L’onere di dimostrazione dell’equivalenza contrattuale nella procedura di aggiudicazione degli appalti pubblici

Beatrice Rossilli
03 Novembre 2025

La sentenza affronta il tema della legittimità dell’esclusione di un operatore economico da una procedura di affidamento di servizi pubblici, a seguito della mancata dimostrazione dell’equivalenza tra il contratto collettivo nazionale applicato e quello indicato dalla lex specialis. Il giudice amministrativo si sofferma sulla ripartizione dell’onere probatorio e sui limiti del potere di verifica della stazione appaltante.

Massima

Nelle procedure di affidamento, l’operatore che intenda applicare un contratto collettivo diverso da quello indicato dalla lex specialis deve dimostrarne l’equivalenza economica e normativa. In difetto, l’esclusione è legittima, non potendo la stazione appaltante supplire alle omissioni dell’offerente con valutazioni integrative o documenti prodotti tardivamente.

Il caso

In una procedura di gara per l’affidamento di servizi di accoglienza e sorveglianza presso le sedi museali ed espositive del Comune di Rimini, il disciplinare di gara prevedeva l’applicazione di uno specifico CCNL, ammettendo la possibilità di far ricorso a contratti diversi purché equivalenti sotto il profilo delle garanzie economiche e normative.

Un operatore economico aveva dichiarato di applicare un contratto differente, senza però fornire adeguata documentazione a supporto dell’equivalenza. La stazione appaltante, dopo aver richiesto chiarimenti ritenuti non sufficienti, disponeva l’esclusione. L’operatore ha così proposto ricorso avanti al giudice amministrativo.

La questione

La questione sottoposta al TAR può essere così formulata: è legittima l’esclusione dell’operatore economico che non abbia dimostrato, in modo chiaro e tempestivo, l’equivalenza del CCNL applicato rispetto a quello indicato dalla lex specialis?

Le soluzioni giuridiche

Il TAR ha ritenuto pienamente legittima l'esclusione, sottolineando come l'onere di dimostrare l'equivalenza tra il contratto collettivo applicato e quello indicato nella lex specialis gravi integralmente sull'operatore economico.

Tale onere si inserisce nel quadro dei principi di correttezza e buona fede che governano le trattative contrattuali e trova fondamento specifico nell'art. 11, comma 2, d.lgs n. 36/2023, che consente l'applicazione di contratti diversi da quello richiesto solo a condizione che ne sia dimostrata l'equiparabilità in termini di tutele economiche e normative.

Il Collegio ha richiamato, a sostegno di questa impostazione, il principio inderogabile del giusto trattamento retributivo sancito dall'art. 36 Cost., che si impone anche rispetto alla libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost. In questa prospettiva è stato evidenziato che eventuali elementi migliorativi, come l'attribuzione di superminimi retributivi, devono essere dichiarati e documentati nella fase procedimentale, non potendo essere introdotti tardivamente.

È stata, inoltre, chiarita la distinzione tra la verifica dell'equivalenza contrattuale e la valutazione di anomalia dell'offerta, prevista dagli artt. 110-112 d.lgs. n. 36/2023; mentre la prima attiene al rispetto dei minimi inderogabili posti a tutela dei lavoratori, la seconda riguarda la sostenibilità economica complessiva della proposta.

Con tale pronuncia, il TAR si inserisce nella scia di quell'orientamento giurisprudenziale, oramai piuttosto consolidati, che mira a garantire uniformità di trattamento tra operatori economici, e soprattutto, la piena effettività dei diritti dei lavoratori.

Osservazioni

La decisione merita di essere condivisa nella misura in cui valorizza l'importanza della chiarezza e della completezza degli obblighi dichiarativi nelle procedure ad evidenza pubblica.

Il giudice amministrativo ha infatti ribadito che l'onere di provare l'equivalenza contrattuale non ha natura meramente formale, ma sostanziale, poiché incide direttamente sulla verifica della conformità dell'offerta ai principi costituzionali di tutela del lavoro (art. 36 Cost.) e di corretto bilanciamento con la libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.).

In tal senso, l'esclusione dell'operatore che non abbia fornito tempestiva ed adeguata dimostrazione delle condizioni applicate costituisce una conseguenza coerente con l'impostazione del Codice dei contratti pubblici, il quale attribuisce alla stazione appaltante un potere di verifica e non un obbligo di supplenza rispetto alle carenze dell'offerente.

È vero che un simile approccio può apparire eccessivamente rigido, nella misura in cui rischi di penalizzare operatori che, in concreto, avrebbero potuto garantire ai lavoratori condizioni non meno favorevoli di quelle previste dal contratto collettivo indicato dalla lex specialis. Tuttavia, la rigidità della soluzione appare giustificata da esigenze di certezza giuridica e di parità di trattamento tra concorrenti, oltre che dalla necessità di evitare elusioni in danno della parte più debole del rapporto, vale a dire i lavoratori.

In prospettiva, la pronuncia contribuisce a consolidare un orientamento volto a rafforzare la dimensione sociale delle procedure di gara, ponendo in primo piano non soltanto la competitività economica delle offerte, ma anche la garanzia del rispetto di standard inderogabili di tutela.

Essa richiama così gli operatori economici a un atteggiamento di massima attenzione e diligenza nella predisposizione della documentazione di gara, consapevoli che omissioni o genericità non potranno essere sanate in un momento successivo, né tanto meno in sede contenziosa.

Riferimenti

E. Caruso, Equo trattamento dei lavoratori nel nuovo codice dei contratti pubblici tra sostenibilità e risultato amministrativo, in Diritto Amministrativo, n. 4, 2023, 863-898.

G. Piglialarmi, La contrattazione collettiva del “nuovo” Codice dei contratti pubblici: problemi e prospettive, in Diritto delle Relazioni Industriali, n. 4, 2024, 1057- 1091.

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