Codice di Procedura Civile art. 275 - Decisione del collegio 1

Antonio Scarpa

Decisione del collegio1

[I]. Rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata entro sessanta giorni dall'udienza di cui all'articolo 189.

[II]. Ciascuna delle parti, con la nota di precisazione delle conclusioni, può chiedere al presidente del tribunale che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, resta fermo il rispetto dei termini indicati nell'articolo 189 per il deposito delle sole comparse conclusionali.

[III]. Il presidente provvede sulla richiesta revocando l'udienza di cui all'articolo 189 e fissando con decreto la data dell'udienza di discussione davanti al collegio, da tenersi entro sessanta giorni.

[IV]. Nell'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa. Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione e la sentenza è depositata [in cancelleria] entro i sessanta giorni successivi2.

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 32 l. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente dall'art. 3, comma 18, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022, il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 , come  sostituito dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.". Si riporta il testo prima della sostituzione: «[I].Rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all'articolo 190. [II].Ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell'articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. [III]. Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell'udienza di discussione, da tenersi entro sessanta giorni. [IV]. Nell'udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa. Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.».

[2] Comma modificato dall'art. 3, comma 2, lett. bb) d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, che ha soppresso le parole: «in cancelleria»;  ai sensi dell’art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

Inquadramento.

Gli artt. 275, 275-bis e 276 disciplinano la fase del passaggio della causa alla decisione del collegio ed il procedimento di deliberazione della sentenza. La prima norma, in particolare, prevede il termine per il deposito della sentenza, decorrente dal termine per il deposito delle memorie di replica di cui all’art. 190, nonché il sistema della doppia richiesta necessaria per procedere alla discussione orale dinanzi al collegio. La secondo disposizione stabilisce la composizione del collegio giudicante, l’ordine logico delle questioni da seguire nella decisione, le modalità di redazione del provvedimento.

Discussione davanti al collegio

Prima delle modifiche introdotte con la l. n. 393/1990 e con il d.lgs. n. 51/1998, il codice di procedura civile, a proposito del collegio e della sentenza, dettava norme nelle quali il dovere di pronuncia era riferito ai magistrati che in qualità di componenti del collegio avevano assistito alla discussione (artt. 276, comma 1 e 114, comma 2, disp. att.). Da queste si traeva il principio per cui dà luogo a vizio di nullità della sentenza attinente alla costituzione del giudice il fatto d'essere stata deliberata da collegio composto di magistrati diversi da quelli che hanno assistito alla discussione. Altre norme erano dettate per regolare le fasi di deliberazione della decisione (art. 276, nei commi successivi al primo) e di formazione e deposito della sentenza (art. 276 ultimo comma, ed art. 119 disp. att.); ma anche per superare impedimenti che si potessero verificare nella fase che segue alla deliberazione della decisione e si conclude con il deposito della sentenza (art. 132, comma 2).

Il d.lgs. n. 149/2022, con la decorrenza indicata dall'art. 35 dello stesso decreto, ha modificato l'art. 275, nel senso che la sentenza, dopo la rimessione della causa al collegio, deve essere depositata entro sessanta giorni dall'udienza di cui all'art. 189. Ciascuna delle parti, con la nota di precisazione delle conclusioni, può tuttavia chiedere, con istanza al presidente del tribunale, che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, resta fermo il rispetto dei termini indicati nell'art. 189 per il deposito delle sole comparse conclusionali. Il presidente provvede sulla richiesta revocando la fissazione dell'udienza di cui all'art. 189 e fissando con decreto la data dell'udienza di discussione davanti al collegio, da tenersi entro sessanta giorni.

Dunque, esaurita l'istruzione, il giudice rimette le parti al collegio per la decisione a norma dell'art. 189 (trattazione scritta mediante deposito di note di precisazione delle conclusioni, comparse 

conclusionali e memorie di replica) oppure dell'art. 275-bis (decisione a seguito di discussione orale).

Nell'assetto delineato dal d.lgs. n. 149/2022, è dalla data in cui viene fissata la rimessione in decisione che decorrono i termini per il deposito delle conclusioni, delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, mentre è dall'udienza di rimessione al collegio che decorrono i termini di sessanta o trenta giorni (a seconda che si tratti di causa a decisione collegiale o monocratica: artt. 275, comma 1, e 281-quinquies, comma 1) per il deposito della sentenza da parte del giudice.

Nel modello procedimentale elaborato, l'istanza di discussione orale è contenuta nella nota di precisazione delle conclusioni assentita dal giudice istruttore, ma va rivolta al presidente del tribunale. Il presidente provvede sulla richiesta revocando l'udienza fissata dal giudice istruttore dinanzi a sé per la rimessione in decisione e fissando la data dell'udienza di discussione davanti al collegio, da tenersi entro sessanta giorni. Le parti sono tenute in tal caso a rispettare il solo termine successivo per il deposito delle comparse conclusionali, mentre si intende revocato il termine assegnato per il deposito delle repliche, alle quali le parti potranno procedere direttamente in sede di discussione dinanzi al collegio. Non è più previsto alcun onere di riproporre la richiesta di discussione orale alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica (come nel previgente art. 275, comma 2, il quale prevedeva un'istanza ad efficacia prenotativa avanzata in sede di conclusioni e poi una formale riproposizione indirizzata al presidente del tribunale confermativa della iniziale volontà). Nell'udienza collegiale, dopo la relazione orale del giudice istruttore, il presidente ammette le parti alla discussione. La sentenza va infine depositata telematicamente entro i sessanta giorni successivi.

Eliminando la differenza rispetto all'analogo modello alternativo decisorio a trattazione mista allestito per il tribunale in composizione monocratica (art. 281-quinquies, comma 2), la riformulazione dell'art. 275 comporta che alla richiesta di discussione proveniente anche da una sola delle parti consegua per tutte il venir meno della facoltà di deposito delle memorie di replica.

È auspicabile che il presidente provveda sulla richiesta prima ancora che venga a scadenza il termine assegnato per il deposito delle memorie di replica e assolutamente prima della data dell'udienza fissata ai sensi dell'art. 189, comma 1, lasciandosi altrimenti le parti in una situazione di grave incertezza su come procedere.

Deve ritenersi che l'omessa fissazione dell'udienza di discussione orale, pur ritualmente richiesta dalla parte, comporti di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità per i difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, senza che sia al contrario necessario indicare quali siano gli specifici aspetti che la discussione avrebbe consentito di evidenziare o approfondire. La parte che deduca tale vizio in appello deve tuttavia impugnare la sentenza di primo grado anche in rapporto alle statuizioni di merito.

Il procedimento di decisione si intendeva da completare sino al deposito della sentenza (Cass. S.U., n. 3044/1988). Dunque, per il collegio si radica la regola per cui è nulla la sentenza deliberata da magistrati diversi da quelli per i quali il dovere è sorto all'atto della rimessione in decisione della causa. Le modificazioni apportate dalle Riforme degli anni Novanta hanno però comportato che le cause di competenza del tribunale solo in casi determinati siano decise in composizione collegiale, nelle altre decidendosi in composizione monocratica (art. 50-bis), rimanendo in sostanza l'udienza di discussione orale della causa davanti al collegio, come tuttora prevista dall'art. 275, soltanto ove vi sia in tal senso richiesta di parte.

Non ricorre un vizio di costituzione del giudice ex art. 158 quando, non essendo stato all'inizio del trimestre predisposto, ai sensi degli artt. 113 e 114 disp. att., il decreto di composizione dei collegi giudicanti, questi siano volta a volta formati, secondo le concrete esigenze dell'ufficio (Cass. III, n. 8737/2000).

Se una sentenza viene emessa dal tribunale in composizione non corretta (ad esempio, giudice onorario anziché magistrato togato), neppure sussiste un vizio attinente alla costituzione del giudice, in quanto non può ritenersi che gli atti del processo siano stati posti in essere da persona estranea all'ufficio del giudice, non investita della funzione esercitata da detto ufficio (Cass. lav., n. 26812/2008; Cass. III, n. 12207/2003).

 

Il requisito della pubblicità dell'udienza di discussione, fissato a pena di nullità dall'art. 128, resta soddisfatto quando risulti concretamente assicurata la possibilità di assistere all'udienza medesima, rimanendo irrilevante l'utilizzazione di un locale normalmente non destinato ad aula di udienza (Cass. III, n. 5563/1984).

Quanto agli obblighi convenzionali derivanti dall'art. 6 CEDU, si afferma che tale disposizione non prevede che tutta l'attività processuale debba svolgersi pubblicamente, ma assicura (salve talune specificate eccezioni) al soggetto che debba far valere i suoi diritti o debba veder determinati i suoi doveri o debba rispondere di un'accusa il diritto ad una pubblica udienza, in tal senso esigendo che il processo debba prevedere un momento di trattazione in un'udienza pubblica, e non che vi si debba tenere tutto lo svolgimento processuale (Cass. III, n. 19947/2008) Peraltro, il principio di pubblicità del giudizio, posto dall'art. 6 CEDU, non si ritiene di applicazione assoluta, potendo essere limitato, fermo restando il rispetto dell'inderogabile principio del contraddittorio – oltre che nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico, della sicurezza nazionale, dei minori o della vita privata delle stesse parti del processo – anche nell'interesse della giustizia, laddove lo giustifichino esigenze particolari (Cass. S.U., n. 7585/2004). Con riferimento al procedimento di impugnazione dei provvedimenti disciplinari e cautelari a carico dei notai, è stato considerato in giurisprudenza che opera il regime generale della pubblicità della sola udienza di discussione, pienamente compatibile con l'art. 6 CEDU, in virtù del quale non tutta l'attività processuale deve svolgersi pubblicamente, ma deve essere assicurato un momento di trattazione della causa in un'udienza pubblica (Cass. II, n. 9041/2016).

La relazione della causa

La relazione della causa che, nei giudizi innanzi ad organi collegiali, deve precedere la discussione delle parti sia nel rito ordinario (art. 275) che in quello del lavoro (art. 437) non è prescritta a pena di nullità e la sua omissione non inficia, quindi, la validità della successiva sentenza, non essendo tale sanzione contemplata da alcuna specifica norma né derivando la stessa dai principi fondamentali che regolano il processo civile (Cass. lav., n. 23495/2010). Sebbene, infatti, l'art. 275 preveda che, quando le parti richiedono la discussione orale della causa davanti al collegio, la discussione stessa debba essere preceduta dalla relazione dell’istruttore, la violazione di tale disposizione dà luogo ad una semplice irregolarità, non essendo, per essa, espressamente prevista nessuna sanzione di nullità, né tale sanzione può farsi discendere dalla violazione del diritto di difesa, atteso che scopo dell’udienza di discussione è quello di consentire alle parti una migliore illustrazione delle proprie difese dinanzi al collegio.

La regola posta dall’ultimo comma dellart. 275, secondo cui il giudice istruttore è necessariamente parte del collegio come relatore, non subisce alcuna deroga in conseguenza della pronuncia da parte del magistrato di ordinanze durante l’istruttoria (ammissione di prove, ordinanze anticipatorie di condanna, misure cautelari in corso di causa), trattandosi di provvedimenti per loro natura interlocutori, recanti valutazioni preventive che non possono pregiudicare l’esito del giudizio, e che perciò non determinano l’astensione del giudice nella fase decisoria.

«Immediatezza» della decisione

Escluse le ipotesi in cui anche nel processo civile vige il principio della decisione immediata, ove la causa sia stata decisa dopo l'udienza di discussione, non incide sulla validità della decisione stessa la circostanza che essa sia stata deliberata dal collegio, nella medesima composizione collegiale, il giorno successivo a quello della spedizione a sentenza, posto che nessun termine è fissato per l'apertura della Camera di consiglio in rapporto alla chiusura della precedente fase di discussione della causa e l'inizio e il tempo delle operazioni di deliberazione sono rimesse al potere discrezionale del presidente, il quale dovrà solo tenere conto dei termini acceleratori fissati per il successivo deposito della sentenza (Cass. I, n. 4907/1988; Cass. III, n. 23423/2014).

Il difetto di motivazione dell'ordinanza con la quale viene trasmessa ad un altro collegio una causa già trattenuta in decisione non comporta, ai sensi dell'art. 158, la nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice, ove sia stato rispettato l'art. 275, per essersi nuovamente svolta la discussione della causa dinanzi a detto collegio (Cass. V, n. 15494/2018).

Bibliografia

Biavati, Appunti sulla struttura della decisione e l'ordine delle questioni, in Riv. trim. dir. proc. CIV. 2009, 1301; Bove, Sentenze non definitive e riserva d'impugnazione, in Riv. trim. dir. proc. CIV. 1998, 415; Califano, Le Sezioni unite civili ripropongono l'indirizzo formale in tema di sentenze non definitive su una fra più domande cumulate nel medesimo processo, in Giust. CIV. 2000, 1, 63; Damiani, La precisazione delle conclusioni e il “collo di bottiglia” nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. CIV. 2005, 1313; Menichelli, La sospensione del giudizio di primo grado a seguito d'appello immediato avverso sentenza non definitive, in Giust. CIV. 2005, 1, 230; Merlin, Condanna generica e opposizione del convenuto alla liquidazione del quantum in separato giudizio, in Riv. dir. proc. 1987, 207; Prendini, Osservazioni in tema di condanna generica e poteri del giudice, in Resp. CIV. prev. 2000, 968; Proto Pisani, In tema di condanna generica e precisazioni delle conclusioni, in Foro it. 1986, I, 1533; Scarselli, Considerazioni sulla condanna generica (nella evoluzione giurisprudenziale e dopo la riforma), in Corr. giur. 1998, 714; Vitale, Condanna generica e separazione dei giudizi, in Giust. CIV. 1999, 4, 1095.

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