Codice di Procedura Civile art. 149 - Notificazione a mezzo del servizio postale.

Mauro Di Marzio

Notificazione a mezzo del servizio postale.

[I]. Se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi anche a mezzo del servizio postale.

[II]. In tal caso l'ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull'originale e sulla copia dell'atto, facendovi menzione dell'ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. Quest'ultimo è allegato all'originale.

[III]. La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell'atto 1.

 

[1] Comma aggiunto dall'art. 2 1 lett. e) l. 28 dicembre 2005, n. 263, con effetto dal 1° marzo 2006. Ai sensi dell'art. 2 4 l. n. 263, cit., tali modifiche si applicano per i procedimenti instaurati successivamente al 1° marzo 2006. Precedentemente la Corte cost., con sentenza 26 novembre 2002, n. 477 aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto del presente articolo e dell'art. 4 3 l. 20 novembre 1982, n. 890, « nella parte in cui prevedeva che la notificazione si perfezionasse, per il notificante, alla data di ricezione dell'atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario ». Il principio che la notifica si perfeziona, per il notificante, al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario è stato poi riaffermato da C. cost. 23 gennaio 2004, n. 28.

Inquadramento

La norma in commento stabilisce che se non ne è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può essere eseguita anche a mezzo del servizio postale. L'ufficiale giudiziario può avvalersi di tale mezzo per la notificazione degli atti che risultano indicati nell'art. 107, comma 2, d.P.R. n. 1229/1959. La notifica a mezzo posta è inoltre obbligatoria per gli atti da notificarsi fuori del Comune sede dell'ufficio dell'ufficiale giudiziario, salvo che l'autorità giudiziaria disponga o che la parte istante chieda che la notifica sia eseguita personalmente.

La notificazione a mezzo posta è disciplinata dalla l. n. 890/1982. Essa deve essere eseguita mediante invio di plico raccomandato con avviso di ricevimento. L'ufficiale giudiziario, in particolare, deve scrivere la relazione di notifica sull'originale e sulla copia dell'atto, menzionando l'ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario; deve, quindi, presentare a tale ufficio la copia dell'atto da notificare in busta chiusa, apponendo su quest'ultima le indicazioni del nome, cognome, residenza o dimora o domicilio del destinatario, con l'aggiunta di ogni particolarità idonea ad agevolarne la ricerca; deve, inoltre, apporvi il numero del registro cronologico, la propria sottoscrizione ed il sigillo dell'ufficio. L'ufficiale giudiziario deve, contemporaneamente, presentare l'avviso di ricevimento compilato con le indicazioni richieste dal modello predisposto dall'Amministrazione postale, con l'aggiunta del numero del registro cronologico (art. 116 d.P.R. n. 1229/1959).

Per le notificazioni di atti in materia civile e amministrativa effettuate prima dell'iscrizione a ruolo della causa, o del deposito del ricorso, l'avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante o il suo procuratore quando sia stato già nominato; per le notificazioni effettuate in corso di procedimento, l'avviso deve indicare come mittente l'ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso ufficio e il numero del procedimento cui la notifica si riferisce.

La fase di consegna del piego

A norma dell'art. 7 l. n. 890/1982, il piego deve essere consegnato nelle mani proprie del destinatario. Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego deve essere consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui oppure a persona addetta alla casa od al servizio del medesimo, purché il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia età inferiore a quattordici anni; in mancanza di tali persone, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario.

L'avviso di ricevimento ed il registro di consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l'aggiunta, se trattasi di familiare, dell'indicazione di convivente anche se temporaneo.

Ai sensi dell'u.c. dell'art. 7 l. n. 890/1982, qualora il piego non venga consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'agente postale deve dare a quest'ultimo notizia dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata, facendone annotazione.

Stando alla lettera della disposizione, l'adempimento deve ritenersi soddisfatto mediante la semplice spedizione del piego raccomandato e la relativa annotazione sull'avviso di ricevimento da parte dell'effettivo consegnatario, senza che sia necessaria la compilazione di avviso di ricevimento.

Ai sensi dell'art. 8 l. n. 890/1982, qualora il destinatario o le persone alle quali può essere fatta la consegna rifiutino di firmare l'avviso di ricevimento, pur ricevendo il piego, ovvero se il destinatario rifiuti il piego o di firmare il registro di consegna (il che equivale a rifiuto del piego), «l'agente postale ne fa menzione sull'avviso di ricevimento indicando, ove si tratti di persona diversa dal destinatario, il nome ed il cognome della persona che rifiuta di firmare nonché la sua qualità; appone, quindi, la data e la propria firma sull'avviso di ricevimento che è subito restituito al mittente in raccomandazione, unitamente al piego nel caso di rifiuto del destinatario di riceverlo. La notificazione si ha per eseguita alla data suddetta».

Se le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutino di riceverlo, ovvero se l'agente postale non possa recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza.

Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o la sua dipendenza deve essere data notizia al destinatario, a cura dell'agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure essere immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. L'avviso deve contenere l'indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell'ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell'indirizzo dell'ufficio postale o della sua dipendenza presso cui il deposito è stato effettuato, nonché l'espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della suddetta raccomandata di avviso e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l'atto sarà restituito al mittente.

L'art. 8, comma 2, l. n. 890/1982, nel prescrivere che l'agente postale, in ipotesi di mancato recapito dell'atto per assenza del destinatario, o per mancanza o rifiuto delle persone abilitate a riceverlo, rilascia avviso al destinatario mediante immissione nella cassetta della corrispondenza, non impone l'obbligo di specificare altresì la modalità concretamente prescelta, né tale obbligo emerge dalla successiva prescrizione, che impone di fare menzione, sull'avviso di ricevimento unito al piego, di tutte le formalità eseguite, del deposito e dei motivi che li hanno determinati, poiché tale obbligo ha ad oggetto il rilascio dell'avviso e le ragioni dello stesso, e non anche la specificazione delle modalità seguite, ovvero se esso sia avvenuto mediante affissione o mediante immissione nella cassetta, facendo fede dell'effettivo avvenuto rilascio la dichiarazione dell'agente (Cass. n. 17676/2012).

L'incaricato al ritiro del plico raccomandato contenente l'atto da notificare, depositato presso l'ufficio postale per assenza del destinatario, non deve avere i requisiti soggettivi indicati ex art. 7 l. n. 890/1982 per gli abilitati a ricevere il plico presso il luogo indicato sullo stesso, essendo sufficiente che il delegato sottoscriva l'avviso di accertamento con indicazione della sua qualità e che l'agente postale certifichi, con la sua firma, la ritualità della consegna (Cass. n. 17561/2013).

Il termine di 10 giorni di cui si è appena fatta menzione deve essere qualificato come termine «a decorrenza successiva» e, pertanto, computato secondo il criterio di cui all'art. 155, comma 1, cioè escludendo il giorno iniziale e conteggiando quello finale. Dovendo tale termine deve ritenersi compreso fra quelli «per il compimento degli atti processuali svolti fuori dall'udienza» di cui al comma 5 dell'art. 155, ove il dies ad quem del medesimo vada a scadere nella giornata di sabato, esso è prorogato di diritto al primo giorno seguente non festivo (Cass. S.U., n. 1418/2012).

Trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l'avviso di ricevimento è immediatamente restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'agente postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione «atto non ritirato entro il termine di dieci giorni» e della data di restituzione. Trascorsi sei mesi dalla data in cui il piego è stato depositato nell'ufficio postale o in una sua dipendenza senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'agente postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione «non ritirato entro il termine di centottanta giorni» e della data di restituzione.

La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della suddetta lettera raccomandata ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore.

Nel caso che, durante la permanenza del piego presso l'ufficio postale o una sua dipendenza, il destinatario o un suo incaricato ne curi il ritiro, l'impiegato postale lo dichiara sull'avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato, è subito spedito al mittente, in raccomandazione.

Qualora la data delle eseguite formalità manchi sull'avviso di ricevimento o sia, comunque, incerta, la notificazione si ha per eseguita alla data risultante dal bollo di spedizione dell'avviso stesso.

L'avviso di ricevimento

L'avviso di ricevimento previsto dalla disciplina sopra riassunta, avendo natura di atto pubblico, è provvisto della fede privilegiata di cui all'art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l'ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza e costituisce, pertanto, il solo documento idoneo a provare sia l'intervenuta consegna che la data di essa e l'identità e l'idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita (Cass. n. 4891/2015 ; Cass. n. 8082/2019). L'efficacia fidefacente dell'avviso in questione, suscettibile di essere contrastata solo con la querela di falso, è stata anche di recente ribadita (Cass. n. 22058/2019).

Il notificante deve provare il perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario mediante la produzione dell'avviso di ricevimento della raccomandata, unico documento idoneo ad attestare la consegna del plico e la data di questa, mentre, ove sia il destinatario a dover provare la data della notificazione, è sufficiente la produzione della busta che contiene il plico, in sé idonea ad attestare che prima della data risultante dal timbro postale apposto non poteva essere avvenuta la consegna (Cass. n. 4891/2015).

La produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia dell'atto processuale spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale, richiesta dalla legge in funzione della prova dell'avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, può però avvenire anche mediante l'allegazione di fotocopie non autenticate, ove manchi contestazione in proposito (a parere di Cass. n. 13439/2012).

Qualora si intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze dell'avviso di ricevimento, la parte interessata deve proporre querela di falso — anche se l'immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza dell'ufficiale giudiziario — a meno che dallo stesso contesto dell'atto non risulti in modo evidente l'esistenza di un mero errore materiale compiuto dall'ufficiale giudiziario nella redazione del documento.

La S.C. ha più volte ribadito che la notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell'atto, ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario, e l'avviso di ricevimento prescritto dall'art. 149 e dalle disposizioni della l. n. 890/1982 è il solo documento idoneo a dimostrare sia l'intervenuta consegna che la data di essa e l'identità e l'idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita: ne segue che, ove tale mezzo sia stato adottato per la notifica del ricorso per cassazione, la mancata produzione dell'avviso di ricevimento comporta, non la mera nullità, ma l'inesistenza della notificazione (della quale, pertanto, non può essere disposta la rinnovazione ai sensi dell'art. 291) e l'inammissibilità del ricorso medesimo, in quanto non può accertarsi l'effettiva e valida costituzione del contraddittorio, anche se risulta provata la tempestività della proposizione dell'impugnazione (Cass. n. 2722/2005).

Successivamente è stato affermato che la produzione dell'avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell'art. 149, o della raccomandata con la quale l'ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell'avvenuto compimento delle formalità di cui all'art. 140 è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell'avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell'avvenuta instaurazione del contraddittorio; conseguendone che l'avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all'udienza di discussione di cui all'art. 379, ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 di tale disposizione, ovvero fino all'adunanza della Corte in camera di consiglio di cui all'art. 380-bis, anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell'art. 372, comma 2; che, peraltro, in caso di mancata produzione dell'avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell'intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291; salva rimessione in termini, ai sensi dell'art. 153, per il deposito dell'avviso che il difensore della parte affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all'amministrazione postale un duplicato dell'avviso stesso, secondo quanto previsto dall'art. 6, comma 1, l. n. 890/1982 (Cass. S.U., n. 627/2008, Giust. civ., 2009, I, 2013, con nota di Leopardi). La giurisprudenza successiva si è adeguata (Cass. n. 9487/2010; Cass. n. 14421/2010; Cass. n. 14627/2010; Cass. n. 9453/2011; Cass. n. 13923/2011; Cass. n. 17704/2010, Cass. n. 22245/2010; Cass. n. 14780/2014).La prova del perfezionamento del procedimento notificatorio richiede, oltre alla produzione dell'avviso di ricevimento, in caso di temporanea assenza del destinatario e di mancanza, inidoneità o rifiuto delle persone altrimenti abilitate a ricevere il piego in sua vece, della comunicazione di avvenuto deposito (c.d. CAD) del plico presso l'ufficio postale.  (Cass. n. 26287/2019).

Da ultimo le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 10012/2021) hanno enunciato il seguente principio: «In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l'atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante - in base ad un'interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell'art. 8 della l. n. 890 del 1982 - esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell'avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell'avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa».

Le S.U. erano state investite da Cass. n. 21714/2020, la quale ha rilevato l'esistenza di un contrasto sulla questione se, ove l'atto non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, sia sufficiente per la verifica del perfezionamento della notificazione la prova della cd. prima raccomandata, contenente l'atto notificando, con l'attestazione dell'agente postale della temporanea assenza del destinatario e dell'avvenuta spedizione della cd. seconda raccomandata prescritta dall'art. 8, comma 4, l. n. 890 del 1992, oppure sia necessario il deposito dell'avviso di ricevimento della raccomandata informativa, cd. CAD. Il quesito sorge perché è per un verso stabilito che. «La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego , se anteriore» (art. 8, comma 4, l. n. 890 del 1982 nella versione introdotta dall'art. 2, comma 4, lett. c), n. 3 del d.l. n. 35 del 2005, prima delle modificazioni introdotte dall'art. 1 della l. n. 205 del 2017 e dall'art. 1 l. n. 145 del 2018); per altro verso, tra i contenuti dell'avviso di ricevimento della CAD è d'obbligo «l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito» dell'atto notificando presso l'ufficio postale (art. 8, comma 2, seconda parte, l. n. 890 del 1982, come introdotto dall'art. 2, comma 4, lett. c), n. 1 del d.l. n. 35 del 2005). Secondo un primo orientamento, al fine della prova del perfezionamento della notifica postale cd. diretta, in caso di assenza temporanea del destinatario era sufficiente che il notificante producesse l'avviso di ricevimento della raccomandata contenente l'atto notificando con l'attestazione di spedizione della CAD. In seguito è stato ritenuto necessario verificare in concreto l'avvenuta ricezione della CAD, essendo onere a carico del notificante produrre in giudizio il relativo avviso di ricevimento. Le S.U. hanno dato seguito al più recente orientamento, offrendo un'interpretazione sistematica del dettato normativo, in prospettiva costituzionalmente orientata. La previsione della spedizione della CAD, secondo le S.U. riposa su un'identica ratio, tesa a fornire al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto. Nelle ipotesi, quindi, di mancata consegna dell'atto notificando al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, solo dall'esame concreto dell'atto il giudice del merito e, ove si tratti di atto processuale, anche giudice di legittimità, può esprimere un ragionevole e fondato giudizio sull'effettiva ricezione della raccomandata da parte del destinatario. In tal modo, si è detto, si trova quel punto di equilibrio tra le esigenze del notificante e quelle della notificatario, essendo richiesto al soggetto attivo del procedimento notificatorio il deposito di un atto dallo stesso facilmente acquisibile.

 

 

Notifica ai sensi della l. n. 53/1994

Le notifiche a mezzo posta possono essere eseguite in proprio, direttamente, dagli avvocati, secondo le modalità previste dagli artt. 2, comma 1, e 3 l. n. 53/1994.

Alla facoltà della notifica diretta a mezzo posta, la suddetta legge aggiunge (art. 3-bis, su cui v. infra) quella dell'effettuazione con modalità telematiche, nonché quella (artt. 4 e 5) dell'effettuazione diretta dell'incombente, mediante consegna di copia dell'atto nel domicilio del destinatario, peraltro nelle sole ipotesi in cui il destinatario sia altro avvocato che abbia la qualità di domiciliatario di una parte e che sia iscritto nello stesso albo del notificante.

Per la legittimità della notifica necessita, in tale ultimo caso, che l'originale e la copia dell'atto siano previamente vidimati e datati dal Consiglio dell'ordine nel cui albo i due legali siano iscritti; che l'atto da notificare sia consegnato nelle mani proprie del destinatario o, in caso di sua assenza, nel domicilio risultante al Consiglio dell'ordine in cui il destinatario è iscritto, a persona addetta allo studio ovvero al servizio del destinatario; che l'originale e la copia dell'atto notificato nonché il registro cronologico di cui all'art. 8 della l. n. 53/1994 siano sottoscritti dalla persona alla quale l'atto è consegnato e che, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma sia seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione delle generalità e della qualità rivestita dal consegnatario.

I commi 4, 5 e 6 dell'art. 3-bis cit. contengono disposizioni in ordine all'oggetto del messaggio (nell'oggetto deve essere indicata la frase: «notificazione ai sensi della l. n. 53/1994».), alla redazione della relazione di notificazione (da redigere su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio Pec) ed alle notifiche da eseguire in corso di procedimento. Ulteriori disposizioni di interesse sulle notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati sono state introdotte dal d.m. 3 aprile 2013, n. 48, che ha modificato l'art. 18 d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, sia in relazione alla trasmissione per posta elettronica certificata di copie informatiche, anche per immagini, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell'art. 34 d.m. n. 44 del 2011, sia in relazione alla notificazione delle comparse o delle memorie.

Ai sensi dell'art. 6 l. n. 53/1994, l'avvocato che compila la relazione o le attestazioni di cui agli articoli 3, 3-bis e 9 o le annotazioni di cui all'art. 5 della legge medesima, è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto e il compimento di irregolarità o abusi nell'esercizio delle facoltà previste dalla presente legge costituisce grave illecito disciplinare, indipendentemente dalla responsabilità prevista da altre norme.

Il principio della scissione degli effetti della notificazione per il notificante ed il destinatario, previsto dall'art. 149, è applicabile anche alla notificazione effettuata dall'avvocato, munito della procura alle liti e dell'autorizzazione del consiglio dell'ordine cui è iscritto, a norma dell'art. 1 l. n. 53/1994. Ne consegue che, per stabilire la tempestività o la tardività della notifica, rileva unicamente la data di consegna del plico all'agente postale incaricato del recapito secondo le modalità stabilite dalla l. n. 890/1982 (Cass. n. 15234/2014).

Ai sensi dell'art. 11 l. n. 53/1994, le notificazioni eseguite secondo le formalità ivi descritte sono nulle, e la nullità è rilevabile d'ufficio, qualora manchino i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le varie disposizioni contenute negli artt. da 1 a 10 (fra esse assume particolare rilievo quella disciplinata dall'art. 8: l'avvocato deve munirsi, per le prescritte annotazioni, di apposito registro cronologico, la cui validità è subordinata alla previa numerazione e vidimazione da parte del presidente, o consigliere da lui delegato, del Consiglio dell'ordine nel cui albo il notificante è iscritto, peraltro, non richiesto, ai sensi dell'u.c. dell'art. 8, per le notifiche effettuate a mezzo posta elettronica certificata) e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica.

Nella giurisprudenza della S.C. è fermo il principio secondo cui qualunque violazione delle prescrizioni dettate dalla l. n. 53/1994 determina nullità e non inesistenza della notifica, come tale suscettibile di sanatoria in applicazione del principio generale del raggiungimento dello scopo ex art. 156, comma 3 (Cass. S.U. n. 1242/2000; Cass. n. 8592/2001; Cass. n. 15081/2004; Cass. n. 5096/2013; Cass. n. 20243/2015). Tale indirizzo, formatasi con riguardo alle notifiche cartacee, si vedrà essere ribadito anche con riguardo alle notifiche telematiche. Va qui richiamato, altresì, l'orientamento secondo cui sono affette da nullità le notifiche eseguite telematicamente prima della data del 15 maggio 2014, ossia dell'entrata in vigore delle specifiche tecniche del 16 aprile 2014 cui rinvia l'art. 18 d.m. n. 44/2011, sicché, in mancanza di costituzione del convenuto, va ordinato il rinnovo della notificazione (Cass. n. 14368/2015).

La notificazione dell'atto introduttivo del giudizio compiuta personalmente dall'avvocato, in caso di violazione di uno qualsivoglia dei presupposti stabiliti dalla l. n. 53/1994, è nulla e non inesistente, ma la nullità — non riguardando un vizio formale, bensì la sussistenza stessa della facoltà dell'avvocato di eseguire la notificazione in proprio — può essere sanata soltanto dalla tempestiva costituzione dell'intimato, essendo a tal fine irrilevante l'avvenuta consegna dell'atto (Cass. n. 5743/2011).

L'avvocato che sia semplice domiciliatario è abilitato alla sola ricezione, per conto del difensore, delle notificazioni e comunicazioni degli atti del processo e non anche al compimento di atti di impulso processuale. Pertanto, la notifica eseguita dallo stesso è da ritenere inesistente, giacché intrinsecamente inidonea a produrre alcun effetto giuridico in quanto eseguita da organo non abilitato alla relativa esecuzione (Cass. n. 357/2011; Cass. n. 20468/2015). Tuttavia, qualora la notificazione sia stata eseguita dall'avvocato domiciliatario su delega del difensore munito di procura alle liti, la stessa deve ritenersi affetta non da inesistenza, bensì da semplice nullità (rilevabile d'ufficio e sanabile ex tunc per effetto della sua rinnovazione, disposta a norma dell'art. 291 o attuata spontaneamente dalla parte), trattandosi di vizio di forma del procedimento notificatorio attinente alla sola fase di esecuzione materiale della delega affidata al domiciliatario, atteso che l'istanza di notifica proviene comunque da chi ha il legittimo ius postulandi (Cass. n. 5096/2013).

In tema di notificazione ex art. 4 l. n. 53/1994, qualora nella relata manchino le generalità e la sottoscrizione dell'avvocato notificante, la sua identificazione, necessaria al fine di verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi indispensabili, può avvenire in base alla sottoscrizione, da parte sua, dell'atto notificato e vidimato dal consiglio dell'ordine, unitamente al richiamo al numero di registro cronologico ed all'autorizzazione del consiglio dell'ordine, immediatamente precedenti la relazione di notifica e la firma della persona abilitata a ricevere l'atto (Cass. n. 10272/2015).

In caso di notificazione eseguita a mezzo posta da un avvocato ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53, la carenza sulla busta con cui è spedita la raccomandata, e nel rigo appositamente dedicato, di ulteriore e separato segno grafico di sottoscrizione, cioè di ripetizione manoscritta e olografa del nome e cognome ad opera del notificante, costituisce una mera irregolarità di compilazione, che non comporta la nullità della notifica comminata dall'art. 11 della citata legge, purché le suddette indicazioni siano presenti in altra parte del medesimo piego (Cass. n. 13758/2014).

Tutte le facoltà di cui sin qui si è dette sono state estese all'Avvocatura dello Stato dall'art. 55 l. n. 69/2009. In materia di notificazioni, l'art. 55, comma 1, l. n. 69/2009, nel consentire all'Avvocatura dello Stato di procedere alle notificazioni ai sensi della l. n. 53/1994, detta specifiche modalità esecutive, che prevalgono rispetto a quanto previsto dagli artt. 1 e 7 l. n. 53/1994, ove è richiesta la previa autorizzazione dal Consiglio dell'ordine a cui l'avvocato è iscritto, atteso, peraltro, che per gli avvocati dello Stato non è necessaria l'iscrizione al Consiglio dell'ordine (Cass. n. 21985/2015).

La notifica telematica effettuata dall’avvocato

L'attività di notifica con modalità telematiche è disciplinata dall'art. 3-bis l. n. 53/1994 (sull'argomento, si veda Poli, 154). Anche questa disposizione è stata incisa dalla riforma c.d. Cartabia del 2022.

È stato introdotto un comma 1.1, in forza del quale la notificazione alle pubbliche amministrazioni è validamente effettuata, fermo restando quanto previsto dal d. 30 ottobre 1933, n. 1611, in materia di rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, presso l'indirizzo individuato ai sensi dell'art. 16-ter, comma 1-ter, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l.17 dicembre 2012, n. 221; è stato sostituito, al comma 2, il riferimento all'art. 16-undecies d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 con quello all'art. 196-undecies disp. att. c.p.c., come novellato; è stato aggiunto al comma 3 l'inciso: «fermo quanto previsto dall’art. 147 bis c.p.c.». Inoltre, si è ritenuto di inserire un nuovo comma 1-bis nell’art. 3-bis della l. n. 53 del 1994, al fine di chiarire che le disposizioni introdotte dal successivo art. 3-ter non comportano deroghe alle disposizioni contenute nell'art. 16-ter, comma 1-ter, d.l. n. 179/2012, in materia di notifiche via posta elettronica certificata alle amministrazioni pubbliche e all'indirizzo a tal fine utilizzabile.

Al comma 2 è stato poi aggiornato il richiamo dall'art. 16-undecies del d.l. n. 179 del 2012 all'art. 196-undecies disp. att. c.p.c., in considerazione della diversa collocazione della norma ad esito dell'opera di riordino eseguita in materia di attestazione di conformità.

Al comma 3, infine, si è precisato che in materia di perfezionamento della notifica resta salvo quanto previsto dall'art. 147-bis c.p.c., introdotto per recepire la declaratoria di incostituzionalità dell'art. 147 c.p.c. (cfr. Corte cost., n. 75/2019).

In breve, la notificazione deve essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo risultante da pubblici elenchi, «nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici» ed utilizzando, esclusivamente, un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi. Laddove l'atto da notificare non consista in un documento informatico, l'avvocato deve provvedere ad estrarre copia informatica dell'atto su supporto analogico, attestandone la conformità all'originale (a norma dell' art. 22, comma 2, d.lgs. n. 82/2005) e la notifica deve essere eseguita mediante allegazione dell'atto al messaggio di posta elettronica certificata. Secondo l'art. 3-bis l. 21 gennaio 1994, n. 53, per effettuare una notifica telematica, l'avvocato deve avvalersi di una casella Pec risultante da un pubblico elenco ed indirizzare la notifica ad un indirizzo Pec pure essa risultante da un pubblico elenco. La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna, ricevute previste dall' art. 6 d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68. Al messaggio di posta elettronica certificata deve essere allegato l'atto da notificare e la relazione di notificazione; l'oggetto del messaggio deve contenere la dicitura «notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994». La relata di notificazione, che è un documento informatico separato rispetto all'atto da notificare e che deve essere sottoscritto digitalmente dall'avvocato, deve contenere: a) il nome, cognome ed il codice fiscale dell'avvocato notificante; b) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti; c) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario; d) l'indirizzo di posta elettronica certificata a cui l'atto viene notificato; e) l'indicazione dell'elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto; f) l'attestazione di conformità della copia informatica al documento analogico da cui la copia è stata eventualmente estratta. Per le notificazioni effettuate in corso di procedimento deve, inoltre, essere indicato l'ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l'anno di ruolo. Più in specifico, se l'atto da notificare è cartaceo, l'avvocato deve estrarne copia informatica ed attestarne la conformità all'originale ai sensi dell'art. 16-undecies del citato d.l. n. 179/2012; se l'atto da notificare è una copia informatica di un documento informatico, è da credere che l'avvocato, nulla disponendo espressamente l'art. 3-bis, debba comunque attestare la conformità nella relazione di notificazione ai sensi dell'art. 16-undecies, commi 2 e 3, del d.l. n. 179/2012. Se, invece, il documento informatico da notificare è un duplicato informatico dell'atto o provvedimento da notificare non vi è bisogno di attestazione. L'avvocato, che compila la relazione o le attestazioni di conformità, è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto ed il compimento di irregolarità o abusi nell'esercizio delle facoltà previste dalla legge costituisce grave illecito disciplinare, indipendentemente dalla responsabilità prevista da altre norme (art. 6 l. n. 53/1994; art. 16-undecies, ult. comma, d.l. n. 179/2012).

In giurisprudenza si è detto che per il soggetto notificante, la notifica si perfeziona nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall' art. 6, comma 1, d.P.R. n. 68/2005, mentre, per il destinatario, il perfezionamento si ha nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (Rac) prevista dall'art. 6, comma 4, del medesimo testo. La notifica a mezzo posta elettronica certificata non si esaurisce con l'invio telematico dell'atto, ma si perfeziona con la consegna del plico informatico nella casella di posta elettronica del destinatario, e la prova di tale consegna è costituita dalla ricevuta di avvenuta consegna. La mancata produzione della ricevuta di avvenuta consegna della notifica a mezzo P.e.c. del ricorso per cassazione, impedendo di ritenere perfezionato il procedimento notificatorio, determina quindi l'inesistenza della notificazione, con conseguente impossibilità per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell'art. 291, in quanto la sanatoria ivi prevista è consentita nella sola ipotesi di notificazione esistente, sebbene affetta da nullità (Cass. n. 20072/2015). In ordine alla Rac è stato di recente affermato che, in tema di notifiche telematiche nei procedimenti civili, compresi quelli cd. prefallimentari, la ricevuta di avvenuta consegna (RAC), rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario, senza tuttavia assurgere a quella «certezza pubblica» propria degli atti facenti fede fino a querela di falso, atteso che, da un lato, atti dotati di siffatta speciale efficacia, incidendo sulle libertà costituzionali e sull'autonomia privata, costituiscono un numero chiuso e non sono suscettibili di estensione analogica e, dall'altro, l'art. 16 d.m. n. 44/2011 si esprime in termini di «opponibilità» ai terzi ovvero di semplice «prova» dell'avvenuta consegna del messaggio, e ciò tanto più che le attestazioni rilasciate dal gestore del servizio di posta elettronica certificata, a differenza di quelle apposte sull'avviso di ricevimento dall'agente postale nelle notifiche a mezzo posta, aventi fede privilegiata, non si fondano su un'attività allo stesso delegata dall'ufficiale giudiziario (Cass. n. 15035/2016). Ai sensi dell'art. 11 l. n. 53/1994, le notificazioni effettuate direttamente dagli avvocati, analogiche o digitali, sono nulle e la nullità è rilevabile d'ufficio, se mancano i requisiti soggettivi ed oggettivi ivi previsti, se non sono osservate le individuate disposizioni della stessa legge e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell'atto o sulla data della notifica.

In virtù del principio di strumentalità delle forme, la notifica a mezzo P.e.c. non può essere dichiarata nulla se, malgrado la sua irritualità, l'atto è stato portato a conoscenza del destinatario (Cass. n. 22007/2017; Cass. n. 20625/2017). E così, l'irritualità della notificazione di un atto (nella specie, ricorso per cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale dello stesso, in omaggio alla regola generale sancita dall'art. 156, comma 3: ne deriva che è inammissibile l'eccezione con la quale si lamenti esclusivamente detto vizio procedimentale, senza prospettare un concreto pregiudizio per l'esercizio del diritto di difesa (Cass. n. 3805/2018, che ha ritenuto sanato il vizio della notifica a mezzo P.e.c. priva nella relata della sottoscrizione digitale del legale, non ritenendo la stessa radicalmente inesistente). Allo stesso modo, L'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata (nel caso di specie, del ricorso per cassazione) non ne comporta la nullità se la consegna telematica (ad esempio in estensione .doc, anziché .pdf) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo (Cass. n. 30372/2017). Per converso, qualora la notificazione a mezzo P.e.c. del decreto di fissazione dell'udienza prefallimentare sia rimessa ad un indirizzo che identifichi due distinte società, la notificazione è nulla ex art. 160 c.p.c. per incertezza assoluta del soggetto, se non risulta possibile accertare chi effettivamente l'abbia ricevuta (Cass. n. 710/2018). Viene osservato nella decisione che, a fronte dell'attribuzione del medesimo indirizzo a due soggetti, e della notificazione a mezzo PEC a quell'indirizzo, può solo ipotizzarsi che il messaggio sia stato ricevuto ad entrambi gli indirizzi, il che vuol dire che può parimenti solo ipotizzarsi che il messaggio sia stato ricevuto dalla sola società destinataria dell'istanza di fallimento ovvero sia stato ricevuto soltanto dalla società estranea alla vicenda: tale è l'ipotesi disciplinata dall'art. 160 c.p.c., il quale sanzione di nullità la notificazione se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta.

E' stata più volte giudicata valida la notifica a mezzo PEC se il destinatario non riceve il messaggio perché ha la casella di posta piena. La comunicazione a mezzo posta elettronica certificata deve aversi per notificata allorquando la mancata consegna dipenda da cause imputabili al destinatario, come nel caso in cui, per mancata diligenza di questi, la casella risulti piena per prolungata (e dunque colpevole) assenza di lettura della posta elettronica (Cass. n. 12451/2018). È dunque imputabile al destinatario della notificazione a mezzo PEC la circostanza che la casella dell'utente non sia in grado di accettare il messaggio, trattandosi di evento che dipende dallo stato della casella del destinatario ed è, quindi, oggettivamente riferibile alla sfera di controllo dell'avvocato, il quale deve preoccuparsi di scongiurare un tale accadimento (Cass. n. 1647/2018). La semplice verifica dell'avvenuta accettazione dal sistema e della successiva consegna, ad una determinata data ed ora, del messaggio di posta elettronica certificato contenente l'allegato notificato è pertanto sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, mentre l'eventuale mancata lettura dello stesso da parte del difensore per eventuale malfunzionamento del proprio computer va imputato a mancanza di diligenza del difensore che nell'adempimento del proprio mandato è tenuto a dotarsi dei necessari strumenti informatici e a controllarne l'efficienza (Cass. n. 25819/2017). L'avvocato non può dunque eccepire la carenza di strumenti informatici idonei alla lettura di documenti telematici, in particolare la propria impossibilità materiale ad aprire i documenti allegati alla notifica telematica, riferendo di essere privo degli strumenti informatici necessari per la lettura e decodifica di notifiche/comunicazioni trasmesse via P.e.c. (Cass. n. 22756/2017; Cass. n. 22320/2017).

Naturalmente, ha senso discorrere di sussistenza o meno di vizi della notifica se questa sia stata almeno apparentemente portata a compimento, senza di che si rientra nel campo della notifica non andata a buon fine, e, cioè, materialmente inesistente. Sicché è stato affermato che la notifica a mezzo posta elettronica certificata non si esaurisce con l'invio telematico dell'atto, ma si perfeziona con la consegna del plico informatico nella casella di posta elettronica del destinatario, e la prova di tale consegna è costituita dalla ricevuta di avvenuta consegna: la mancata produzione della ricevuta di avvenuta consegna della notifica a mezzo P.e.c. del ricorso per cassazione, impedendo di ritenere perfezionato il procedimento notificatorio, determina quindi l'inesistenza della notificazione, con conseguente impossibilità per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell'art. 291, in quanto la sanatoria ivi prevista è consentita nella sola ipotesi di notificazione esistente, sebbene affetta da nullità (Cass. n. 20072/2015).

Ai sensi dell'art. 16-ter d.l. n. 179/2012, sono pubblici elenchi dai quali possono essere attinti gli indirizzi Pec dei destinatari delle notifiche telematiche eseguite dagli avvocati: 1) l'ANPR, Anagrafe Nazionale Popolazione Residente (non ancora attiva), che darà attuazione a quanto previsto dall'art. 3-bis del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD) che prevede la facoltà per il cittadino di indicare tra i propri dati anagrafici un domicilio digitale (un indirizzo PEC) mediante il quale avere rapporti con la pubblica amministrazione; 2) l'Ini-Pec, Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata istituito dal Ministero dello sviluppo economico che raccoglie tutti gli indirizzi di PEC delle Imprese e dei Professionisti presenti sul territorio italiano; 3) il ReGIndE, Registro Generale degli Indirizzi Elettronici, gestito dal Ministero della giustizia e che contiene i dati identificativi nonché l'indirizzo di PEC dei soggetti abilitati esterni (avvocati, curatori, CTU ed ausiliari del giudice in genere); tale registro è consultabile dai magistrati all'interno della rete giustizia tramite il Portale dei Servizi Telematici del Ministero (http://pst.giustizia.it/PST/) e mediante accesso autenticato (login) con le credenziali costituite dal codice fiscale e dalla password della rete ADN (ossia quella necessaria per accedere al computer di ufficio); 4) il Registro delle Pubbliche Amministrazioni, gestito dal Ministero della giustizia e che contiene gli indirizzi Pec delle Amministrazioni pubbliche ed è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati; 5) il Registro delle Imprese.

Ne consegue che non decorre il termine breve per impugnare se la notifica della sentenza è effettuata a un indirizzo PEC diverso da quello risultante dai pubblici elenchi. La notificazione con modalità telematica, ai sensi degli artt. 3-bis e 11 della l. n. 53/1994, deve essere eseguita a pena di nullità presso l'indirizzo PEC risultante dai pubblici elenchi di cui all'art. 16-ter d.l. n. 179/2012, conv. con modif. in l. n. 221/2012, quale domicilio digitale qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l'organizzazione preordinata all'effettiva difesa; ne consegue che non è idonea a determinare la decorrenza del termine breve di cui all'art. 326 c.p.c. la notificazione della sentenza effettuata ad un indirizzo di PEC diverso da quello inserito nel ReGIndE e comunque non risultante dai pubblici elenchi, ancorché indicato dal difensore nell'atto processuale (Cass. n. 13224/2018). Parimenti, sussiste nullità e non mera irregolarità in caso di notifica a mezzo P.e.c. ad un indirizzo dell'Avvocatura dello Stato non corretto. L'interessato può difatti liberamente accedere agli elenchi disponibili presso il Ministero della Giustizia per conoscere l'indirizzo PEC presso il quale deve effettuare la notificazione dell'atto di appello all'Avvocatura di Stato; per tale motivo non può essere declassata a mera irregolarità la trasmissione dell'atto ad un indirizzo diverso da quello risultante dal Reginde, la quale, equivalendo all'inosservanza delle disposizioni riguardanti la persona cui dev'essere consegnata la copia dell'atto, comporta, ai sensi dell'art. 160 c.p.c., la nullità della notifica (Cass. n. 11574/2018).

L'art. 16-septies d.l. n. 179/2012 (v. Corte cost. n. 75/2019 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato articolo nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta)  richiama per l'esecuzione della notifica telematica gli orari dettati dall'art. 147 e prevede che, se la ricevuta di avvenuta consegna viene generata dopo le ore 21,00, la notificazione a mezzo Pec si intende perfezionata per il destinatario alle ore 7 del giorno successivo. La S.C. ha in proposito stabilito che, in tema di notificazione con modalità telematica, l'art. 16 septies del d.l. n. 179/2012, conv. con modif. in l. n. 221/2012, si interpreta nel senso che la notificazione richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione dopo le ore 21.00, ai sensi dell'art. 3-bis, comma 3, l. n. 53/1994, si perfeziona alle ore 7.00 del giorno successivo, secondo la chiara disposizione normativa, intesa a tutelare il diritto di difesa del destinatario della notifica senza condizionare irragionevolmente quello del mittente (Cass. n. 30766/2017, che ha ritenuto tardiva la notifica del ricorso per cassazione perché la ricevuta di accettazione recava un orario successivo alle ore 21.00 del giorno di scadenza del termine per l'impugnazione; v. al riguardo sub art. 147).

L'art. 18 d.m. n. 44/2011, contenente le regole tecniche del Pct, modificato con d.m. n. 48/2013, richiede per i documenti informatici oggetto di notifiche telematiche le medesime caratteristiche richieste nel caso di deposito telematico da parte degli avvocati nei registri di cancelleria: i documenti allegati al messaggio Pec devono quindi essere privi di elementi attivi e devono essere redatti nei formati previsti ai sensi dell'art. 34.

Lo stesso art. 18 d.m. n. 44/2001 precisa che la procura alle liti si considera apposta in calce all'atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l'atto è notificato. La medesima norma si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine.

L'ultimo comma della stessa disposizione prevede che la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall'art. 3-bis deve essere «completa», il che consente al giudice di controllarne il contenuto ai fini della verifica della ritualità della notificazione.

In un caso in cui il ricorrente per cassazione sosteneva di aver disconosciuto qualsiasi valenza alla comunicazione effettuata a mezzo P.e.c., in quanto era stata prodotta dalla curatela una ricevuta sintetica di tale comunicazione, priva, come tale, di qualunque valore probatorio attesa l'insuscettibilità di verificarne il contenuto, la S.C. (Cass. n. 9368/2018) ha tuttavia affermato che in tema di notifiche telematiche nei procedimenti civili, compresi quelli fallimentari, la ricevuta di avvenuta consegna, rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario; è vero — ha aggiunto la pronuncia — che tale documento non assurge alla «certezza pubblica» propria degli atti facenti fede fino a querela di falso (come già sottolineato da Cass. n. 15035/2016); tuttavia la circostanza che, a seguito delle modifiche al processo civile apportate dall'art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012, conv., con modificazioni, dalla l. n. 221/2012, le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si debbano effettuare tutte per via telematica, all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, presuppone che la trasmissione del documento in tale forma, equivalente alla notificazione a mezzo posta, si intende perfezionata, con riferimento alla data e all'ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al d.P.R. n. 68/2005; l'art. 6 di quest'ultimo stabilisce che il gestore della Pec utilizzata dal destinatario deve fornire giustappunto al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la semplice ricevuta di avvenuta consegna (Rac); e ciò conferma che codesta ricevuta (la Rac) costituisce il documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario (v. Cass. n. 26773/2016).

L'art. 19-bis del Provv. DGSIA 16 aprile 2014 chiarisce al primo comma che, qualora l'atto da notificarsi sia un documento originale informatico, esso deve essere in formato Pdf e ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è ammessa la scansione di immagini. Il documento informatico così ottenuto è allegato al messaggio di posta elettronica certificata. Il secondo comma precisa che, nei casi diversi, i documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici, allegati al messaggio di posta elettronica certificata, sono privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili, e sono consentiti in formato Pdf. Soggiunge il terzo comma che nei casi in cui l'atto da notificarsi sia l'atto del processo da trasmettere telematicamente all'ufficio giudiziario (esempio: atto di citazione), si procede ai sensi del precedente primo comma. La stessa norma prescrive all'ultimo comma anche la modalità di trasmissione all'ufficio giudicante dei file contenenti le ricevute di accettazione ed avvenuta consegna.

L'art. 19-ter dello stesso provvedimento regola le modalità dell'attestazione di conformità della copia informatica apposta su un documento informatico separato, cioè proprio il caso dell'attestazione di conformità della copia informatica dell'atto da notificare che, ai sensi dell'art. 11-undecies d.l. 179/2012, deve essere inserita nella relata di notificazione e, quindi, in un documento informatico separato.

L'art. 6 d.P.R. n. 68/2005 stabilisce che la ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione. Tale ricevuta è rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall'avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario. La stessa norma aggiunge che la ricevuta di avvenuta consegna può contenere anche la copia completa del messaggio di posta elettronica certificata consegnato, il che è quanto richiede l'ultimo comma dell'art. 18 d.m. n. 44/2011, già ricordato, secondo cui, nel caso di notificazione a mezzo Pec eseguita dagli avvocati, «la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall'art. 3-bis, comma 3, l. 21 gennaio 1994, n. 53 è quella completa, di cui all'art. 6, comma 4, d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68». In applicazione di tali disposizioni, il giudice, aprendo il file .msg o .eml contenente la ricevuta di avvenuta consegna della notificazione a mezzo Pec, è come si diceva posto in condizione di verificare quanto il destinatario della notificazione ha ricevuto e, così, di controllare la ritualità della notificazione. Infine, l'art. 9 dello stesso d.P.R. stabilisce che sulle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna il gestore del servizio di posta elettronica appone la sua firma elettronica avanzata «che consente di rendere manifesta la provenienza, assicurare l'integrità e l'autenticità delle ricevute stesse».

In forza degli artt. 9 l. n. 53/1994 e 19-bis Provvedimento Responsabile S.I.A. 16 aprile 2014, dinanzi ai tribunali ed alle corti di appello, la prova della notificazione a mezzo Pec deve essere fornita dall'avvocato esclusivamente in modalità telematica. L'avvocato deve dunque trasmettere alla cancelleria, tramite deposito telematico, i duplicati dei file contenenti le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna; deve, in particolare, allegare alla sua nota di deposito (atto principale) due messaggi di posta elettronica (in estensione .msg o .eml) che il giudice come si è detto può così verificare.

Una volta che il sistema genera la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina, analogamente a quanto avviene per le dichiarazioni negoziali ai sensi dell'art. 1335 c.c., una presunzione di conoscenza da parte dello stesso, il quale è responsabile della gestione della propria utenza e ha l'onere non solo di dotarsi degli strumenti necessari per decodificare o leggere i messaggi inviatigli, non potendo la funzionalità dell'attività del notificante essere rimessa alla mera discrezionalità del destinatario (Cass. n. 14675/2018, che ha ritenuto che nella specie non risultasse alcun caso fortuito, atteso che il fatto addotto dal ricorrente -riparazione del computer all'atto della spedizione -, oltre a non trovare alcun suffragio, non costituiva di certo un'ipotesi di caso fortuito, ben potendo essere ovviato tramite l'utilizzo di un diverso apparecchio informatico).

Occorre aggiungere che l'art. 9 l. n. 53/1994 stabilisce al comma 1-bis che, nel caso in cui non si possa procedere al deposito in modalità telematica dell'atto di opposizione o di impugnazione notificato a mezzo Pec ai sensi dell'art. 3-bis, l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'art. 23, comma 1, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, secondo il quale le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui sono tratte se la loro conformità all'originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Dopodiché è stato modificato l'art. 6 l. n. 53/1994, che riconosce all'avvocato la qualifica di pubblico ufficiale quando compiva le attestazioni di cui all'art. 9 della medesima legge. Va precisato che tale modalità di prova della notificazione via Pec era all'origine previsto soltanto nel caso di notificazione di un atto di opposizione a decreto ingiuntivo o di un atto di impugnazione e non anche nei casi di notificazione elettronica di altri atti giudiziari diversi. L'art. 46, comma 1, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv. in l. 11 agosto 2014, n. 114, ha aggiunto all'art. 9 l. n. 53/1994 il comma 1-ter, che ha previsto che in tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche «procede ai sensi del comma 1-bis». Ne deriva, per tutte le notifiche a mezzo PEC di atti giudiziari in materia civile, e non solo nei casi di notifica telematica dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo o di impugnazione, sono ora applicabili le disposizioni di cui ai commi 1-bis e 1-ter dell'art. 9.

Peraltro, resta fermo che la facoltà di provare la notifica a mezzo PEC mediante produzione cartacea è ammessa esclusivamente nel caso in cui «non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato a norma dell'art. 3-bis», il che è ad esempio quanto accade, ad oggi, nel giudizio di cassazione.

Le modalità di firma dei documenti informatici inseriti dall'avvocato nel messaggio Pec previste dalla normativa del PCT sono alternativamente la firma CAdES con estensione .p7m e la firma PAdES con estensione .pdf. La firma CAdES (CMS Advanced Electronic Signatures) è una firma digitale che può essere apposta su qualsiasi tipo di file. In seguito all'apposizione si genera una busta crittografata contenente il file originale che si presenta come un file la cui estensione è .p7m. La firma PAdES (PDF Advanced Electronic Signatures) è una firma che può essere apposta su un solo tipo di file, il PDF che è lo standard di riferimento per quanto riguarda i documenti in formato digitale. L'apposizione di una firma PAdES su un file .pdf genera un nuovo file la cui estensione è ancora .pdf. I file firmato PAdES può essere letto con qualsiasi lettore di file PDF, mentre la lettura del file firmato CAdES richiede un software specifico per l'apertura della busta crittografata in formato .p7m. La firma PAdES, inoltre, permette di aggiungere una firma grafica visibile sul documento, oltre alla firma digitale.

In tema di processo telematico, a norma dell'art. 12 del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014, di cui all'art. 34 del d.m. n. 44/2011 - Ministero della Giustizia -, in conformità agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506/2015, le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni .p7m e .pdf. Tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi degli artt. 83, comma 3, c.p.c., 18, comma 5, del d.m. n. 44/2011 e 19-bis, commi 2 e 4, del citato decreto dirigenziale (Cass. S.U., n. 10266/2018).

In giurisprudenza è stato inoltre affermato che l'agente della riscossione, di fronte alle contestazioni dell'opponente relative alla notifica a mezzo Pec delle cartelle di pagamento, ha l'onere di dimostrare di avere provveduto alle regolare notifica di esse in forma di documento informatico (e non di mera copia informatica di documento cartaceo), di documentare la corrispondenza tra il messaggio originale e quello trasmesso via Pec nonché la regolarità della trasmissione telematica dell'atto (Cass. n. 16173/2018).

Bibliografia

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