Il “diritto” al buono pasto nella disciplina della contrattazione collettiva: uno sguardo alla giurisprudenza di merito.
05 Dicembre 2025
Massima Trib. Roma, sez. IV lav., sent., 4 novembre 2025, n. 11164 : In tema di diritto alla mensa ed all’attribuzione del buono pasto, ai sensi dell’art. 29 CCNL Sanità 2001, è legittima la decisione dell’Azienda ospedaliera di garantire il diritto al pasto attraverso l’istituzione di un servizio sostitutivo della mensa (nella specie “distribuzione di cestini per la cena”). Se tale servizio risulta idoneo a garantire il diritto al pasto al personale che effettua turni superiori alle 6 ore continuative, il dipendente, che per propria scelta decide di non fruire di tale servizio, non ha diritto al buono pasto. Trib. Roma n. 10248/2025: Il diritto al buono pasto, in quanto erogazione di carattere assistenziale, non trova la propria fonte nella legge ma è strettamente collegato alle disposizioni della contrattazione collettiva che lo prevedono. Nel caso di specie, il CCNL Servizi ambientali 2016 non attribuisce alcun diritto al buono pasto, prevedendo un servizio mensa interno ovvero soluzioni alternative per la fruizione del pasto. Il caso Caso a: Trib. Roma, sez. IV lav., sent., 4 novembre 2025, n. 11164 I ricorrenti, dipendenti di un'azienda ospedaliera, proponevano ricorso al Giudice del lavoro al fine di accertare il proprio diritto alla corresponsione dei buoni pasto per tutti i turni notturni effettuati e richiedevano la condanna dell'azienda datrice al risarcimento del danno per la mancata fruizione dei buoni pasto. A fondamento della propria domanda, i ricorrenti deducevano di aver svolto turni notturni (della durata di 11 ore) durante i quali non avevano mai usufruito della mensa aziendale e ritenevano, pertanto, di avere diritto alla corresponsione dei buoni pasto in forza delle previsioni dell'art. 29 CCNL. L'azienda ospedaliera eccepiva da un lato, che la previsione dell'art. 29 CCNL aveva portata esclusivamente programmatica, con la conseguenza che la norma collettiva non fondava alcun diritto alla mensa del dipendente, ma lasciava all'azienda datrice la facoltà di organizzare, compatibilmente con le proprie risorse ed esigenze, i servizi di mensa. Dall'altro lato, la società convenuta deduceva di aver comunque garantito il diritto al pasto ai dipendenti che svolgevano turni notturni (superiori alle 6 ore continuative), avendo predisposto un servizio sostitutivo della mensa serale attraverso la distribuzione di “cestini” contenenti il pasto. Caso b: Trib. Roma n. 10248/2025 I dipendenti di una società operante nel settore dei servizi ambientali convenivano in giudizio l'azienda datrice per far accertare il proprio diritto al buono pasto nei giorni in cui svolgevano turni superiori alle 6 ore continuative. I ricorrenti deducevano che, svolgendo in qualità di autisti/operai attività itinerante sul territorio, non avevano la possibilità di accedere ai servizi di mensa ed avevano pertanto diritto a fruire di un'adeguata soluzione alternativa, ossia i buoni pasto. A fondamento della propria pretesa i dipendenti invocavano le previsioni dell'art. 8 d.lgs. 66/2003 che disciplina l'istituto del diritto alla pausa e la giurisprudenza di legittimità pronunciatasi sul “diritto al buono pasto” (ex multis Cass. civ., sez. lav., sent., 1° marzo 2021, n. 5547). La questione Trib. Roma, sez. IV lav., sent., 4 novembre 2025, n. 11164: la questione giuridica affrontata con la sentenza in commento consisteva nel determinare, in primo luogo, se la norma dell’art. 29 CCNL avesse una portata immediatamente precettiva e fosse pertanto idonea a fondare un diritto generalizzato di tutti i dipendenti alla mensa (ed al buono pasto) per l’attività lavorativa svolta in turni con durata superiore alle 6 ore. Nel merito, inoltre, il caso oggetto di giudizio richiedeva di stabilire se la modalità sostitutiva del servizio mensa predisposta dall’azienda convenuta fosse compatibile con la disciplina del “diritto al pasto" prevista dall’art. 29 CCNL. Trib. Roma n. 10248/2025: la questione esaminata nella pronuncia in commento riguardava l’individuazione della fonte del diritto al buono pasto e, quindi, la possibilità di estendere i principi sanciti dalla Giurisprudenza di legittimità in materia di “diritto al buono pasto” anche ai rapporti di lavoro disciplinati dal CCNL servizi ambientali 2016. Le soluzioni giuridiche a. Trib. Roma, sez. IV lav., sent., 4 novembre 2025, n. 11164 Muovendo da un'analisi della disciplina collettiva applicabile, il Tribunale ha innanzitutto accertato che l'art. 29 CCNL non ha una portata immediatamente precettiva, in quanto l'istituzione e la regolamentazione del servizio mensa rientrano nelle scelte organizzative aziendali discrezionali ed insindacabili. Richiamandosi alle recenti decisioni della Giurisprudenza di legittimità il Tribunale ha tuttavia precisato che, qualora l'azienda abbia attuato la previsione collettiva, istituendo un servizio di mensa aziendale, non può comprimere o elidere con proprie disposizioni organizzative il diritto alla consumazione del pasto, garantito dalla contrattazione collettiva ai dipendenti che effettuino turni con orario superiore alle 6 ore continuative (Cfr. Cass. civ., sez. lav., sent., 3 aprile 2023, n. 9206). Come noto, infatti, la costante giurisprudenza della Cassazione ha da tempo affermato il principio in forza del quale, l'art. 29 comma 2 del CCNL prevede la fruizione del pasto (ed il connesso diritto alla mensa) in favore di tutti i lavoratori che effettuano turni di durata superiore a sei ore continuative (cfr. ex multis Cass. civ., sez. lavoro, sent., 1° marzo 2021, n. 5547; Cass. civ., sez. lav., ord., 31 ottobre 2022, n. 32113). Pur condividendo tali precedenti giurisprudenziali, il Giudice di merito ha evidenziato la specificità del caso oggetto di giudizio, nel quale l'azienda convenuta ha dedotto di aver regolamentato il servizio di mensa e di aver rispettato la previsione dell'art. 29 CCNL, garantendo anche ai dipendenti che svolgevano turni notturni il diritto alla consumazione del pasto. Per risolvere la controversia, quindi, il Tribunale di Roma ha esaminato nel merito la difesa proposta dalla società convenuta ed ha accertato che, pur essendo la mensa dell'ospedale chiusa la sera, l'azienda aveva effettivamente predisposto un servizio sostitutivo della mensa con la distribuzione di cestini, che potevano essere ritirati dai dipendenti entrando in servizio per il turno notturno. Tale soluzione adottata dall'azienda nell'ambito della propria autonomia organizzativa, è stata ritenuta compatibile con l'art. 29 CCNL Sanità del 2001, il quale espressamente prevede che “le aziende, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, garantire l'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive.” Sulla scorta di tali osservazioni, richiamandosi ad altre decisioni del medesimo Tribunale (cfr. Trib. Roma, II sez. lav., sent., 14 ottobre 2025 n. 10155, n. 10156, n. 10157) il Giudice ha rigettato il ricorso proposto dai lavoratori, che hanno potuto effettivamente fruire del pasto garantito dall'azienda tramite il servizio sostitutivo dei “cestini”, modalità idonea a garantire il diritto previsto dall'art. 29 CCNL. b.Trib. Roma n. 10248/2025 Il Tribunale di Roma ha affrontato la questione controversa muovendo dalla natura giuridica del diritto al buono pasto. Richiamandosi alla precedente giurisprudenza di legittimità, il Giudice ha infatti rilevato che, essendo il buono pasto un'erogazione di carattere assistenziale, può trovare fondamento esclusivamente nelle previsioni della contrattazione collettiva che lo prevedono (Cass. civ., sez. lav., ord., 31 luglio 2024, n. 21440). Da qui la considerazione che la sussistenza del diritto al buono pasto rivendicato dai ricorrenti doveva essere valutata con esclusivo riferimento alle disposizioni del CCNL applicabile al rapporto di lavoro, non avendo invece alcun rilievo le disposizioni del d.lgs. 66/2003, che disciplinano il diverso istituto del diritto alla pausa, né tantomeno i principi della giurisprudenza di legittimità in materia di buono pasto che riguardavano il diverso CCNL del comparto sanità, inapplicabile al caso di specie. Nel CCNL servizi ambientali 2016, invece, il pasto è disciplinato dall'art. 32 lett. H, che non stabilisce espressamente il diritto al buono pasto per i dipendenti, ma si limita a prevedere un servizio mensa interno ovvero l'individuazione di adeguate soluzioni alternative da parte delle aziende. In tal senso, si sono espresse anche altre recenti sentenze dello stesso Tribunale di Roma, che si sono pronunciate su fattispecie analoghe (Trib. Roma, IV sez. lav., sent., 5 novembre 2025, n. 11203, 11204, 11205, 11206, 11207). Per tali ragioni, il Tribunale ha ritenuto infondato il diritto al buono pasto rivendicato dai ricorrenti ed ha rigettato integralmente il ricorso proposto. Osservazioni Entrambe le sentenze in commento, pur non discostandosi dall’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia, hanno chiarito che il “diritto al buono pasto” non ha un fondamento legislativo, ma può essere disciplinato esclusivamente nei contratti collettivi applicabili al rapporto di lavoro. Le previsioni dei CCNL devono essere analizzate caso per caso, al fine di stabilire se esse garantiscono un “diritto soggettivo” del dipendente alla fruizione della mensa ed all’ attribuzione del buono pasto ovvero se tali previsioni attribuiscono all’azienda datrice il potere di disciplinare le diverse modalità e condizioni per la consumazione del pasto. Nella seconda ipotesi, le modalità organizzative dell’azienda devono essere esaminate in concreto dal giudice di merito al fine di valutare la compatibilità delle stesse con le previsioni della contrattazione collettiva. |