PMA, cambio di sesso e status filiationis: la Consulta dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale

La Redazione
24 Ottobre 2025

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sugli artt. 5 e 12 della legge n. 40/2004 sollevate dal Tribunale di Como in tema di riconoscimento della paternità dopo rettifica di sesso, ribadendo la centralità del legame biologico ai fini dello status filiationis.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 155 del 23 ottobre 2025, si è pronunciata sulla legittimità degli artt. 5 e 12, commi 2, 9 e 10, della legge n. 40/2004 in tema di procreazione medicalmente assistita (PMA), a seguito della questione sollevata dal Tribunale di Como. Il caso riguardava una coppia originariamente eterosessuale, in cui uno dei partner aveva rettificato il sesso da maschile a femminile prima della nascita dei figli, concepiti tramite PMA omologa con gameti crioconservati. Il giudice rimettente aveva rilevato che la disciplina impediva il riconoscimento della paternità in tali ipotesi, paventando la violazione degli artt. 2,3,31,32 e 117 Cost., nonché di parametri sovranazionali in materia di bigenitorialità e tutela dei minori.

La Consulta, dichiarando le questioni inammissibili, ha chiarito che la normativa oggetto di censura disciplina esclusivamente l'accesso alla PMA e non interferisce con l'accertamento del legame biologico ai fini della declaratoria giudiziale di paternità, regolato dagli artt. 250 e 269 c.c. La paternità naturale, sottolinea la Corte, si fonda sul dato biologico, a prescindere dalla successiva rettificazione di sesso del genitore: “l'art. 269 c.c. [...] attribuisce la paternità naturale in base al mero dato biologico” (Cass. 32308/2018). Pertanto, non sussistono ostacoli giuridici al riconoscimento dello status filiationis; risultano infondate le censure di irragionevolezza e di violazione dei diritti fondamentali prospettate.

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