Fruizione del congedo parentale e abuso del diritto: è legittimo il licenziamento del lavoratore che svolga attività non in diretta relazione con quella di cura

10 Novembre 2025

Con l’ordinanza n. 24922 del 9 settembre 2025, la Corte di Cassazione è tornata a esprimersi sul tema delle conseguenze dell’abuso del congedo parentale in fruizione da parte del lavoratore. In particolare, i giudici di legittimità si sono pronunciati sull’idoneità di una condotta, anche non sistematica o continuativa, a integrare una fattispecie di abuso. Secondo la Corte, ogni attività non in diretta relazione con quella di cura è idonea a realizzare un abuso del diritto. Conseguentemente, deve ritenersi legittimo il licenziamento del lavoratore che si sia impegnato in una simile attività durante il periodo in cui fruiva del congedo.

Massima

È legittimo il licenziamento del lavoratore che, durante la fruizione del congedo parentale, svolga attività non in diretta relazione con quelle di cura, anche se non in forma sistematica o continuativa. Tale condotta realizza infatti un abuso di un diritto che, sebbene potestativo, non può essere esercitato discrezionalmente. Nel caso di specie, è stato dichiarato legittimo il licenziamento di un lavoratore che, durante il periodo di fruizione del congedo parentale, svolgeva attività lavorativa presso lo stabilimento balneare gestito dal coniuge.

Il caso

Un lavoratore è stato licenziato per giusta causa in ragione della propria condotta abusiva del diritto al congedo parentale, in quanto, durante il periodo di congedo, trascurava i propri compiti di cura per svolgere attività lavorativa presso lo stabilimento balneare gestito dal coniuge. In particolare, al lavoratore erano contestate le condotte tenute nell’arco di quattro giorni ricompresi nel congedo parentale della durata complessiva di quarantasei giorni.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, riformando la pronuncia di primo grado (resa in sede di opposizione ex art. 1, comma 51, l. 92/2012), ha accertato la legittimità del licenziamento. In particolare, secondo i giudici di merito, lo sviamento della finalità del congedo era corroborata, dal punto di vista probatorio, dal fatto che, durante il periodo di fruizione, sia stato necessario ricorrere a un “aiuto esterno” per la cura del figlio.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello il lavoratore ha proposto ricorso per Cassazione.

La questione

La questione sottoposta ai giudici di legittimità è sintetizzabile come segue: costituisce un abuso del diritto tale da determinare il licenziamento del lavoratore lo svolgimento, anche non continuativo e sistematico, durante il periodo di congedo parentale, di attività non in diretta relazione con le finalità di cura dell’istituto?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ha ritenuto che la condotta abusiva del diritto al congedo parentale, nella forma dello sviamento delle sue finalità, possa integrare una giusta causa di licenziamento del lavoratore anche qualora tale sviamento avvenga in modo non continuativo e sistematico.

I giudici di legittimità hanno confermato, nella sostanza, il contenuto della sentenza di appello, a sua volta conformatasi al precedente di legittimità più affine (Cass. 11 gennaio 2018,  n. 509). Secondo la pronuncia appena citata, in presenza dello svolgimento di altra attività durante la fruizione del congedo parentale, «ciò che conta non è tanto quel che il genitore fa nel tempo da dedicare al figlio quanto piuttosto quello che invece non fa nel tempo che avrebbe dovuto dedicare al minore». Di conseguenza, lo svolgimento di attività lavorativa, sicuramente non in diretta relazione con l'attività di cura del figlio, anche se in qualche modo funzionale al soddisfacimento delle esigenze familiari, è tale da integrare un abuso.

Il diritto al congedo parentale, secondo i giudici di legittimità, è potestativo ma non discrezionalmente esercitabile. Sicché si deve ammettere la possibilità di un controllo sul suo esercizio nell'ambito delle finalità cui è funzionalizzato, così come peraltro accade, per consolidata giurisprudenza, in relazione alla fruizione dei permessi ex l. n. 104/1992. Se all'esito di tale controllo si rileva una condotta abusiva, o comunque contraria a buona fede, il datore di lavoro potrà contestare l'inadempimento, con le relative conseguenze dal punto di vista disciplinare.

Osservazioni

Le conclusioni della Corte si muovono nel solco del precedente di legittimità già citato, che del resto riguardava un caso concreto simile a quello trattato nella sentenza in commento. In entrambi i casi, infatti, si trattava di valutare la compatibilità della fruizione dei congedi parentali con lo svolgimento di attività lavorativa. Tale compatibilità è stata negata anche in un caso, come quello in analisi, in cui l'attività lavorativa era comunque legata alla sfera familiare, perché prestata in favore del coniuge.

Alcuni dubbi potrebbero sorgere in relazione alla valenza generale del principio per cui «lo svolgimento di qualunque altra attività che non si ponga in diretta relazione con [quella di] cura, costituisce un abuso del diritto potestativo del congedo parentale». Si può infatti immaginare che tale principio possa essere facilmente esteso allo svolgimento di qualsivoglia attività lavorativa; più difficile è determinare quando lo svolgimento di altre attività non lavorative possa effettivamente costituire un abuso e quando invece rientri nel fisiologico equilibrio personale e familiare tra le attività di cura del figlio e le altre che caratterizzano la dimensione privata dell'individuo (v. in tema, tra le altre, Cass. 16 marzo 2025, n. 6993). In altre parole, si ritiene che la valutazione delle caratteristiche concrete del caso di specie debba rivestire comunque un ruolo centrale nella valutazione dell'abusività della condotta, con il possibile utilizzo anche dell'indice della continuatività dello svolgimento dell'attività diversa da quella di cura, indice cui la Corte sembra negare in toto rilevanza.

Tale valutazione potrebbe avvenire, ad esempio, con l'applicazione di alcuni dei criteri che la giurisprudenza ha identificato per selezionare le condotte abusive dei permessi ex l n. 104/1992 (v. da ultimo Cass. 9 maggio 2025, n. 12322; cfr. anche Cass. 9 maggio 2024, n. 12679). Del resto, è la stessa Corte a tracciare il parallelismo tra i due istituti e le relative condotte abusive. Si dovranno peraltro considerare, ai fini dell'estensione dei criteri giurisprudenziali, gli elementi che distinguono, specie nell'applicazione pratica, le due ipotesi di sospensione della prestazione: il congedo parentale è spesso fruito per periodi di tempo continuativi; i permessi ex l. n. 104/1992 si prestano ad una fruizione normalmente più discontinua.

Riferimenti

Sull’abuso dei permessi ex l. n. 104/1992: C. Garofalo, Permessi ex lege 104/1992 e obblighi del caregiver: la Cassazione chiarisce i limiti tra assistenza lecita e abuso, in Arg. dir. lav., 6, 2024, 1383 ss.;

A. Riccobono, I permessi ex l. n. 104/1992: tempi di assistenza e tempi di vita dei lavoratori caregiver, in Riv. it. dir. lav., 2, 2023, II, 284 ss.;

B. de Mozzi, Permessi ex l. n. 104/1992 e ordinarie incombenze della vita dell’assistito, in Lav. giur., 4, 2019, 354 ss.

Sui congedi parentali in generale: da ultimo, D. Izzi, Il 'work-life balance' al maschile: a proposito di congedi dei padri, in Lav. dir., 2, 2020, 333 ss.

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