Codice di Procedura Civile art. 484 - Giudice dell'esecuzione.Giudice dell'esecuzione. [I]. L'espropriazione è diretta da un giudice. [II]. La nomina del giudice dell'esecuzione è fatta dal presidente del tribunale, [578 2], su presentazione a cura del cancelliere del fascicolo [488 1] entro due giorni dalla sua formazione [168 2] 1. [III]. Si applicano al giudice della esecuzione le disposizioni degli articoli 174 e 175 2.
[1] Comma così sostituito dall'art. 90 lett. a) d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999. [2] L'articolo recava un originario terzo comma abrogato dall'art. 90 lett. b) d.lg. n. 51, cit., con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1, cit., dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, cit., dal 2 giugno 1999. InquadramentoL'esecuzione forzata si connota quale attività giurisdizionale e non di mera amministrazione ed è, invero, diretta da un giudice. La nomina del giudice dell'esecuzione è contenuta nel progetto tabellare (avente valenza triennale) redatto dal Presidente del Tribunale e soggetto all'approvazione del Consiglio Superiore della Magistratura. In conformità alle funzioni svolte, il giudice dell'esecuzione ha, a differenza del giudice istruttore, poteri espropriativi e satisfattivi, mentre deve escludersi possa decidere con efficacia di giudicato su diritti soggettivi. Individuazione del giudice dell'esecuzioneLa norma in commento, nello stabilire, nel comma 1, che l'esecuzione è diretta da un giudice conferma la natura giurisdizionale dell'attività svolta nel processo esecutivo. Giudice competente per l'esecuzione è l'ufficio giudiziario dinanzi al quale può svolgersi una procedura esecutiva, ormai individuato, per materia, esclusivamente nel Tribunale e, quanto al territorio, ai sensi degli artt. 26 e 26-bis (cfr. Martinetto, 3). La competenza per l'esecuzione forzata è funzionale ed inderogabile ai sensi dell'art. 28. La norma in commento riguarda, tuttavia, il giudice dell'esecuzione, ossia l'organo che, all'interno dell'ufficio giudiziario competente, esercita le funzioni esecutive ed è rappresentato, a seconda delle dimensioni del tribunale, da una o più persone fisiche (Castoro, 133). Sulla questione, peraltro, la S.C. ha chiarito che la nozione di giudice dell'esecuzione come organo prescinde dall'identità della persona fisica che è chiamata ad impersonarlo, sicché non resta caducato il provvedimento con il quale è stato fissato dallo stesso un termine perentorio per la notifica per il trasferimento del magistrato ad altro ufficio (Cass. n. 292/1981). Secondo una parte della dottrina la figura del giudice dell'esecuzione non esisterebbe anche nelle esecuzioni dirette, i.e. nell'esecuzione forzata per consegna di beni mobili e per rilascio di beni immobili, nonché nell'esecuzione per obblighi di fare (Andrioli III, 65; contra Castoro, 144). In realtà, la differenza pratica è che, se nell'espropriazione forzata la presenza del giudice dell'esecuzione è costante, invece, nell'esecuzione per consegna o rilascio è soltanto eventuale, mentre in quella per obblighi di fare è limitata alla fase introduttiva del procedimento (Capponi, 68). Si prevede, poi, che il giudice dell'esecuzione sia in concreto nominato dal Presidente del Tribunale entro due giorni dalla presentazione del fascicolo da parte del cancelliere. Siffatta previsione è, peraltro, anacronistica, essendo ormai demandata l'individuazione del giudice dell'esecuzione (come degli altri giudici che svolgono determinate funzioni all'interno di un ufficio giudiziario) alle tabelle, predisposte dal Presidente del Tribunale per un triennio, ed approvate dal Consiglio Superiore della Magistratura. Ove nell'ufficio i giudici che svolgano funzioni di giudice dell'esecuzione siano più di uno, sono previsti criteri automatici (in genere il numero di iscrizione a ruolo con rotazione paritaria) per la distribuzione tra gli stessi dei fascicoli. PoteriIl giudice dell'esecuzione svolge attività di carattere giurisdizionale e non meramente amministrativa. Pertanto, ormai da lungo tempo, è stata riconosciuta la legittimazione del giudice dell'esecuzione a sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale, purché le disposizioni denunciate siano rilevanti rispetto a norme applicabili nell'esercizio delle proprie funzioni (Corte cost. n. 211/1976). La circostanza che il giudice dell'esecuzione svolga attività giurisdizionale e non meramente amministrativa; implica che lo stesso sia assoggettato alla disciplina in tema di responsabilità dei magistrati (Castoro, 143). La S.C. ha ritenuto, ad esempio, che la condotta del giudice dell'esecuzione che, erroneamente dichiarando estinto il processo esecutivo, consenta al debitore esecutato di spogliarsi dei beni pignorati sottraendoli all'esecuzione, comporta per il creditore procedente un danno risarcibile, il quale consiste in una mera perdita di chance, se i beni inutilmente pignorati non erano i soli su cui il creditore poteva soddisfarsi, e nella perdita del ricavato eventuale della vendita coattiva (danno futuro, di lucro cessante), nel caso contrario (Cass. n. 12960/2011). Poiché il giudice dell'esecuzione svolge attività giurisdizionale, inoltre, è soggetto alle disposizioni di cui agli artt. 51 e ss. in tema di astensione e ricusazione del giudice. In dottrina si è affermato che la violazione di siffatte previsioni può essere dedotta mediante opposizione agli atti esecutivi (cfr. Arieta - De Santis, in Montesano - Arieta, 416). La predetta impostazione interpretativa è stata avallata nella giurisprudenza di legittimità nell'ambito della quale è stato affermato il principio per il quale in tema di ricusazione del giudice della esecuzione, poiché i suoi atti sono suscettibili di controllo con lo specifico rimedio dell'opposizione ai sensi dell'art. 617, la mancata impugnabilità in via autonoma dell'ordinanza di rigetto dell'istanza di ricusazione non esclude che il contenuto di essa possa essere riesaminato nel corso del giudizio di opposizione agli atti esecutivi, attraverso il controllo del provvedimento reso dal giudice suspectus, atteso che l'eventuale vizio causato dall'incompatibilità del giudice ricusato si risolve in motivo di nullità dell'attività svolta dal medesimo e quindi di opposizione ex art. 617 (Cass. n. 679/2014). Tuttavia, sempre nella recente giurisprudenza di legittimità, con riguardo alla specifica ipotesi di “astensione” di cui all'art. 186 bis disp. att., la Corte ha ritenuto che la questione possa essere dedotta soltanto con istanza di ricusazione e non con appello avverso la sentenza pronunciata all'esito dell'opposizione agli atti esecutivi (Cass. n. 22854/2014). Nella prassi applicativa, si è ritenuto, inoltre, che integra l'ipotesi prevista dall'art. 51, n. 4, il comportamento del giudice dell'esecuzione che, rilevata l'impossibilità di provvedere, per motivi addebitabili alla cancelleria, alla emissione del decreto di trasferimento contestuale al pagamento del saldo prezzo, indica all'aggiudicatario la possibilità di richiedere la proroga del termine per tale pagamento (Trib. Lecce, 3 dicembre 2008, in Giur. mer., 2009, n. 3, 612, con nota di Vigorito). Quanto, più specificamente, ai poteri del giudice dell'esecuzione, il terzo comma della norma in esame, rinvia espressamente agli artt. 174 e 175 relativi al giudice istruttore. Il rinvio effettuato all'art. 174, comporta che la sostituzione del giudice dell'esecuzione può avvenire soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio in forza del principio di immutabilità dello stesso. In giurisprudenza è stato chiarito, peraltro, che la sostituzione per altre cause non determina, in quanto il vizio di costituzione del giudice è ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all'ufficio e non investita della funzione esercitata, e perciò non è riscontrabile nell'ipotesi in cui si verifichi una sostituzione fra giudici di pari funzione e competenza appartenenti al medesimo ufficio, senza che assuma rilevanza che la sostituzione sia avvenuta senza l'osservanza delle condizioni stabilite dagli art. 174 e 79 disp. att., perché tale violazione costituisce una mera irregolarità di carattere interno, che non incide sulla validità del procedimento o della sentenza (Cass. n. 2745/2007). Lo stesso orientamento è stato affermato con riguardo all'ipotesi in cui la sostituzione sia avvenuta di fatto, ossia non fondata su alcun provvedimento (Cass. n. 2608/1983). In dottrina, peraltro, si è evidenziato che, in mancanza di un provvedimento di sostituzione difetta nel sostituto ogni potere esecutivo, cui consegue la nullità assoluta ex art. 158 dei provvedimenti assunti per vizio di costituzione del giudice (Martinetto, 20 ss.). Il rinvio operato dalla norma in esame all'art. 175 comporta che il giudice dell'esecuzione diriga le attività dell'esecuzione forzata, alla medesima stregua di quanto fa il giudice istruttore nell'ambito del processo di cognizione. Tale potere direttivo si estrinseca di regola mediante provvedimenti che assumono la forma di ordinanze. Il giudice dell'esecuzione gode, peraltro, a differenza del giudice istruttore, anche di poteri espropriativi, volti a trasferire il diritto sui beni pignorati dal debitore, e satisfattori, diretti a soddisfare il diritto dei creditori (Mandrioli, 1955, 442; Tarzia, 1961, 66). La dottrina nega, inoltre, che il giudice dell'esecuzione abbia poteri decisori, con efficacia di giudicato, su diritti soggettivi (Mandrioli, 1969, 69). In giurisprudenza è stato chiarito che qualora, tuttavia, tali poteri vengano in concreto esercitati dovrà essere assicurata, in mancanza di altri strumenti, la garanzia del ricorso straordinario per cassazione (Cass. n. 4442/1985). Peraltro, nell'ipotesi delle divisioni endoesecutive il giudice dell'esecuzione assume eccezionalmente poteri decisori (ed infatti è chiamato a decidere con sentenza), mentre ha poteri di accertamento, sebbene con efficacia endoprocessuale. nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo (v. art. 549) e nelle controversie distributive (v. art. 512). Sotto altro profilo, il giudice dell'esecuzione ha il potere di controllare d'ufficio sia la sussistenza dei presupposti processuali della procedura (ad esempio, giurisdizione, competenza, capacità processuale delle parti), che valutare il regolare svolgimento della procedura esecutiva (Cass., n. 12429/2008). Inoltre il giudice dell'esecuzione può verificare, anche d'ufficio, nel corso del procedimento, la persistente sussistenza del titolo esecutivo (Mandrioli, 342). 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