Responsabilità del committente per infortuni sul lavoro negli appalti edili e in quelli privati

15 Ottobre 2025

Per un lungo lasso temporale la sicurezza negli appalti è stata demandata all'appaltatore, a cui era affidata la realizzazione dell'opera o di un servizio da parte di un committente, privo di una posizione di garanzia nel sistema prevenzionale disegnato con i decreti presidenziali degli anni '50 del secolo scorso, la cui responsabilità penale e/o civile, considerata di natura eccezionale dalla giurisprudenza di legittimità, era limitata alla sussistenza di specifiche ipotesi.

Con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 626/1994 e del d.lgs. n. 494/1996 si è assistito lentamente al passaggio dalla regola dell'autonomia, su cui veniva giustificata la responsabilità quasi esclusiva dell'appaltatore, a quella della sinergia, con un coinvolgimento in termini di responsabilità anche del committente.

Con il presente FOCUS si intende ripercorrere l'evoluzione della giurisprudenza di legittimità, civile e penale, soffermandosi su quella più recente che sembra aver aderito alla soluzione che fonda la responsabilità del committente sulla violazione degli obblighi stabiliti nell'art. 26, d.lgs. n. 81/2008 e/o di quelli previsti dagli artt. 89 e ss., d.lgs. n. 81/2008, a prescindere da un'ingerenza nell'attività appaltata o dalla presenza di una delle ipotesi previste dalla giurisprudenza.

La responsabilità del committente prima del recepimento della normativa comunitaria

Con il contratto di appalto un soggetto, definito committente, affida l'esecuzione di un'opera o di un servizio ad un altro soggetto, denominato appaltatore che, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio (art. 1655 c.c.), assume l'obbligo di realizzare il risultato commissionato.

In origine era generalmente l'appaltatore a rispondere degli infortuni accaduti ai suoi dipendenti, durante l'esecuzione del contratto, attesa la sua autonomia nello svolgimento dell'attività esecutiva e nella fissazione delle modalità operative dell'opera o del servizio appaltato, mentre la responsabilità del committente, chiamato essenzialmente all'accertamento ed alla verifica della corrispondenza dell'opera o del servizio con quanto stabilito nell'oggetto del contratto, era considerata di natura eccezionale, confinata a poche ed esclusive ipotesi.

In assenza di una specifica normativa che prevedesse una posizione di garanzia in capo al committente, la giurisprudenza di legittimità ravvisava un obbligo del committente di assicurare un ambiente di lavoro sicuro, come anche quello di fornire una corretta informazione sui rischi presenti nel luogo di lavoro, avvalendosi sia dell'art. 5 D.P.R. n. 547/1955, che prevedeva un obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore autonomo sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro in cui erano chiamati a prestare la loro opera, sia dell'obbligo generale di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c., pur se la responsabilità del committente venisse inquadrata in quella extra-contrattuale (art. 2043 c.c.), stante l'assenza di un rapporto giuridico che lo legava al dipendente dell'appaltatore.

In un primo tempo, dunque, la Cassazione ne ha affermato la responsabilità, inquadrata nell'ambito dell'art. 2043 c.c., in caso di culpa in eligendo, quando avesse scelto come appaltatore un soggetto privo delle necessarie competenze tecniche oppure di culpa in vigilando riguardante il corretto espletamento delle attività affidate in appalto oppure qualora il committente si fosse "ingerito" nei lavori svolti dall'appaltatore, anche tramite la fornitura dei mezzi per l'esecuzione dell'opera, non consentendo così a quest'ultimo la necessaria autonomia per lo svolgimento del proprio incarico o trasformando l'appaltatore in nudus minister, mero esecutore dei suoi ordini o in caso di mancato esercizio di poteri inibitori nonostante l'agevole ed immediata percepibilità di situazioni di pericolo (Cass. 18 luglio 1984, n. 4186; Cass. 6 aprile 1992, n. 4215; Cass. 12 giugno 1990, n. 5690; Cass. 21 giugno 2004, n. 11478; Cass. 23 marzo 1999, n. 2745; Cass. 19 aprile 2006, n. 9065; Cass. 15 ottobre 2007, n. 21540; Cass. 23 aprile 2008, n 10588; Cass. 27 maggio 2011, n. 11757; Cass. 17 gennaio 2012, n. 538; Cass. 24 aprile 2019, n. 11194; in ambito penale cfr. Cass. pen. 11 ottobre 1989, n. 1659; Cass. pen. 17 dicembre 1993, n. 2502; Cass. pen. 7 dicembre 2012, n. 14407; Cass. pen. 17 settembre 2008, n. 38824; Cass. pen. 6 novembre 2007, n. 46383; Cass. pen. 8 aprile 2010, n. 15081).

Per un lungo lasso temporale, protrattosi sino ad oggi, nonostante l'entrata in vigore della normativa comunitaria, recepita inizialmente con il D. Lgs. n. 626/94 ed il d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494, che prevedeva una serie di obblighi sulla sicurezza in capo al committente e l'estensione dell'obbligo generale di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c. a soggetti diversi dal datore di lavoro (Cass. n. 4129/2002), la Magistratura superiore ha continuato a delimitare la responsabilità penale e/o civile del committente escludendo che fosse configurabile come in re ipsa, per il solo fatto di aver affidato in appalto determinati lavori ovvero un servizio ed adottando un'interpretazione restrittiva degli obblighi prevenzionali su di esso gravanti, non potendo da lui esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori (Cass. 11 novembre 2021, n. 33365; in ambito penale cfr. Cass. pen. 11 dicembre 2017, n. 29582; Cass. pen. 2 dicembre 2016, n. 27296; Cass. pen. 15 luglio 2015, n. 44131).

Al giudice di merito veniva affidata l'indagine di “verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo" (Cass. 17 maggio 2024, n. 13760; Cass. 3 aprile 2023, n. 9178; Cass. 9 maggio 2017, n. 11311; Cass. n. 17178/2013; in ambito penale cfr. Cass. pen. 29 gennaio 2025, n. 3715; Cass. pen. 4 agosto 2022, n. 30803; Cass. pen. 20 marzo 2019, n. 37761; Cass. pen. 18 dicembre 2019, n. 5946; Cass. pen.  10 gennaio 2018, n.7188; Cass. pen. 15 luglio 2015, n. 44131; Cass. pen. 18 gennaio 2012, n. 3563), percepibilità che non può essere esclusa dalla circostanza che egli abbia impartito le direttive da seguire a tale scopo, essendo comunque necessario che ne abbia controllato, con prudente e continua diligenza, la puntuale osservanza (Cass. pen. 24 gennaio 2013, n. 23667; Cass. pen. 15 marzo 2007, n. 19372), restando egli esonerato con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine (Cass. pen. 28 novembre 2013, n. 1511; Cass. pen. 8 aprile 2010, n. 15081).

Nel corso degli anni la Cassazione ha ritenuto sussistente la responsabilità del committente per la violazione dell'obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro solo ove esso si fosse reso garante della vigilanza relativa alla misura da adottare in concreto e si fosse riservato i poteri tecnico-organizzativi dell'opera da eseguire (Cass. 1° febbraio 2023, n. 2991; Cass. 22 marzo 2002, n. 4129, Cass. 28 ottobre 2009, n. 22818; Cass. 7 marzo 2012, n. 3563; Cass. 8 ottobre 2012, n. 17092; Cass. 11 luglio 2013, n. 17178).

Poiché gli obblighi prevenzionali contenuti nella normativa di recepimento delle direttive comunitarie avevano reso il committente compartecipe dell'organizzazione sulla sicurezza sul lavoro, in sinergia con l'appaltatore, la Cassazione inizia ad affermarne la responsabilità penale e/o civile sulla base della mera violazione di essi.

La responsabilità civile del committente dopo l’entrata in vigore della disciplina di origine comunitaria

L'assenza di una disciplina normativa che coinvolgesse espressamente nell'obbligo prevenzionale, oltre all'appaltatore, anche il committente, viene colmata finalmente con il recepimento di alcune direttive comunitarie, tra cui la più rilevante è la Direttiva quadro 89/391/CEE, recante requisiti minimi in tema di sicurezza e salute dei lavoratori.

Il legislatore delegato interviene sia sugli appalti interni, quelli in cui il committente – datore di lavoro affida la realizzazione di un'opera o di un servizio ad un'altra impresa, “all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima” (art. 7, d.lgs. n. 626/1994), in cui l'aumento degli infortuni occorsi ai dipendenti dell'appaltatore si era rivelato esponenziale sia sui cantieri temporanei e mobili (d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494, di recepimento della direttiva comunitaria n. 92/57/CEE).

Al fine di neutralizzare i rischi specifici dell'ambiente di lavoro conosciuti solo dal committente ovvero i rischi interferenziali, scaturiti dall'interazione delle attività lavorative esercitate in un unico cantiere dai dipendenti di due o più imprese, in caso di appalti interni, vengono imposti sul committente alcuni obblighi, la cui violazione viene sanzionata pure penalmente:

  • scegliere diligentemente l'appaltatore;
  • informarlo sui rischi presenti nel luogo di lavoro;
  • promuovere la cooperazione ed il coordinamento ai fini dell'esecuzione delle misure di sicurezza;
  • redigere il DUVRI – Documento unico di valutazione dei rischi interferenziali (art. 7, d.lgs. n. 626/1994, il cui contenuto è stato poi trasfuso con modifiche nell'art. 26, comma 1, comma 2 e comma 3, d.lgs. n. 81/2008).

Estratto dell'art. 26, d.lgs. n. 81/2008

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo:

a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:

1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato;

2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;

b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori:

a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;

b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze ovvero individuando, limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali di cui all' articolo 29, comma 6-ter , con riferimento sia all'attività del datore di lavoro committente sia alle attività dell'impresa appaltatrice e dei lavoratori autonomi, un proprio incaricato, in possesso di formazione, esperienza e competenza professionali, adeguate e specifiche in relazione all'incarico conferito, nonché di periodico aggiornamento e di conoscenza diretta dell'ambiente di lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e coordinamento. In caso di redazione del documento esso è' allegato al contratto di appalto o di opera e deve essere adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture. A tali dati accedono il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Dell'individuazione dell'incaricato di cui al primo periodo o della sua sostituzione deve essere data immediata evidenza nel contratto di appalto o di opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nell'ambito di applicazione del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 , tale documento è redatto, ai fini dell'affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto.

L'art. 26, d.lgs. n. 81/2008, dunque, disciplina e presidia il processo di sicurezza sul lavoro in tutte quelle situazioni in cui all'interno di un luogo di lavoro facciano ingresso lavoratori dipendenti da altre imprese, anche se esercitano la medesima attività (Cass. pen. 23 gennaio 2025, n. 8297; Cas. pen. 7 gennaio 2016, n. 18200; Cass. pen. 7 giugno 2016, n. 30557; Cass. pen. 12 aprile 2017, n. 34869), i quali operano nell'interesse del processo produttivo, realizzandosi, in tal modo, per effetto di tale interferenza, condizioni aggiuntive di rischio a cui sono esposti tutti i lavoratori. La ratio della norma, afferma la Cassazione, “è quella di tutelare i lavoratori appartenenti ad imprese diverse che si trovino ad interferire le une con le altre per lo svolgimento di determinate attività lavorative e nel medesimo luogo di lavoro”, imponendo al datore di lavoro - committente di apprestare “all'interno della propria azienda quanto necessario al fine di prevenire ed evitare i rischi aggiuntivi detti interferenziali, derivanti cioè dalla contemporanea presenza di più imprese che operano sul medesimo luogo di lavoro, attivando e promovendo percorsi condivisi di informazione e cooperazione, soluzioni comuni di problematiche complesse, rese tali dalla sostanziale estraneità dei dipendenti delle imprese appaltatrici all'ambiente di lavoro dove prestano la propria attività lavorativa” (Cass. pen. 9 agosto 2022, n. 30809).

Ai fini dell'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione, la Cassazione ha chiarito che non rileva “la qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - vale a dire il contratto d'appalto, d'opera o di somministrazione - ma l'effetto che tale rapporto origina, vale a dire la concreta interferenza funzionale tra le organizzazioni ad esse facenti capo, che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori” (Cass. pen. 26 novembre 2024, n. 42948; Cass. pen. n. 1777/2019; Cass. pen. 1° febbraio 2018, n. 9167; Cass. pen. 17 giugno 2015, n. 44792).

Il decreto delegato, allora, prevede uno specifico obbligo del committente – datore di lavoro, che mantiene la disponibilità dell'ambiente di lavoro, di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell'impresa appaltatrice, consistenti nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori sulle situazioni di rischio, nel predisporre quanto necessario a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l'appaltatrice nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata (Cass. 27 gennaio 2023, n. 2517; Cass. 24 giugno 2020, n. 12465; Cass. 25 febbraio 2019, n. 5419; Cass. n. 19494/2009; Cass. n. 21694/2011; Cass. n. 798/2017).

Infine, per assicurare l'effettivo recupero del risarcimento del danno alla persona liquidato all'infortunato, viene rafforzato il credito risarcitorio dell'infortunato, stabilendo che “l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'INAIL” (art. 26, comma 4, D. Lgs. n. 81/2008). Si tratta di responsabilità solidale che prescinde dall'accertamento della violazione della normativa sulla sicurezza da parte del committente, contemplata anche per gli infortuni avvenuti nel corso di un appalto privato esterno, che si perfeziona in caso di insolvenza e/o inadempienza dell'appaltatore, che in ogni caso resta unico responsabile civile del pagamento del risarcimento per l'infortunio derivato in conseguenza di un rischio specifico dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

Estratto dell'art. 26, comma 4, d.lgs. n. 81/2008

4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.

Nel medesimo lasso temporale il legislatore delegato è intervenuto pure per disciplinare i lavori eseguiti nell'ambito di cantieri temporanei e mobili, intesi come luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile (art. 2, comma 1, lett. a, D. Lgs. n. 494/1996; art. 89, comma 1, lett. a, D. Lgs. n. 81/2008).

Con il d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494, di recepimento di una specifica direttiva comunitaria (n. 92/57/CEE), il committente, definito come il “soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione” (art. 2, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 494/1996; art. 89, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 81/2008), assume una specifica posizione di garanzia ex lege (Cass. pen. 4 dicembre 2012, n. 10608), accompagnata da espliciti obblighi - la cui violazione è sanzionata penalmente - poi confermati nel d.lgs. n. 81/2008.

Nei cantieri temporanei e mobili, allora, il committente, che è colui che concepisce, programma, progetta e finanzia l'opera appaltata (Cass. pen. 10 novembre 2015, n. 51190; Cass. pen. 28 maggio 2013, n. 37738), è divenuto il "perno intorno al quale ruota la sicurezza nei cantieri" (Cass. n. 23090/2008), essendo il soggetto obbligato, in via originaria e principale, all'osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza sul lavoro, tra cui si annovera, nella fase di progettazione e di quella di esecuzione dell'opera, quello di controllo dei documenti sulla sicurezza, di determinazione della durata dei lavori o di fasi lavorative, onde consentirne la pianificazione in condizioni di sicurezza, di designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione, di redazione del piano di sicurezza e del fascicolo di protezione dai rischi (art. 90, D. Lgs. n. 81/2008).

Art. 90, d.lgs. n. 81/2008: Obblighi del committente o del responsabile dei lavori

1. Il committente o il responsabile dei lavori, nelle fasi di progettazione dell'opera, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui all'articolo 15, in particolare:

a) al momento delle scelte architettoniche, tecniche ed organizzative, onde pianificare i vari lavori o fasi di lavoro che si svolgeranno simultaneamente o successivamente;

b) all'atto della previsione della durata di realizzazione di questi vari lavori o fasi di lavoro.

1-bis. Per i lavori pubblici l'attuazione di quanto previsto al comma 1 avviene nel rispetto dei compiti attribuiti al responsabile del procedimento e al progettista.

2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della progettazione dell'opera, prende in considerazione i documenti di cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).

3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di pù' imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione.

4. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese esecutrici, anche non contemporanea, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98.

5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in cui, dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese.

6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, ha facoltà di svolgere le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per l'esecuzione dei lavori.

7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle imprese affidatarie, alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello di cantiere.

8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facoltà di sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, i soggetti designati in attuazione dei commi 3 e 4.

9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad o ad un lavoratore autonomo:

a) verifica l'idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all'allegato XVII. Nei cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari di cui all'allegato XI, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese e dei lavoratori autonomi del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII;

b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), all'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL) e alle casse edili, nonché una dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti. Nei cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini-giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari di cui all'allegato XI, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del documento unico di regolarità contributiva , fatto salvo quanto previsto dall'articolo 16-bis, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e dell'autocertificazione relativa al contratto collettivo applicato;

b-bis) verifica il possesso della patente o del documento equivalente di cui all'articolo 27 nei confronti delle imprese esecutrici o dei lavoratori autonomi, anche nei casi di subappalto, ovvero, per le imprese che non sono tenute al possesso della patente ai sensi del comma 15 del medesimo articolo 27, dell'attestazione di qualificazione SOA;

c) trasmette all'amministrazione concedente, prima dell'inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività, copia della notifica preliminare di cui all'articolo 99, il documento unico di regolarità contributiva delle imprese e dei lavoratori autonomi, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 16- bis, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e una dichiarazione attestante l'avvenuta verifica della ulteriore documentazione di cui alle lettere a), b) e b-bis)​.

10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 o del fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui all'articolo 99, quando prevista oppure in assenza del documento unico di regolarità contributiva delle imprese o dei lavoratori autonomi, è sospesa l'efficacia del titolo abilitativo. L'organo di vigilanza comunica l'inadempienza all'amministrazione concedente.

11. La disposizione di cui al comma 3 non si applica ai lavori privati non soggetti a permesso di costruire in base alla normativa vigente e comunque di importo inferiore ad euro 100.000. In tal caso, le funzioni del coordinatore per la progettazione sono svolte dal coordinatore per la esecuzione dei lavori.

Una competenza prevenzionale viene attribuita pure al committente privato, diverso da quello professionale perché privo di competenze tecniche specifiche in materia, il quale, afferma la Cassazione, “non è tenuto a conoscere, al pari di quello professionale, le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale per evitare la verificazione di infortuni, derivandone, altrimenti, una paralisi dei lavori di manutenzione domestica, posto che ciò implicherebbe una formazione del cittadino comune non prevista dall'ordinamento, il quale esattamente la pretende dal datore di lavoro e dai soggetti dal medesimo designati o comunque dai soggetti professionalmente deputati ad assicurare la sicurezza in ambito lavorativo” (Cass. pen. 4 marzo 2025, n. 4409).

Pur ricoprendo una posizione di garanzia “attenuata”, la Cassazione gli impone “di scegliere adeguatamente l'impresa, verificando che essa sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A., che sia dotata del documento di valutazione dei rischi e che non sia destinataria di provvedimenti di sospensione o interdittivi ai sensi dell'art. 14, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81”, profilando una sua responsabilità penale “quando vi sia prova che si sia ingerito nell'organizzazione o nell'esecuzione del lavoro o in presenza di un'agevole ed immediata percepibilità delle situazioni di pericolo” (Cass. pen. 5 settembre 2024, n. 33705; Cass. pen. 14 giugno 2022, n. 23109; Cass. pen. 21 aprile 2021, n. 26335; Cass. pen. n. 5946/2020).

Sulla base della normativa nazionale di origine comunitaria, in cui sono contemplati specifici obblighi di natura autonoma in capo al committente, la Cassazione, ritenuta “superata la tradizionale e limitativa concezione che - in virtù della normale autonomia e responsabilità dell'appaltatore, quale elemento naturale del contratto - configurava la responsabilità del committente come eccezionale”, ha ritenuto di estendere la responsabilità degli infortuni accaduti ai dipendenti dell'appaltatore al committente, il cui ruolo “risulta di essenziale importanza ai fini dell'esecuzione del lavoro in condizioni di sicurezza in tutti i casi di affidamento ad altre imprese delle singole fasi di produzione", a prescindere dall'accertamento della sussistenza delle ipotesi su cui originariamente era stata fondata la sua responsabilità penale e/o civile.

La responsabilità del committente, chiamato a adempiere agli obblighi della valutazione dei rischi, informazione, formazione, adozione di misure, cooperazione all'attuazione delle misure, coordinamento, controllo, secondo la Cassazione, “è oggi normalmente implicata nell'esecuzione di un'attività produttiva attraverso contratti di appalto; talché il committente ne risponde tutte le volte in cui nel caso concreto non ha adempiuto ai propri obblighi in materia” (Cass. 24 giugno 2020, n. 12465; Cass. n. 21694/2011; Cass. n. 21894/2016; Cass. n. 12561/2017; Cass. n. 798/2017; Cass. n. 5149/2019).

In particolare, chiarisce la Cassazione, in caso di infortunio subito da lavoratori delle imprese appaltatrici o subappaltatrici, il giudice di merito deve accertare se il committente abbia o meno adempiuto alla serie di obblighi specifici di cui all'art. 26, D. Lgs. n. 81/2008, affermandone la sua responsabilità anche se ignaro della sussistenza di un subappalto, “dovendo invece dimostrare in positivo cosa ha fatto e come ha adempiuto ai propri obblighi di legge”, non potendosi disinteressare dell'affidamento ad altre imprese di fasi di attività produttiva inerente al risultato dedotto nel contratto di appalto” (Cass. 24 giugno 2020, n. 12465; Cass. 4 giugno 2024, n. 15581).

Questo orientamento non è rimasto isolato, in quanto la Magistratura superiore ha successivamente annullato con rinvio una sentenza di merito con cui era stata esclusa la responsabilità di un sub committente sol perché al subappaltatore, datore di lavoro dell'infortunato, era stata affidata in custodia l'area recintata all'interno dello stabilimento, di proprietà del committente, presso cui si era verificato l'infortunio, senza che il sub committente ne avesse alcuna disponibilità e pure in assenza di alcun potere di controllo, né di adozione di misure di sicurezza od obbligo di informazione al riguardo, tanto meno di direzione operativa della sub committente, ritenendo che le locuzioni normative di cui agli artt. 6, par. 4, della Direttiva 89/391/CEE (datori di lavoro), e 8 della Direttiva 92/57/CEE (realizzazione dell'opera) vadano “interpretate nel senso che nella categoria dei "datori di lavoro" tenuti agli obblighi di protezione e di prevenzione dei rischi professionali, rientrano sia il sub-committente che il sub-appaltatore, qualora collaborino insieme nell'ambito del medesimo procedimento produttivo, finalizzato alla realizzazione di una "stessa opera", che si compia all'interno di un qualunque luogo a ciò funzionalmente destinato e che li coinvolga entrambi in attività, ancorché parziali e diverse, sinergicamente dirette al medesimo scopo produttivo, così rendendoli reciprocamente responsabili delle omissioni degli obblighi di sicurezza nei confronti dei lavoratori in essa impiegati” (Cass. 27 gennaio 2023, n. 2517; in senso conforme Cass. 17 maggio 2024, n. 13762).

Dunque, sulla base della più recente elaborazione giurisprudenziale, grava sul committente e/o sul sub committente, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese, l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell'impresa appaltatrice o subappaltatrice, di fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori sulle situazioni di rischio, nonché di cooperare con l'appaltatrice e con la subappaltatrice nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro e sia all'attività appaltata; cosicché “non basta ad escludere la responsabilità della società committente la circostanza che essa non si sia ingerita nell'esecuzione o nell'organizzazione dell'attività appaltata" (Cass. 12 novembre 2024, n. 29157), in quanto non è possibile restringere all'ambito della culpa in vigilando o in eligendo del committente o alla sua concreta ingerenza nell'esecuzione dei lavori il perimetro degli obblighi gravanti sull'impresa appaltante, assumendo la medesima specifichi obblighi contenuti nel T.U. n. 81 del 2008 - tra cui il dovere “di programmazione e di coordinamento che non si realizza solo con l'eventuale riunione in fase preliminare all'esecuzione dei lavori, ma si assicura in via prioritaria evitando di assegnare lavori in appalto senza prima redigere il PSC e garantendo il raccordo costante dei piani di sicurezza PSC e POS previsti dalla legge (artt. 89,90,91 e 100 d.lgs.81/2008), essendo necessario che ogni piano sia sempre e costantemente adeguato alle sopravvenienze ed alla situazione in atto” - "che fungono da parametri di valutazione della condotta del committente, titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori dell'impresa appaltatrice in relazione agli infortuni occorsi durante l'esecuzione dell'opera” (Cass. 27 dicembre 2024, n. 34583).

La responsabilità civile del committente per infortuni sul lavoro ai dipendenti dell'appaltatore nella più recente giurisprudenza di legittimità

  • Cassazione 3 marzo 2025, n. 5618: Appalto interno e responsabilità civile del committente per mesotelioma pleurico contratto dal dipendente dell'appaltatore. Con l'ordinanza 3 marzo 2025, n. 5618, la Cassazione ha affrontato nuovamente la questione se sussista la responsabilità del committente, ai sensi dell'art. 2087 c.c., per mesotelioma pleurico contratto da un lavoratore dipendente dell'appaltatore esposto alle polveri di amianto nel luogo di lavoro rimasto nella sua disponibilità, ribadendo il seguente principio di diritto:

Anche prima che il committente assumesse un'espressa posizione di garanzia, in attuazione delle direttive 89/391/CEE e 92/57/CEE, nell'ambito dei lavori affidati in appalto, sussisteva la sua responsabilità civile, esclusiva o concorrente, originariamente prevista nei soli casi di ingerenza, direttiva o tecnico-operativa, nell'attività appaltata o di manifesta inidoneità dell'appaltatore, per gli eventi scaturiti dall'esposizione ad un rischio derivante dalla conformazione dell'ambiente di lavoro, dovendo destinare all'appaltatore un ambiente di lavoro sicuro.

Entrambi i giudici di merito accertavano che la malattia professionale fosse scaturita dall'esposizione alle polveri di amianto, presenti nei cantieri navali di proprietà della società committente, che aveva tollerato la loro aerodispersione nell'ambiente in cui aveva operato il de cuius e la condannavano al risarcimento del danno, stante il nesso causale tra la condizione di nocività del luogo di lavoro e il decesso per mesotelioma pleurico, nonché l'inadempimento datoriale all'obbligo di prevenzione sulla base delle conoscenze scientifiche acquisite all'epoca.

La società committente impugnava la sentenza di appello con ricorso per cassazione, sulla base di diversi profili, dolendosi che la Corte territoriale avesse accertato la sua responsabilità civile ai sensi dell'art. 2087 c.c. in termini di responsabilità oggettiva (primo motivo), ritenendo che “l'adozione delle misure di protezione (quali l'esecuzione di una periodica pulizia ed asportazione della polvere, l'esistenza di un sistema di areazione all'interno dello stabilimento, l'informativa dei lavoratori) avrebbe impedito l'evento” (secondo motivo), trascurando che il dante causa dei ricorrenti successivamente al periodo di esposizione alle polveri di amianto presso il suo stabilimento aveva svolto, per oltre 30 anni, la propria attività presso altri e distinti luoghi di lavoro, subendo una certa esposizione a fibre nocive di asbesto (terzo motivo) e per non aver considerato che nel periodo di esposizione alle polveri di amianto nel proprio stabilimento non esisteva sul mercato tecnologia atta ad evitare o ridurre in modo significativo, quanto al risultato, il pericolo dell'insorgere della malattia professionale (quarto motivo).

La Cassazione respinge il ricorso della società con un'ordinanza fondata, ai sensi dell'art. 118, disp. att. c.p.c., su un consistente numero di pronunce rese dai medesimi Giudici della nomofilachia per respingere le stesse doglianze sollevate in altri processi riguardanti la responsabilità civile sia della medesima società ricorrente quale datrice di lavoro di un lavoratore deceduto per mesotelioma pleurico (Cass. 25 marzo 2019, n. 8292; Cass. 19 marzo 2019, n. 7640; Cass. 6 novembre 2015, n. 22710) oppure quale committente (Cass. 11 settembre 2015, n. 17978) sia quella di altri datori di lavoro in casi analoghi di decesso per mesotelioma pleurico (Cass. 30 marzo 2015, n. 6352; Cass. Cass. 17 dicembre 2012, n. 26590; Cass. 15 luglio 2014, n. 16149; Cass. 14 maggio 2014, n. 10425; Cass. 5 agosto 2013, n. 18626; Cass. 23 maggio 2003, n. 8204).

La Suprema Corte aggiunge che non possa escludersi la responsabilità civile della società committente sol perché all'epoca in cui era avvenuta l'esposizione alle polveri di amianto non era entrata in vigore la normativa comunitaria, in particolare, l'art. 7, D. Lgs. n. 626/94, alla luce dell'interpretazione costituzionalmente orientata dall'art. 2087 c.c., in quanto proprio le caratteristiche di nocività dei luoghi in cui veniva svolta l'attività lavorativa, rimasti, per come pacifico, nella sostanziale disponibilità e controllo della società, implicava l'assunzione a carico di quest'ultima dell'obbligo di sicurezza unitamente al soggetto datore di lavoro (Cass. 26 gennaio 2023, n. 2393).

La Cassazione ricorda che la sempre maggiore frequenza di cantieri nei quali più imprese si trovavano a lavorare ha determinato il tramonto del principio di tendenziale irresponsabilità del committente, divenuto garante per la sicurezza con specifica attenzione all'obbligo di destinare all'appaltatore un ambiente di lavoro sicuro ed all'obbligo di informazione circa i rischi esistenti nell'ambiente di lavoro, rinvenendo il fondamento giuridico di questo duplice obbligo nell'art. 2087 c.c. e nell'art. 5, D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 (Cass. pen. 15 febbraio 2021, n. 5802).

Infatti, osserva la Corte, la responsabilità civile contrattuale ex art. 2087 c.c., in origine riferita al datore di lavoro per l'infortunio accaduto al proprio dipendente, è stata nel tempo ampliata ed estesa ai soggetti, che pur non formalmente titolari del rapporto di lavoro, abbiano la responsabilità dell'impresa o di un'unità produttiva, come i committenti che devono coprire il rischio ambientale, comprensivo dei pericoli derivanti dallo svolgimento dell'attività lavorativa nel loro ambiente di lavoro (Cass. 22 marzo 2002, n. 4129; Cass. 28 ottobre 2009, n. 22818; Cass. 8 ottobre 2012, n. 17092; Cass. 9 maggio 2017, n. 11311; Cass. 10 gennaio 2023, n. 375).

Nonostante che l'esposizione alle polveri di amianto fosse avvenuta prima dell'entrata in vigore della normativa comunitaria, la Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha ritenuto correttamente irrilevante la circostanza che la società committente non si fosse ingerita nell'esecuzione o nell'organizzazione dell'attività appaltata, trattandosi di una patologia derivata da "noxa" presente nel luogo di lavoro, cioè nello stabilimento rimasto nella sua disponibilità (Cass. 17 febbraio 2025, n. 4084; Cass. 12 novembre 2024, n. 29157; Cass. 16 dicembre 2022, n. 37019; Cass. 19 febbraio 2016, n. 3291; Cass. 23 settembre 2010, n. 20142; Cass. 19 agosto 2003, n. 12138).

Cassazione 6 maggio 2025, n. 11918: il definitivo tramonto del requisito dell'ingerenza del committente? 

Tra le decisioni più recenti che si collocano nell'orientamento giurisprudenziale che nella gestione della sicurezza negli appalti valorizza la posizione di garanzia assunta dal committente dopo l'entrata in vigore della normativa di origine comunitaria, si annovera l'ordinanza 6 maggio 2025, n. 11918, con cui la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte territoriale che aveva escluso la responsabilità della società committente, avendo accertato la mancata ingerenza nei lavori di trasporto e logistica, sebbene l'attività lavorativa dovesse eseguirsi all'interno di un piazzale di sua proprietà.

In particolare, l'infortunio era avvenuto ad un dipendente della società appaltatrice, a cui era stato affidato il trasporto, in conseguenza del rovesciamento di un container/cassa mobile, da caricare sull'automezzo, allocato presso il piazzale del committente, che aveva appaltato anche la logistica del piazzale.

I giudici di merito accertavano la responsabilità civile solidale delle due società appaltatrici, mentre escludevano quella del committente in quanto "soggetto estraneo in ragione del contenuto del contratto di appalto che rimetteva appunto alla sua diretta controparte esecutrice ogni incombenza di controllo, supervisione e verifica, nonché in ragione della sua non ingerenza rispetto a quel genere di operazioni siccome affidate all'autonomia dell'appaltatrice tenuta quindi anche a ogni assidua forma di sorveglianza e controllo sull'area solamente da lei supervisionata e autonomamente gestita”.

Avverso la sentenza di appello il lavoratore infortunato proponeva ricorso per cassazione, con cui si doleva della violazione dell'art. 26, d.lgs. n. 81/2008, sotto svariati profili.

La Cassazione, dopo un'ampia ed esaustiva illustrazione sull'evoluzione giurisprudenziale in tema di responsabilità civile del committente in caso di infortunio accaduto al dipendente dell'appaltatore, accertato che la Corte territoriale avesse escluso ogni responsabilità dell'impresa committente per il servizio di trasporto con carico di container presso il suo piazzale del deposito, poiché non vi era stata "ingerenza" nelle operazioni di carico e scarico in quanto affidate ad altra impresa appaltatrice, mediante contratto che rimetteva a quest'ultima "ogni incombenza di controllo, supervisione e verifica" e che, pertanto, non avesse verificato l'adempimento degli obblighi previsti dai primi tre commi dell'art. 26, d.lgs. n. 81 del 2008, peraltro neanche esclusi nella loro operatività dalla clausola che esime dalla sola responsabilità solidale prevista dal comma 4 della stessa disposizione i cd. "rischi specifici" propri delle attività appaltate, ha annullato con rinvio la sentenza, pronunciando il seguente principio di diritto:

Il datore di lavoro committente, che affidi lavori, servizi o forniture ad impresa appaltatrice nell'ambito della propria azienda nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo della medesima, è tenuto, ove abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto, all'adempimento degli specifici obblighi imposti dall'art. 26, d.lgs. n. 81 del 2008 e s.m.i.; nel caso di inadempimento di tali obblighi, il committente può essere ritenuto responsabile dell'infortunio sul lavoro occorso ai dipendenti dell'impresa appaltatrice, anche in mancanza di qualsiasi ingerenza sull'attività di quest'ultima

Secondo la Cassazione, la Corte territoriale “avrebbe dovuto accertare l'eventuale inadempimento dell'azienda committente agli obblighi sulla stessa gravanti secondo l'art. 26 del T.U. del 2008 e, quindi, verificare l'incidenza causale degli accertati inadempimenti sulla eziologia del sinistro verificatosi, senza limitarsi a riscontrare il difetto di "ingerenza" nell'attività dell'appaltatrice, quand'anche fosse stato contrattualmente affidata ad una delle imprese appaltatrici l'organizzazione della logistica del piazzale, non potendo ciò essere sufficiente ad integrare un esonero da responsabilità per l'inadempimento di obblighi previsti dall'art. 26, d.lgs. n. 81/2008 specificamente gravanti sul committente”, considerato che si trattava di servizi dati in appalto nell'ambito del suo ciclo produttivo all'interno di luoghi di cui aveva la disponibilità giuridica, in cui si attuava una "compresenza" organizzata e coordinata di lavoratori di più imprese, con una compartecipazione attiva di una pluralità di lavoratori sinergicamente orientata al medesimo scopo produttivo, nell'ambito di un'identità locale intesa in senso funzionale.

Conclusioni

Leggendo l'ordinanza appena descritta non è più un azzardo sostenere la tesi che l'accertamento della responsabilità civile del committente per l'infortunio accaduto al dipendente dell'appaltatore possa prescindere dalla sua ingerenza nei lavori affidati in appalto, come anche dalla sussistenza delle altre ipotesi originarie utilizzate dalla Cassazione per ritenerlo responsabile dell'infortunio accaduto al dipendente dell'appaltatore.

Tramontata la regola dell'autonomia, che preservava dalla responsabilità penale e/o civile il committente, salvo la sussistenza di una delle ipotesi individuate dalla giurisprudenza, sostituita con quella della sinergia, che impone anche a quest'ultimo l'obbligo di organizzare la sicurezza del cantiere quando affida opere o servizi ad un appaltatore nell'ambito della propria azienda nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo.

È vero che non mancano decisioni con cui viene ancora affermato - probabilmente in modo tralaticio - che “in tema di appalto, non è configurabile una responsabilità del committente in re ipsa e, cioè, per il solo fatto di aver affidato determinati lavori ovvero un servizio a un'impresa appaltatrice. La responsabilità per la violazione dell'obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori si estende, infatti, al committente solo se lo stesso si sia reso garante della vigilanza delle misure da adottare in tema di sicurezza sul lavoro e si sia riservato poteri tecnico-organizzativi rispetto all'opera da realizzare” (Cass. 1° febbraio 2023, n. 2991), ma in questi contenziosi la Cassazione tralascia di considerare che il committente, ai sensi dell'art. 26, d.lgs. n. 81/2008, è autonomamente destinatario di obblighi prevenzionali che prescindono dalla sua ingerenza, che non rappresenta più un requisito indispensabile per l'accertamento della responsabilità.

Dunque, alla luce della più recente elaborazione giurisprudenziale, in caso di appalto interno il committente risulta responsabile dell'infortunio accaduto al dipendente dell'appaltatore quando non adempie ai cinque obblighi stabiliti dall'art. 26, comma 1, comma 2 e comma 3, d.lgs. n. 81/2008, la cui violazione sia causalmente correlata alla verificazione dell'evento infortunio, mentre la responsabilità per ingerenza residua solo nel caso in cui il committente si sia intromesso nel rischio specifico riguardante l'attività demandata all'appaltatore.

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