La Corte costituzionale e la legittimità del “raffreddamento” della perequazione delle pensioni

La Redazione
21 Novembre 2025

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 167/2025, ha stabilito che il meccanismo di “raffreddamento” della perequazione automatica per le pensioni superiori a quattro volte il minimo INPS non rappresenta un prelievo tributario, ma piuttosto costituisce un intervento volto a contenere la spesa, in linea con i principi di ragionevolezza e uguaglianza.

Il giudizio di legittimità costituzionale riguardava l'art. 1, comma 309, della legge n. 197/2022, sollevato dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per l’Emilia-Romagna, in un contenzioso tra ex appartenenti al comparto difesa e sicurezza e l’INPS.

La norma censurata prevede per il 2023 un meccanismo di perequazione automatica ridotta per le pensioni superiori a quattro volte il minimo INPS, con rivalutazioni decrescenti tra l'85% e il 32%, riservando la rivalutazione piena solo alle pensioni più basse.

La Corte ha respinto le censure sulla natura tributaria della misura, sottolineando che non costituisce un prelievo fiscale in quanto non implica una decurtazione patrimoniale e mira alla sostenibilità previdenziale piuttosto che alla raccolta di risorse.

Relativamente ai principi di ragionevolezza e proporzionalità, la Corte ha affermato che la perequazione automatica non è un diritto assoluto e che il legislatore può intervenire con misure differenziate, mantenendo un equilibrio finanziario e tutelando le pensioni più basse.

Nonostante la legittimità della norma, la Corte ha consigliato al legislatore di adottare un approccio più prudente e calibrato per futuri interventi, valutando gli effetti cumulativi delle misure e garantendo coerenza con i princìpi costituzionali.

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