Codice di Procedura Civile art. 130 - Redazione del processo verbale.

Mauro Di Marzio

Redazione del processo verbale.

[I]. Il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice [126].

[II]. Il processo verbale è sottoscritto da chi presiede l'udienza e dal cancelliere; di esso non si dà lettura, salvo espressa istanza di parte.

Inquadramento

La norma in commento si riferisce al verbale di udienza, mentre la disciplina del contenuto del verbale in generale è contenuta nell'art. 126 al cui commento si rinvia.

Secondo il comma 1 della disposizione il cancelliere redige il processo verbale di udienza sotto la direzione del giudice. L'art. 84, u.c., disp. att., consente inoltre al giudice di autorizzare la dettatura di deduzioni provenienti dalle parti o dei loro difensori delle loro deduzioni nel processo verbale: in difetto dell'autorizzazione spetta al giudice dettare il verbale (Sorace, 3).

Il verbale di udienza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 122 e 46 disp. att., deve essere redatto in lingua italiana, in carattere chiaro e facilmente leggibile, in continuazione, senza spazi in bianco e senza alterazioni o abrasioni. Le aggiunte, soppressioni o modificazioni eventuali debbono essere fatte in calce all'atto, con nota di richiamo, senza cancellare la parte soppressa o modificata. Il verbale va sottoscritto sia dal giudice che dal cancelliere; esso non deve essere riletto alle parti, salvo che queste non ne facciano richiesta; una volta redatto e sottoscritto, viene conservato a cura del cancelliere nel fascicolo d'ufficio (art. 168, comma 2).

Secondo un insegnamento ribadito, la mancata assistenza del cancelliere nella formazione del processo verbale di udienza o l'omessa sottoscrizione del detto verbale da parte del cancelliere stesso non comportano l'inesistenza o la nullità dell'atto, in quanto la funzione del cancelliere ha soltanto natura integrativa di quella del giudice e le predette mancanze non incidono sull'idoneità dell'atto al concreto raggiungimento degli scopi cui è destinato (Cass. n. 9389/2007). In un caso in cui la parte si doleva dell'omessa formale autorizzazione del giudice alla dettatura del processo verbale di udienza ed omessa direzione della sua redazione, la S.C. ha chiarito che in carenza di una specifica comminatoria di nullità, il mancato rispetto delle norme relative alla dettatura e alla redazione del processo verbale (artt. 57 e 130) non vizia l'udienza civile e non rende gli atti in essa compiuti inidonei al raggiungimento del loro scopo, tenuto conto, altresì, che con la sottoscrizione del giudice viene ugualmente soddisfatta la finalità sostanziale di attribuire pubblica fede a quanto documentato nel verbale medesimo (Cass. n. 22841/2006).

Una volta chiuso, il verbale di udienza può essere riaperto. Il provvedimento del giudice che dispone la riapertura del verbale di udienza, però, se può ricondursi al potere di direzione del procedimento, deve essere sempre esercitato nel rispetto del diritto di difesa delle parti; pertanto, l'atto con cui il giudice, dopo avere chiuso e sottoscritto il verbale dell'udienza di discussione, dispone, su istanza della parte sopraggiunta ed in mancanza di quella precedentemente comparsa, la riapertura dello stesso, ammettendo la parte presente a rassegnare le sue difese e conclusioni, è nullo per violazione del principio del contraddittorio (Cass. n. 8025/2006).

Quanto al contenuto del verbale, vale rammentare che per il combinato disposto degli artt. 126, 130 e 44 disp. att., il cancelliere, sotto la direzione del giudice, deve compilare il processo verbale d'udienza facendo risultare le attività compiute anche da parte delle persone intervenute e le dichiarazioni da esse rese, ma non è tenuto a riportare le argomentazioni difensive dei patroni delle parti; né un tale obbligo può desumersi dalla configurazione del processo del lavoro, giacché il principio dell'oralità ed immediatezza non può tradursi in un'accentuazione dell'attività di verbalizzazione (Cass. n. 1847/1983).

Il verbale di udienza è dotato di fede privilegiata. Poiché esso fa fede fino a querela di falso della sua provenienza da parte del pubblico ufficiale che lo forma e delle dichiarazioni rese dalle persone intervenute, la mancata sottoscrizione da parte dei testimoni delle dichiarazioni da essi rese e riportate a verbale, o la mancata lettura da parte del giudice della verbalizzazione delle loro dichiarazioni costituisce mera irregolarità della prova testimoniale e non già nullità della stessa, potendo presumersi, fino a querela di falso, che quanto riportato a verbale corrisponda a quanto dichiarato al giudice da parte dei testimoni (Cass. n. 12828/2003). Rinviando in ordine all'efficacia probatoria del verbale al commento all'art. 126, è sufficiente rammentare, qui, che, 1 volta sottoscritto dal presidente del collegio e dal cancelliere, il verbale d'udienza, comunque redatto (e perciò anche eventualmente mediante l'apposizione di timbri recanti diciture prefissate), attesta validamente tutto quanto è in esso contenuto, sicché la sua validità documentale (secondo la soluzione in assoluta prevalenza accolta dalla giurisprudenza) può essere inficiata soltanto attraverso il giudizio di falso (Cass. n. 13763/2002).

La sentenza, nella cui intestazione risulti il nominativo di un magistrato, non tenuto alla sottoscrizione, diverso da quello indicato nel verbale dell'udienza collegiale di discussione, deve presumersi affetta da errore materiale, come tale emendabile con la procedura di correzione di cui agli artt. 287-288, considerato che detta intestazione è priva di autonoma efficacia probatoria, esaurendosi nella riproduzione dei dati del verbale d'udienza, e che, in difetto di elementi contrari, si devono ritenere coincidenti i magistrati indicati in tale verbale come componenti del collegio giudicante non quelli che in concreto hanno partecipato alla deliberazione della sentenza medesima (Cass. n. 11853/1991; Cass. n. 3268/1995; Cass. n. 2691/2010; Cass. n. 4875/2015; Cass. n. 19722/2015).

In caso di smarrimento del verbale di udienza, la giurisprudenza ammette la sua ricostituzione o ricostruzione in applicazione analogica delle disposizioni dell'art. 113 c.p.p., nel qual caso il verbale ricostruito possiede la medesima efficacia probatoria dell'originale (Cass. n. 2895/1996).

In dottrina sul punto si veda Sorace, 3.

Bibliografia

Marengo, Udienza civile, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992; Montesano, Le disposizioni generali del codice di procedura civile, Roma, 1984; Sorace, Processo verbale (dir. proc. civ.), in Enc. giur., XXIV, Roma, 1991.

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