Codice di Procedura Civile art. 288 - Procedimento di correzione.

Antonio Scarpa

Procedimento di correzione.

[I]. Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto [135].

[II]. Se è chiesta da una delle parti, il giudice, con decreto da notificarsi insieme col ricorso a norma dell'articolo 170, primo e terzo comma, fissa l'udienza nella quale le parti debbono comparire davanti a lui. Sull'istanza il giudice provvede con ordinanza, che deve essere annotata sull'originale del provvedimento [121 att.].

[III]. Se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno dalla pubblicazione [133 1], il ricorso e il decreto debbono essere notificati alle altre parti personalmente.

[IV]. Le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario [325] decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione.

Inquadramento.

Gli artt. 287 e 288 delineano il procedimento di correzione di errori materiali, finalizzato alla eliminazione di errori di redazione del documento-sentenza, senza però incidere sul contenuto concettuale della decisione.

Procedimento di correzione

La correzione degli errori materiali della sentenza va fatta o con decreto, se su conforme richiesta delle parti, o, altrimenti, con ordinanza.

Quando sia trascorso oltre un anno dal deposito dell'ordinanza di cui si chiede la correzione, il ricorso deve essere notificato non al difensore, ma alla parte personalmente, in quanto l'art. 288, comma 3, pone il limite di un anno alla «perpetuatio» dell'ufficio del difensore ed all'efficacia dell'elezione di domicilio compiuta per il giudizio, presumendosi la cessazione dell'incarico difensivo. La notifica al difensore, tuttavia, non è inesistente, in quanto non si traduce nell'impossibilità di riconoscere nell'atto la rispondenza al modello legale della sua categoria, ma si risolve in una mera violazione in tema di forma, che dà luogo ad una nullità sanabile ex art. 160, con conseguente operatività dei rimedi della rinnovazione o della sanatoria (Cass. n. 3827/2013).

La notifica dell'istanza di correzione di errore materiale della sentenza è inidonea a far decorrere il termine breve ex art. 325, stante la natura amministrativa e non impugnatoria del procedimento di correzione, sicché non può trovare applicazione il principio per il quale, ai fini della decorrenza del detto termine, la notifica dell'impugnazione equivale, sul piano della "conoscenza legale" da parte dell'impugnante, alla notificazione della sentenza impugnata (Cass.  S.U., n. 5053/2017).

La pronuncia di correzione di errori materiali o di calcolo, in quanto funzionale all'eliminazione di un errore che non incide sul contenuto sostanziale della decisione, non richiede una motivazione diversa ed ulteriore rispetto alla esplicitazione dei passaggi logici e delle operazioni attraverso i quali si pone rimedio all'errore del giudice (Cass. I, n. 7712/2000).

Nel procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli art. 287 (e 391-bis) non è ammessa alcuna pronuncia sulle spese processuali (Cass. S.U., n. 9438/2002; Cass. VI, n. 12184/2020; Cass. III, n. 26566/2023). Del resto, il provvedimento che accoglie o rigetta l'istanza di correzione ha natura ordinatoria e sostanzialmente amministrativa e non consente di riconoscere la presenza di una posizione di soccombenza agli effetti dell'art. 91 (Cass. III, n. 8103/2008). Avverso l'ordinanza che, in sede di correzione di errore materiale, contenga un'erronea statuizione di condanna di una delle parti al pagamento delle spese del procedimento, è ammesso il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost., avendo detta statuizione non soltanto carattere decisorio, ma altresì definitivo, in quanto non impugnabile con il rimedio di cui all'ultimo comma del citato art. 288, preordinato esclusivamente al controllo della legittimità dell'uso del potere di correzione sotto il profilo della intangibilità del contenuto concettuale del provvedimento corretto (Cass. I. n. 4610/2017; Cass. VI, n. 23578/2016).

L'accoglimento dell'istanza di correzione dell'errore materiale contenuto nella sentenza impugnata con appello o ricorso per cassazione determina la cessazione della materia del contendere e la conseguente inammissibilità del gravame per sopravvenuto difetto di interesse (Cass. VI, n. 11204/2017).

L'art. 288, comma 4, dispone che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione, e perciò appresta uno specifico mezzo di impugnazione, che esclude l'impugnabilità per altra via del provvedimento a lume del disposto dell'art. 177, comma 3. Il principio di assoluta inimpugnabilità di tale ordinanza, neppure col ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., vale anche per l'ordinanza di rigetto, in quanto il provvedimento comunque reso sull'istanza di correzione di una sentenza all'esito del procedimento regolato dall'art. 288 è sempre privo di natura decisoria, costituendo mera determinazione di natura amministrativa non incidente sui diritti sostanziali e processuali delle parti. Per questa ragione resta impugnabile, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo la sentenza corretta, proprio al fine di verificare se, mercé il surrettizio ricorso al procedimento in esame, sia stato in realtà violato il giudicato ormai formatosi nel caso in cui la correzione sia stata utilizzata per incidere, inammissibilmente, su errori di giudizio (Cass. VI-, n. 35/2021Cass. VI, n. 16205/2013; Cass. I, n. 608/2017; Cass. VI, n. 10067/2017).

L'ordinanza con cui sia stata rigettata l'istanza di correzione dell'errore materiale è altresì inutilizzabile ai fini dell'integrazione o dell'interpretazione del provvedimento che ne è oggetto (Cass. VI, n. 26047/2020).

L'art. 288, comma 4, si riferisce, peraltro, alla sola ipotesi in cui l'errore corretto sia tale da determinare un qualche obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto della decisione e non già quando l'errore stesso, consistendo in una discordanza chiaramente percepibile tra il giudizio e la sua espressione, possa essere agevolmente eliminato in sede di interpretazione del testo della sentenza, poiché, in tale ultima ipotesi, un'eventuale correzione dell'errore non sarebbe idonea a riaprire i termini dell'impugnazione (Cass. I. n. 22185/2014).  Si è allora precisato come Il termine per l'impugnazione di una sentenza di cui sia stata chiesta la correzione, decorre dalla notificazione della relativa ordinanza, exart. 288, comma 4, se con essa sono svelati "errores in iudicando" o "in procedendo" evidenziati solo dal procedimento correttivo, oppure l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato ovvero, quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; diversamente, l'adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione (Cass. VI, n. 8863/2018). In sostanza, l'impugnazione (principale o incidentale) della sentenza relativamente alla parte corretta in esito al procedimento di correzione di omissioni o errori materiali o di calcolo, può avere ad oggetto solo la verifica della legittimità ed esattezza della disposta correzione e non anche il merito della sentenza impugnata. Per contro, l'impugnazione della sentenza oggetto di correzione relativa al merito della sentenza va proposta, a pena di inammissibilità, nel termine ordinario decorrente dalla data della sentenza stessa e non della correzione (Cass. VI, n. 20691/2017).

L'ultimo comma dell'art. 288, secondo il quale le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata, a cura del cancelliere (art. 121 disp. att.), l'ordinanza di correzione, dev'essere messo comunque in relazione con l'art. 327 in virtù del quale, indipendentemente dalla notificazione, l'appello, il ricorso per cassazione e la revocazione possono essere proposti entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza; pertanto, è ammissibile, rispetto alle parti corrette, l'impugnazione proposta entro un semestre dalla pubblicazione dell'ordinanza di correzione non notificata (Cass. VI, n. 27059/2017). 

Bibliografia

Luiso-Sassani, La riforma del processo civile, Milano, 2006; Punzi, Il processo civile. Sistema e problematiche, II, Torino, 2010.

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