Convocazione dell’assemblea con raccomandata e rilascio dell’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale

11 Novembre 2025

La convocazione tempestiva dell'assemblea è un incombente (appannaggio dell'amministratore) di estrema delicatezza, poiché un eventuale “sforamento” dei termini espone il relativo deliberato alla possibile impugnazione da parte del condomino - spesso strumentale, nel senso che sono ben altre le ragioni del suo dissenso a quanto deciso dalla maggioranza in quella riunione - e alla probabile (in quanto provata documentalmente) caducazione da parte del giudice. Al riguardo, l'ordinanza in commento - sia pure con una motivazione alquanto stringata - individua correttamente il dies a quo per la decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni per l'avviso di convocazione dell'assemblea, come previsto dall'art. 66, comma 1, disp. att. c.c., laddove, come tuttora succede, nonostante le contemplate moderne modalità di comunicazione, l'avviso de quo venga inviato ai condomini mediante lettera raccomandata affidata al servizio postale.

Massima

L'avviso di convocazione dell'assemblea, ai sensi dell'art. 66 disp. att. c.c. (nel testo applicabile ratione temporis), è un atto unilaterale recettizio, per cui, ai fini della prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti l'adunanza di prima convocazione, condizionante la validità delle delibere, è sufficiente che il condominio dimostri la data in cui esso è pervenuto all'indirizzo del destinatario, ex art. 1335 c.c., con l'ulteriore conseguenza che, nell'ipotesi di invio dello stesso con lettera raccomandata, ove questa non sia consegnata per l'assenza del destinatario, tale data coincide con quella di rilascio dell'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, in quanto idoneo a consentirne il ritiro.

Il caso

La causa - giunta, di recente, all'esame del Supremo Collegio - originava dall'impugnazione, avanzata da un condomino, avverso una delibera assembleare, con cui erano stati approvati i lavori di manutenzione straordinaria alla copertura dei vani autorimesse di due edifici, la scelta dell'impresa esecutrice e la nomina di tecnici per la direzione dei lavori e la sicurezza.

In particolare, l'attore lamentava l'illegittimità della delibera:

a) per il mancato rispetto del termine ex art 66 disp. att. c.c. di convocazione dell'assemblea di condominio;

b) per l'assenza nel verbale di allegati relativi alle offerte economiche esaminate e al computo metrico che aveva determinato la scelta dell'impresa esecutrice.

L'impugnazione era stata rigettata in primo grado dal Tribunale e la Corte d'Appello aveva confermato la gravata sentenza.

Il condomino soccombente in entrambi i giudizi di merito proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se, nella fattispecie, ci fosse stata la violazione degli artt. 1136 c.c. e 66 disp. att. c.c. e, nello specifico, se fosse corretto l'assunto dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto sufficiente, per il rispetto del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti l'assemblea condominiale, la dimostrazione che l'avviso di convocazione fosse pervenuto all'indirizzo del destinatario, ai sensi dell'art. 1335 c.c., asserendo il ricorrente che tale interpretazione contraddiceva il principio secondo cui l'avviso di convocazione è un atto unilaterale recettizio, dovendosi far riferimento alla data di effettiva ricezione.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto tale doglianza infondata.

Al riguardo, si è richiamato - dandone continuità giuridica - il principio secondo cui, ai fini della prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti l'adunanza di prima convocazione, condizionante la validità delle delibere, è sufficiente e necessario che il condominio dimostri la data in cui l'avviso di convocazione è pervenuto all'indirizzo del destinatario, ai sensi dell'art. 1335 c.c., trattandosi di atto unilaterale recettizio, sicché, nell'ipotesi in cui lo stesso sia inviato con lettera raccomandata e questa non sia consegnata per l'assenza del destinatario, la suddetta data coincide con quella di rilascio dell'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, in quanto idoneo a consentirne il ritiro (Cass. civ., sez. II, 6 ottobre 2017, n. 23396).

Nel caso di specie, si rivelava corretta la statuizione dei giudici di merito, secondo cui era stato rispettato il termine di cinque giorni - peraltro, da considerarsi non “liberi”, in mancanza di previsione di legge - intercorrente tra il 26 maggio (data di rilascio dell'avviso di giacenza della raccomandata che invitava il destinatario a ritirare il plico presso l'ufficio postale) e il 31 maggio (data della prima convocazione).

Gli ermellini hanno avuto modo di esaminare anche l'altra censura mossa dal ricorrente, il quale - denunciando la violazione degli artt. 1136 e 1130 c.c. - criticava la decisione impugnata, nella parte in cui aveva escluso che il verbale assembleare dovesse contenere o allegare i documenti utilizzati per la delibera, in particolare le tabulazioni di raffronto tra le offerte delle imprese, sostenendo che la mancata allegazione avesse compromesso il diritto dei condomini di esercitare il controllo e l'eventuale impugnazione della delibera entro i termini decadenziali.

Tuttavia, si è condiviso l'assunto del giudice distrettuale, ad avviso del quale nessuna disposizione di legge prevede - né conseguentemente sanziona la relativa inosservanza - che al verbale debbano essere allegati i documenti, nel caso in esame i preventivi (che, nella fattispecie, tra l'altro, erano stati previamente esaminati da una specifica commissione all'uopo incaricata).

Il verbale risultava redatto in modo analitico, contenendo chiaro riferimento a ciò che è avvenuto in assemblea, all'esame delle “imprese valide e meritevoli di aggiudicazione” e, in particolare, alla scelta dell'impresa aggiudicataria.

La possibilità per ciascun condomino di esaminare i documenti, sulla cui base le delibere erano state assunte, non era preclusa dalla mancata allegazione degli stessi al verbale, sussistendo la possibilità, in capo a ciascun condomino, di visionare la documentazione presso l'amministratore, qualora non decidesse di partecipare all'assemblea, sicché nessuna violazione di legge si era verificata e, soprattutto, nessun diritto del condomino era stato pregiudicato dalla mancata allegazione.

Osservazioni

A ben vedere, la Riforma della normativa condominiale (l. n. 220/2012) continua a non dettare soluzioni sulla problematica relativa al perfezionamento dell'incombente concernente il rispetto del termine di preavviso, ossia se l'avviso di convocazione di cui all'art. 66 disp. att. c.c., al fine di consentire al condomino di decidere la propria strategia partecipativa, debba essere non solo “inviato”, ma anche “ricevuto” (di contro, il novello art. 1117-ter c.c., a proposito delle delibere che approvano le modifiche alle destinazioni delle parti comuni dell'edificio, stabilisce che la convocazione dell'assemblea - oltre che essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati - deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da “pervenire” almeno venti giorni prima della data di convocazione).

La giurisprudenza ha prevalentemente optato per la seconda soluzione; del resto, la prima potrebbe frustrare le esigenze conoscitive (e, conseguentemente, partecipative) a cui tale incombente è finalizzato, nel senso che la consegna del plico al servizio postale cinque giorni prima dell'adunanza potrebbe ritenersi idonea a ritenere regolarmente convocata l'assise condominiale anche qualora, per le note disfunzioni di tale servizio, l'invito  giungesse anche in prossimità dell'evento o, addirittura, dopo il suo svolgimento.

Orbene, nonostante l'avvento delle moderne tecnologie e l'espressa autorizzazione ad avvalersi degli strumenti telematici di cui sopra (segnatamente, mail e PEC), resta praticato ancora l'invio dell'avviso di convocazione dell'assemblea mediante lettera raccomandata (ci si augura, quantomeno, con ricevuta di ritorno, nonostante l'inspiegabile silenzio della Riforma, laddove risulta confinata a piccole realtà immobiliari la consegna a mano, comprovata, ad esempio, dal foglio firmato fatto girare dal portiere dello stabile).

Il problema sorge perché risulta incerta, nel caso della raccomandata, l'individuazione del preciso momento in cui possa ritenersi che l'avviso sia stato, appunto, “comunicato” al condomino.

Al riguardo, notevole apprensione aveva destato, negli operatori del settore - amministratori in primis - le affermazioni di un arresto della Cassazione, la quale si era pronunciata sul diverso incombente della “comunicazione” del verbale agli assenti, ai fini della decorrenza del termine di trenta giorni per l'impugnazione ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., ma con principi ragionevolmente esportabili all'avviso di convocazione.

Invero, il Supremo Collegio (Cass. civ., sez. II, 14 dicembre 2016, n. 25791) aveva statuito che, ai fini del decorso del termine di impugnazione contemplato nel suddetto art. 1137 c.c., la comunicazione, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, del verbale assembleare al condomino assente all'adunanza si ha per eseguita, in caso di mancato reperimento del destinatario da parte dell'agente postale, decorsi dieci giorni dalla data di rilascio dell'avviso di giacenza o, se anteriore, da quella di ritiro del piego, in applicazione analogica dell'art. 8, comma 4, l. n. 890/1982, onde garantire il bilanciamento tra l'interesse del notificante e quello del destinatario in assenza di una disposizione espressa, non potendo la presunzione di cui all'art. 1335 c.c. operare relativamente ad un avviso - come quello di giacenza - di tentativo di consegna, che non pone il destinatario nella condizione di conoscere il contenuto dell'atto indirizzatogli.

In quest'ordine di concetti, per rispettare il termine previsto dall'art. 66, comma 3, disp. att. c.c., l'amministratore avrebbe dovuto muoversi per tempo, rischiando grosso qualora, eseguito l'incombente in zona cesarini, il condomino “furbetto” non si fosse fatto trovare a casa - rendendosi “irreperibile” e non abilitando alcuno per la ricezione - e lasciando così decorrere in toto il termine di giacenza presso l'ufficio postale, non preoccupandosi nemmeno di curare anticipatamente il ritiro del plico.

Per fortuna, la stessa seconda Sezione della Corte di Cassazione, con una quasi coeva pronuncia (Cass. civ., sez. II, 6 ottobre 2017, n. 23396) ha avuto un pronto ripensamento, il cui indirizzo è stato confermato dalla pronuncia in commento, anche se con una motivazione alquanto stringata.

In quella fattispecie, si registrava un'impugnazione nei confronti di una delibera assembleare proposta da un condomino, il quale aveva dedotto di non aver ricevuto il relativo avviso di convocazione nei termini di legge.

La Corte territoriale, accogliendo la domanda, aveva ritenuto che non fosse stata provata la ricezione dell'avviso di convocazione cinque giorni prima dell'adunanza, considerando, in particolare, applicabile il principio della scissione degli effetti delle notifiche e, quindi, opinando che la convocazione inviata per posta si perfezionasse, per il destinatario, con il compimento della giacenza o, se anteriore, con il ritiro del piego.

Ad avviso dei magistrati di Piazza Cavour, questa non è, però, la regula iuris applicabile alla fattispecie.

In proposito, si osserva che l'avviso di convocazione - atto eminentemente privato, e del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall'applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari - costituisce un atto unilaterale recettizio, per cui esso rinviene la propria disciplina nell'art. 1335 c.c., al medesimo applicandosi la presunzione di conoscenza in tale norma prevista (superabile da una prova contraria da fornirsi dal convocato), in base alla quale la conoscenza dell'atto è parificata alla “conoscibilità”, in quanto riconducibile anche solamente al pervenimento della comunicazione e non alla sua materiale apprensione o effettiva conoscenza.

Invero, la presunzione di conoscenzaex art. 1335 c.c. degli atti recettizi in forma scritta giunti all'indirizzo del destinatario opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato dalla norma; l'onere della prova a carico del mittente riguarda, in tale contesto, solo l'avvenuto recapito all'indirizzo del destinatario, salva la dimostrazione, da parte del destinatario, dell'impossibilità di acquisire in concreto la suddetta conoscenza per un evento estraneo alla sua volontà (v., in termini, Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1999, n. 4352).

Da ciò deriva l'ovvio corollario per cui, se è vero che, per ritenere sussistente, ex art. 1335 c.c., la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, della dichiarazione a questo diretta, è necessaria e sufficiente la prova che la dichiarazione stessa sia pervenuta all'indirizzo del destinatario, tale momento, ove la convocazione all'assemblea di condominio sia stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l'assenza del condomino (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio, da parte dell'agente postale, del relativo avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, idoneo a consentire il ritiro del piego stesso e non già con altri momenti successivi (si pensi al momento in cui la lettera sia stata ritirata o al compiersi della giacenza, come affermato, invece, dalla Corte territoriale).

Nel senso di cui sopra, in effetti, si erano già espresso i giudici di legittimità (v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 3 novembre 2016, n. 22311, in una fattispecie condominiale del tutto simile a quella in esame, cui adde i numerosi precedenti in altre materie, soprattutto lavoristica e agraria); va segnalata, altresì, Cass. civ., sez. III, 23 settembre 1996, n. 8399, in materia locatizia, secondo la quale una questione di legittimità costituzionale dell'art. 1335 c.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. - per la disparità di trattamento che la norma, come sopra interpretata, creerebbe fra i destinatari di atti unilaterali recettizi, anche di rilevante interesse economico-giuridico, rispetto ai destinatari degli atti giudiziari, notificati a mezzo posta - sia manifestamente infondata, trattandosi di situazioni non omogenee e consentendo, comunque, l'art. 1335 c.c. citato di superare la presunzione di conoscenza del destinatario dell'atto, ove quest'ultimo provi di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di averne notizia.

Viene, dunque, riaffermato, il principio di diritto per cui, in tema di condominio, riguardo all'avviso di convocazione di assemblea di cui all'art. 66 disp. att. c.c., stante che detto avviso deve qualificarsi quale atto di natura privata - del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall'applicazione del regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari - e, in particolare, quale atto unilaterale recettizio ai sensi dell'art. 1335 c.c., al fine di ritenere fornita la prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti l'adunanza di prima convocazione, condizionante la validità delle delibere, è sufficiente e necessario che il condominio (sottoposto al relativo onere), in applicazione della presunzione del citato art. 1335 c.c., dimostri la data di pervenimento dell'avviso all'indirizzo del condomino, salva la possibilità del destinatario di provare di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia.

Dunque, tale momento, ove la convocazione all'assemblea sia stata inviata mediante lettera raccomandata - cui il testo dell'art. 66 disp. att. c.c. affianca, nel testo successivo alla riforma di cui alla l. n. 220/2012, altre modalità partecipative - e questa non sia non consegnata per l'assenza del condomino (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio da parte dell'agente postale del relativo avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, idoneo a consentire il ritiro del piego stesso, e non già con altri momenti successivi (quali il momento in cui la lettera sia stata effettivamente ritirata o in cui venga a compiersi la giacenza).

Gli ermellini hanno avuto, altresì, modo di offrire alcune puntualizzazioni in merito alla disciplina della regolamentazione postale, costituita ratione temporis dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 1° ottobre 2008 (recante “Approvazione delle condizioni generali per l'espletamento del servizio postale universale”), cui è succeduta la delibera 385/13/CONS del 20 giugno 2013 dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Il regolamento - nei due testi, sul tema non presentanti significative variazioni, rispettivamente agli artt. 24 e 25 - contempla, innanzitutto, il caso dell'impossibilità di consegna al destinatario, nozione intesa quale comprensiva dei conviventi e di altri soggetti quali collaboratori familiari e portiere (artt. 26 e 27), degli invii “a firma” (tra i quali le raccomandate, v., rispettivamente, artt. 20 e 21), e, per tale ipotesi, stabilisce che l'invio sia messo a disposizione presso l'ufficio postale, ciò di cui il destinatario riceve “avviso che gli indica” l'ufficio postale “per il ritiro”.

In relazione a tale precisazione da parte del regolamento, la prassi mostra un'evoluzione nel senso che tale “avviso”, oltre che indicare il luogo (ufficio postale o centro di distribuzione), indica altresì la data e l'ora a partire dalle quali il ritiro potrà essere effettuato, di solito - in particolare, quando l'avviso sia rilasciato seduta stante dall'agente postale ed inserito nella casella postale del destinatario - non coincidenti con la data e l'ora di pervenimento dell'avviso all'indirizzo stesso del destinatario (di alcune ore o anche di un paio di giorni, specialmente in corrispondenza di festività) in relazione all'esigenza organizzativa di restituzione dei plichi all'ufficio e di loro razionale predisposizione per la distribuzione.

Si pone, pertanto, il problema di stabilire se sia valida ancora la soluzione giurisprudenziale per cui sia, nel caso in esame, il rilascio da parte dell'agente postale dell'avviso di giacenza a segnare il momento di pervenimento della raccomandata all'indirizzo del destinatario ai fini anzidetti, o se invece detto momento debba essere posposto alla data e ora successivi, a partire dalle quali il plico ritorni effettivamente disponibile per la consegna, mancata all'indirizzo del destinatario.

Al riguardo, il Supremo Collegio non ha ravvisato ragioni per tale posposizione, alla luce del fatto che - come sopra rilevato - al momento della tentata consegna, seguita dal rilascio dell'avviso di giacenza, il plico è comunque pervenuto all'indirizzo del destinatario, realizzandosi così il presupposto dell'art. 1335 c.c., per cui la circostanza che le fasi temporali successive evidenzino ostacoli di mero fatto alla materiale conoscenza dell'atto, in relazione alle accennate esigenze organizzative del servizio postale, non può valere ad introdurre differenziazioni nell'interpretazione della disciplina.

Il regolamento, poi (art. 31, in entrambi i testi), si preoccupa di indicare, con disposizione da intendersi - data la fonte - non vincolante sul piano civilistico, il regime di proprietà dell'atto inviato, disponendo che “il mittente resta proprietario dell'invio sino al momento della consegna”, e che egli, prima della consegna, ha titolo a chiedere la restituzione dell'invio o la modifica della destinazione o del destinatario.

Anche tale disposizione non è parsa suscettibile di introdurre varianti nell'interpretazione accolta, posto che, da un lato, la disciplina civilistica in tema di proprietà - in base alla quale il regime dominicale delle cose inviate per posta può essere il più diverso, a seconda dei rapporti tra le parti - non potrebbe essere derogata da un regolamento in materia postale, e, d'altro lato, a prescindere al riferimento generico alla “proprietà”, ciò che va avuto presente è il termine finale fissato dalla norma per l'esercizio della facoltà del mittente di chiedere la restituzione o la modificazione della destinazione dell'invio.

Al riguardo, se il riferimento di tale regolamento alla “consegna” fosse interpretato come idoneo a consentire il richiamo da parte del mittente fino a che il plico non sia ritirato presso l'ufficio postale, pur dopo che sia stato emesso l'avviso di giacenza e reso conoscibile da parte del destinatario, si introdurrebbe un elemento dissonante rispetto alla ricostruzione di cui all'art. 1335 c.c., poiché l'atto sarebbe sì entrato nella sfera di controllo del destinatario, ma potrebbe, poi, fuoriuscirne in base ad un'iniziativa del mittente.

Senonché, nel senso che la dizione “consegna” sia utilizzata nella suddetta disposizione con significato solo esemplificativo, relativamente all'id quod plerumque accidit, dovendo la preclusione della possibilità di restituzione al mittente retroagire al momento dell'emissione dell'avviso di giacenza ove la consegna sia stata comunque tentata, anche se non effettuata, in caso di assenza del destinatario, depone con chiarezza la considerazione delle disposizioni regolamentari (art. 25 e 26, rispettivamente, nei due testi considerati) che, una volta emesso l'avviso di giacenza, prescrivono che gli invii restino in giacenza (nel caso in esame, per trenta giorni) a disposizione del destinatario e non del mittente, al quale ultimo essi vengono restituiti solo all'esito, previa richiesta e pagamento di corrispettivo, in alternativa alla distruzione.

Riferimenti

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D'Urso, Il termine di convocazione delle assemblee condominiali, in Rass. equo canone, 1991, 374;

Zerilli, Sul problema della decorrenza del termine di comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale ex art. 66, comma 3, disp. att. c.c., in Arch. loc. e cond., 1986, 111.

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