Reato di danno, sentenza di condanna generica del giudice penale e limiti di accertamento del giudice civile

07 Ottobre 2025

La questione in esame è la seguente: quando è pronunciata sentenza di condanna generica al risarcimento pronunziata dal giudice penale, quali sono i limiti di accertamento del giudice civile?

Massima

Nel processo penale, se l'azione penale riguarda un reato di danno, la sentenza di condanna generica al risarcimento pronunziata in detta sede contiene implicitamente l'accertamento del danno-evento (ossia la lesione del bene-interesse protetto dall'ordinamento) e del nesso di causalità materiale tra questo e il fatto reato, ma non anche quello del danno-conseguenza, per il quale è necessaria un'ulteriore indagine, in sede civile, sul nesso di causalità giuridica fra l'evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli.

Il caso

Il giudice penale dichiarava non doversi procedere nei confronti di un medico per estinzione del reato conseguente a prescrizione, condannandolo, comunque, in solido con i responsabili civili al risarcimento del danno, da liquidarsi nei confronti delle parti civili, madre, moglie e figli del defunto

Il giudice civile condannava il medico ed i responsabili civili al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

Era proposto ricorso da parte dei responsabili civili che hanno eccepito come il giudice del gravame abbia ritenuto provato il fatto produttivo dell'evento dannoso esclusivamente sulla base della sentenza penale, mentre la condanna generica al risarcimento del danno, pur sempre oggetto del giudicato in sede penale, avrebbe comunque riservato al giudice civile la verifica del nesso di causalità tra fatto illecito e danno.

La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso sul rilievo che la condanna penale, una volta divenuta definitiva, ha effetti di giudicato sull'azione civile e portata onnicomprensiva, riferendosi ad ogni profilo di pregiudizio scaturito dai fatti accertati in sede penale, ancorché non espressamente individuato nell'atto di costituzione di parte civile o non fatto oggetto di pronunce provvisionali.

La questione

La questione in esame è la seguente: quando è pronunciata sentenza di condanna generica al risarcimento pronunziata dal giudice penale, quali sono i limiti di accertamento del giudice civile?

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in commento si conforma all'orientamento che costituisce ius receptum a mente del quale la condanna generica al risarcimento dei danni, disposta ai sensi dell'art. 539 c.p.p. nei confronti dell'imputato prosciolto ex art. 531 c.p.p., pur presupponendo il riconoscimento del relativo diritto in favore della costituita parte civile, postula soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza - desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità - di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, restando impregiudicato l'accertamento, riservato al giudice civile, in ordine all'an - in concreto - e al quantum del danno risarcibile (Cass. n. 5660/2018; Cass. n. 4318/2019; Cass. n. 8477/2020; Cass. n. 11467/2020; Cass. n. 23960/2022; Cass. n. 36617/2023).

In altri termini, ove l'azione penale abbia riguardato un fatto reato di danno, la decisione di condanna generica al risarcimento emessa dal giudice penale contiene implicitamente l'accertamento del danno-evento (ossia la lesione del bene-interesse protetto dall'ordinamento) e del nesso di causalità materiale tra questo e il fatto reato - ossia, come precisato da Corte cost. sent. n. 182/2021, del fatto già reato, in quanto apprezzabile, dallo stesso giudice penale, soltanto nella sua proiezione di illecito civile, quale fatto determinativo di un danno ingiusto -, ma non anche quello del danno-conseguenza (art. 1223 c.c., richiamato anche dall'art. 2056 c.c.), per il quale si rende necessaria un'ulteriore indagine, in sede civile, sul nesso di causalità giuridica fra l'evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli.

Entro tali limiti, detta condanna, una volta divenuta definitiva, ha effetti di giudicato sull'azione civile e portata onnicomprensiva, riferendosi ad ogni profilo di pregiudizio scaturito dai fatti accertati in sede penale, ancorché non espressamente individuato nell'atto di costituzione di parte civile o non fatto oggetto di pronunce provvisionali (nella specie, comunque pronunciata), che il giudice non abbia formalmente dichiarato di escludere nella propria decisione (così, in particolare, la citata Cass. n. 4318/2019).

Sulla stessa linea, si muove la giurisprudenza penale di legittimità, secondo cui ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile non è necessario che il danneggiato provi la effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalità tra questi e l'azione dell'autore dell'illecito, essendo sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose: la suddetta pronuncia infatti costituisce una mera "declaratoria juris" da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione" (Cass. n. 12175/2016, conforme a Cass. n. 9266/1994); sicché, a monte, l'"omessa determinazione, nelle conclusioni scritte della parte civile, dell'ammontare dei danni di cui si chiede il risarcimento, non produce alcuna nullità né impedisce al giudice di pronunciare la condanna generica al risarcimento dei danni", in quanto "unica condizione essenziale, dell'esercizio dell'azione civile in sede penale, è la richiesta del risarcimento, la cui entità può essere precisata in altra sede dalla stessa parte, o rimessa alla prudente valutazione del giudice" (Cass. n. 11124/1997; conforme Cass. n. 3792/1997).

Osservazioni

Il giudice penale che sia chiamato ad accertare anche i fatti costitutivi dell'illecito ex art. 2043 c.c., sia in relazione all'aspetto psicologico della condotta, sia in relazione al collegamento di causalità materiale tra condotta ed evento lesivo - realizza l'accertamento attraverso i più rigorosi criteri probatori richiesti dal processo penale, dovendo accertarsi il nesso causale tra condotta ed evento alla stregua della prova "oltre ogni ragionevole dubbio", rispetto al criterio del "più probabile che non" ritenuto sufficiente nel giudizio civile -, con la conseguenza che la sentenza del giudice penale che, accertando l'esistenza del reato ovvero dichiarando "il reato estinto per amnistia o per prescrizione" ex art. 578 c.p.p., abbia altresì pronunciato condanna generica irrevocabile dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine all'affermata responsabilità dell'imputato, che non può più contestarne i presupposti (quali, in particolare, l'accertamento della sussistenza del fatto reato), nonché effetto vincolante quanto alla "declaratoria juris" di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, che come visto è limitata all'accertamento della sola potenzialità di danno.

Nel conseguente giudizio civile non può essere rimessa affatto in gioco anche il "titolo della responsabilità" affermato nella sentenza penale che pronuncia sulle domande concernenti gli interessi civili: la condanna generica, difatti, presuppone l'accertamento della responsabilità dell'autore dell'illecito, ma non implica alcun vincolo per il Giudice civile in ordine all'accertamento della "concreta esistenza" di un danno risarcibile, postulando soltanto la potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e la probabile esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, salva restando nel giudizio di liquidazione del "quantum" la possibilità di esclusione dell'esistenza stessa di un danno unito da rapporto eziologico con il fatto illecito.

Sicché qualora il procedimento penale, nel quale le parti civili si sono costituite proponendo domanda di condanna al risarcimento del danno od alle restituzioni, sia stato definito in primo grado con accertamento di penale responsabilità dell'imputato e condanna dello stesso in solido con il responsabile civile al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio, ed il Giudice penale d'appello abbia poi pronunciato sentenza di non doversi procedere perché il reato nelle more si è estinto per amnistia o prescrizione, comunque statuendo ex art. 578 c.p.p. anche sugli interessi civili confermando la condanna generica al risarcimento dei danni, nel successivo giudizio proposto avanti il giudice civile per la liquidazione del danno non trovano applicazione gli artt. 651 e 652 c.p.p. concernenti i limiti di efficacia del giudicato relativo alla responsabilità penale nei giudizi civili, in quanto non soltanto la pronuncia di non luogo a procedere viene ad escludere lo stesso accertamento dell'illecito penale, ma in quanto le norme predette presuppongono che il giudice penale non abbia pronunciato sugli interessi civili (non essendosi costituiti i danneggiati parti civili nel processo penale e non avendo svolto in tale sede l'azione civile di condanna). Diversamente, la pronuncia che accogliendo le domande delle parti civili dispone la condanna generica al risarcimento danni, pur se adottata nelle forme del processo penale, implica sempre l'accertamento della responsabilità civile dell'imputato (e del responsabile civile), e costituisce autonomo capo della sentenza penale suscettibile di passaggio in giudicato ove non specificamente impugnato dai soggetti legittimati ai sensi degli artt. 574, 575 e 576 c.p.p., con la conseguenza che, una volta divenuto irrevocabile il capo della sentenza penale relativo all'accertamento di responsabilità per il danno, rimane precluso al Giudice civile, adito successivamente ai fini della liquidazione del "quantum", procedere ad una nuova valutazione nell'"an" della responsabilità civile, potendo invece tale Giudice accertare, senza alcun ulteriore vincolo, se il fatto (potenzialmente) dannoso attribuito alla responsabilità dell'imputato abbia determinato o meno, in base alla verifica del nesso derivazione causale previsto dall'art. 1223 c.c., le conseguenze pregiudizievoli allegate dai danneggiati.

Deve osservarsi che è stato superato l'iniziale orientamento di legittimità (Cass. n. 417/1996;  Cass. n. 7004/2015) in merito al quesito se si formi o meno un giudicato interno in ordine all'azione civile in caso di condanna generica al risarcimento dei danni non impugnata dalla parte civile riguardo all'omessa liquidazione dei danni - orientamento secondo cui il giudicato interno formatosi nei vari gradi del processo penale deve ritenersi operante nel giudizio civile di rinvio: allorché nel giudizio penale di merito il giudice si sia limitato a pronunciare condanna generica al risarcimento e la mancata liquidazione del danno non abbia formato oggetto di impugnazione, non è consentito al giudice civile di appello, cui la causa sia stata rimessa a seguito di annullamento, ai soli effetti civili, da parte della Corte di cassazione, ampliare i limiti del decisum propri della sentenza impugnata, procedendo alla liquidazione del danno.

Nell'ipotesi di annullamento ai soli effetti civili della sentenza penale contenente condanna generica al risarcimento del danno, si determina una piena translatio del giudizio sulla domanda risarcitoria al giudice civile competente per valore in grado di appello, il quale può procedere alla liquidazione del danno anche nel caso di mancata impugnazione dell'omessa pronuncia sul quantum ad opera della parte civile, atteso che, per effetto dell'impugnazione dell'imputato contro la pronuncia di condanna penale - la quale estende la sua efficacia a quella di condanna alle restituzioni ed al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 574, comma 4, c.p.p., - deve escludersi che si sia formato il giudicato interno sull'azione civile, sicché questa viene sottoposta alla cognizione del giudice del rinvio nella sua integrità, senza possibilità di scissione della decisione sull'an da quella sul quantum (Cass. n. 15182/2017; Cass. n. 22570/2018).

Viene così valorizzato, in primo luogo, il fondamento dell'impostazione, nuova rispetto alla tradizione, adottata dal legislatore del 1988 ed orientata verso l'evidente valorizzazione dell'autonomia della giurisdizione civile rispetto a quella penale, specificandosi ancora che il contenuto del giudizio di rinvio non può essere compresso e/o ridotto dal giudice remittente in contrasto con il dettato normativo: il remittente indicherà al giudice del rinvio quel che ancora deve essere accertato, ma non potrà vietargli di pervenire alla decisione conclusiva sulla domanda civile, poiché l'art. 622 c.p.p. non gli attribuisce il potere di imporre a chi ha esercitato l'azione civile in sede penale in modo completo - e quindi non chiedendo soltanto una condanna generica - una obbligatoria scissione della decisione sull'an da quella sul quantum, costringendolo ad un processo ulteriore, e quindi ad un - incostituzionale, perché di per sé non necessario incremento del tempo necessario per far valere compiutamente il proprio diritto.

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