Limiti dell’azione di accertamento

La Redazione
20 Novembre 2025

Il Tribunale di Palermo (sent. 14 marzo 2025, n.  1157), si è  soffermato sui limiti dell'azione di accertamento, chiarendo che non è sufficiente l’affermazione della titolarità di un diritto per poter legittimamente pretendere una sentenza che accerti l’esistenza (o l’inesistenza) dello stesso, in quanto il processo è strumentale alla difesa di un diritto e, quindi, presuppone una lesione, concreta ed attuale, dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio.

L'azione di accertamento nel nostro ordinamento ha una portata generale, posto che l'art. 24 della Costituzione stabilisce non solo il diritto ad agire liberamente in giudizio, ma anche quello di scegliere la forma di tutela che si ritiene più adeguata; che il codice civile non contiene alcuna norma che limita l'esercizio dell'azione di accertamento ai casi previsti dalla legge e che, infine, attraverso l'istituto dell'accertamento incidentale previsto dall'art. 34 c.p.c.,  è possibile per il giudice, per richiesta della parte o per espressa previsione legislativa, decidere con forza di giudicato ogni questione pregiudiziale.

Se il problema della tipicità o generalità dell'azione di accertamento è dunque agilmente risolvibile, più controverso è capire quali limiti debbano essere posti all'esperimento di tale azione. Ciò che può dirsi con certezza è che non è sufficiente l'affermazione della titolarità di un diritto per poter legittimamente pretendere una sentenza che accerti l'esistenza (o l'inesistenza) dello stesso, in quanto il processo è strumentale alla difesa di un diritto e, quindi, presuppone che l'interesse di tutela sorga a seguito di una violazione o contestazione di una posizione giuridica meritevole di tutela.

L'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. è stato definito da autorevole dottrina come extra-formale e generalissimo; proprio in virtù della generalità dell'interesse ad agire, tuttavia, si palesa il rischio di limitare in modo eccessivamente generico e discrezionale il perimetro dell'azione. I principi generali in materia di condizioni dell'azione, desumibili dall'art. 24 Cost. e dall'art. 100 c.p.c., corroborati dalla giurisprudenza nazionale ed europea, consentono di affermare che l'interesse processuale presuppone, nella prospettazione della parte istante, una lesione concreta ed attuale dell'interesse sostanziale dedotto in giudizio e l'idoneità del provvedimento richiesto al giudice a tutelare e soddisfare il medesimo interesse sostanziale.

L'interesse ad agire assolverebbe, in tal modo, ad una funzione di filtro in chiave deflattiva delle domande proposte al giudice, fino ad assumere l'aspetto di un controllo di meritevolezza dell'interesse sostanziale in gioco, alla luce dei valori costituzionali ed internazionali rilevanti, veicolati dalle clausole generali fondamentali sancite dagli artt. 24 e 111 Cost. La valutazione dell'interesse ad agire, in quest'ottica, diviene efficace antidoto del più ampio divieto di abuso del processo, inteso come esercizio dell'azione in forme eccedenti, rispetto alla tutela attribuita dall'ordinamento.

(Nel caso di specie, il Tribunale, considerato che parte attrice aveva chiesto accertarsi la riconducibilità al sig. (omissis ) di alcune annotazioni apposte nel verbale di rilascio alloggio del 1996, al fine di ottenere la condanna dello stesso al pagamento del compenso corrisposto ad un consulente, ha ritenuto sussistente l'interesse ad agire).

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