzazione della rendita, rinvia al prospetto allegato al testo unico del registro di cui al d.P.R. n. 131/1986, come integrato dall'art. 3, comma 164, legge n. 662/1996, in tal modo ancorando la variazione del coefficiente di cui al menzionato prospetto a quella del tasso di interesse legale, determinando così una base imponibile contraria al principio di realtà, avuto riguardo alla reale aspettativa di vita del beneficiario, e produttiva di effetti praticamente confiscatori. Il caso A seguito di successione testamentaria aperta il 22 luglio 2016, l'erede S.C. veniva onerata per legato della rendita vitalizia in favore di G.F., di anni 77, dell'importo di euro 1.500 al mese. A fronte di una rendita annua pari ad euro 18.000, l'ufficio emetteva avviso di liquidazione dell'imposta principale di successione recante l'importo di quasi 200.000,00 euro, calcolato ai sensi dell'art. 17, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 346/1990 (nel testo ratione temporis applicabile) attraverso il metodo di attualizzazione della rendita. In particolare, a fronte di una rendita annua pari a 18.000, la base imponibile veniva determinata in euro 2.700.000 e su di essa veniva applicata l'aliquota dell'8%, calcolata alla stregua del coefficiente di rivalutazione allegato al d.P.R. n. 131/1986 (periodicamente modificato “in ragione della modificazione della misura del saggio legale degli interessi” con decreto ministeriale ai sensi dell'art. 3, comma 164, legge n. 662/1996); coefficiente pari, nella specie, a 150 per l'anno 2016, tenendo conto dell'età della beneficiaria (anni 77) all'epoca del decesso del testatore. L'erede e la legataria impugnavano l'atto impositivo lamentando l'erroneità del calcolo della base imponibile e sollevavano, con riguardo al coefficiente di cui al prospetto allegato al d.P.R. n. 131/1986, in via pregiudiziale, questione di legittimità costituzionale degli artt. 17 d.lgs. n. 346/1990 e 46, comma 2, lett. c), d.P.R. n. 131/1986, concernenti la determinazione della base imponibile della rendita vitalizia, per ritenuta violazione degli artt. 3 e 53 Cost. Obiettavano in particolare, a dimostrazione della eccepita contrarietà al principio di realtà che la base imponibile su cui applicare l'imposta di successione è pari, nella specie, a 120 volte il valore annuo della rendita, il che farebbe presumere che la beneficiaria vivrà, per accumulare una somma pari alla base imponibile presa in riferimento, almeno ulteriori 120 anni dopo l'apertura della successione; anzi, posto che il coefficiente 120 è utilizzato per la fascia d'età 57-60 anni, la vitalizianda dovrebbe vivere 180 anni per percepire interamente la somma tassata. In primo grado, la locale CTP respingeva il ricorso, donde l'appello della contribuente S.C. che veniva parzialmente accolto senza sollevare incidente di costituzionalità. Nel riformare parzialmente la sentenza di prime cure, la CTR disapplicava il decreto MEF 21 dicembre 2015 che individuava, per il relativo anno, nella misura dello 0,2% l'interesse legale da applicarsi per la quantificazione della base imponibile della rendita vitalizia, affermando che il sistema di adeguamento dei coefficienti basati sul saggio legale di interesse riferito all'usufrutto vitalizio, se applicato alla rendita vitalizia, produceva un effetto distorsivo ed esorbitante e, pertanto, ne rideterminava il valore di cui al precedente decreto MEF 23 dicembre 2013. Avverso la sentenza della CTR proponeva ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate e controricorso la contribuente che insisteva – come già richiesto in primo grado e in appello – nel devolvere alla Consulta la questione di legittimità degli artt. 17, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 346/1990, 3, comma 164, legge n. 662/1996, nonché art. 46, comma 2, lett. c), d.P.R. n. 131/1986, oltreché del prospetto allegato a detto testo unico, che viene periodicamente modificato in ragione della modificazione della misura del saggio legale degli interessi. La questione La questione sollevata dalla contribuente – e fatta propria dell'ordinanza in rassegna – attiene, in tema di imposta di successione, alla determinazione della base imponibile per le rendite vitalizie incluse nell'attivo ereditario, da determinarsi moltiplicando l'annualità per il coefficiente applicabile in base all'età del vitaliziando al momento della morte del de cuius. La problematicità è data dal prospetto dei coefficienti allegato al d.P.R. n. 131/1986 che si basa su una formula matematica la quale tiene conto del tasso di interesse che influisce direttamente sul calcolo dell'attualizzazione: in particolare, l'art. 3, comma 164, legge n. 662/1996 stabilisce che il valore del multiplo dell'annualità e il prospetto dei coefficienti, utilizzati per il calcolo del valore della rendita, devono essere aggiornati in base alla variazione del tasso di interesse legale. Poiché il presupposto dell'imposta di successione è rappresentato dall'arricchimento del beneficiario (per tutte, Corte cost. n. 120/2020), la disciplina contestata viene ritenuta in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., in quanto non rispetterebbe il principio di coerenza tra la base imponibile e il presupposto dell'imposta, atteso che la base imponibile dell'imposta dovrebbe essere rappresentata dal valore dei beni e diritti trasferiti al momento della successione, come stabilito dall'art. 8 d.lgs. n. 346/1990 e dovrebbe riflettere l'arricchimento reale del beneficiario. Si evidenzia che l'applicazione dei coefficienti stabiliti nel 1986 – quando l'interesse legale era parti al 5% - non è più coerente con i tassi di interesse attuali, pari al 3%, rendendo irragionevole il calcolo della rendita vitalizia. Difatti, con la diminuzione dei saggi di interesse, la base imponibile delle rendite vitalizie è aumentata in modo ingiustificato ed irrazionale, in quanto non tiene conto della reale aspettativa di vita del beneficiario così violando i richiamati principi costituzionali. Le soluzioni giuridiche Dopo aver ricostruito il quadro normativo in tema di rendita vitalizia (art. 1872 c.c.), civilistico e tributario (art. 17 d.lgs. n. 346/1990, nel testo ratione temporis applicabile), la Suprema corte ricorda che in questo settore impositivo – analogamente a quello relativo all'imposta di registro – il valore della rendita vitalizia è pari all'ammontare calcolato moltiplicando l'annualità per il coefficiente indicato nel prospetto allegato al T.U.R., rapportato all'età della persone dalla cui morte dipende l'estinzione della rendita. Il suddetto prospetto viene modificato con decreti ministeriali annualmente emanati, in ragione della misura del saggio legale degli interessi. Per le rendite costituite, come nella vicenda di specie, anteriormente alla data del 3 ottobre 2024 – data di entrata in vigore del d.lgs. n. 138/2024 che, al fine di evitare distorsioni del meccanismo di determinazione della base imponibile, conseguenti alle oscillazioni del saggio legale di interesse, ha inciso sull'art. 17, comma 1, d.lgs. n. 346/1990, cambiando criterio – il rinvio operato dall'art. 17 cit. al d.P.R. n. 131/1986 (nel testo ratione temporis applicabile) e quello disposto dall'art. 3, comma 164, legge n. 662/1996 esprimono in maniera inequivoca – secondo il giudice a quo – la volontà di “riportare” nel d.lgs. n. 346/1990 le prescrizioni del prospetto di cui al d.P.R. n. 131/1986, stabilendo che il prospetto dei coefficienti, che prende in considerazione anche l'età del vitaliziando, muta in base alle variazioni del tasso legale come individuato nei decreti ministeriali. Il corollario che la Corte rimettente trae dalla natura recettizia del rinvio normativo è l'inoperatività del potere disapplicativo incidentale del decreto ministeriale che stabilisce la misura del tasso legale, non potendo il giudice ‘scegliere', in violazione della previsione dell'art. 3, comma 164, legge n. 662/1996 e del disposto dell'art. 1284 c.c., il tasso di interesse che reputa più “ragionevole” e più equo tra quelli individuati anno per anno dai decreti ministeriali richiamati. Osservazioni Secondo il giudice a quo, il complesso della disciplina – costituito dalla norma richiamante e dal prospetto richiamato unitamente all'art. 3, comma 164, legge n. 662/1996 – “appare palesemente irrazionale, in quanto se il primo elemento attiene alla stima del numero di annualità che, in relazione all'aspettativa di vita di colui alla cui morte la rendita cessa, il beneficiario della rendita avrà verosimilmente diritto ad avere, il secondo criterio di determinazione della rendita al fine di stabilire “il valore attuale” dell'annualità, oscilla ogni anno, così determinando, quando si ha un notevole decremento del tasso di interesse, una base imponibile che risulta spropositata rispetto alla vita media, tanto da condurre a risultati incongrui”, come accaduto nella vicenda di specie. Di qui la ritenuta violazione dei principi:
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