Codice di Procedura Civile art. 380 - Deliberazione della sentenza.Deliberazione della sentenza. [I]. La Corte, dopo la discussione della causa, delibera, nella stessa seduta, la sentenza in camera di consiglio1. [II]. Si applica alla deliberazione della Corte la disposizione dell'articolo 276 [135, 141 att.]. [III].La sentenza è depositata nei novanta giorni successivi2.
[1] Comma così sostituito dall'art. 4 l. 8 agosto 1977, n. 532. [2] Comma così inserito dall'art. 3, comma 28, lett. f) del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149. Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come modificato dall'art. 1, comma 380, lettera a), l. 29 dicembre 2022, n. 197, che prevede che : "5. Salvo quanto disposto dal comma 6, le norme del capo III del titolo III del libro secondo del codice di procedura civile e del capo IV delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, come modificati dal presente decreto, hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data.- 6. Gli articoli 372, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 380-bis, 380-bis.1, 380-ter, 390 e 391-bis del codice di procedura civile, come modificati dal presente decreto, si applicano anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio". InquadramentoLa disposizione in esame è stata novellata dalla riforma del 2022 (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), che ha fissato in novanta giorni il termine per il deposito della sentenza. Secondo la norma, la camera di consiglio segue necessariamente all'udienza nella medesima seduta. L'espresso richiamo all'art. 276 impone le seguenti inderogabili regole: a) la decisione deve avvenire nel segreto nella camera di consiglio, con l'esclusiva presenza dei soli giudici del collegio decidente; ogni interferenza è vietata (al riguardo, di ardua compatibilità con la ratio della segretezza ed unicità di decisione si rivelano previsioni come quelle relative alla presenza di tirocinanti o di assistenti di studio, ove non componente del collegio, tuttora irrisolta: v. infra); b) l'ordine logico-giuridico delle questioni si snoda dalle pregiudiziali, alle preliminari, al c.d. merito (salvo il principio della c.d. questione “più liquida”: v. infra); c) la decisione è presa a maggioranza di voti; d) l'ordine dei voti è nel senso che il relatore vota per primo, quindi votano i consiglieri in ordine inverso di anzianità e per ultimo il presidenteex art. 141 disp att.; e) chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo. La questione “più liquida”L'ordine delle questioni formale è quello indicato sopra. Peraltro, si è chiarito (Cass. S.U., n. 26242/2014) che non si tratta di imposizione di una sequenza obbligata, dalla quale il giudice non possa discostarsi in base alle esigenze volta a volta emergenti. Invero, se è indubbio che le questioni pregiudiziali (o impedienti o assorbenti) debbano logicamente essere esaminate prima di quelle da esse dipendenti, i parametri operativi ben possono essere molteplici, e quell'ordine è suscettibile di essere sovvertito, sulla base di criteri che le S.U. hanno indicato in quelli della natura della questione, della sua idoneità a definire il giudizio, della sua maggiore evidenza (c.d. liquidità), della sua maggiore preclusività, e volontà del convenuto. In particolare, il principio della “ragione più liquida” impone un approccio operativo fondato sulla “evidenza” della questione piuttosto che della coerenza logico sistematica, consentendo di sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare, per economia processuale (Cass. n. 12002/2014; Cass. S.U., n. 9936/2014). Per l'utilizzo del principio, v., tra le altre, Cass. n. 363/2019, che ha esaminato ed accolto il terzo motivo del ricorso incidentale, la cui fondatezza assorbiva ogni altra questione dibattuta fra le parti; Cass. n. 11458/2018, che ha esaminato un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale; Cass. n. 15350/2017, la quale ha esaminato per primo e reputato inammissibile il motivo di ricorso diretto a censurare solo una delle rationes decidendi della sentenza impugnata, reputando così assorbito l'esame degli altri motivi; Cass. S.U., n. 23542/2015, in tema di contenzioso elettorale ed integrazione del contraddittorio; Cass. n. 5724/2015, in tema di decadenza da una domanda. Con riguardo al ricorso incidentale condizionato, proposto dalla parte interamente vittoriosa su questioni pregiudiziali decise in senso ad essa sfavorevole nella precedente fase di merito, un orientamento reputa che esso possa essere esaminato e deciso con priorità, senza tenere conto della sua subordinazione all'accoglimento del ricorso principale, quando sia fondato su una ragione più liquida che consenta di modificare l'ordine delle questioni da trattare, in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale di cui agli artt. 24 e 111 Cost. (Cass. n. 9671/2018; Cass. n. 23531/2016). Sembra, tuttavia, più rispettoso delle forme quel diverso orientamento, che ha avuto anche l'avallo delle Sezioni unite, secondo cui il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d'ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito; qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione, solo in presenza dell'attualità dell'interesse, sussistente unicamente nell'ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Cass. n. 19503/2018; Cass. n. 4619/2015; Cass. S.U., n. 7381/2013; Cass. n. 3796/2008). Redazione del dispositivoL'esistenza della sentenza civile è determinata (salvo che nelle controversie assoggettate al rito del lavoro ovvero a riti ad esso legislativamente equiparati o specialmente disciplinati) dalla sua pubblicazione mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata. Pertanto, si è chiarito che il dispositivo deliberato in camera di consiglio ha rilevanza meramente interna ed è modificabile (Cass. n. 9892/2005) in virtù di riconvocazione del collegio, mentre è valida la sentenza ancorché agli atti non risulti la presenza di un dispositivo, sottoscritto dal presidente (Cass. n. 22113/2015). Del pari, in un'ipotesi di discrasia tra verbale della pubblica udienza e dispositivo redatto in camera di consiglio, si è reputata l'irrilevanza della richiesta di acquisizione del verbale di udienza ai fini del decidere, «considerato che il verbale di udienza, finalizzato unicamente a dare conto delle vicende verificatesi nella udienza pubblica, non contiene il dispositivo relativo alla decisione adottata che, come è noto, viene redatto in camera di consiglio, ovviamente dopo la chiusura della pubblica udienza» e «non potendo contenere il verbale di udienza alcun elemento significativo in ordine alla volontà del Collegio, formatasi nel segreto della camera di consiglio», con conseguente rigetto dell'istanza di correzione di preteso errore materiale (Cass. n. 17977/2005, in motivazione). Si ricorda la vicenda dell'art. 131, dichiarato incostituzionale (Corte cost., n. 18/1989), laddove dispone « che “è compilato sommario processo verbale” anziché “può, se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richieda, essere compilato sommario processo verbale”», con riguardo alla menzione dell'unanimità della decisione o del dissenso che qualcuno dei componenti del collegio, da indicarsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Mentre la medesima decisione ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 l. n. 117/1988, nella parte in cui prevede la verbalizzazione dei provvedimenti collegiali con conseguente deroga alla segretezza della camera di consiglio, in riferimento agli artt. 3, 101, 104 e 108 Cost. La camera di consiglioIn generale, occorre sottolineare l'importanza e delicatezza degli equilibri della camera di consiglio. La legge prescrive la presenza nella camera di consiglio di tutti e solo i componenti del collegio chiamati a decidere: dispone infatti l'art. 276 sulla deliberazione che “la decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio. Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione”. Presenta, pertanto, qualche profilo di criticità l'applicazione dell'art. 74 d.l. 21 giugno 2013, n. 69, conv. nella l. 9 agosto 2013, n. 98, laddove ha modificato l'art. 115 ord. giud., il quale ora prevede al comma 1-bis che “[i] magistrati con compiti di assistente di studio possono assistere alle camere di consiglio della sezione della Corte cui sono destinati, senza possibilità di prendere parte alla deliberazione o di esprimere il voto sulla decisione”. Diversa, naturalmente, la situazione allorché l'assistente partecipi allo stesso collegio, come previsto dal d.l. n. 168/2016, conv. nella l. n. 197/2016, che ha aggiunto i commi 3 e 4 all'art. 115 ord. giud., prevedendo l'applicazione per non oltre tre anni dei magistrati del massimario alle sezioni, ai fini di celere trattazione dei procedimenti pendenti. A ciò si aggiunga, per i tirocinanti, il problema reale di assicurare la riservatezza e la segretezza, non ancora pienamente risolto, posto che si confida essenzialmente sulla buona volontà dei singoli. BibliografiaAmoroso G., La Corte di cassazione ed il precedente, in Aa.Vv., La Cassazione civile. Lezioni dei magistrati della Corte suprema italiana, Bari, 2015, 47; Briguglio A., Appunti sulle sezioni unite civili, in Riv. dir. proc., 2015, 16; Briguglio, in Commentario alla riforma del processo civile a cura di A. Briguglio E B. Capponi, vol. 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