Condizioni per l’esistenza del supercondominio: pluralità di edifici autonomi e comproprietà di parti comuni accessorie

18 Novembre 2025

Una recente decisione della Corte di Cassazione ha approfondito, con motivazione molto articolata, il rapporto che sussiste tra il condominio ed il supercondominio, non solo per inquadrare la natura e le caratteristiche dei due istituti, ma anche per definire quando un bene possa essere considerato parte del condominio complesso e quando no. Si tratta di una questione di estrema importanza, atteso che l'appartenenza del bene all'una o all'altra struttura è determinante al fine dell'imputazione delle relative spese.    

Massima

Per poter affermare l'esistenza di un rapporto di supercondominialità di fatto tra due edifici, anche non condominiali, con conseguente applicabilità delle norme del Capo I del Titolo VII del Libro III, in quanto compatibili, anziché delle norme in materia di comunione, è indispensabile l'esistenza di una proprietà che possa essere qualificata come comune in base all'art. 1117 c.c. sulla quale si trovino, cose, impianti, o servizi a favore di entrambi gli edifici, non essendo sufficiente, invece, la sola fruizione da parte di entrambi di cose, impianti, o servizi insistenti su proprietà esclusiva di uno solo degli edifici medesimi.

Il caso

La controversia portata a conoscenza della Corte di Cassazione nasce dall'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da un Condominio nei confronti dei proprietari di una unità immobiliare, per l'asserito mancato pagamento di oneri condominiali attinenti, tra l'altro, alle spese concernenti un viale, munito di cancello e di illuminazione, che fiancheggiava la proprietà degli opponenti e che il Condominio aveva ritenuto essere bene condominiale.

Nell'atto di opposizione gli attori, negando la fondatezza del decreto loro ingiunto, chiedevano in via riconvenzionale che venisse accertata l'inesistenza di condominialità del viale in questione.

Il Tribunale, sulla base di una CTU, accertava che l'unità immobiliare degli attori non faceva parte del Condominio, ma contestualmente dichiarava che gli stessi usufruivano del passaggio pedonale sullo stradello per accedere alla loro proprietà.

In sede di gravame, veniva parzialmente accolto solo l'appello incidentale del Condominio con l'accertamento dell'esistenza di un rapporto di “supercondominialità” tra l'immobile degli appellanti in via principale ed il Condominio in ragione della funzione svolta dallo stradello in favore dei primi. Nessun riconoscimento, invece, sull'obbligo di pagamento delle quote condominiali a carico degli appellanti principali.

Avverso tale sentenza, i soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione contestando, in particolare, che per determinare il rapporto di “supercondominialità” tra le due entità fosse sufficiente l'esistenza del solo nesso funzionale tra vialetto e proprietà immobiliare privata.

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso.

La questione

Nella fattispecie, il giudice è stato chiamato a decidere se il privato, nella semplice veste di utilizzatore di un viale situato tra la sua proprietà immobiliare ed altro condominio, fosse tenuto al pagamento delle relative spese.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di legittimità hanno, in primo luogo, evidenziato come la Corte del merito avesse ritenuto che la supercondominialità automatica, che si costituisce ipso iure et facto, scatta anche nel caso in cui “un edificio (quello del Condominio) ed una casa unifamiliare (quella dei ricorrenti) abbiano in comune talune cose, impianti e/o servizi legati, appartenenti o anche utilizzati dai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati”. Assunto derivante da una pronuncia di legittimità (Cass. civ., sez. II, 4 novembre 2019, n. 28280) che - veniva rilevato - si riferiva ad un caso non pertinente, poiché i beni in contestazione provenivano, per vendita o frazionamento, da un originario unico fabbricato mentre, nel caso in esame, i due fabbricati (Condominio e proprietà immobiliare privata) erano stati edificati ab origine separatamente, su terrenti distinti e senza che vi fosse una comunione sul vialetto.

Del resto, ha proseguito la Corte, ancora prima dell'entrata in vigore della riforma del 2012, si sarebbe potuto parlare di “supercondominialità”, come poi definita dall'art. 1117-bis, c.c., nel caso in cui fosse stato presente il requisito dell'esistenza di una proprietà comune nell'ambito di quelle indicate dall'art. 1117 c.c., con la possibilità di conferire all'espressione “rapporto di condominialità” un significato ben più ampio, in quanto esteso a parti comuni non di uno stesso edificio (Condominio verticale), ma di edifici limitrofi e autonomi, purché si trattasse di beni stabilmente ed oggettivamente destinati al godimento degli stessi (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 15 febbraio 2018, n. 3739: fattispecie relativa ad un cortile esistente tra più edifici limitrofi, ma strutturalmente autonomi appartenenti a proprietari diversi, ove lo stesso fosse destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo circondano).

Da ultimo, la Corte, richiamando un suo precedente anche se relativo ad un tempo non coperto dalla nuova normativa (Cass. civ., sez. II, 10 dicembre 2019, n. 32237), ha precisato che il supercondominio è caratterizzato dalla natura specificatamente condominiale della relazione di accessorietà tra la parte comune servente e la pluralità di immobili serviti, a prescindere dalla circostanza che questi ultimi integrino un Condominio unitario, o più condomini. Da ciò deriva, in via conseguenziale, che il supercondominio unifica più edifici, costituiti o meno in distinti condomìni, entro una più ampia organizzazione condominiale caratterizzata dall'esistenza di beni, impianti e servizi comuni che si pongono in un rapporto di accessorietà con i fabbricati, il cui carattere non è snaturato dalla fusione degli stessi in un'unica entità.

Osservazioni

La decisione della Corte di Cassazione ha posto in rilievo il rapporto tra quella che è stata definita “supercondominialità” e “condominialità, nel quale si può ipotizzare che il primo sia un contenitore del secondo.

Partiamo dalla natura del Condominio, che si caratterizza per la coesistenza di unità immobiliari in proprietà esclusiva dei singoli condomini e di parti comuni strutturalmente e funzionalmente connesse alle prime. Il Condominio, inoltre, ha come presupposto il frazionamento della proprietà degli edifici in varie unità individuali, rispetto alle quali l'art. 1117 c.c. ha introdotto il principio della presunzione di appartenenza comune delle parti connettive dell'edificio e di quelle parti, o impianti, che siano strumentali al soddisfacimento delle necessità abitative comuni.

Il Condominio, quindi, si costituisce ex se ed ope iuris, senza che sia necessaria una deliberazione, nel momento in cui più soggetti costruiscono su un suolo comune, ovvero quando l'unico proprietario di un edificio ne cede a terzi piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva, realizzando l'oggettiva condizione del frazionamento che ad esso dà origine (Cass. civ., sez. II, 10 settembre 2004, n. 18226).

Si viene così a creare una situazione stabile e tendenzialmente definitiva, che si contrappone a quella disciplinata dalle norme sulla comunione (di cui il Condominio rappresenta un genus) che è occasionale e ipoteticamente transitoria.

Il Supercondominio è nato da una diversa concezione di edilizia residenziale: non più edifici isolati, autonomi e legati da reciproca contiguità, ma complessi concepiti unitariamente e funzionalmente, oltre che intesi a rispondere più adeguatamente alle nuove esigenze abitative.

Tale autonomia strutturale deve essere accompagnata dalla presenza di una serie di opere e servizi comuni a tutto il complesso edilizio (impianti di riscaldamento, di condizionamento, strade di accesso, impianti elettrici, aree destinate a verde, parcheggi coperti e scoperti, e così via).

Dopo un lungo periodo di dibattiti, dottrinali e giurisprudenziali, in ordine all'individuazione della disciplina cui sottoporre il condominio complesso (ovvero se quella concernente la comunione oppure quella tipicamente relativa al condominio ritenuta, per una parte degli interpreti, come “astrattamente” applicabile), si è pervenuti, con la riforma del 2012, a porre sullo stesso piano i due istituti che sottostanno alle stesse norme. Questo è avvenuto con l'introduzione dell'art. 1117-bis, c.c. che ha esteso al Supercondominio (peraltro, mai nominalmente indicato come tale dal legislatore) l'impianto codicistico, con il limite della compatibilità delle norme con riferimento ai due istituti. Ne è risultato che il Supercondominio, materialmente, si identifica con alcune realtà specificamente stabilite dal legislatore, ovvero nel caso di più unità immobiliari e/o edifici, nonché di più condominii di unità immobiliari o edifici che abbiano parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c.

La disposizione disegna un quadro nel quale è dato ricavare che le parti in comune non devono essere solo funzionali alle componenti del condominio complesso - come declinato dall'art. 1117-bis, c.c. - ma devono essere anche in comproprietà, pro quota, di tutti coloro che contribuiscono a formare la super struttura.  Questo significa che, dal concetto di supercondomialità, devono essere esclusi coloro che sono estranei a tale realtà.

A questa conclusione, si perviene tramite un'analisi della giurisprudenza, la quale ha ritenuto che come il condominio negli edifici anche il c.d. supercondominio venga in essere ipso iure et facto, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno di approvazioni assembleari, essendo sufficiente che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati (Cass. civ., sez. II, 3 luglio 2024, n. 18238; Cass. civ., sez. II, 15 novembre 2017, n. 27094).

Nel confronto tra il fondamento del Supercondominio, rappresentato dai principi ora richiamati, e la situazione oggetto del contenzioso portato all'esame della Suprema Corte, è facile comprendere come lo stradello in questione, pur utilizzato dai privati per accedere alla loro proprietà, non potesse configurare un bene supercondominiale, tale da giustificare l'imposizione di un obbligo di contribuire alle spese ad esso connesse. Infatti, dal combinato disposto degli artt. 1117 e 1117-bis, c.c. deriva l'esigenza di una proprietà comune a tutte le entità che formano il Supercondominio e che, nella specie, era rappresentata dal viale situato tra il Condominio opposto e la proprietà immobiliare esclusiva.

Riferimenti

Fontana, Condominio o supercondominio?, in Arch. loc. e cond.., 2021, fasc. 4, 390;

Fontana, Servitù di passaggio o supercondominio?, in Arch. loc. e cond., 2021, fasc. 3, 275;

Marconi, Supercondominio, quando sorge ipso iure et facto, in Altalex.com, 28 gennaio 2020;

Costabile, L'estensione della proprietà condominiale ad edifici autonomi e separati dal condominio, in Immob. & proprietà, 2013, 45.

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