Codice di Procedura Civile art. 412 quater - Altre modalità di conciliazione e arbitrato 1 .

Mauro Di Marzio

Altre modalità di conciliazione e arbitrato 1.

[I]. Ferma restando la facoltà di ciascuna delle parti di adire l’autorità giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dalla legge, le controversie di cui all’articolo 409 possono essere altresì proposte innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale costituito secondo quanto previsto dai commi seguenti.

[II]. Il collegio di conciliazione e arbitrato è composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione.

[III]. La parte che intenda ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare all’altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, personalmente o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. Il ricorso deve contenere la nomina dell’arbitro di parte e indicare l’oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda. Il ricorso deve contenere il riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento e dei princìpi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.

[IV]. Se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l’altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio. Ove ciò non avvenga, la parte che ha presentato ricorso può chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato. Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.

[V]. In caso di scelta concorde del terzo arbitro e della sede del collegio, la parte convenuta, entro trenta giorni da tale scelta, deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l’indicazione dei mezzi di prova.

[VI]. Entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente può depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. Nei successivi dieci giorni il convenuto può depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva.

[VII]. Il collegio fissa il giorno dell’udienza, da tenere entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti, nel domicilio eletto, almeno dieci giorni prima.

[VIII]. All’udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione. Se la conciliazione riesce, si applicano le disposizioni dell’articolo 411, commi primo e terzo.

[IX]. Se la conciliazione non riesce, il collegio provvede, ove occorra, a interrogare le parti e ad ammettere e assumere le prove, altrimenti invita all’immediata discussione orale. Nel caso di ammissione delle prove, il collegio può rinviare ad altra udienza, a non più di dieci giorni di distanza, l’assunzione delle stesse e la discussione orale.

[X]. La controversia è decisa, entro venti giorni dall’udienza di discussione, mediante un lodo. Il lodo emanato a conclusione dell’arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui agli articoli 1372 e 2113, quarto comma, del codice civile. Il lodo è impugnabile ai sensi dell’articolo 808-ter. Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale irrituale, ai sensi dell’articolo 808-ter, decide in unico grado il tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione e` la sede dell’arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo. Decorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è stato respinto dal tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell’arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto.

[XI]. Il compenso del presidente del collegio è fissato in misura pari al 2 per cento del valore della controversia dichiarato nel ricorso ed è versato dalle parti, per metà ciascuna, presso la sede del collegio mediante assegni circolari intestati al presidente almeno cinque giorni prima dell’udienza. Ciascuna parte provvede a compensare l’arbitro da essa nominato. Le spese legali e quelle per il compenso del presidente e dell’arbitro di parte, queste ultime nella misura dell’1 per cento del suddetto valore della controversia, sono liquidate nel lodo ai sensi degli articoli 91, primo comma, e 92.

[XII]. I contratti collettivi nazionali di categoria possono istituire un fondo per il rimborso al lavoratore delle spese per il compenso del presidente del collegio e del proprio arbitro di parte.

 

[1] Articolo sostituito dall'art. 31, l. 4 novembre 2010, n. 183. V. anche il nono comma dell'art. 31 della l. n. 183, per il quale le disposizioni del presente articolo, nonché degli artt. 411, 412, 412-ter e 412-quater si applicano anche alle controversie di cui all'art. 63, comma 1, d.lg. 30 marzo 2001, n. 165. Il testo recitava: «Impugnazione ed esecutività del lodo arbitrale - [I]. Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale decide in unico grado il tribunale, in funzione del giudice del lavoro, della circoscrizione in cui è la sede dell'arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del lodo. [II]. Trascorso tale termine, o se le parti hanno comunque dichiarato per iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è stato respinto dal tribunale, il lodo è depositato nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. Il giudice, su istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto». Precedentemente l'articolo era stato inserito dall'art. 39 d.lg. 31 marzo 1998, n. 80 e modificato dall'art. 19 14 d.lg. 29 ottobre 1998, n. 387 .

Inquadramento

È questa la disposizione di maggior impatto innovativo tra quelle introdotte con la l. n. 183/2010: con essa il legislatore ha ammesso senza limiti la conciliazione-arbitrato per le controversie di lavoro, in precedenza consentito solo se previsto dai contratti collettivi di lavoro.

Allo stato, dunque, le controversie lavoristiche possono avviarsi a soluzione: a) attraverso la conciliazione, suscettibile di convertirsi in arbitrato, presso la Direzione Provinciale del Lavoro (art. 412); b) attraverso l'arbitrato previsto dai contratti collettivi (art. 412-ter); c) attraverso la conciliazione-arbitrato previsto dalla norma in commento.

Presupposto indispensabile per l'espletamento del procedimento di conciliazione-arbitrato, naturalmente, è il consenso di entrambe le parti: la parte convenuta, infatti, può accettare o meno la procedura arbitrale. Solo nel caso in cui accetti essa nominerà il proprio arbitro e, d'altro canto, la mancata nomina dell'arbitro entro il termine di trenta giorni decorrente dalla notifica del ricorso — ossia entro il termine fissato perché gli arbitri scelti dalle parti nominino concordemente il terzo arbitro e scelgano la sede dell'arbitrato — equivarrà a rifiuto di accedere al procedimento conciliativo-arbitrale, lasciando al ricorrente la sola strada del ricorso alla tutela giudiziale.

Nell'ammettere il ricorso alla conciliazione-arbitrato anche se non previsto dalla contrattazione collettiva, il legislatore ha dettagliatamente disciplinato la procedura e le modalità di composizione del collegio di conciliazione-arbitrato.

In particolare, l'atto introduttivo ha veste di ricorso che, oltre alla nomina dell'arbitro, ha un contenuto-forma sovrapponibile al ricorso di cui all'art. 414. Esso è sottoscritto personalmente dalla parte o da un suo rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale abbia eletto domicilio: il che equivale a dire che il ricorrente (a differenza del convenuto, come subito si vedrà), non ha onere di difesa tecnica. Il motivo di simile disciplina non è agevole da intendere: è da credere che il legislatore si sia in ciò rappresentato come normale l'ipotesi dell'iniziativa di conciliazione-arbitrato avanzata dal lavoratore, assistito da un rappresentante sindacale, contrapposto al datore, assistito dall'avvocato. Con tale atto introduttivo va nominato l'arbitro di parte e va indicato l'oggetto della domanda, con la specificazione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno della medesima e la richiesta dei mezzi di prova, oltre alla menzione del valore della causa. Il ricorrente deve altresì indicare le norme poste a sostegno della pretesa e, eventualmente, formulare la richiesta di decisione secondo equità.

Il collegio è composto da tre membri, di cui due arbitri nominati ciascuno da ogni parte e un terzo, con funzioni di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra professori universitari in materie giuridiche o avvocati cassazionisti. In mancanza di accordo (e cioè, nel caso in cui il convenuto abbia nominato l'arbitro, ma questo non abbia trovato un accordo con l'arbitro nominato dal ricorrente), la scelta del terzo arbitro è fatta su istanza di parte dal presidente del tribunale nella cui circoscrizione si trova la sede dell'arbitrato, se almeno su tale punto i due arbitri si siano accordati. Altrimenti, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto.

La parte convenuta si limita in questa fase a nominare il proprio arbitro e, dunque, non ha l'onere di predisporre un atto corrispondente alla memoria dell'art. 416. Il termine per la nomina dell'arbitro non è espressamente indicato, ma, come si diceva, essa non può evidentemente avvenire dopo lo spirare del termine di 30 giorni fissato per la nomina del terzo arbitro e la scelta dell'arbitrato.

Costituito il collegio arbitrale, il convenuto ha termine per il deposito di una comparsa di risposta necessariamente sottoscritta da un avvocato cui sia stato conferito mandato: si è già detto che il convenuto è sottoposto ad onere di difesa tecnica (ma non in caso sia convenuta una pubblica amministrazione), a differenza del ricorrente.

Il comma 4 della disposizione prevede quindi un ulteriore scambio di rispettive memoria di replica all'esito delle quali segue l'udienza per il tentativo di conciliazione. Seguono l'eventuale fase istruttoria e, infine, la fase di decisione.

Proprio in tale consecuzione conciliazione-arbitrato è stato rilevato un aspetto di criticità: il legislatore introduce una procedura arbitrale che si svolge davanti alla stessa commissione di conciliazione; si verifica, in tal modo, una confusione di ruoli, per cui la commissione di conciliazione diventa anche un collegio arbitrale, con buona pace di quanti hanno sottolineato la necessità di tenere distinta la funzione del conciliatore da quella dell'arbitro, nella necessità di distinguere nettamente le due fasi e i soggetti chiamati a governarle (Lambertucci, 594).

Il lodo deve essere emesso entro i venti giorni successivi alla udienza di discussione della causa.

Analogamente a quanto previsto per gli altri casi di arbitrato, anche in questo caso il lodo ha natura irrituale. La fase di impugnazione viene disciplinata in conformità a quanto previsto dall'art. 412.

Instaurata in una controversia di lavoro privato una procedura arbitrale, la cui natura è irrituale, la relativa decisione, soggetta al regime di impugnazione previsto dall'art. 412-quater, in quanto atto negoziale, può essere annullata solo per vizi idonei ad inficiare la determinazione degli arbitri, quali i vizi del consenso exart. 1427 c.c., ivi compresa l'alterata percezione o la falsa rappresentazione dei fatti, ovvero per inosservanza delle disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi. Ne consegue che l'errata delimitazione temporale della fattispecie materiale esaminata costituisce motivo di impugnazione ammissibile trattandosi di errore di fatto e non di giudizio (Cass. n. 14431/2015; Cass. n. 19182/2013)Nelle procedure di arbitrato irrituale in materia di lavoro privato, dunque, il lodo non è impugnabile nelle forme e nei modi ordinari ma, ai sensi dell'art. 412-quater, in unico grado innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro, la cui sentenza è ricorribile in cassazione; ne consegue l'inammissibilità dell'eventuale impugnazione in appello e, trattandosi di incompetenza per grado, la non operatività del principio in forza del quale la decadenza dalla impugnazione è impedita dalla proposizione del gravame ad un giudice incompetente (Cass. n. 10988/2020).

La disciplina si spinge a quantificare il compenso degli arbitri nonché le modalità di pagamento. La misura del compenso parrebbe essere fissa, tanto se la conciliazione abbia luogo, quanto se debba seguire la procedura arbitrale e la deliberazione e stesura del lodo.

L'arbitrato previsto in materia di sanzioni disciplinari nell'impiego pubblico privatizzato e operante a partire dalla stipulazione del primo contratto collettivo di settore ha natura irrituale ed il lodo è impugnabile ai sensi dell'art. 412-quater, comma 2, dinanzi al Tribunale, mentre in precedenza l'arbitrato previsto dal d.lgs. n. 29/ 1993 aveva natura rituale ed il lodo era impugnabile ai sensi dell'art. 828 dinanzi al Tribunale quale giudice d'appello per le controversie di lavoro e, dopo l'istituzione del giudice unico, dinanzi alla Corte d'appello (Cass. n. 7299/2016).

Bibliografia

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