Equivalenza del CCNL negli appalti tra giusta retribuzione e libertà d’impresa: spunti dalla sentenza del TAR Toscana

03 Dicembre 2025

La sentenza del Tar Toscana presenta un utile schema di orientamento per gli operatori e le stazioni appaltanti in relazione agli obblighi e agli oneri sugli stessi gravanti nel caso in cui il CCNL applicato ai dipendenti coinvolti nelle attività oggetto di gara sia diverso da quello previsto nel bando di gara. La stazione appaltante ha l’onere di individuare il corretto CCNL in coerenza con le attività oggetto di affidamento e l’azienda concorrente ha l’onere di dimostrare l’equivalenza dei trattamenti applicati ai propri dipendenti in forza di un diverso CCNL, sia in termini normativi che economici.

Massima

Le imprese che partecipano ad una gara per un appalto pubblico, ovvero per la concessione di un pubblico servizio possono liberamente concorrere, ma non possono utilizzare come fattore competitivo il trattamento economico e normativo destinato ai lavoratori, che deve essere complessivamente equivalente al minimo previsto dal contratto collettivo di lavoro individuato dalla stazione appaltante e che, pertanto, rappresenta un limite inderogabile nell'elaborazione delle strategie competitive.

Il caso

Una cooperativa sociale risultata prima classificata alla gara per l’affidamento del servizio di gestione di un asilo nido comunale ricorreva in giudizio chiedendo l’annullamento della determinazione con cui la stazione appaltante (il Comune) aveva disposto l'annullamento in autotutela dell'aggiudicazione del servizio.

Il Bando di gara, in conformità all’art. 11 del Codice dei contratti pubblici, prevedeva l’applicazione del CCNL delle cooperative sociali per il settore sociosanitario, assistenziale, educativo e di inserimento lavorativo, consentendo l’applicazione di altro contratto collettivo, purché garantisse “le stesse tutele economiche e normative”.

La cooperativa sociale vincitrice aveva comunicato di applicare il diverso CCNL Aninsei, dichiarando che quest’ultimo era equivalente al CCNL previsto dal Bando di gara e si era impegnata ad armonizzare la retribuzione dei dipendenti sulla base del CCNL indicato dalla Stazione appaltante, senza però entrare nel dettaglio degli elementi retributivi oggetto di futura armonizzazione.

Nonostante le risposte fornite dalla cooperativa sociale alle diverse richieste di chiarimenti e di dettaglio intervenute su iniziativa del Comune a proposito della prospettata armonizzazione, quest’ultimo rilevava un divario retributivo significativo tra la retribuzione del CCNL indicato nel bando di gara e quello applicato dall’operatore vincitore (oltre € 5.000 per lavoratore nel periodo di riferimento) e l’esclusione di alcune voci strutturali del trattamento economico previsto dal contratto collettivo.

La stazione appaltante e la cooperativa aggiudicataria si rivolgevano, quindi, all’Anac chiedendo un parere precontenzioso che confermava le criticità rilevate dal Comune. Anche sulla base di tale parere il Comune annullava in autotutela l’aggiudicazione a favore del ricorrente e aggiudicava il servizio al secondo classificato.

Nella ricostruzione del caso, è utile ripercorrere e soffermarsi su alcune caratteristiche e sulla normativa di gara ed esaminare alcuni passaggi dei provvedimenti adottati nella definizione della procedura di gara, rispetto alle censure formulate dalla ricorrente.

L’art. 3 del Bando di gara in questione prevedeva che “Il CCNL applicabile al personale dipendente che sarà impiegato nell'appalto, ai sensi dell’art. 11, commi 1 e 2, D.Lgs. 36/2023, è il CCNL delle cooperative sociali per il settore sociosanitario, assistenziale educativo e di inserimento lavorativo. Il costo della manodopera é stato calcolato sulla base del costo medio di cui alle Tabelle Ministeriali 2019-2020 relative ai CCNL delle Cooperative del Settore Socio-Sanitario Assistenziale - Educativo e di Inserimento Lavorativo”.

La Cooperativa sociale aggiudicataria aveva presentato, in sede di gara (svoltasi in modalità telematica con applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa), la dichiarazione di equivalenza delle tutele tra il CCNL cooperative sociali, indicato dalla stazione appaltante nel bando di gara, e il CCNL Aninsei, utilizzato dalla medesima cooperativa, sia per quanto riguarda le tutele economiche che per quelle normative.

L’istanza di parere di precontenzioso formulata all’ ANAC dalle parti interessate poneva il seguente quesito di diritto: “se in sede di valutazione dell’equivalenza economica, la S.A. può richiedere l'applicazione del CCNL indicato nel bando (nella specie Cooperative Sociali) qualora dal raffronto non riscontri che quello applicato dall'operatore economico (nella specie Aninsei) garantisca lo stesso livello retributivo complessivo annuale”.

Al termine dell’istruttoria, l’ANAC riteneva che la stazione appaltante non potesse pretendere l’applicazione del CCNL indicato nel bando di gara, ma che fosse tenuta a verificare che l'aggiudicatario, pur utilizzando un diverso CCNL, garantisse al personale impiegato nell’appalto tutele equiparabili, con la precisazione che la valutazione dovesse necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche che quelle normative in quanto complesso inscindibile. Per quanto riguarda, in particolare, la verifica dell’equivalenza delle tutele economiche, l’Autorità precisava che la stazione appaltante fosse tenuta ad accertare che il CCNL indicato dal concorrente garantisca lo stesso trattamento economico previsto dal CCNL indicato nel bando, in relazione alle componenti della retribuzione globale annua costituite dalle seguenti voci: retribuzione tabellare annuale: indennità di contingenza; Elemento Distinto della Retribuzione - EDR - a cui vanno sommate le eventuali mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), nonché ulteriori indennità previste, pena l'esclusione del concorrente dalla procedura di gara.

Il Comune concordava con il parere dell’ANAC e, ritenendo nella fattispecie non dimostrata l'equivalenza dei CCNL secondo le indicazioni fornite dall’Autorità, avviava il procedimento per l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione del servizio nel frattempo disposta in favore della Cooperativa.

La Cooperativa si rivolgeva al TAR sostenendo che la propria offerta fosse pienamente conforme ai contenuti della delibera ANAC in punto di equivalenza delle tutele economiche tra i due CCNL e che, pertanto, la stazione appaltante sarebbe incorsa in un difetto di istruttoria e in vizi di valutazione allorché aveva ritenuto che la Cooperativa non avesse garantito l'applicazione del trattamento economico previsto dal CCNL Cooperative sociali in relazione ai profili dei lavoratori da impiegare nel servizio. Infatti, sin dalla fase della offerta, la stessa, pur dichiarando di applicare il CCNL Aninsei, si sarebbe vincolata ad armonizzare le retribuzioni del CCNL Aninsei con quelle del CCNL Cooperative Sociali a parità di mensilità supplementari.

Inoltre, sempre secondo la ricorrente, la delibera ANAC, sarebbe illegittima nella misura in cui ha ritenuto che un operatore economico vada escluso dalla gara anche se, sin dall'offerta, si è vincolato a garantire le stesse condizioni contrattuali del CCNL indicato dalla stazione appaltante nella legge di gara.

La questione

Si tratta di individuare l’ambito di operatività dell’art. 11 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) e il livello di approfondimento della valutazione dell’equivalenza dei trattamenti previsti dal CCNL applicato dall’operatore aggiudicatario nel caso in cui sia diverso da quello indicato nel Bando di gara.

Le soluzioni giuridiche

Il TAR ha rigettato il ricorso della Cooperativa sulla base delle seguenti argomentazioni.

L’ultima revisione normativa del Codice dei contratti pubblici (attuata con il Dlgs. 31 dicembre 2024, n. 209) ha ristretto l’ambito di manovra degli operatori economici sotto il profilo dell’adesione al CCNL, a fronte di una maggiore protezione dei lavoratori e al fine di scongiurare il c.d. “dumping salariale” consistente nella formulazione di condizioni economiche competitive sfruttando minori tutele del lavoro offerte dalla varia contrattazione collettiva nazionale. In particolare, secondo la pronuncia del TAR in commento, l’impegno a rispettare, in fase esecutiva, il complesso delle condizioni contrattuali minime, di ordine economico e normativo, stabilite dal CCNL necessariamente indicato dalla stazione appaltante nel bando di gara, assurge a requisito necessario dell'offerta (art. 57 del Codice dei contratti pubblici) per cui, il singolo operatore economico dovrà tenere conto già nella fase di redazione della propria proposta contrattuale e che la stazione appaltante, in un’ottica acceleratoria e di semplificazione, sarà tenuta a verificare prima dell’aggiudicazione, senza attendere l’eventuale fase di verifica dell’anomalia dell’offerta presentata.

Da ciò deriva la possibilità per la stazione appaltante di escludere l’operatore economico che abbia indicato nella propria offerta un contratto collettivo diverso da quello indicato dall’amministrazione, laddove l’equipollenza affermata non sia effettivamente riscontrabile.

Secondo il Tribunale, il bilanciamento degli interessi in gioco è costituito dal fatto che l’impresa resta libera di applicare condizioni contrattuali diverse nello svolgimento della sua attività imprenditoriale e resta anche libera di non adottare quel determinato CCNL scelto dalla stazione appaltante, ma è chiamata a dimostrare che le tutele da essa fornite ai propri dipendenti sono equivalenti, assoggettandosi, in tal caso, ad una verifica più puntuale e alla possibile esclusione dalla procedura; le condizioni (normative ed economiche) di cui al CCNL indicato nel bando di gara costituiscono, quindi, la soglia minima di garanzia non valicabile che – in quanto valore sociale  - non può essere oggetto di differenziale competitivo.

Quanto alla verifica dell’equipollenza delle tutele in questione, il TAR osserva che tra le  modifiche finalizzate ad assicurare un uniforme svolgimento delle prassi operate dalle stazioni appaltanti ai fini dell’individuazione del contratto di lavoro applicabile in sede di redazione dei bandi/inviti, nonché una semplificazione del quadro normativo e delle modalità di calcolo dell’equipollenza a favore degli operatori economici ai fini della partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica, il decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici ha introdotto un nuovo allegato I.01. Tale allegato contiene indicazioni concrete per orientare l’operato delle stazioni appaltanti sia rispetto al contratto da individuare nel bando/invito, tenuto conto dell’oggetto dell’appalto, sia rispetto alla verifica di equipollenza dei contratti. Nello specifico, si è inteso introdurre dei meccanismi automatici per la valutazione di equipollenza tra i contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, alla luce dei principali indici normativi ed economici rivelatori di tale sostanziale equivalenza.

I predetti criteri costituiscono fonte univoca di riferimento anche per il operatori economici grazi al rinvio operato dall’art, 11, comma 4, del Codice dei contratti pubblici secondo cui la dichiarazione

dell’operatore economico di equipollenza delle tutele è anche verificata con le modalità di cui all’art. 110 “in conformità all’allegato I.01”.

Seppur tale modifica normativa non sia applicabile alla procedura oggetto di causa, in quanto sopravvenuta, il Tribunale ne recupera il valore ermeneutico ai fini della enucleazione degli indici rivelatori della equivalenza economica dei contratti collettivi, rilevando come l’art. 4, comma 2, dell’allegato I.01, richiama quegli stessi elementi individuati dall’ANAC nella Relazione illustrativa n. 1/2023, ove si osserva: “Premesso che sono rari i casi in cui due contratti presentano esattamente lo stesso articolato, si ritiene che la dichiarazione di equivalenza debba dimostrare che il diverso CCNL adottato, al di là del nomen iuris, garantisca tutele equiparabili. Al riguardo, si ritiene che le stazioni appaltanti possano trarre utili elementi di riferimento dalle indicazioni fornite dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la Circolare n. 2 del 28/7/2020. Si suggerisce di effettuare dapprima la valutazione dell’equivalenza economica dei contratti, prendendo a riferimento le componenti fisse della retribuzione globale annua costituite dalle seguenti voci: retribuzione tabellare annuale; indennità di contingenza; Elemento Distinto della Retribuzione – EDR - a cui vanno sommate le eventuali mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), nonché ulteriori indennità previste…”.

Sulla base delle predette argomentazioni di sistema, il TAR passa ad esaminare le censure formulate dalla Cooperativa, rigettandole, per i seguenti motivi.

In primis, la tesi, sostenuta dalla ricorrente, in base alla quale la valutazione di equipollenza nella fattispecie non sarebbe necessaria, avendo la stessa dichiarato di applicare un contratto collettivo c.d. “leader”, in quanto sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, ed in quanto contratto di riferimento per servizi educativi e scolastici, quindi strettamente connesso con l’attività oggetto di gara non è fondata perché è incoerente con le finalità di tutela di cui all’art. 11 del Codice dei contratti pubblici sopra esaminate. Tali finalità – continua il TAR – impongono, nel caso di indicazione nell’offerta di un contratto collettivo diverso da quello individuato dalla stazione appaltante, una effettiva verifica e comparazione delle condizioni contrattuali, economiche e normative, proposte dall’operatore economico (v. T.A.R. Piemonte, II sez., 18 aprile 2025, n. 689).

In secundis,  ciò che viene contestato dalla stazione Appaltante alla concorrente non è tanto di aver indicato un contratto collettivo diverso da quello previsto dal bando, né l’astratta ammissibilità dell’impegno all’armonizzazione, né di aver modificato la propria offerta in sede di

chiarimenti; bensì, appunto, di non aver sufficientemente garantito, neppure in sede di chiarimenti, (e quindi di non aver dimostrato) l’applicazione, al personale impiegato nell'appalto, di un trattamento retributivo complessivo equiparabile a quello previsto dal CCNL Cooperative sociali. Invero, la ricorrente non ha - né nell’offerta, né in sede di chiarimenti - reso sul punto dichiarazioni univoche, precise e circostanziate, volte a garantire al personale impiegato, gli elementi fondamentali della retribuzione globale annua, come fissati, nella misura minima, dal CCNL Cooperative sociali.

Sotto tale ultimo profilo, la ricorrente sembra essersi impegnata ad assicurare solo la “armonizzazione” della retribuzione tabellare, restando escluse da tale impegno le ulteriori componenti fondamentali della retribuzione previste dal CCNL Cooperative sociali, come gli scatti d’anzianità e gli aumenti retributivi come previsti da tale CCNL, mentre non vi è certezza sul riconoscimento della 14° mensilità; elementi, questi, che rientrano tutti fra le “ulteriori indennità previste” di cui alla Relazione ANAC al Bando tipo.

Infine, quanto all’impugnazione del parere precontenzioso reso dall’ ANAC, la dichiarazione di equivalenza deve essere idonea a dimostrare che il diverso CCNL adottato, al di là del nomen iuris, garantisca tutele equiparabili, con la precisazione che la valutazione deve necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche che quelle normative in quanto complesso inscindibile.

Osservazioni

La sentenza del Tar Toscana costituisce un utile schema di orientamento per gli operatori e le stazioni appaltanti in relazione agli obblighi e agli oneri sugli stessi gravanti nel caso in cui il CCNL applicato ai dipendenti coinvolti nelle attività oggetto di gara non sia quello contemplato dal bando di gara stesso. La stazione appaltante ha l’onere di individuare il corretto CCNL in coerenza con le attività oggetto di affidamento (il che non è sempre semplice, né scontato) e l’azienda concorrente ha l’onere di dimostrare l’equivalenza dei trattamenti applicati ai propri dipendenti in forza di un diverso CCNL, sia in termini normativi che economici. A tale ultimo fine, sulla base della normativa esaminata dal Tribunale, non è sufficiente l’applicazione di un diverso CCNL comunque maggiormente rappresentativo, né una generica dichiarazione di armonizzazione, ma occorre fornire elementi univoci, precisi e documentati di equivalenza con riferimento a tutte le componenti economiche della retribuzione minima prevista dal CCNL indicato nel bando.

D’altro canto la valutazione di equivalenza della stazione appaltante deve essere complessiva, riguardando tanto le tutele economiche quanto quelle normative (sulla base dell’all I.01 che rappresenta un valido ausilio comparativo) e, in mancanza di piena equivalenza, l’operatore deve essere escluso dalla gara.

Nell’affrontare un tema tecnico, come quello della individuazione del CCNL adeguato in ragione delle attività oggetto di gara pubblica e della conseguente verifica dell’equivalenza delle tutele normative ed economiche apprestate dal diverso CCNL applicato dall’operatore partecipante alla gara stessa, il TAR tocca necessariamente diritti e questioni fondamentali su cui oggi vi è particolare attenzione.

La discussione sul bilanciamento dei diritti costituzionali alla giusta ed adeguata retribuzione (art. 36 Cost.) e alla libertà di impresa (art. 41 Cost.), passando dall’individuazione del “corretto” CCNL,  trova negli spunti offerti dalla decisione del TAR in commento e della giurisprudenza amministrativa (cfr. le mie precedenti riflessioni in La giusta retribuzione tra diritti costituzionali, obblighi di compliance e metriche di sostenibilità organizzativa e sociale, in questa rivista) una efficace sintesi metodologia e programmatica dell’attuale dibattito istituzionale. Ciò soprattutto nel contesto del lavoro di filiera, pubblico o privato, che, sollecitato dalle continue iniziative giudiziarie nei settori della vigilanza (peraltro, molto esplicativi sulla solidità del CCNL di settore sono ostati TAR Lombardia 2830/2023 e App. Milano, sezione Lavoro, 961/2023), logistica e moda (da ultimo anche sotto il nuovo profilo di green washing che ha portato una nota azienda del settore nel mirino dell’Antitrust), sta vivendo un periodo di nuove forme di accountability autocerticate o meno.

Alla proliferazione di protocolli di legalità (il Protocollo per la legalità negli appalti sulla logistica del luglio 2024 e il Protocollo regionale di legalità per il settore moda del maggio 2025 sono esempi che hanno riscosso anche interesse mediatico) e di piattaforme di controllo (il Cigal istituito dall’art. 1-quater della legge 105/2025 presso il ministero del Lavoro) si sono presto aggiunte iniziative legislative e governative che tentano di fornire alle preoccupazioni dei lavoratori (i sindacati si sono già espressi in modo critico sul Ddl PMI attualmente in discussione alla Camera che introduce un meccanismo di certificazione esimente per le aziende della moda) e degli imprenditori (cfr. le dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni dal patron di una nota casa di calzature che pone dubbi sull’opportunità e sulla competenza delle aziende a controllare la propria filiera) utili strumenti di gestione di un mondo lasciato per troppo tempo alle sole logiche di mercato senza consapevolezza e responsabilità.

È così stata recentemente pubblicata la Legge 144/2025 contenente la delega al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva che, tra gli altri, assegna al governo l’ambizioso obiettivo di definire, per ciascuna categoria di lavoratori, i CCNL maggiormente applicati in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti, al fine di prevedere che il trattamento economico complessivo minimo dei CCNL maggiormente applicati costituisca (i) soglia adeguata e sufficiente ex art. 36 Cost. per i lavoratori appartenenti alla medesima categoria e (ii) riferimento obbligatorio per le società appaltatrici e subappaltatrici, negli appalti di servizi di qualunque tipo e settore, in relazione ai trattamenti economici minimi da riconoscere ai lavoratori coinvolti nell’esecuzione dell’appalto.

Si tratta di un obiettivo sfidante – le cui risultanze avranno evidenti ricadute anche sull’interpretazione della normativa amministrativistica oggetto del presente commento nonché, in generale sulla compliance negli appalti in generale - sol se si considera che, sulla base dell’ultimo Rapporto sul mercato del lavoro e contrattazione collettiva approvato dal CNEL ad aprile 2025, dei 1.017 CCNL che risultano depositati presso l’archivio del Consiglio al 31 dicembre 2024, il 62% risulta scaduto, 722 CCNL trovano applicazione, nel complesso, a meno di 1.000 lavoratori e i 99 CCNL con applicazione sopra i 10.000 dipendenti coprono il 97% dei dipendenti del settore privato.

La determinazione del giusto prezzo del lavoro si conferma il perno centrale dell’organizzazione imprenditoriale moderna, consapevole e sostenibile che non può fare a meno della prestazione lavorativa umana.

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