La Corte costituzionale e la disciplina della confisca allargata

10 Novembre 2025

Con la sentenza n. 166 depositata il 7 novembre 2025 la Corte costituzionale ha tratto spunto dalle questioni di legittimità proposte con riguardo all'art. 85-bis del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti, di seguito t.u. stupefacenti) per dettare le linee interpretative della confisca cd. allargata (o estesa) disciplinata dall'art. 240-bis c.p.

1. L'articolo 85-bis t.u. stupefacenti prevede che, nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'art. 444 c.p.p. (cd. patteggiamento) per taluno dei delitti previsti dall'art. 73 t.u. stupefacenti, compresi (per volere del d.l. 15 settembre 2023, n. 123) i fatti di lieve entità, anche occasionali, di cui tratta il comma 5 dell'art. 73, si applica l'art. 240-bis c.p.

2. Va subito detto che tutte le questioni di legittimità sollevate in relazione all'art. 85-bis t.u. stupefacenti sono state ritenute infondate, segnatamente:

  • le questioni, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost., nella parte in cui l'art. 85-bis:
    • prevede l'applicazione della confisca allargata anche per l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 73, comma 5, t.u. stupefacenti;
    • non limita, con riguardo al delitto previsto dall'art. 73, comma 5, t.u. stupefacenti, il proprio ambito applicativo all'ipotesi in cui la condotta assuma «caratteri di non occasionalità»;
    • prevede, in combinato disposto con l'art. 240-bis c.p., come obbligatoria, anziché come facoltativa, la confisca allargata in caso di condanna o patteggiamento per il reato di cui all'art. 73, comma 5, t.u. stupefacenti;
  • la questione, sollevata in riferimento agli artt. 42 e 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 1 Prot. addiz. CEDU, nella parte in cui l'art. 85-bis TUS, in combinato disposto con gli artt. 200, comma 1, 236, comma 2, e 240-bis c.p. – in base all'interpretazione della giurisprudenza di legittimità, assunta come diritto vivente – prevede l'applicazione della confisca allargata nelle nell'ipotesi di condanna o di patteggiamento anche per i delitti di cui all'art. 73, comma 5, t.u. stupefacenti commessi anteriormente all'entrata in vigore del citato d.l. n. 123 del 2023.

3. L'art. 240-bis c.p., richiamato come si è visto dall'art. 85-bis t.u. stup., stabilisce nel primo comma, per quanto interessa in questa sede, che è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

Il secondo comma prevede poi che, quando non è possibile procedere alla confisca anzidetta, il giudice ordina la confisca di altre somme di denaro, di beni e altre utilità di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona.

4. Come si è detto, per motivare l'infondatezza delle questioni, la Corte si diffonde sull'interpretazione dell'art. 240-bis c.p., soffermandosi, in particolare, sulla ratio, sui requisiti e sulla natura della confisca allargata.

In estrema sintesi:

  • quanto alla ratio, la Corte, rifacendosi a precedente sentenza (C. cost., 21 febbraio 2018, n. 33), ribadisce che la disciplina della confisca allargata è fondata su una presunzione di provenienza criminosa dei beni posseduti dai soggetti condannati per taluni reati, per lo più (ma non sempre e non necessariamente) connessi alla criminalità organizzata; presunzione (sul punto v. Cass. pen., sez. un., 17 dicembre 2003, n. 920/04, Montella) che può ragionevolmente operare nei confronti di reati idonei a creare una «accumulazione economica, a sua volta possibile strumento di ulteriori delitti»; presunzione ragionevole che – in presenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato e il valore dei beni, e in mancanza di una giustificazione plausibile della loro provenienza lecita – essi siano stati acquisiti mediante attività criminose ulteriori rispetto a quella giudizialmente accertata.

Determinante è, dunque, che il reato possa produrre vantaggi economici in capo all'autore.

In difetto di tale potenzialità, la presunzione di provenienza dei beni del condannato da ulteriori condotte criminose, pur in presenza della condizione positiva della sproporzione rispetto al reddito e di quella negativa della mancata giustificazione della legittima provenienza, risulterebbe sprovvista di ogni fondamento razionale;

  • venendo ai requisiti, la Corte li indica:

- nella sproporzione (onere probatorio a carico della pubblica accusa) di cui parla l'art. 240-bis, comma 1, c.p.

La sproporzione consiste non in una qualsiasi discrepanza tra guadagni e possidenze, ma in uno squilibrio incongruo e significativo, da verificare con riferimento al momento dell'acquisizione dei singoli beni (C. cost. n. 33/2018, cit.). Come affermato da Cass. pen., sez. IV, 22 marzo 2024, n. 18608, «quanto più modeste siano le somme oggetto di sequestro, tanto più rigorosa deve essere la motivazione a sostegno del requisito della sproporzione tra le possidenze dell'imputato ed i suoi redditi»;

- nella relatività della presunzione.

La presunzione è «relativa»; in altre parole, è confutabile dal condannato sul quale grava un onere di allegazione di elementi che rendano credibile la provenienza lecita dei beni, che, secondo Cass. pen., sez. un., 26 giugno 2014, n. 4880/15, Spinelli, «non è certamente calibrato sui canoni di uno statuto probatorio rigoroso e formale, modulato su quello vigente in materia petitoria, sì da assurgere, in determinati casi, al rango di probatio diabolica. Per il suo assolvimento è, infatti, sufficiente la mera allegazione di fatti, situazioni od eventi che, ragionevolmente e plausibilmente, siano atti ad indicare la lecita provenienza dei beni oggetto di richiesta di misura patrimoniale e siano, ovviamente, riscontrabili» (nello stesso senso, v. Cass. pen., sez. un., 26 ottobre 2023, n. 8052/24, Rizzi);

- nella ragionevolezza (o congruità) temporale, rispetto al momento di commissione del reato per il quale il soggetto è stato condannato, della presunzione di illecita provenienza dei beni (così, da ultimo, Cass. pen., sez. I, 23 gennaio 2024, n. 25239).

Il requisito è indicato, con riferimento all'epoca cui si riferisce la pericolosità sociale, e dunque all'epoca cui risalgono gli indizi di commissione delle attività illecite che costituiscono il presupposto per l'applicazione della misura, anche in relazione alla strutturalmente omogenea confisca di prevenzione di cui all'art. 24 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (v. Corte EDU, sez. I, 25 settembre 2025, Isaia contro Italia, annotata da Trinchera, Patrimoni sproporzionati e automatismi presuntivi: la Corte EDU richiama i giudici italiani al rispetto delle garanzie in materia di confisca di prevenzione, in Sistema penale, 3 novembre 2025).

- nel fatto che le parole «è sempre disposta» riferite alla confisca allargata in caso di condanna o di patteggiamento, contenute nel primo comma dell'art. 240-bis c.p., devono essere lette alla luce della ratio sottesa all'art. 240-bis, che è quella di sottrarre al reo beni e risorse che traggono la loro verosimile origine da una ulteriore attività criminosa rimasta “sommersa” e dunque dalla ragionevolmente presumibile commissione di precedenti condotte costituenti reato – non già di altre, generiche, attività illecite, non quella di infliggere una punizione supplementare al reo.

Ciò comporta che la confisca allargata non deve essere disposta quando il fatto di reato appaia non già espressivo di un habitus criminale dal quale l'autore abbia verosimilmente tratto profitti illeciti, ma piuttosto risulti isolato o, comunque, occasionale.

  

  • Quanto alla natura la Corte rileva che la costante giurisprudenza della Corte di cassazione ritiene che la confisca allargata non sia una pena, ma una misura di sicurezza patrimoniale, sia pure “atipica” (così Cass. pen., sez. un., 17 dicembre 2003, n. 920/04, Montella; Cass. pen., sez. un. 25 febbraio 2021, n. 27421, Crostella; Cass. pen., sez. un., 26 ottobre 2023, n. 8052/24, Rizzi). Ne consegue l'applicabilità – in virtù del rinvio operato dall'art. 236, comma 2, c.p. – del principio sancito dall'art. 200, comma 1, c.p., secondo cui «[e misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione», e cioè al momento della sentenza di condanna di primo grado.

5. Va segnalato, infine, che la Corte invita la giurisprudenza a rimeditare - sulla base della citata modifica dell'art. 85-bis t.u. stupefacenti intervenuta medio tempore che ha esteso anche al “piccolo spaccio” l'applicabilità della confisca allargata e del fatto che l'art. 240-bis c.p. prevede l'obbligatoria applicazione della confisca allargata in relazione a tutti i reati elencati nell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. che, a sua volta, richiama i delitti di cui all'art. 74 t.u. stupefacenti nella sua interezza - l'orientamento (es. Cass. pen., sez. VI, 11 giugno 2015, n. 27770/16; Cass. pen., sez. VI, 11 febbraio 2024, n. 6247) che esclude l'applicazione della confisca allargata all'ipotesi di associazione finalizzata alla commissione di reati di “piccolo spaccio” sanzionata dall'art. 74, comma 6, t.u. stupefacenti.

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