Responsabilità contrattuale del notaio e danno del cliente: irrilevante il mero pericolo di subire un pregiudizio
17 Novembre 2025
Massima In tema di responsabilità professionale, l'adempimento, da parte del cliente, di un debito preesistente nei confronti di un terzo non integra un danno patrimoniale risarcibile perché detto pagamento costituisce un atto dovuto che non trova causa nell'errore del professionista bensì nel rapporto negoziale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in relazione alla responsabilità di un notaio per l'omessa annotazione, a margine dell'atto di matrimonio, dell'atto costitutivo di un fondo patrimoniale per la famiglia, aveva ritenuto che il pagamento, da parte di uno dei coniugi, di un debito garantito da ipoteca verso un istituto bancario, costituisse danno risarcibile, in quanto pregiudizievole effetto dell'errore del notaio, avendo il cliente a tanto provveduto per il pericolo di perdere i beni conferiti nel fondo). Il caso Due coniugi citavano in giudizio un notaio per ottenerne il risarcimento dei danni derivati da responsabilità professionale, avendo omesso di annotare a margine dell'atto di matrimonio ex articolo 162, quarto comma, c.c. l'atto costitutivo di fondo patrimoniale per la famiglia. I giudici di merito accoglievano la domanda attorea. Il notaio proponeva ricorso in cassazione, dolendosi che gli attori non avevano dimostrato l'esistenza di un concreto danno consistito in effettiva diminuzione del patrimonio come conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento. La questione La questione in esame è la seguente: cosa è necessario per la configurabilità della condanna al risarcimento del danno conseguente all’accertata responsabilità contrattuale del notaio? La soluzione giuridica L'incarico conferito dal privato al notaio genera, salvo espressa dispensa per accordo delle parti, un'obbligazione a carico del notaio (art. 1173 c.c.) in sede di preparazione e stesura dell'atto pubblico di trasferimento immobiliare e consistente nella preventiva verifica della libertà e della disponibilità della res e delle risultanze dei pubblici registri. In materia, sono, infatti, applicabili i principi generali dell'adempimento esatto e senza ritardo (art. 1218 c.c.), secondo la diligenza dovuta dalla natura dell'attività esercitata (art. 1176 c.c.), salvo impossibilità derivante da causa non imputabile al contraente debitore o mandatario. Nell'accertamento del nesso causale in materia di responsabilità civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non", a differenza che nel processo penale, ove vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (Sez. U n. 576/2008). Tale criterio va tenuto fermo anche nei casi di responsabilità professionale per condotta omissiva (qual quello in esame): il giudice, accertata l'omissione di un'attività invece dovuta in base alle regole della professione praticata, nonché l'esistenza di un danno che probabilmente ne è la conseguenza, può ritenere, in assenza di fattori alternativi, che tale omissione abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno. Occorre, tuttavia, distinguere fra l'omissione di condotte che, se tenute, sarebbero valse ad evitare l'evento dannoso, dall'omissione di condotte che, viceversa, avrebbero prodotto un vantaggio. In entrambi casi possono ricorrere gli estremi per la responsabilità civile, ma nella prima ipotesi l'evento dannoso si è effettivamente verificato, quale conseguenza dell'omissione; nell'altra, il danno (che, se patrimoniale, sarebbe da lucro cessante) deve costituire oggetto di un accertamento prognostico, dato che il vantaggio patrimoniale che il danneggiato avrebbe tratto dalla condotta altrui, che invece è stata omessa, non si realmente verificato e non può essere empiricamente accertato. Costituisce invero approdo esegetico pacifico nella giurisprudenza di legittimità che, per il notaio richiesto della preparazione e della stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e della disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei pubblici registri, attraverso la loro visura, rappresenta, salvo espressa dispensa per concorde volontà delle parti, obbligo derivante dall'incarico conferitogli dal cliente, di talché l'inosservanza dello stesso, dà luogo a responsabilità ex contractu del notaio medesimo per inadempimento della prestazione d'opera intellettuale demandatagli (Cass. n. 24733/2007; Cass. n. 264/2006). La Corte di cassazione con la pronuncia in commento si conforma all'orientamento a mente del quale l'azione di responsabilità contrattuale nei contratti di un professionista - nella specie, un notaio - che abbia violato i propri obblighi professionali può essere accolta, secondo le regole generali che governano la materia risarcitoria, se e nei limiti in cui un danno si sia effettivamente verificato, occorrendo a tale scopo valutare se il cliente avrebbe potuto conseguire con ragionevole certezza una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria obbligazione (Cass. n. 3657/2013). La circostanza del previo versamento integrale del prezzo di compravendita, unitamente alla sottoscrizione del preliminare, determina l'irreversibile produzione del danno, peraltro non ascrivibile al notaio se sul piano colpa/danno sia effetto di una serie eziologica indipendente dalla condotta attiva del medesimo (notaio), e fa sì che l'unico nocumento risarcibile sia costituito dalle ulteriori spese, sostenute dagli acquirenti, connesse al rogito (Cass. n. 16905/2010). Osservazioni Il tratto distintivo della responsabilità contrattuale risiede nella premessa della relazionalità, da cui la responsabilità conseguente alla violazione di un rapporto obbligatorio. Il danno derivante dall'inadempimento dell'obbligazione non richiede la qualifica dell'ingiustizia, che si rinviene nella responsabilità extracontrattuale, perché la rilevanza dell'interesse leso dall'inadempimento non è affidata alla natura di interesse meritevole di tutela alla stregua dell'ordinamento giuridico, come avviene per il danno ingiusto di cui all'art. 2043 c.c. (Cass. Sez. U. n. 500/1999), ma alla corrispondenza dell'interesse alla prestazione dedotta in obbligazione (arg. ex art. 1174 c.c.). È la fonte contrattuale dell'obbligazione che conferisce rilevanza giuridica all'interesse regolato. Se la soddisfazione dell'interesse è affidata alla prestazione che forma oggetto dell'obbligazione vuol dire che la lesione dell'interesse, in cui si concretizza il danno evento, è cagionata dall'inadempimento. La causalità materiale, pur teoricamente distinguibile dall'inadempimento per la differenza fra eziologia ed imputazione, non è praticamente separabile dall'inadempimento, perché quest'ultimo corrisponde alla lesione dell'interesse tutelato dal contratto e dunque al danno evento. La causalità acquista qui autonomia di valutazione solo quale causalità giuridica, e dunque quale delimitazione del danno risarcibile attraverso l'identificazione del nesso eziologico fra evento di danno e danno conseguenza (art. 1223 c.c.). L'assorbimento pratico della causalità materiale nell'inadempimento comporta che tema di prova del creditore resti solo quello della causalità giuridica (oltre che della fonte del diritto di credito), perché, come affermato da Cass. Sez. U. 30 ottobre 2001 n. 13533 del 2001, è onere del debitore provare l'adempimento o la causa non imputabile che ha reso impossibile la prestazione (art. 1218 c.c.), mentre l'inadempimento, nel quale è assorbita la causalità materiale, deve essere solo allegato dal creditore. Non c'è quindi un onere di specifica allegazione (e tanto meno di prova) della causalità materiale perché allegare l'inadempimento significa allegare anche nesso di causalità e danno evento. Tale forma del rapporto fra causalità materiale e responsabilità contrattuale attiene tuttavia allo schema classico dell'obbligazione di dare o di fare contenuto nel codice civile. Nel diverso territorio del facere professionale la causalità materiale torna a confluire nella dimensione del necessario accertamento della riconducibilità dell'evento alla condotta secondo le regole generali sopra richiamate. Sul punto valgono le seguenti considerazioni. Se l'interesse corrispondente alla prestazione è solo strumentale all'interesse primario del creditore, causalità ed imputazione per inadempimento tornano a distinguersi anche sul piano funzionale (e non solo su quello strutturale) perché il danno evento consta non della lesione dell'interesse alla cui soddisfazione è preposta l'obbligazione, ma della lesione dell'interesse presupposto a quello contrattualmente regolato. La distinzione fra interesse strumentale, affidato alla cura della prestazione oggetto di obbligazione, ed interesse primario emerge nel campo delle obbligazioni di diligenza professionale. La prestazione oggetto dell'obbligazione non è la guarigione dalla malattia o la vittoria della causa, ma il perseguimento delle leges artis nella cura dell'interesse del creditore. Come è stato evidenziato (Cass. n. 21045/2014), l'inadempimento è solo uno degli elementi che compongono il fatto costitutivo del diritto al risarcimento del danno. Esso connota la condotta inadempiente in termini di disvalore, in quanto violativa dell'obbligo contrattualmente assunto, e dunque idonea a costituire criterio di imputazione soggettiva del danno che eventualmente ne consegua, ma non coincide certo con il danno risarcibile (danno conseguenza), e ancor prima non vale di per sé a dimostrare nemmeno l'esistenza di un evento di danno, ossia della lesione dell'interesse presupposto a quello contrattualmente regolato: evento legato alla condotta da nesso di causalità materiale ma da essa naturalisticamente distinto, come dimostra l'art. 1227 c.c., primo comma, che disciplina proprio il fenomeno della causalità materiale rispetto al danno evento sotto il profilo del concorso del fatto colposo del creditore. Se nelle obbligazioni di dare o facere non professionale il danno evento può considerarsi provato già dall'inadempimento, poiché quest'ultimo corrisponde alla lesione dell'interesse tutelato dal contratto (si parla in tal caso di "assorbimento pratico" della causalità materiale nell'inadempimento, ma sarebbe più appropriato parlare di "prova evidenziale", poiché quel che accade in questi casi è che la stessa fattispecie legale sta a dimostrare ex se il nesso causale, senza però che per tal motivo si possa negare, concettualmente e naturalisticamente, la relazione tra due fatti che restano distinti), nelle obbligazioni di diligenza professionale (qual è quella per cui è causa), dove l'interesse corrispondente alla prestazione (vigilanza sulla regolarità formale e sostanziale dell'atto alla cui stipula il notaio è chiamato a presiedere) è solo strumentale all'interesse primario del creditore (concreta azionabilità di tutti i diritti nascenti dall'atto), causalità ed imputazione per inadempimento tornano a distinguersi anche sul piano funzionale, ossia della prova, e non solo su quello strutturale, perché il danno evento consta non della lesione dell'interesse alla cui soddisfazione è preposta l'obbligazione, ma della lesione dell'interesse presupposto a quello contrattualmente regolato (Cass. n. 28991/2019). In tal senso va ricordato che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione l'affermazione secondo cui "la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente" (Cass. n. 10966/2004), con la conseguenza che "la mancanza di elementi probatori, atti a giustificare una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito dell'attività del prestatore d'opera, induce ad escludere l'affermazione della responsabilità del legale, in quanto, la responsabilità dell'esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l'avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone" (Cass. n. 22376/2012; Cass. n. 1984/2016). Il diritto al risarcimento sorge poi solo in presenza di un danno conseguenza, distinto a sua volta dal danno evento e ad esso legato da un nesso di causalità giuridica (art. 1223 cod. civ.), da verificare secondo i medesimi criteri probabilistici (Cass. n. 25112/2017; Cass. n. 33466/2022). In sostanza, nei casi come quello in esame, l'accertamento del nesso causale si estende con medesimi criteri probabilistici - anche alle conseguenze dannose risarcibili sul piano della causalità giuridica (i.e. della relazione etiologica evento/conseguenze), ossia al mancato vantaggio che, ove l'attività professionale fosse stata svolta con la dovuta diligenza, il cliente avrebbe conseguito. |