Prime applicazioni della revocazione straordinaria per violazione della Convenzione EDU
25 Novembre 2025
Il caso In una causa risarcitoria, la Cassazione dichiarava l'improcedibilità dei ricorsi, in quanto nessuna delle parti aveva allegato la relata di notifica della sentenza impugnata. I ricorrenti adivano alla Corte europea dei diritti dell'uomo. La Corte EDU poneva alle parti le seguenti due questioni:
Il Governo italiano proponeva una composizione amichevole e riconosceva la violazione dei diritti CEDU. La Corte EDU cancellava dal ruolo il ricorso, da un lato, prendendo atto dell'intervenuto componimento amichevole; dall'altro, ai sensi dell'articolo 37 § 1 (c) della Convenzione, a seguito della dichiarazione unilaterale del Governo italiano, che aveva riconosciuto le violazioni degli artt. 2 e 6 CEDU. In conseguenza della decisione della Corte europea, i danneggiati proponevano ricorso ai sensi dell'art. 391-quater c.p.c. chiedendo la revocazione dell'ordinanza della Cassazione; e, quindi, in accoglimento dell'originario ricorso il risarcimento dei danni. La questione Si tratta di un ricorso per revocazione per contrarietà alla CEDU ex art. 391-quater c.p.c. nella sua nuova ipotesi che ha introdotto il caso di revocazione delle decisioni interne per contrasto con la CEDU dichiarato da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, con particolare riferimento ai suoi presupposti e all'ipotesi di cancellazione dal ruolo della Corte EDU. La Suprema Corte premette dei preliminari rilievi di carattere storico e sistematico, ineludibile premessa alla interpretazione dell'art. 391-quater c.p.c. (e, quindi) alla decisione del ricorso medesimo. In estrema sintesi, non spetta alla Corte europea indicare le misure per dare esecuzione alle sue sentenza, restando riservata agli Stati la scelta dei mezzi e dei modi per dare esecuzione alla decisione CEDU, fermo l'obbligo di porre fine alla violazione e, ove possibile, di porre il ricorrente nella situazione in cui si sarebbe trovato se la violazione non si fosse verificata (cfr. Corte Cost. sentenza n. 123/2017 che escluse che fosse costituzionalmente necessitato l'ampliamento dei casi di revocazione civile e amministrativa, evidenziando le differenze col processo penale; ma anche Corte Cost., n. 93 del 2018); ed inoltre in tema di processi civili si poneva la questione della tutela dei diritti dei terzi (i quali partecipano al giudizio interno, ma generalmente non partecipano al giudizio innanzi alla CEDU). L'Italia, quindi, continuava a non avere un rimedio processuale generale per intervenire direttamente sulle pronunce giurisdizionali, passate in giudicato, che si ponevano in contrasto con il diritto CEDU: con la conseguenza che, anche se la sentenza definitiva del giudice nazionale veniva portata al vaglio della Corte EDU e questa riconosceva la contrarietà con il diritto convenzionale, il giudicato interno formatosi restava comunque tendenzialmente fermo. Dopo il periodo pandemico e per conseguire gli obiettivi del PNRR, in attuazione della legge delega, il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, all'art. 3, comma 28, ha introdotto nell'ordinamento processuale civile italiano l'art. 391-quater c.p.c., che prevede un caso specifico di revocazione della sentenza. Rispetto alla legge delega (per cui, in sintesi, non era prevista alcuna limitazione dell'oggetto della sentenza revocabile), il legislatore delegato ha optato per circoscrivere l'istituto alle ipotesi di lesioni di un “diritto di stato della persona”. Presupposti dell'art. 391-quater c.p.c. Fatte queste premesse, secondo la Cassazione in esame, il ricorso è inammissibile, perché non ricorre alcuno dei presupposti, ossia
I presupposti nel caso concreto:
In definitiva, i limiti di operatività del nuovo art. 391-quater c.p.c. avrebbero una coerenza logica e giuridica: il legislatore ha inteso introdurre un rimedio, ma limitandolo ai casi (come per l'appunto quelli di sentenze che abbiano mancato di riconoscere o abbiano illegittimamente attribuito status personali) in cui la tutela per equivalente, offerta in primo luogo dall'art. 41 della stessa Convenzione EDU, in base a misure riparatorie (l'indennizzo), non sia di per sé idonea a rimuovere, da sola, le conseguenze del pregiudizio derivante dalla violazione, trattandosi di un pregiudizio non suscettibile di tutela per equivalente. Infine, la Cassazione conclude che le prospettate questioni di legittimità costituzionale sono manifestamente infondata, nella parte in cui limita l'esperibilità della revocazione ivi prevista ai soli casi in cui sia stato pregiudicato un “diritto di stato della persona”, poiché tale limitazione non solo è coerente con la ratio della legge delega (in relazione all'art. 76 Cost.), che prevedeva la revocazione solo se la violazione non potesse essere rimossa tramite tutela per equivalente, ma è anche ragionevole (in relazione agli artt. 3,24 Cost.), bilanciando l'efficacia del rimedio CEDU con la necessità di tutelare la stabilità del giudicato, specialmente in materie che ammettono pienamente la riparazione economica. Fonte: diritto e giustizia |