Procedimento per convalida di sfratto, falsità della dichiarazione di persistenza della morosità e rimedi
06 Novembre 2025
A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 51/1995 che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 395, prima parte, n. 1, c.p.c., secondo la quale è esperibile anche il ricorso per revocazione se la domanda di sfratto è l'effetto del dolo della controparte con azione proponibile entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento di sfratto o nel più lungo termine previsto per l'impugnazione delle sentenze, la giurisprudenza di legittimità richiama tale rimedio nei casi di falsa attestazione dolosa della persistenza della morosità (Cass. n. 247/2000; Cass., sez. un., n. 9213/1990) ma, avendo la convalida natura di sentenza non è impugnabile se non è emessa al di fuori dello schema tipico del procedimento sommario disciplinato dall'art. 663 c.p.c., il quale, è rispettato tutte le volte che l'ordinanza, come nel caso di specie, sia stata emessa ritualmente, in presenza dei presupposti formali previsti per la sua adozione, tra questi si annovera, nel caso di sfratto intimato per il mancato pagamento del canone, l'attestazione del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste (art. 663, comma 3, c.p.c.) e non già la verità della dichiarazione stessa, che attiene all'effettiva sussistenza della morosità e concerne dunque un aspetto sostanziale. Ne consegue che l'eventuale falsità di dichiarazione di persistenza della morosità non consente di utilizzare avverso il provvedimento di convalida di sfratto i mezzi ordinari previsti per le sentenze, salva l'opposizione tardiva allo sfratto, come nella fattispecie è stata proposta, e salva la revocazione a seguito della sent. n. 51/1995, da proporsi entro il termine inderogabile prescritto, restando le eventuali ragioni affidate all'azione risarcitoria. |