Distacco continuo del contatore della luce del vicino: è spoglio o semplice molestia?
06 Novembre 2025
Massima Costituiscono molestia quei comportamenti che non incidono sulla consistenza materiale della cosa, ma impediscono l'esercizio del potere di fatto su di essa o lo rendono più difficoltoso, mentre integrano spoglio quegli atti che privano il possessore o il detentore della disponibilità o del godimento dell'intera cosa o parte di essa. L'animus turbandi che contraddistingue la molestia possessoria consiste nella volontarietà del fatto che determina la diminuzione del godimento del bene da parte del possessore e nella consapevolezza che esso è oggettivamente idoneo a modificarne o limitarne l'esercizio, senza che rilievi, in senso contrario, il perseguimento, da parte dell'agente, del fine specifico di molestare il soggetto passivo ovvero la mancata previsione delle concrete ed ulteriori conseguenze della sua azione. Il caso Un condomino, disturbato nel possesso del proprio immobile, ricorreva al Tribunale competente chiedendo che alla propria vicina venisse ordinato di cessare le turbative messe in atto nei propri confronti e, per l'effetto, di astenersi dal distaccare il contatore dell'energia elettrica della propria unità abitativa, con ulteriore condanna al risarcimento dei danni conseguenti alle molestie medesime. In pratica, il ricorrente affermava che la convenuta - peraltro, risultata essere stata colta sul fatto in quanto ripresa da un cellulare lasciato in modalità video nel locale cabina - lamentandosi della rumorosità dell'impianto di climatizzazione a servizio del proprio appartamento, procedeva ripetutamente a distaccare la corrente elettrica, provocando danni a tutti gli apparecchi di casa e costringendo egli medesimo a scendere di continuo nel locale sito al piano terra per riattivare il contatore. La convenuta si costituiva negando un suo coinvolgimento nei fatti di causa ed affermando che la sospensione della corrente era stata causata da un sovraccarico di tensione, dovuto al fatto che gli eventi si erano verificati nel periodo estivo, quando il consumo di energia è visibilmente maggiore e tale da provocare, in alcune situazioni, black-out locali e temporanei. Il Tribunale accoglieva il ricorso. La questione L'ordinanza pronunciata dal Tribunale di Padova ha posto in rilievo le caratteristiche che identificano l'azione di manutenzione del possesso, applicate ad un caso specifico quale il distacco del contatore della luce da parte di un vicino che si fa giustizia da sé. Le soluzioni giuridiche La decisione del Tribunale si è fondata, in primis, sulla prova dei fatti fornita dal ricorrente, ovvero con il deposito del video, che aveva ritratto la condomina nel momento in cui la stessa aveva aperto la porta del locale, staccato il contatore e, quindi, richiusa la porta stessa. L'intera dinamica audio-video della condotta della resistente aveva dimostrato che la stessa aveva messo in atto un comportamento diretto contro l'attività di godimento dell'immobile oggetto del possesso, disturbandone il pacifico esercizio e rendendolo disagevole e scomodo dal momento che al ricorrente, proprio nei mesi estivi, era stato impedito di godere in serenità dello stesso dotato di impianto di refrigerazione. Tanto era, dunque, bastato per classificare la fattispecie nell'ambito dell'art. 1170 c.c., essendo più che evidente la sussistenza, nella fattispecie concreta, dell'elemento psicologico dell'animus turbandi, tipico della molestia possessoria, ovvero la sussistenza della volontà e della consapevolezza dell'agente di mettere in atto un comportamento tale da alterare il sereno possesso altrui. Infatti, una volta assolto l'onere della prova da parte del ricorrente (quanto al sistematico distacco della corrente elettrica dell'appartamento e conseguenti molestie nei suoi confronti) il giudicante non poteva che accogliere il ricorso. Diversamente, la domanda risarcitoria è stata dichiarata inammissibile, in quanto non proponibile nella fase sommaria ma solo nella eventuale successiva fase del giudizio a cognizione piena. Osservazioni Secondo le linee generali, l'azione possessoria di manutenzione ha la finalità di fare cessare le turbative che mettano in pericolo l'integrità del possesso attraverso qualsiasi apprezzabile modificazione o limitazione del modo del suo precedente esercizio nella consapevolezza della volontà contraria del possessore (Cass. civ., sez. II, 18 marzo 1986, n. 1842). Con un rilevante scarto temporale la giurisprudenza ha aggiunto, ma sempre in linea con quanto già ritenuto, che la condotta dell'agente deve produrre un'apprezzabile compressione delle facoltà con cui il possesso si esteriorizza (Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 2018, n. 26787). A monte, occorre considerare che la turbativa nel possesso viene attuata tramite due tipi di condotte che confluiscono in un unico scopo: impedire al possessore di esercitare il proprio diritto in piena tranquillità. Da qui è nata la distinzione tra spoglio e molestia che costituisce l'oggetto di una vastissima giurisprudenza che si è sempre più consolidata nel tempo e che ha perimetrato entrambe le fattispecie. La diversità tra le stesse, il cui confine è piuttosto labile, è facilmente percepibile là dove il termine “spoglio” si configura come il risultato di un atteggiamento mirato, violento ma non necessariamente tale, con il quale l'autore dell'atto vuole togliere, portare via un quid dalla detenzione del possessore per impedirgli di trarne il naturale beneficio. La “molestia”, invece, che si rivolge contro l'”attività” di godimento del possessore (Cass. civ., sez. II, 06 dicembre 1984) si inserisce in un campo più largo, in quanto può prendere forme diverse, tanto che si parla di molestia di fatto ma anche di molestia di diritto. Questo dualismo, da un punto di vista legislativo, si riproduce nell'azione di manutenzione del possesso disciplinata dall'art. 1170 c.c., il cui testo richiama entrambe le situazioni, ma avendo la cura di stabilire che colui che abbia subito uno spoglio nel possesso non violento o clandestino può riacquistare la posizione di possessore se l'azione viene esperita nello stesso termine richiesto per uno spoglio violento o clandestino, ovvero un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata (ivi comma 2 e 3). Detto questo, vale la pena di evidenziare che configurare l'una o l'altra fattispecie non necessariamente viene chiesto come obbligo a carico del ricorrente che invochi tutela, poiché la relativa qualificazione si concretizza in un apprezzamento discrezionale del giudice di merito, da effettuarsi in base alle prove acquisite nel processo e sottratto al sindacato di legittimità ove scevro da vizi logici e di diritto (Cass. civ., sez. 30 settembre 2016, n. 19586). Così come, in tempo risalente, la giurisprudenza aveva affermato che per stabilire se sussistano gli estremi dello spoglio o della molestia non può prescindersi dalle modalità, anche temporali, del comportamento dell'aggressore, le quali hanno rilievo per stabilire se si tratti di un impedimento duraturo, anche se non permanente, integrante lo spoglio, o di un impedimento soltanto transitorio parificabile alla mera turbativa (Cass. civ. sez. 06 dicembre 1984, n. 6415). E questo è quello che è avvenuto nel giudizio incardinato dinanzi al Tribunale di Padova ove il giudicante, esaminate tutte le circostanze di fatto emerse nel corso dello stesso, ha ravvisato tutti gli estremi per concludere che di molestia si trattasse in ragione delle modalità utilizzate dalla resistente per mettere in difficoltà il proprio vicino/ricorrente e per rendere disagevole e scomodo il godimento del proprio immobile. Nel tutto è stata, altresì, accertata la sussistenza essenziale dell'elemento psicologico dell'animus turbandi che - come visto - non può mancare in questi contesti. Se volontarietà e consapevolezza rappresentano i presupposti fondamentali per il riconoscimento, in capo all'agente, dell'elemento psicologico nessuna rilevanza può essere attribuita al convincimento del medesimo di avere agito a tutela di un proprio diritto (Cass. civ., sez. II, 29 novembre 2014, n. 22214). Questo principio ha trovato spazio nella fattispecie di cui ci stiamo occupando, in quanto dalla narrativa dei fatti era emerso che l'autrice dell'illecito aveva ritenuto di avere subìto essa stessa delle molestie, poiché asseritamente disturbata dal rumore dei condizionatori del vicino. Di conseguenza la stessa era ricorsa ad una sorta di autotutela che, come visto, è del tutto illegittima. Da ultimo, un cenno sulla domanda risarcitoria avanzata del ricorrente e respinta dal Tribunale in quanto non proposta nella sede competente e, come tale, dichiarata inammissibile. Sul punto, va osservato che il procedimento possessorio è caratterizzato da due fasi (art. 669-octies, c.p.c.), di cui nella prima, sommaria, il giudice si deve esprimere in ordine alla sussistenza della turbativa con l'emissione dei conseguenziali provvedimenti. La fase di merito, non necessaria, è caratterizzata per essere un procedimento a cognizione piena, che ha luogo solo allorché l'attore, nel rispetto dei termini di legge, provveda alla prosecuzione del giudizio (che si conclude con sentenza appellabile secondo i canonici mezzi di impugnazione), durante la quale si procede alla disamina del merito della pretesa possessoria e dell'eventuale richiesta di risarcimento di danno proposta con il ricorso possessorio. Al riguardo, la giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2019, n. 5154) ha precisato che la domanda di risarcimento del danno da lesione del possesso, ove non sia stata formulata, a pena di inammissibilità, nel ricorso introduttivo, può essere, comunque, ancora avanzata all'udienza di trattazione individuata con il provvedimento interinale, ma solo ove sia consequenziale alla domanda riconvenzionale o alle eccezioni del convenuto. Riferimenti Nicoletti, L'esercizio del possesso di un bene immobile deve essere garantito dalle molestie altrui, in Condominioweb.com, 24 aprile 2025; Amendolagine, Azioni possessorie e petitorie. Le azioni a difesa della proprietà e del possesso (percorsi di giurisprudenza), in Giur. it., 2024, fasc. 3, 733; Trotta, Azione di manutenzione e molestia, in Altalex.com, 26 febbraio 2016; De Tilla, L 'azione di manutenzione contro le molestie possessorie, in Riv. giur. edil., 2011, fasc. 6, 1572. |