Impatriati_Contrasto giurisprudenziale sull'estensione della misura di radicamento ai non iscritti AIRE

13 Ottobre 2025

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, riformando la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto del contribuente – rientrato dall’estero ma mai iscritto all’AIRE – a beneficiare dell’estensione del regime fiscale agevolato per lavoratori impatriati. La Corte ha ritenuto che il beneficio dell’estensione temporale introdotto dal Decreto Crescita e dalla Legge di Bilancio 2021 sia riservato ai soggetti che, oltre ad aver trasferito la residenza in Italia prima del 2020 e a risultare beneficiari del regime al 31 dicembre 2019, siano stati iscritti all’AIRE durante il periodo estero o siano cittadini UE. L’assenza dell’iscrizione all’AIRE preclude, quindi, l’accesso alla proroga del beneficio, anche secondo la lettura restrittiva fornita dall’Agenzia delle Entrate e ribadita dalla Corte. Le doglianze del contribuente, anche sotto il profilo costituzionale e del diritto UE, sono state respinte.

Massima

Secondo la più recente pronuncia, sarebbe preclusa all'impatriato che non risulta essere stato iscritto all'AIRE durante il periodo di permanenza all'estero (e prima del rientro in Italia) la possibilità di beneficiare dell'estensione temporale per un ulteriore quinquennio, cd “misura di radicamento”, Così si è pronunciata la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 1993 del 9 settembre 2025.

Il caso 

Un contribuente, cittadino italiano, si laureava nel 2004 in Lettere presso un'università della capitale e dal 2004 al 2009 aveva vissuto e lavorato in Irlanda. Nel 2010 si trasferiva in Brasile e l'anno successivo rientrava in Italia per intraprendere un'attività lavorativa per un'azienda operante nel settore dell'informatica e dei servizi di informazione. Al rientro in Italia beneficiava del “Regime Controesodati” con riferimento agli importi percepiti a titolo di reddito di lavoro dipendente per poi esercitare il diritto di opzione al fine di usufruire del “Regime Impatriati” fino al 2020 incluso. Nell'agosto del 2021, in considerazione di quanto previsto dalla legge di Bilancio, egli effettuava il versamento del 10% al fine di esercitare l'opzione per la “misura di Radicamento” e successivamente effettuava la comunicazione prevista dal Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 3 marzo 2021, richiedendo al contempo di non usufruire dell'agevolazione fiscale de qua in busta paga e riservandosi di applicare il “Regime Impatriati” in dichiarazione dei redditi.

La soluzione giuridica

Il quadro normativo

  • l' art. 16 del d.lgs. 175/2014 estendeva il regime di favore riservato ai cd “impatriati” anche a coloro che già rientravano in quello dei “controesodati” i quali potevano scegliere se continuare ad avvalersi per ulteriori due anni (2016 e 2017) o optare, se più favorevole, per l'applicazione del regime “impatriati”, quantitativamente meno favorevole ma valido per più annualità (2016-2020);
  • l' art. 5 del DL 30.04.2019 n. 34, cd “Decreto Crescita, introduceva nella disciplina agevolativa il comma 3-bis regolante la “misura del radicamento” con estensione temporale per altri 5 anni del regime di favore in presenza di specifici requisiti alternativi tra loro (avere un figlio minore a carico; acquisto di un immobile di tipo residenziale in Italia da parte del lavoratore o del coniuge o del convivente o dei figli dopo il trasferimento della residenza in Italia o nei 12 mesi precedenti al trasferimento). Nella sua prima versione la misura del radicamento era applicabile a chi aveva trasferito la residenza in Italia a partire dal periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore del decreto (ossia dal 2020).
  • il DL 124/2019, modificando il comma 2, prevedeva poi l'applicabilità della misura anche a chi aveva trasferito la residenza in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019.
  • Infine, la Legge di Bilancio 2021 (art. 1, comma 50, L. 178/2020), inserito il comma 2bis nell'anzidetto art. 5 prevedendo che la misura di radicamento potesse applicarsi anche a coloro che fossero stati iscritti all'AIRE o che fossero cittadini di Stati membri dell'Unione europea, che avessero già trasferito la residenza prima dell'anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultassero già beneficiari del regime di favore.

I motivi di impugnazione

A seguito del silenzio rifiuto formatosi in ordine all’istanza di rimborso presentata, il Contribuente proponeva ricorso lamentando, tra l’altro, l’illegittima esclusione dalla possibilità di accedere alla misura di radicamento di coloro che non erano iscritti all’AIRE, determinandosi una grave violazione dell’art. 3 della Costituzione nonché dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità. Egli sosteneva che la “misura di Radicamento” potesse trovare applicazione anche con riferimento ai cittadini italiani che non sono stati iscritti all’AIRE per il periodo trascorso all’estero, ma che fossero in possesso dei requisiti previsti dalla norma ed in grado di dimostrare di essere stati residenti all’estero per almeno due periodi di imposta consecutivi, ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, prima del rientro in Italia; ciò in quanto il comma 2-bis dell’art. 5 del Decreto Crescita consente l’accesso non solo agli iscritti all’AIRE ma anche ai cittadini comunitari, tra cui sono ricompresi i cittadini italiani iscritti o non iscritti all’AIRE; ciò anche tenendo in considerazione  degli artt. 18 e 45 del TFUE (non discriminazione e libera circolazione in UE) e del principio di irrilevanza dell’iscrizione all’AIRE ai fini dell’applicazione delle norme fiscali che incentivano il trasferimento in Italia delle persone che lavorano/studiano all’estero.

La tesi dell’Amministrazione finanziaria

Richiamando quanto giù chiarito dalla circolare n. 33/E del 28.12.2020, l’Ufficio ribadiva la legittimità del proprio operato ricordando l’esclusione dalla possibilità di poter esercitare l’opzione per la “misura di Radicamento” di: sportivi professionisti; coloro che si sono trasferiti in Italia a partire dal 30 aprile 2019; cittadini italiani, rientrati alla data del 29 aprile 2019, non iscritti all’AIRE; cittadini extra-comunitari. Nel caso di specie, si era configurata una causa di esclusione in quanto il contribuente non risultava essersi iscritto all’AIRE durante il periodo di permanenza estera.

La condivisione della tesi del fisco. I giudici tributari territoriali, nella sentenza in commento, hanno ritenuto di aderire all’interpretazione proposta dall’Ufficio. Tenuto conto di quanto previsto dalla normativa sopracitata, la Corte ha, nello stesso senso, osservato che l’opzione in questione non può essere esercitata:

a. dai soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019 (ciò in quanto l’art. 5, comma 2-bis, del Decreto Crescita fa riferimento ai “soggetti diversi da quelli indicati nel comma 2” del medesimo decreto);

b. dagli sportivi professionisti titolari dei rapporti di cui alla L. n. 91/1981 (art. 5, comma 2-quater, Decreto Crescita).

Per effetto del combinato disposto dalla disposizione che consente l’esercizio dell’opzione soltanto ai soggetti “che hanno già trasferito la residenza prima dell’anno 2020” e di quella “che preclude tale possibilità a coloro che si sono trasferiti a decorrere dal 30 aprile 2019”, l’applicazione della “misura di Radicamento”, secondo i giudici tributari, risulta, di fatto, essere riservata a coloro che hanno acquisito la residenza fiscale italiana prima del 30 aprile 2019 (sempreché al 31 dicembre 2019 risultino beneficiari del regime agevolato). Pertanto, nel caso di specie, hanno concluso gli interpreti, era da considerarsi preclusa al contribuente la possibilità di beneficiare dell’estensione temporale per non essersi iscritto all’AIRE durante il periodo di permanenza estera, prima del dichiarato rientro in Italia.

Osservazioni

Si segnala un contrasto giurisprudenziale “interno” in quanto poco tempo prima la medesima Corte, in diversa composizione, si pronunciava in senso opposto rilevando, tra l'altro, nella limitazione della misura di radicamento ai soli iscritti AIRE una «violazione del principio di uguaglianza tra cittadini UE , sancito dagli art. 18 e 45 del Trattato dell'Unione Europea, trattandosi pur sempre di lavoratori che dall'estero trasferiscono il loro reddito in Italia» (cfr, CGT II Lombardia n. 771 del 21 marzo 2025).

Fanno “da eco” due altrettanto recenti pronunce della Corte di primo grado milanese (CGT I Milano nn. 3210/2024 e 55/2024)  dove, in un caso, gli interpreti hanno valorizzato, in senso favorevole al contribuente, la ratio sottesa alla misura introdotta dalla Legge di Bilancio 2021 rappresentata dalla volontà di incentivare il radicamento permanente in Italia dei lavoratori iscritti o meno all'AIRE, indipendentemente dal fatto che essi siano rientrati in Italia prima o dopo l'entrata in vigore delle modifiche apportate dal Decreto Crescita (e, cioè, prima del 30 aprile 2019 o a decorrere da tale data); nell'altro caso, è stata data rilevanza dai giudici al concetto di residenza fiscale “effettiva” all'estero con onere a carico del contribuente della prova del trasferimento all'estero del domicilio (da intendersi come centro degli interessi vitali) e della residenza (da intendersi come dimora abituale) ai sensi dell'art. 2 del TUIR e dell'art. 4 delle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Nella specie, la Corte ha ritenuto che la cd “Sanatoria AIRE” (art. 16, co. 5term Decreto Crescita) - che consente l'applicazione della “Misura di Radicamento” a favore di coloro che si sono trasferititi in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019 - trovi applicazione anche nei confronti di coloro che siano rientrati in Italia entro il periodo di imposta 2019.

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