Momento consumativo e computo della prescrizione del reato di omessa dichiarazione
27 Novembre 2025
Massima Il momento consumativo del delitto di omessa presentazione della dichiarazione, di cui all'art. 5, comma 1, d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, va fissato alla scadenza del termine dilatorio di novanta giorni concesso al contribuente, ai sensi dell'art. 5, comma 2, del medesimo decreto, per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario. Il caso Il caso sottoposto alla Corte di cassazione (Cass. Pen., Sez. III, 28 agosto 2025, n. 29870) origina dal ricorso presentato dal difensore dell'imputato contro la sentenza emessa dalla Corte d'Appello che aveva ritenuto quest'ultimo responsabile del reato previsto dall'art. 5 d.lgs. n. 74/2000, perché quale legale rappresentante non aveva presentato la dichiarazione fiscale a fini Iva, per l'anno di imposta 2013. Il gravame si basava sulla violazione di legge. La questione Il reato di cui all'art. 5 d.lgs. n. 74/2000 configura una fattispecie omissiva che si realizza con la mancata presentazione della dichiarazione entro i termini di legge, con evasione d'imposta superiore ad euro cinquantamila. Nel quadro della disciplina penale tributaria, il delitto di omessa dichiarazione è l'unico di pura omissione. Appare evidente che possano essere chiamati a rispondere del delitto di omessa dichiarazione – che si configura come reato proprio – solamente coloro i quali abbiano l'obbligo di presentare la dichiarazione fiscale ai fini delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto (Toppan-Tosi, Lineamenti di diritto penale dell'impresa, Milano, 2018, p. 213). La soluzione giuridica È opportuno rammentare che ai sensi del comma 2 dell'art. 5 d.lgs. n. 74/2000 non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto. Autore materiale dell'omissione può essere anche il soggetto incaricato della trasmissione o, in ipotesi, anche l'incaricato del materiale recapito o della spedizione del documento. Si tratta di ipotesi residuali. Per quanto la norma attribuisca a chiunque la possibilità di commettere il reato, la sussistenza dell'obbligo della dichiarazione ed il fine di evasione restringono la platea dei possibili destinatari del precetto ad una cerchia ristretta e ben definita di soggetti. Trattandosi di reato omissivo proprio, posto in essere da persona qualificata dall'obbligo di adempiere entro il termine previsto, le condotte precedenti la scadenza del termine sono estranee alla fattispecie tipica e non hanno rilevanza alcuna, nemmeno ai fini del tentativo punibile. Ne consegue che la volontà dell'omissione deve sussistere solo ed esclusivamente al momento della scadenza del termine, in quanto le condotte antecedenti e successive possono rilevare esclusivamente a fini di prova del dolo, non come frazioni dell'unica condotta omissiva. Il momento consumativo del reato, che ha natura istantanea, perciò, coincide con la scadenza del termine di presentazione della relativa dichiarazione, che nella prospettiva penalistica è il novantesimo giorno successivo alla scadenza, risultando irrilevanti le irregolarità di natura fiscale connesse alla tardività della trasmissione. Il delitto di omessa dichiarazione contempla un'unica soglia di punibilità, rapportata all'imposta evasa, stabilita in euro cinquantamila. Tale soglia costituisce elemento essenziale del reato, il cui superamento è situazione di fatto che fa scattare l'obbligo, penalmente sanzionato, di presentazione della dichiarazione. Il reato è punibile quando commesso al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, dovendosi configurare il dolo specifico di evasione ai sensi dell'art. 1, lett. d), d.lgs. n. 74/2000 (Dell'Anna-Gucciardo, Note minime in tema di omessa dichiarazione: l'inesistenza assoluta e la mancata trasmissione, in Giur. Pen., 2022, 3). Con riferimento all'elemento soggettivo il delitto in esame è punito a titolo di dolo specifico, che consiste nella volontà di evasione dell'imposta mediante le specifiche condotte tipizzate dal legislatore penale-tributario. La giurisprudenza di legittimità (ex multis Cass. pen., sez. III, 16 dicembre 2023, n. 20664) ha più volte chiarito che la prova del dolo specifico di evasione, nel reato di omessa dichiarazione, può essere desunta dall'entità del superamento della soglia di punibilità, unitamente alla piena consapevolezza, da parte del soggetto obbligato, dell'esatto ammontare dell'imposta dovuta; ammontare che, peraltro, può costituire oggetto di rappresentazione e volizione anche soltanto nella forma del cosiddetto dolo eventuale. In tal senso infatti è stato evidenziato che l'amministratore di diritto risponde del reato tributario punito a titolo di dolo specifico quale diretto destinatario degli obblighi di legge, anche se questi sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto, atteso che la semplice accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale o a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, o a titolo di dolo eventuale per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino, si tratta di obblighi dichiarativi gravanti direttamente ed immediatamente sul legale rappresentante dell'ente, a mente dei quali le dichiarazioni relative alle imposte dirette e sul valore aggiunto dei soggetti diversi dalle persone fisiche devono essere sottoscritte da chi ne ha la legale rappresentanza e solo in assenza di questi da chi ne ha l'amministrazione, anche di fatto. La responsabilità omissiva del legale rappresentante dell'ente, dunque, non deriva dall'applicazione dell'art. 40 c.p., (e dunque dalla violazione di un dovere di controllo), bensì dalla violazione dell'obbligo gravante direttamente su di lui, obbligo che concorre a tipizzare la fattispecie di reato di omessa dichiarazione di cui all'art. 5 d.lgs. n. 74/2000, selezionandone l'autore e qualificando il reato stesso come a soggettività ristretta che può essere commesso solo da chi sia obbligato, per legge, a presentare la dichiarazione (ex multis Cass. pen., sez. III, 16 marzo 2022, n. 20050). Da ultimo, tale delitto è stato oggetto di modifiche da parte del d.lgs. 14 giugno 2024, n. 88. In tal senso, la sanzione edittale per i casi di omessa e di infedele dichiarazione è stata ridotta, eliminando la forbice tra sanzione minima e massima. Con riferimento al primo reato, se non sono dovute imposte le sanzioni ordinariamente previste possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili; inoltre, quando la dichiarazione è presentata tardivamente, ma entro i termini di accertamento e comunque prima dell'avvio di attività di controllo, la sanzione applicabile sarà quella prevista per l'omesso versamento, aumentata al triplo. In conclusione In merito al momento consumativo delitto di omessa presentazione della dichiarazione, di cui all'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 74/2000, va fissato alla scadenza del termine dilatorio di novanta giorni concesso al contribuente, ai sensi dell'art. 5, comma 2, del medesimo decreto, per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinari. Il termine dilatorio di novanta giorni, concesso al contribuente - ai sensi dell'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 74/2000 - per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario-, non si configura quale elemento di una causa di non punibilità, ma costituisce un termine ulteriore per adempiere all'obbligo dichiarativo, e per individuare il momento consumativo del reato di omessa dichiarazione previsto al comma primo del citato art. 5; detto termine è quindi privo di valenza scriminante nei confronti di chi, alla scadenza del termine ordinario, era tenuto a presentare la dichiarazione e non ha assolto a tale obbligo entro il successi 90 giorni. In altri termini, ai sensi del combinato disposto dei commi 1, 1-bis e 2 dell'art. 5 d.lgs. n. 74/2000, la tipicità dell'emissione prende corpo solo allo scadere dell'ulteriore termine dei novanta giorni successivi all'originario termine tributario. |