I precedenti disciplinari nell’accertamento della giusta causa di licenziamento

16 Ottobre 2025

Considerato che l’art. 7, co. 8 dello Statuto dei Lavoratori non consente di tener conto ai fini della recidiva dei fatti commessi dopo due anni dall’applicazione della relativa sanzione disciplinare, il giudice può comunque tenere in considerazione quelle condotte per valutare la sussistenza della giusta causa di licenziamento?

Sulla questione è, innanzitutto, doveroso rammentare che la c.d. “giusta causa” di licenziamento di cui all'art. 2119 c.c. costituisce una clausola generale, la quale richiede di essere specificata in via interpretativa al fine di adeguare la disposizione normativa alla realtà concreta e, segnatamente, alla specifica fattispecie da esaminare. Nell'attività di specificazione è necessario tenere in considerazione i principi che la stessa disposizione richiama e i fattori esterni relativi alla coscienza generale. Il giudice, nell'accertate la concreta ricorrenza degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni, può considerare anche condotte precedenti all'episodio da ultimo contestato al dipendente e giustificante il licenziamento, anche qualora quella condotta non possa essere valutata ai fini della recidiva. Il precedente disciplinare, infatti, può essere considerato un indice delle negative inclinazioni del dipendente, il che, sebbene non comporti un automatismo sanzionatorio sul piano disciplinare, può essere oggetto di valutazione nell'esame complessivo della vicenda, della sua idoneità a ledere il rapporto fiduciario con il datore e, dunque, nello stabilire la concreta riconducibilità della fattispecie entro il perimetro applicativo dell'art. 2119 c.c., senza che possa ritenersi violato l'art. 7, comma8, l. n. 300/1970 (Cfr.: Cass., sez. lav., 24 luglio 2025, n. 21103).

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